Capitolo 11
Quando finalmente furono di nuovo dentro il corridoio Eileen prese fiato, come se avesse corso per ore senza mai fermarsi. Luxor chiuse le ante della grande finestra e i candelabri iniziarono ad accendersi una per volta.
Eileen le guardò:"Sono automatiche?"
"Sì, percepiscono i nostri movimenti", Luxor le passò accanto:"Sono fatte per questo. La notte si dovrebbe dormire e non andarsene in giro, così questi candelabri segnalano ogni singolo movimento".
Eileen spalancò gli occhi, schiarendosi la voce:"Impressionante".
Luxor fece un piccolo verso a bocca chiusa:"Senti, adesso se vuoi sei libera di girare per l'Istituto senza che nessuno ti dica nulla", la guardò sorridendole:"Ricorda che alcune stanze non sono accessibili e che l'esterno non è una meta da ispezionare in totale solitudine", fece una piccola pausa per poi toccarsi nuovamente i capelli:"E' stato piacevole passare del tempo con te".
"Lo è stato anche per me", Eileen si era sentita divampare le guance.
"Allora... ci si vede". Lei annuì e Luxor entrò in una delle stanza sulla destra, probabilmente la sua camera.
Quando Eileen si avvicinò alla porta notò che accanto, più in basso del cartello numerico placcato in oro, vi era una lavagnetta dai bordi marroni sopra cui, disegnato al centro, c'era un simbolo simile al suo: era a forma di doppia stella. La più grande aveva dodici punte e la più piccola solamente cinque, entrambe contornate da una spessa linea nera riempita di inchiostro.
Spinta dalla curiosità, iniziò ad osservare tutte le porte fermandosi davanti a quella che, inspiegabilmente, l'aveva totalmente ipnotizzata: la lavagnetta era di un ramato lucido, ci si poteva specchiare con i suoi occhi verdi.
Anche la porta era diversa dal legno bianco delle altre, questa era grezza e di un delicato palissandro.
Ciò che però non sfuggì all'occhio attento di Eileen, fu il simbolo disegnato al centro: molto simile al suo, presentava l'ala di un uccello ma con le piume intatte.
Quando fece per toccarsi il polso, la mente iniziò a proiettarle nella testa la sensazione di aver già visto quel simbolo all'ingresso della sezione, forse anche altrove, ma quando ebbe intenzione di disincantarsi da quello che i suoi occhi la inchiodavano a guardare, avvertì che qualcosa stava per succedere.
Alzò la manica stretta della sua tuta, osservando quella macchia nera aveva potuto avvertire suoni lontani avvicinarsi con insistenza nella zona dei Coraggiosi.
Sembravano essere dei passi pesanti e stanchi, trascinati sul pavimento. Un respiro ansimante e agonizzante ne seguì. Inspirando a pieni polmoni, Eileen si avvicinò cautamente alla porta che dava l'ingresso alla Sezione e quando fece per poggiare la mano sulla maniglia, qualcuno da fuori la abbassò prima che lei potesse toccarla e con un violento scatto spalancarla.
Si ritrovò corpo a corpo, faccia a faccia contro quel ragazzo dalla disumana bellezza, la cui troppa somiglianza con la statua a due piani sotto di lei, la stava seriamente confondendo. Aveva quella sua espressione dura e cupa, la fronte imperlata di sudore che tracciava una linea imprecisa su quel viso spigoloso, ma ciò che la preoccupava maggiormente furono i freschi tagli sanguinanti sulla guancia destra e su parte della maglietta nera strappata in alcuni punti.
Sulla pelle del suo petto nudo e scolpito, gocciolava altro sangue, impregnando completamente quel poco di tessuto che gli rimaneva addosso.
Ethan la stava guardando in cagnesco, odiava averla fra i piedi, non tollerava di ritrovarsela spesso davanti anche se ormai faceva parte dell'Istituto come lui, come tutti. La guardava come se fosse affamato e lei fosse l'unica preda rimasta in circolazione, dopodiché fece per entrare senza preoccuparsi di spingerla via con il suo corpo pesante.
"Aspetta", fu istintivo per Eileen fermarlo. Non avrebbe dovuto:"Sei ferito e stai sanguinando".
No, non avrebbe dovuto affatto.
