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Capitolo 6 : Lo Squillo


La luna è splendida stasera. Se ne sta lì, fiera. Circondata da quell'abbozzo delicato di lentiggini, da quelle stelle soffocate dall'oceano in cielo. Incurante della vita qua sotto, regna sulle nostre piccole teste.

Chissà quanti come me sono col naso all'insù adesso, a godersi quest'innocente spettacolo. Sono momenti come questi, sono particolari insignificanti, a detta di alcuni, ma sono proprio queste piccolezze a farmi ricredere sulla durezza della vita.

Si sa, è un percorso di alti e bassi. È una corsa infinita sulle montagne russe, dove le foto, gli imprevisti, vengono scattati a sorpresa senza che tu possa fare qualcosa, senza che tu possa essere pronto. Capite cosa voglio dire? Non importa se vieni con gli occhi chiusi o con la faccia strana, perché non si può controllare tutto.

È un attimo, un secondo.

Inutile lamentarsi, piangersi addosso, che ecco un nuovo giro, una nuova corsa. Quindi, vale la pena prendersi una pausa per godere la bellezza di questo mondo. Che si tratti di un paesaggio, di un quadro, di un'alba, di una bevuta con gli amici o di un bacio. Basta saper guardare, non con superficialità, guardare sul serio. Vedere oltre, superare gli strati.

Beh, adesso è uno di questi momenti. E mi dico : sì, sarà dura Lizzie. Ma guarda che meraviglia. Ne vale la pena.

Verso il gin nel bicchiere, la Fentimans e due cubetti di ghiaccio. Appena il liquore viene deglutito, percepisco sprigionarsi un sapore differente. Accidenti, quello scemo aveva ragione.

Finisco il drink, restando rannicchiata alla finestra. Sono contenta di essere rimasta a casa, di aver evitato il locale. Anche se adesso mi chiedo se quel corvo non sia lì, col suo bicchiere di whisky e lo sguardo famelico. Tutto sommato, meglio così. Non sarei stata comunque dell'umore adatto.

Le parole di Turner mi frullano in testa, volteggiano come una girandola in un giorno di vento. Sono praticamente al verde. Nemmeno se vivessi per strada, risparmiando l'affitto, riuscirei ad estinguere il debito.

Perché diavolo l'arte deve costare così tanto? Perché diavolo deve essere un mondo così chiuso e bigotto? Tutto è arte. Non esiste lo scarso e il dotato.

Sbatto la fronte al vetro, mugolando come un gattino annoiato. Cosa devo fare? Anche se mi trovassi un lavoretto, ci vorrebbero mesi e mesi, se non un anno e passa. Sono al capolinea? Devo scegliere? Si tratta di passione o dignità? Di un futuro o d'amor proprio?

Non riesco a capire, non riesco a credere di essere arrivata a questa stupida situazione. Mi odio, mi odio soltanto per aver pensato che la proposta di Turner sia accettabile nella sua crudezza.

Afferro al volo il cellulare ed una felpa, uscendo in strada. Ho bisogno di muovermi, di attivare il cervello, di sentirmi energica. Fisso le luci dei grattacieli, prendendole come punto di riferimento, mentre sgattaiolo fra i vicoli più angusti, sperando di percorrere una scorciatoia per il centro.

Un passo, un dubbio. Un passo, un'incertezza.

Per la prima volta dopo mesi, mi sento smarrita. E' sempre stata così asfissiante questa città? Affogo nella folla in un battito di ciglia. Sono sommersa. I volti si susseguono uno sull'altro, i corpi si ammassano e le voci mi trapassano. Cerco di farmi spazio, di riemergere. Ma è come se fossi in balia delle onde. Per quanto mi sforzi, per quanto veda la riva, la corrente mi trascina al punto di partenza. Tutto è vano.

E allora mi fermo, smetto di nuotare e chiudo gli occhi, aspettando che il corpo giunga al fondale. E nell'oscurità, appari te. Fra tutte le persone, fra tutte le briciole del passato, compari come un barlume di un faro.

Quando sollevo le palpebre, mi rendo conto di avere fra le dita il telefono. Ingoio quel boccone amaro, digerisco l'orgoglio e digito il numero.

Primo squillo.

Una stretta allo stomaco.

Secondo squillo.

Una preghiera.

Terzo squillo.

Una delusione.

Quarto squillo.

Una certezza.

Al quinto squillo, chiudo la chiamata. Le labbra si piegano in un sorriso sottosopra. Stupida io ad aver creduto che per una volta ci saresti stata, tu che mai ti sei guardata indietro. Tu, che sei scappata abbandonandomi in quella gabbia. Avevi la chiave. Poteva essere di entrambe.

La vibrazione interrompe il risentimento. Il numero appare sullo schermo e la gioia prorompe, obbligandomi a rispondere all'istante.

-Megan.. – sussurro, nonostante il chiasso attorno e il vuoto dentro, ho paura di disturbare.

Attendo. Attendo qualsiasi cosa. Una parola. Un commento. Un saluto. Ma sento solo un sospiro poco sereno.

-Oh, sei tu.

Sì, sono io. Buffo, vero? Dopo anni, siamo sempre allo stesso punto, sempre distanti di qualche passo.

-Ho cambiato numero. – convengo amaramente.

Probabilmente non avresti richiamato.

-Cosa vuoi?

Fingere per un momento, credere di averti vicina.

-Sono sola, Meg.

-Lo siamo sempre state.

No, non è vero. Un tempo eravamo un duo.

-Di solito mi piace la confusione, ma stasera c'è così tanta gente.

Ce n'è così tanta, che guardo solo le scarpe.

-A te non sono mai piaciute le persone, Liz.

In passato, ma tu cosa puoi saperne?

-Sono ad un bivio.

Una via è illuminata, mentre l'altra non ha nemmeno un lampione.

-Lancia una monetina.

Ti basta la superficie?

-Ho paura di perdermi.

Perché non gratti più a fondo?

-Non tutte le strade sono dritte, Lizzie. Io lo so bene.

Certo che lo sai, non mi hai permesso di esserti accanto.

-Ne va del mio futuro.

Della qualità della mia vita.

-Quanto sei disposta a perdere?

A perdermi.

-E' questo il bivio.

Il punto di sospensione.

-Io non posso aiutarti.

Non l'hai mai fatto, non sono così illusa.

-Hai dato tutto?

Perché io resterei vuota dopo.

-Sempre.

Tranne a me.

-E dimmi, sei felice adesso?

Il silenzio, nemmeno un respiro.

Abbiamo finito.

-Devo andare a mettere mio figlio a letto.

Click.

Il mio braccio scivola lentamente dall'orecchio al fianco. Il cuore salta un battito.

Ah, sono zia.

/ spazio autrice /
Convengo che il capitolo è molto corto, ma lo trovo molto pieno. Spero soltanto di essere riuscita a spiegare il suo senso di smarrimento. È una parentesi infelice, un po' criptica, ma in quelle frasi non dette, nei suoi pensieri taciuti insomma, c'è tutto.

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