I:
Luca si dava la spinta graffiando l'asfalto con la suola delle Vans. A bordo del suo skateboard schivava i pedoni con scioltezza. Portava uno zaino nero sulle spalle e una felpa marrone legata alla vita. I muri si strinsero attorno a lui e la strada si fece più impervia. Superò un uomo che portava a spasso il cane e si ritrovò nella grossa piazza ombreggiata dalla figura imponente del Duomo. Fu obbligato a fermarsi a causa dei sanpietrini, poggiò il piede sulla coda della tavola, e la percepì inclinarsi sotto di lui. Fece leva sulle ruote posteriori e la coda dello skate raschiò il pavimento, rallentando il suo moto fino a fermarsi.
Guardava il Duomo che si ergeva ora imponente sopra la sua testa, era fatto di blocchi di pietra bianchi e neri che creavano larghe fasce orizzontali. Un rosone copriva gran parte della facciata, sulla cima invece una fila di guglie raffiguravano strane figure, indecifrabili da così in basso. Un campanile in mattoni rossi si slanciava ancora più imponente del Duomo, come a voler fare a gara con quest'ultimo a chi per primo riusciva a toccare le nuvole. Passava per quella strada quasi tutti i giorni, eppure ogni volta sentiva nell'atmosfera il profumo della storia. Guardava quella costruzione di molti secoli prima e pensava a quanto fosse incredibile che fosse ancora in piedi, come se la sua esistenza stessa fosse immune allo scorrere del tempo. Pensò a quante persone nel corso del tempo si erano fermate nello stesso identico punto nel quale sostava lui ora, e a quante parole erano state spese e sentite nell'aria che ora respirava, e a quante coppie innamorate si erano concesse il lusso di un bacio davanti a quella meraviglia. Più ci pensava e più sentiva provenire da quella costruzione un senso di attrazione magnetica. Guardò le pietre blu e bianche che la componevano per poi passare ai mattoni rossicci del campanile.
D'improvviso il suono inatteso delle campane. Alzò lo sguardo sul grosso orologio della torre: erano le sette in punto.
Cazzo, sono in ritardo, pensò.
Non poteva permettersi di perdere il treno anche oggi o sarebbe arrivato in ritardo a lavoro, un'altra volta. Corse sui sanpietrini e quando fu su una superficie più liscia lanciò la tavola in avanti, saltandoci sopra. Si mosse a zigzag tra le persone inclinando il peso sulla tavola mentre con la mano destra frugava nella tasca laterale dei suoi cargo cachi. Prese un pacchetto di sigarette e ne portò una alla bocca, afferrò il clipper e se l'accese. Arrivò presto alla stazione, con un movimento fluido ruotò la tavola di 180 gradi e fermò la sua corsa.
Si ritrovò sotto il tabellone dei treni. Il regionale 25133 con direzione Porta Venere, sarebbe passato al binario 3. Poco più in là il numero 5 catturò la sua attenzione, posto proprio sotto la scritta: ritardo.
Salvato dall'inefficienza dei servizi pubblici, pensò tirando un sospiro di sollievo.
Afferrò la tavola sotto l'avambraccio e si mosse fino alla scalinata che conduceva al sottopassaggio. Appoggiò il sedere sul passamano e scivolò fino al termine delle scale. La stazione era affollata come sempre. Ogni giorno vedeva centinaia di persone diverse passare di lì, ognuno immerso nei propri pensieri. Il suono di una chitarra catturò la sua attenzione. Un uomo la stava suonando seduto a terra, il volto abbronzato e la barba incolta. Il metallo delle monete dentro la custodia aperta rifletteva le luci dei faretti del sottopassaggio creando giochi di luce. Pizzicava le corde della chitarra, la stringeva e la accarezzava, come la pelle della persona che si ama. Alternava le dita suonando una ad una le note dell'accordo di do. Passò al sol e mosse la destra colpendo tutte le corde in una pennata unica. La minore e fa. Fece una minuscola pausa e ricominciò il giro, questa volta iniziando a cantare.
My life is brilliant
Si ricordava di avere qualche moneta persa in una delle grandi tasche dei cargo.
My love is pure
Cercò per qualche secondo e ne spuntò un metallo con Dante Alighieri sul dorso.
I saw an angel, of that I'm sure
Passò davanti all'uomo e la gettò nella custodia.
She smiled at me on the subway, grazie.
Ebbe il desiderio di fermarsi ad ascoltarlo, così come faceva spesso con gli artisti che incontrava vagabondando per le vie della città sullo skateboard. Gli piaceva la musica di strada, la trovava semplice, intima.
Il regionale 25133 in arrivo da Sarnate con direzione Porta Venere è in arrivo al binario 3, attenzione, allontanarsi dalla linea gialla.