Ethan indurì la mascella:"Ci vedi, complimenti".
Le voltò le spalle allontanandosi, non avrebbe resistito un attimo in più in quel corridoio insieme a lei. Sentiva su quella ragazza qualcosa che lo costringeva ad odiarla, pur non avendo ragioni per farlo.
Voleva allontanarla da sé, fare in modo che avesse paura di lui. Non sapeva spiegarsi come mai provava tanta negatività per lei, sapeva solo che al proprio istinto dava retta sempre e questa volta non gli avrebbe disobbedito di sicuro.
"Scusa, volevo solo essere gentile". Borbottò Eileen, pensando che avrebbe fatto meglio a cucirsi la bocca e fare finta di niente.
Il ragazzo a quelle parole si voltò di scatto, anche se le ferite profonde su tutto il corpo lo costringevano a muoversi cautamente. Si avvicinò a lunghe falcate verso di lei, premendole il corpo contro il suo, affinché indietreggiasse per bloccarla con la schiena contro il muro.
Eileen notò di essere decisamente più bassa di lui, di almeno quindici spanne e di nascondersi alla perfezione dietro quelle spalle larghe.
Ethan dovette chinarsi per guardarla negli occhi e poggiare i palmi contro il muro per bloccarla, evitando di toccarla. Il corpo gelido di Eileen, a contatto con il suo, era diventato bollente e piacevole da avere addosso, ma il fatto che il braccio avesse ripreso a farle male, le fece venire voglia di allontanarsi da quella gabbia che le aveva creato intorno.
Ethan invece stava volutamente ignorando quella pelle vellutata e gelida. Le avrebbe sfiorato la guancia anche solo con una nocca, se non fosse stato così tanto attirato dalla dilatazione delle sue pupille al solo fremito di paura e terrore che dimostrava nell'essere intrappolata dal suo corpo ferito e rigido.
Si era perfino accorto di averla macchiata di sangue, lì dove la tuta che le stava stretta, disegnava la curva del suo piccolo seno.
"Io non so chi tu sia né a che gioco tu stia giocando". Si interruppe per guardarsi intorno, poi avvicinò il suo viso ancor di più a quello di lei:"Non mi importa sapere niente di te come tu non dovrai mai sapere niente di me", nella gola di Eileen si formò un nodo così grande che faticò a mandarlo giù. Ammise a se stessa che quegli occhi, nei quali si stava distrattamente riflettendo come aveva fatto nella targhetta accanto a quella porta, la stavano seriamente spaventando:"Domani probabilmente uno dei due dovrà morire, perché è questo il destino che aleggia in coloro che fanno parte di questa Sezione. Per cui... risparmia la gentilezza, non diventeremo mai amici e non avrai salva la vita se dovessi esserci io ad ucciderti".
Eileen rabbrividì a quelle parole quasi ringhiate, come se lei potesse mai essere una minaccia da avere su di sé perfino un pensiero così crudele come la morte.
"Che sta succedendo qui fuori?" Luxor sbucò dalla porta, nonostante la sua presenza Ethan non sembrava intenzionato a muoversi:"Allora?"
Eileen rivolse uno sguardo verso di lui:"Tranquillo,va tutto bene".
"Per ora". Le sussurrò Ethan all'orecchio per poi rimettersi dritto e rientrare nella Sezione urtando bruscamente contro la spalla di Luxor.
Eileen respirò profondamente, quell'incontro così ravvicinato era riuscito a turbarla. Luxor le si avvicinò sollevandole il capo:"Sicura che vada tutto bene?" Lei annuì sorridendo, non voleva che si preoccupasse così tanto:"Va bene. Vado da Ethan, avrà bisogno di aiuto".
"Ne dubito", borbottò.
"Non essere così severa con lui", le sorrise:"Ha solo bisogno di tempo per conoscerti".
"Se mai vorrà", disse Eileen più a se stessa che al suo amico.
Luxor le voltò le spalle congedandosi fra le flebili ombre delle fiamme in corridoio, Eileen rimase qualche secondo immobile con le spalle al muro, rimembrando le parole intrise di odio che Ethan le aveva sputato contro.
Ucciderla?
Aveva pensato, costante del suo pensiero mentre si era decisa a scendere le scale: per quale motivo un perfetto estraneo avrebbe dovuto ucciderla?
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