II:
Quella sera tornò a casa percorrendo la strada al contrario. Scese dal treno e viaggiando sulla tavola raggiunse la sua abitazione. Aprì il portone dell'alto condominio e si ritrovò nell'atrio; era avvolto nella penombra, con un tappeto rosso che lo faceva sembrare più lussuoso di quello che in realtà non fosse. Raggiunse il suo appartamento al piano terra ed inserì la chiave nella serratura della porta. La sentì mentre tintinnava sul chiavistello metallico e ruotandolo con forza fece girare il perno fino a che fu possibile abbassare la maniglia di ottone.
L'interno del bilocale era spoglio, superò la cucina e si rintanò nella camera. Poggiò lo skateboard al muro e lo zaino contro un piede del tavolo, dopodiché crollò sul materasso sforzando le doghe del letto che scricchiolarono sotto il suo peso. Le lenzuola erano fresche a contatto con la pelle, chiuse gli occhi e cercò di riposare. Aveva ancora le cuffiette infilate nelle orecchie che riproducevano la stessa canzone che aveva ascoltato quella mattina in treno.
But I won't lose no sleep on that
'Cause I've got a plan
Il ritmo calmo e ripetitivo gli entrò presto nella testa e si lasciò cullare da esso. Pensava ancora a Gaia, ai suoi meravigliosi occhi in cui ci si poteva perdere dentro, e ai suoi capelli morbidi, e alle dita sottili, e alla sua risata leggera, una risata che creava dipendenza, capace di rallegrare la peggiore delle giornate.
You're beautiful
Avrebbe voluto scriverle e chiederle di uscire quella sera, ma il pensiero gli suggeriva incessantemente di essere più cauto e che non poteva lasciarsi andare così facilmente o avrebbe fatto una figura di merda. Non poteva però far passare troppo tempo, se no quel minimo interesse che aveva mostrato nei suoi confronti sarebbe svanito. Si alzò dal letto rassegnato al fatto che con quei pensieri in testa gli sarebbe stato impossibile riposare.
You're beautiful, it's true.
Lo specchio, posto sopra il cassettone, rifletteva la sua immagine. Si guardò dritto negli occhi marroni e pensó a quanto fossero banali. Si domandava come poteva piacere ad una ragazza con una faccia del genere. Si osservò le orecchie, che ora gli parevano leggermente a sventola, gli zigomi storti, il naso asimmetrico, la fronte brufolosa, i nei sparsi per il viso e i capelli sempre arruffati. Arrivo alla conclusione che Gaia fosse una persona gentile, che gli aveva risposto solo per educazione ma che non aveva alcun interesse in lui. Probabilmente si era perfino già dimenticata della sua esistenza. Si convinse che gli aveva detto il nome del suo profilo Instagram solo per avere un follower in più.
Aprì la finestra e si portò una sigaretta alla bocca, si riempì i polmoni di fumo e cercò di smettere di pensarci. In un impulso involontario dettato dalle sue cattive abitudini si ritrovò con il telefono in mano e Instagram aperto, senza nemmeno rendersene conto. Notò una notifica, qualcuno aveva messo un mi piace ad una sua foto. Aprì la sezione e vide che si trattava di Gaia. Il cuore gli si fermò per un istante e il cellulare gli cadde a terra. Lo riprese tra le mani e aprì la chat con la ragazza. Guidato dalla foga scrisse la prima cosa che gli passò per la mente.
< Ciao, come stai? >
Si pentì immediatamente di aver scritto quel messaggio frettoloso. Era stato solo un like, aveva corso troppo. Passarono solo pochi minuti, che dalla sua prospettiva potevano essere state tranquillamente ore ed improvvisamente il cellulare fischiò. Abbassò le notifiche e lesse il messaggio.
< Ciao, così così, tu? >
< Come mai così così? >
< Sono annoiata, non ho voglia di restare chiusa in casa anche stasera, ma non ho la più pallida idea di cosa fare :( >
Ora o mai più, pensò avvolto da un inaspettato senso di autostima.
< Io pensavo di andare al Bar centrale con un paio di amici, lo conosci? >
< Si >
< Beh, se vuoi unirti a noi saresti la benvenuta >
Cliccò sul tasto invia e il cuore gli si fermò in gola. Sentì l'agitazione che lo riempiva e rimase in apnea fino alla risposta che arrivò una decina di secondi dopo.
< Volentieri >
Un grido di gioia e tornò a respirare regolarmente.