Salì le scale del binario 3, appoggiò la schiena a una delle tante colonne e si concesse un attimo di respiro. Il suono della chitarra rimbombava sulle pareti del sottopassaggio e faticava ora a farsi strada tra il brusio delle persone. Seduti ad una panchina poco distante una coppia si stava abbracciando. Il volto di lei era appoggiavo alla spalla di lui, con la chioma di capelli biondi che cadeva sulla sua schiena.
Il regionale 25133 in arrivo da Sarnate con direzione Porta Venere è in arrivo al binario 3, attenzione, allontanarsi dalla linea gialla.
Si sentì il fracasso del treno e lo stridio dei freni sul ferro coprì del tutto il suono ormai vago della chitarra. Il mezzo si fermò con estrema precisione di fronte al ragazzo e le porte si aprirono di lato, come in un invito a salire. Poco più in là, la coppia era ancora seduta. Le loro labbra si sfioravano quando la ragazza si alzò di colpo. Mente le loro mani si cercavano, in un vano e disperato tentativo, lei si precipitò all'interno del treno mentre lui rimase a fissarla, e il suo volto si spense.
Entrò a sua volta nel vagone. Era affollato come sempre. Alcune persone aspettavano in piedi, arpionate ai ganci di plastica che pendevano dal soffitto, altre erano invece sedute, con gli sguardi persi negli schermi dei propri cellulari. Poggiò la spalla ad una parete e lasciò scivolare lo zaino tra le gambe. Il mezzo riprese la sua corsa e la fastidiosa voce proveniente dagli altoparlanti indicò le fermate successive e le regole di comportamento da seguire durante il viaggio. Prese le cuffiette bluetooth dalle tasche e le portò alle orecchie, aprì Spotify e premette sul pulsante di riproduzione casuale. Mentre una musica lo-fi si sprigionava nelle sue orecchie posò lo sguardo oltre la finestra del portone. Il paesaggio iniziò presto a mutare, il ferro della stazione lasciò posto ai folti alberi primaverili che, sfrecciando lateralmente, oscuravano i bassi raggi del sole mattutino.
Il treno rallentò, mentre la solita voce annunciò la fermata che stavano per raggiungere. Si spostò di peso contro la parete e il mezzo si fermò del tutto. Vide una folla di persone scendere alla rinfusa, per poi essere sostituita da un'altra che ne prese subito il posto. Li guardava mentre si accingevano a cercare un punto a cui aggrapparsi, erano tanti, troppi. Il treno si riempì oltre la sua capienza massima e il vagone, che già di suo era caldo, iniziò a farsi sempre più afoso.
Perlomeno non pago il biglietto, pensò.
Il mezzo ripartì e questa volta stare in equilibrio divenne più difficile. Ci fu uno scossone e una figura gli fu addosso, facendogli sbattere la testa contro la parete. Non fece in tempo a lamentarsi per la botta ricevuta che la figura si girò verso di lui.
Era bellissima, probabilmente la cosa più bella che avesse avuto modo di vedere negli ultimi mesi. La ragazza alzò la mano, in un gesto di scuse e si posizionò di nuovo accanto a lui. La osservava furtivamente con la coda dell'occhio, cercando di catturarne ogni dettaglio senza farsi notare. I suoi occhi, verdi muschio come se avessero guardato per troppo tempo la natura, sbattevano, con le palpebre che si adagiavano e rimanevano socchiuse per qualche istante, riaprendosi poi e puntando le iridi in un punto casuale del vagone. Con la testa appoggiata alla parete approfittava del viaggio per concedersi un ultimo momento di riposo prima del lavoro. Non riusciva a smettere di guardarla, cercando di catturarne ogni minima contorsione dei muscoli del viso per inserirli nella cornice di una fotografia da imprimere nella pellicola della memoria, sfruttando quel momento unico che il caso gli aveva donato con la volontà di renderlo eterno. I capelli rossi le oscillavano ad ogni movimento del treno, fluttuavano nell'aria come alghe abbandonate alle onde, stirate dai tiepidi raggi proveniente dal finestrino che penetravano nelle fibre e brillavano, come il sole tra le foglie d'autunno. Si sfregò gli occhi e le labbra si aprirono in uno sbadiglio, coperto dal palmo della mano.
Il treno continuava a sfrecciare. Ad ogni movimento di esso le loro spalle si sfioravano e ad ogni loro contatto un brivido gli si propagava giù per il busto fino alla punta dei piedi. Sentì una fitta al cuore, non sapeva dire se era perché aveva smesso di battere o se perché era stato fermo fino a quel momento e aveva iniziato solo ora.
A poco a poco i rumori del treno si affievolirono. I colori si desaturarono ed ora, il rosso dei capelli della ragazza, e il verde dei suoi occhi divennero l'unica cosa che riusciva a vedere. Sbuffò e corrugando la bocca si accarezzò la fronte in un ghigno di fastidio, iniziò poi a sbattere con forza il piede a terra e a sbuffare con ancora più foga. Nella sua mente rimase in conflitto, avrebbe voluto parlarle, chiederle chi fosse e come si chiamava, ma la timidezza e il timore del fallimento lo trattenevano ad ogni tentativo.
