La mia Sotoria 10
Arrivammo al centro di tossicodipendenza. Scesi, con gli occhi stanchi di piangere. Entrammo tutti e ci sedemmo in sala d'aspetto. Nella sala c'erano adulti e ragazzi, erano quasi tutti magrissimi, con la pelle bianca e il viso pallido dallo sguardo assente.
Io non ero una di loro! Mi sembrava di essere un insulto per chi soffriva seriamente di tossicodipendenza. La mia era solo una avventura, nulla di serio o pericoloso.
Ma nulla, i miei genitori erano troppo ansiosi per la loro immagine come genitori, quindi volevano cercare di risolvere i nostri problemi famigliari andando da qualcuno che cercasse di sottomettermi a loro.
Arrivò il nostro turno, o meglio, il mio.
Entrai, quella che sembrava essere una banale psicologa si presentò gentilmente, come fanno tutte.
Dopo esserci presentati tutti, iniziò a fare domande ai miei genitori per primi.
"Innanzitutto, vorrei sapere da voi quale potrebbe essere il problema della ragazza."
Mia madre attaccò subito: "il problema sta che 'la ragazza' frequenta compagnie pericolose e che la trascinano in feste di droga e alcol... Ecco quale è il problema..."
Era infuriata, mio padre si grattava la fronte per mascherare la vergogna, ma così non fece altro che attirare l'attenzione della psicologa.
"E lei signore... Concorda con quello che ha appena affermato sua moglie?" Lui rispose imbarazzato: " Ehm... Si si certo. "
Dopo questa risposta inutile chiese ai miei genitori di uscire, che dovevamo parlare solo noi due per un po'.
Ad essere sincera la cosa mi sollevò molto, in quel modo avrei potuto parlare senza che mia madre mi saltasse addosso...
Uscirono dalla stanza, mia madre sbuffava, mio padre sembrava stesse partendo alla ricerca di un nascondiglio sicuro...
"Ok, siamo rimaste solo noi due.
In questo modo sarai libera di parlare senza che
nessuno ti interrompa, ok?
Io ti farò solo qualche domanda, ti chiederei
gentilmente di raccontare quanto tu credi sia necessario.
Ricorda che non sono qui per castigarti,
ma bensì per aiutarti.
A volte anche solo parlandone si può trovare
una soluzione."
Ero molto più tranquilla dopo quelle parole. Avrei parlato, solo perché avevo bisogno di parlare.
Lei: "Hai una relazione con un ragazzo?"
Io: "Si, infatti... Si chiama Blake, sono sicura che avrà già sentito questo nome dai miei genitori, ma sappi che quello che dicono di lui è falso."
Lei: "No, non mi avevano parlato di lui. Solo di una "cattiva compagnia". Raccontami qualcosa di Blake."
Io: "Stiamo insieme da due anni circa." ...
Lei: "Nient'altro? Cosa fate insieme? Come passate il tempo?"
Io: "Ehm, quando possiamo, usciamo. Viaggiamo con la sua macchina, ha quasi vent'anni. Quando usciamo, spesso è sera, andiamo a qualche festa. Ci divertiamo un po' e per la mattina siamo a casa. Come dei ragazzi normali se devo essere sincera..."
Lei: "Si, certamente. Come si comporta con te? "
Io: "Benissimo! Ha molto rispetto per me. Non ha mai alzato un dito. Non mi farebbe mai del male. E di questo sono sicura."
Lei: "Ti ha mai costretta a fare qualcosa contro la tua volontà?
Io: "Ah, ho capito cosa intende... No."
Lei: " Parlando ancora di Blake. Ha mai fatto uso di droghe pesanti? "
Io: "No, lui no. Solo io ho provato quella robaccia, se se lo sta chiedendo... Si, abbiamo sperimentato droga leggera... Ma la faccenda non si è propagata."
Si, avevo mentito. Avevamo parlato fin troppo di Blake, e l'ultima cosa che volevo fare era metterlo nei guai.
Lei: " Ok, ho capito. "
Continuammo la conversazione con una bugia dietro l'altra per coprire Blake. Si era infine concentrata sulla droga e chi me la aveva "venduta".
Fece poi entrare i miei genitori.
" Ho avuto l'opportunità di parlare
a fondo con vostra figlia.
E quello che ha fatto non è stato altro
che una sperimentazione classica degli
adolescenti.
Poi, il discorso della scuola ho pensato
sia stato il caso di non trattarlo
dal momento che potrebbe esse stato
sprigionato da qualcos'altro.
Ma per quanto riguarda il mio compito
qui, vostra figlia non necessita
di altri incontri o ricoveri.
Solo che consiglio alla ragazza di usare più la testa
e meno il cuore... "
Ok, aveva capito tutto... Nonostante le mie prove di recitazione, la psicologa era al corrente di ogni singola parte mentita.
Uscimmo dalla stanza, mia madre era l'ultima della fila.
Si girò verso la psicologa, le strinse la mano e disse:
"Quando mia figlia sarà morta,
la colpa sarà vostra."
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