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Capitolo 3 : La Coccinella


Se sono ancora in questo maledetto posto, è anche colpa sua. Soprattutto colpa sua, per essere più precisi. Pure stanotte è arrivata alla stessa ora. Mi chiedo se lo faccia per qualche strana fissazione o perché all'incirca stacca da lavoro qui intorno in questo lasso di tempo. Ma è troppo precisa, tanto da infastidirmi, oltre che lasciarmi con una sottospecie di curiosità morbosa.

Si sta gustando il suo classico drink. Ripetitiva e noiosa. Stasera indossa un top bianco a righe nere. Finalmente qualcosa di fasciato. Sembra a tutti gli effetti la caricatura di una ragazza parigina. Almeno le intravedo il seno. Cosa sarà, una terza scarsa? Una seconda aiutata da un reggiseno imbottito? Piccolo per i miei gusti, preferisco donne più formose. I jeans a sigaretta strappati lasciano intendere quanto sia magra. Un ramoscello.

Ma mangia? Non sarà mica una di quelle vegane crudiste fissate col mangiare sano e i complotti dell'industria alimentare? Non so nemmeno perché mi stia scervellando poi così tanto. E' soltanto una ragazza in un bar. Una ragazza calamita che mi attrae a sé senza muovere un muscolo o preferir parola.

Dannazione, odio tutto questo. Dovrei semplicemente smetterla di bere in questo pub. Ma mi conosco bene, il mio cervello ha già lanciato una sfida. Ottenerla. Ingabbiare la coccinella. Fare di quel bocciolo la mia preda, il mio prossimo passatempo.

Devo solo fare le scelte giuste, ponderare le mie frasi e attirarla dritta nella mia tela senza che quella se ne renda conto o annusi la truffa. Se fosse come tutte le altre donne, sarebbe un gioco da ragazzi. Come rubare il portafogli a un fattone in fila ad un fastfood costretto dalla chimica. Ciò che più mi solletica, invece, è proprio giocare al buio.

Sarà come un tuffo nel vuoto. Potrei rischiare di essere trascinato sul fondo, di essere ammaliato dal suo sguardo come gli uomini di Ulisse vennero stregati dal canto delle sirene, ma io, a differenza loro, saprò resisterle, tornare a galla. Io, ne uscirò vincitore.

Metto il telefono sul tavolo, sperando di non ricevere nessuna chiamata tempestiva, e mi accendo una sigaretta. Noto la sconosciuta fare lo stesso, sfilando dalla tasca piccola dello zainetto un accendino nero a forma di teschio. Mh, carino. Potrei chiederle dove l'ha acquistato. Non appena stacca le labbra dalla cicca per espirare, noto sulla base lo stampo carminio del suo fedele rossetto. Quanto posso essere coglione per trovarlo stranamente sensuale?

Mi guardo intorno sperando in un miracolo. Devo trovare un appiglio sul quale aggrapparmi per creare un dialogo con la coccinella. Un qualcosa che vada al di là dei classici approcci disperati, un qualcosa che possa stupirla o farla anche inorridire. Basta catturare la sua attenzione, il come non ha importanza.

Mi volto per scrutare la sala. Mi basterebbe qualche nuova faccia, qualche miserabile segaiolo in cerca di compagnia. Qualcuno propenso nel molestarla senza riguardo alcuno. Scarto un sorcio alla volta, proiettando una X immaginaria sui loro brutti musi. Chissà con quale sfacciataggine questo branco di idioti ha creduto di avere una possibilità con una donna del genere. Indicibile.

Ah, eccolo lì, un possibile candidato. Tengo gli occhi incollati su uno smilzo sdentato barcollante. Si asciuga la bocca al braccio e prosegue nella direzione della mia vittima. Il ratto la importuna insistentemente, ma ancora non ha ottenuto la benchè minima considerazione.

Eddai bastardo, so che puoi fare di meglio.

Appena lo vedo sollevare il braccio destro, finisco alla goccia il mio bicchiere di whiskey e mi alzo, pronto ad intervenire con un'entrata ad effetto. L'ubriacone schiaffa la mano sul sedere di lei, palpeggiandola con gusto. Scommetto che sia tutta un'altra consistenza rispetto alle puttane lardose di cui sarai abituato. Ma vedi, il punto è che non ti ho dato il permesso di toccare la mia proprietà.

Prima che la coccinella gli molli uno manrovescio, sono già alle sue spalle per prendere in mano la situazione. Con nonchalance sbatto la sua capocciona unta sul balcone, facendogli saltare probabilmente i pochi denti rimasti. Il tipo crolla a terra esamine. Wow, già bello che svenuto. E' stato fin troppo facile.