< Per le 9 ti andrebbe bene? >
< Ci può stare >
< D'accordo, ti aspetto lì allora? >
< Yes >
< Allora a dopo >
< A dopo >
Senza perdere tempo corse in bagno e togliendosi tutti i vestiti si fece una doccia. Pulì ogni centimetro del suo corpo come mai aveva fatto prima. Si fece minuziosamente la barba, si lavò i denti e si spruzzò il suo miglior profumo. Indossò una maglietta casual di colore nero con una grafica giapponese sul dorso mentre come pantaloni si mise il solito paio di jeans larghi, adatti ad ogni occasione. Mangiò un boccone al volo e si lavò i denti una seconda volta. Fu tentato più volte di prendere anche il suo skateboard, ma se lo impedì, pensava sarebbe stato meglio apparire il più normale possibile ad un primo appuntamento.
Uscì di casa e camminando rapidamente arrivò presto al bar. Guardò l'ora sul telefono e vide che mancavano ancora venti minuti al loro incontro. Fece per prendere posto ad uno dei tavolini quando in un angolo leggermente appartato vide Gaia, seduta su una sedia.
Sentì il respiro mancargli. Era ancora più bella di quella mattina. Si era raccolta i capelli cremisi in uno chignon, mostrando i grossi orecchini dorati a cerchio, mentre sul volto portava un paio di occhiali dalla montatura sottile che le ingigantivano gli occhi.
You're beautiful, it's true
Si avvicinò a lei e la vide lasciarsi andare in un sorriso solare non appena si accorse della sua presenza.
- Anche tu in anticipo - affermò Luca.
- Ci ho messo poco a prepararmi e ho pensato di venire qui prima -
- Ho fatto la stessa cosa - esclamò ridendo.
Anche lei rise.
- E i tuoi amici? - chiese lei.
Luca ebbe un attimo di agitazione.
- Eh ... loro, loro non sono potuti venire, avevano un altro impegno. Però ho pensato che ci saremmo divertiti lo stesso anche solo noi due, non è un problema vero? -
- No, assolutamente - rispose lei tranquillizzandolo.
- Hai già ordinato? -
- No, aspettavo te -
Ci fu un istante di silenzio e Luca si ritrovò già in crisi. Gli sembrò come di essere tornato alle superiori quando durante le interrogazioni doveva spremersi il cervello per inventarsi qualcosa da dire per non fare scena muta. Respirò profondamente e si lasciò andare alla prima cosa banale che gli venne in mente.
- Hai già pensato a cosa prendere? -
- Boh, di solito prendo un Aperol Campari -
- Siamo in due allora - e si lasciò andare nell'ennesimo sorriso.
Iniziarono a chiacchierare del più e del meno, gli chiese come era andata la sua giornata e i primi minuti passarono via lisci. Più parlavano e più gli sembrava di percepire interesse negli occhi della ragazza, e più lo percepiva e più sentiva l'autostima salirgli. Contro ogni suo preavviso si accorse di essere a suo agio e di riuscire a portare avanti la conversazione in modo interessante e spontaneo. Ordinarono i drink e la cameriera glieli servì accompagnati da qualche stuzzichino salato. Dalle casse, poste agli angoli del bar, si sprigionò una canzone d'amore, la conosceva, era la stessa che il chitarrista alla stazione aveva suonato quella mattina.
Yes, she caught my eye
As we walked on by
- Non hai lo skateboard stasera? - chiese all'improvviso la ragazza.
- No eh -
- Come mai? -
- Boh, non mi sembrava il caso di portarlo ad un primo appuntamento -
La parola gli scappò dalla bocca ma subito se ne pentì.
- Ah, quindi sarebbe un appuntamento questo? -
Luca arrossì e iniziò a sudare freddo.
- Boh, si? - chiese teso.
- Buono a sapersi, comunque peccato, mi sarebbe piaciuto vederti fare qualche trick - affermò lei cambiando velocemente discorso.
Luca ne fu tanto stupito quanto lusingato e subito si tranquillizzò.
- Ti piacciono? - chiese incuriosito.
- Si, cioè, sono fighi da vedere -
Fu costretto a ricredersi sulla sua teoria che le donne non trovavano interessanti gli skater.
- Hai mai provato ad andarci? -
- No, mai -
- Allora vuol dire che la prossima volta che usciamo me lo porto dietro, così magari te lo faccio anche provare - affermò preso nuovamente dal senso di autostima.
- Ah io sono negata, non penso nemmeno di poterci stare sopra senza cadere -
- Credimi, è più facile di quello che sembra, basta mettere i piedi sulla tavola e il resto vien da se -
- La fai facile tu, ci sei abituato -
- Tu non ti preoccupare, con un maestro come il sottoscritto imparerai in men che non si dica - esclamò in tono ironico.