La ragazza aveva ora afferrato il telefono tra le mani e attaccato il jack delle cuffie al buco sul suo lato. Le sue sottili dita si muovevano sullo schermo navigando tra le applicazioni dello smartphone. Un brivido improvviso gli percorse la schiena, obbligandolo a piegarla leggermente mentre si immaginava quelle mani accarezzargli dolcemente la pelle. Si ricompose e girandosi verso il portone vide la sua immagine sfocata riflessa nel vetro. I suoi capelli gli parvero ora più spettinati del solito. Se li sistemò e sorrise in cerca della migliore immagine di sé stesso. Respirò ancora profondamente e una volta giratosi vide che la ragazza lo stava fissando. In un movimento improvviso mosse istintivamente lo sguardo il più lontano possibile da lei.
Sentì il suo cuore battergli con ancora più forza nel petto mentre le sue guance si facevano sempre più rosse. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma la sua lingua era arida e le sue labbra parevano essersi seccate l'una contro l'altra. Posò nuovamente lo sguardo su di lei. Aveva riposto il cellulare e afferrato un libro tra le mani, mentre con le dita ne sfogliava le pagine ingiallite. Si ricordò della canzone che il chitarrista aveva suonato nel sottopassaggio della stazione. La cercò ed essa si sprigionò nelle sue orecchie.
My life is brilliant
My love is pure
I saw an angel, of that I'm sure
She smiled at me on the subway.
Appoggiò la schiena al portone e chiudendo gli occhi si lasciò cullare dal ritmo calmo e rilassante della canzone.
-:-
Improvvisamente ci fu un altro scossone, questa volta più violento. La ragazza gli fu addosso e il suo libro cadde a terra, tra le gambe dei presenti nel vagone. Colse l'occasione e ci si fiondò sopra, lo afferrò tra le mani e lo riconsegnò alla proprietaria.
- Grazie mille, e scusami ancora, continuo a venirti addosso - esclamò lei.
Fece per rispondere ma si perse a contemplare il suo viso. Prima di allora non aveva mai avuto modo di percepire quanto potessero essere belli gli occhi di una persona. Si ricompose.
- No, no, tranquilla, non è colpa tua, non ti preoccupare, capisco - disse portandosi una mano dietro alla testa e accarezzandosi la nuca.
Lei sorrise e ci fu un momento di silenzio.
- Ti piace leggere vedo -
- Si, abbastanza. Anche scrivere in realtà -
- Tipo? -
- Boh, storie, stati d'animo, è difficile da dire in realtà ... tu vai in skate invece? -
- No, me lo porto dietro solo perché mi piace tenere qualcosa tra le mani -
Lei lo guardò male.
- Dovresti vedere la tua faccia - disse in una risata - Sto scherzando comunque -.
Anche lei si aggiunse alla risata.
- Io comunque sono Luca, piacere - affermò il ragazzo allungandole la mano.
- Gaia - rispose stringendogliela.
- Dove scendi tu? -
- Tra due fermate -
- Ah, io alla prossima. Lavori qui? -
- No, devo andare a fare una commissione, infatti è la prima volta che prendo questa linea, tu invece? -
- Ah io sono qui tutti i giorni, ci lavoro, quindi mi tocca. Comunque siamo quasi arrivati -
Il treno rallentò e la ragazza parlò, poco prima della voce registrata:
- Siamo in arrivo a bla bla bla - esclamò emulandola.
Luca si lasciò andare in una risata rumorosa.
- Vero che è fastidiosa? -
- Mamma mia, giuro che non la sopporto più -
Il treno iniziò a rallentare, mentre i due, in un leggero imbarazzo, si erano rimessi nel loro posto uno di fianco all'altro. Rimasero in silenzio ancora per un po' quando la banchina apparve alla loro destra.
- Come ti chiami su Instagram? – domandò in un impulso improvviso il ragazzo.
- Dammi il cellulare -
Luca fece come ordinatogli, aprì l'applicazione e glielo passo. Questa mosse le sottili dita sullo schermo con sguardo concentrato e glielo restituì poco dopo, accompagnato da un altro sorriso. Il treno si arrestò, le porte si aprirono e Luca, guardandola dritta negli occhi, la salutò.
- È stato bello conoscerti -
- Anche per me -
Scese dal vagone e passeggiò con cautela. Una volta sicuro di essere fuori dal campo visivo della ragazza, si lasciò andare in un urlo di gioia, attirando gli sguardi delle altre persone che attendevano sulla banchina. Si mise a correre tra la gente in preda all'euforia, uscì dalla stazione e lanciando lo skateboard sull'asfalto si spinse con forza, sfrecciando a velocità che mai prima aveva raggiunto.
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