Gaia rise e per un po' stette al gioco, ricoprendolo di finte lusinghe. Contro ogni suo preavviso la serata pareva star andando bene. La conversazione non si fermava mai, una volta trovati i terreni comuni dalle loro bocche uscivano fiumi di parole e smettere di parlare era difficile per entrambi. Presto, quella che prima era solo attrazione fisica, divenne qualcosa di più. La trovava divertente, aveva carattere e fascino, sapeva quando stare al gioco e quando essere seria. Più ci pensava e più veniva avvolto da un senso d'ansia. Quella ragazza era unica, non doveva fare cazzate. Fecero un secondo giro di campari, divisero il conto e lasciarono il bar. L'impatto alzandosi dalla sedia fu tremendo, sentì una botta di ebbrezza e guardando il volto della ragazza percepì che fu lo stesso anche per lei.
- Il campari eh - esclamò lui.
- Già -
Si guardarono e si misero a ridere. Presero uno dei tanti monopattini elettrici parcheggiati ovunque in città che si potevano noleggiare anche solo per qualche minuto. Salirono entrambi sullo stesso, lui dietro e lei davanti. Sentiva il corpo della ragazza sfiorare il suo. Ad ogni curva i suoi fianchi si appoggiavano alle braccia e un brivido gli si propagava da quest'ultime fino al basso ventre.
Stai tranquillo Luca. Stai tranquillo, si ripeteva nella mente cercando di non cadere in tentazioni inopportune.
Gaia allargò le mani a lato e intonò il motivetto di Titanic finse di esserne la sua protagonista. Scambiandosi battute e chiacchierando i due arrivarono alla piazza del Duomo, parcheggiarono il monopattino in uno degli spazi adibiti e si sedettero sul muretto di un portico, uno di fianco all'altro. Dopo qualche istante di indecisione Luca si fece sempre più vicino, finché la sua mano non fu obbligata a sfiorare quella della ragazza, a causa del poco spazio.
- Trovo che sia molto bello - esclamò lei mentre guardava il duomo.
- Ci passo davanti tutti i giorni, eppure non mi stanca mai -
- Certi giorni mi piace venire qui a non fare nulla -
- Cioè? - chiese Luca incuriosito.
- Venire qui e sedermi su questi gradini, guardare il Duomo e pensare -
- Tipo a cosa? -
- Ma un po' di tutto, quello che capita. L'ultima volta per esempio ho iniziato a pensare a quante persone sono state in questo esatto posto prima di noi, proprio qui, dove siamo seduti noi ora. É affascinante come due persone possano condividere le stesse esperienze senza sapere nulla l'una dell'altro -
Luca si girò verso di lei e lei fece lo stesso. Senza più dire nulla si sporsero in avanti e le loro labbra si stamparono l'una contro l'altra. Mollarono la presa e si guardarono negli occhi per un po', poi si lasciarono andare in un altro bacio e in un altro ancora.
-:-
Siamo in arrivo a: Morgiate, we are now approaching: Morgiate.
Spalancò gli occhi. Davanti a lui la ragazza dai capelli rossi stava ancora leggendo il suo libro ingiallito. La musica nelle cuffiette continuava a suonare, mentre il mezzo pareva perdere velocità. Provò per l'ennesima volta a pensare a come presentarsi alla ragazza ma l'ansia lo aveva in pugno e ormai era comunque troppo tardi.
But it's time to face the truth
Il treno raggiunse la sua destinazione, arrestò la sua corsa e aprì le porte laterali. Scendendo dal mezzo continuò a fissare la ragazza, aveva il volto chino sul libro, senza la minima idea di essere osservata. Appoggiò i piedi sulla banchina e le porte si chiusero alle sue spalle. Rimase solo, a guardare il ferro dei binari. Chiuse gli occhi e deglutì, lasciandosi poi andare in un sospiro.
Cause I'll never be with you.
Il telefono squillò fermando la canzone. Lo prese in mano e a grandi caratteri apparve la scritta: "Capo".
- Cazzo - disse premendo il pulsante verde.
- Pronto? -
- Luca, ci sei? - chiese la voce proveniente dal cellulare.
- Si si, sono quasi arrivato -
- Dai che ti stiamo aspettando, senza di te non possiamo iniziare, fai veloce - esclamò prima di riattaccare.
Tolse le cuffiette e le ripose nelle tasche dei cargo, corse giù per i gradini e poi per il sottopassaggio. Si ritrovò in strada, buttò lo skateboard a terra e cominciò a spingersi con tutta la forza che aveva in corpo. Doveva correre o sarebbe arrivato un altra volta tardi e non poteva permetterselo.
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