-Posso? – finalmente le rivolgo parola, finalmente ho la possibilità di scontrarmi col suo volto da vicino.

I suoi occhi inespressivi mi seccano la gola all'istante. Trattengo lo sguardo, sedendomi sullo sgabello a lei di fianco senza aspettare una risposta. Tanto ho come l'impressione che non ne avrei ricevuta una.

Continua a guardarmi come se stesse vedendo attraverso di me, come se stesse analizzando qualcosa di cui sono all'oscuro. Non è rimasta colpita dal mio gesto, dalla violenza. Deve essere abituata a questo genere di cose.

-Ehi Anthony, fammi un favore. – richiamo il barman, il quale si avvicina con aria meno confusa del solito – Riempi il bicchiere a questo fiorellino. Gin tonic con poco ghiaccio, giusto?

Ancora una volta non ottengo la minima espressione. Né una smorfia, né un sospiro scocciato. E' più fredda di un pezzo di marmo. Speravo che con la bevuta offerta mi mostrasse un briciolo di risentimento. Significa che dovrò invadere maggiormente i suoi spazi.

Prima faccio qualche tiro per rilassarmi. La nicotina in circolo mi funge da antistress più potente di una boccia intera di valium. Soltanto il fatto di esserle vicino mi fa ardere. Percepisco quasi i polpastrelli bruciare. Spengo la sigaretta direttamente sul banco, accanto ad un'altra serie di bruciature.

-Perché non disegni un po'?

-E tu perché non te ne torni al tuo posto a fissare il cellulare?

La sua voce bassa e pungente mi scavalca, insinuandosi in me. Giorni interi passati ad immaginare quale suono potessero produrre le sue corde vocali e, nonostante tutto, non ci sono andato neanche vicino.

Mi sbagliavo, non è un bocciolo. E' una rosa ben spinata. Le parole sono uscite calme con un'innocenza spontanea da tradirsi. Ho appreso di essere stato io stesso studio del suo interesse. Trovo soltanto bizzarro il fatto di non aver mai avuto l'occasione di incrociare le sue pupille non prima di ieri notte.

Mi rendo conto di essere rimasto cementato sulle sue labbra carnose a tal punto da sembrare un peccato non averle ancora assaggiate. Con uno scatto da predatore avvicino il mio volto, invadendo quello che verrebbe definito spazio personale, ma prima che possa distanziarsi per replicare, le strappo di mano il quaderno.

-Mollalo, è un ordine.

Scandisce la frase sillaba per sillaba, come se pensasse di incutermi timore. Non sono io ad essere la coccinella incastrata nella ragnatela, cara. Alquanto delizioso comunque questo lato aggressivo.

Come previsto, cerca di arrampicarsi su di me per riappropriarsi di ciò che le appartiene, ma quello che non avevo intuito era la sensazione che mi avrebbe scaturito il suo semplice tocco sulla spalla. Come se avessimo preso la scossa, entrambi ci separiamo meccanicamente l'uno dall'altra, tornando ad essere alla giusta distanza.

Che cosa sei? Come può essere possibile tutta questa tensione? Inizio a sfogliare il blocco tenendo un braccio teso in alto, in modo che ella non possa raggiungerlo. A questo punto lo faccio più per distrarmi che per infastidirla.

-Guarda un po' cosa abbiamo qui. Un vero e proprio macello di inchiostro e linee senza senso. – ridacchio, mostrandole poi una pagina - E questo uomo senza testa chi sarebbe?

-Cosa t'importa?

-Sono curioso.

Le lascio cadere il quaderno fra le mani, sperando di stabilire una tregua taciuta.

-La curiosità uccide. – ribatte, chiudendo il suo prezioso oggetto nello zaino.

Mh, non sono d'accordo.

-Ho come l'impressione che tu non conosca un certo detto. – mi sporgo, intrecciando le braccia al petto - 'la curiosità uccise il gatto, ma la soddisfazione lo riportò in vita'.

Corruga le sopracciglia e delle piccole onde si formano sulla sua fronte. Ora che le sono vicino, mi rendo conto di quanto sia pallida la sua pelle. Sontuosa come porcellana, ma morbida come un petalo.

-Significa..

-So cosa significa. Mi hai preso per la scema di turno? – mi interrompe, liberando una cospicua nuvola di fumo nell'aria - La curiosità può essere pericolosa, ma chi rischia e riesce a ottenere qualcosa, viene ampiamente ripagato.

Non mi perdona una frase. Credo ci trovi un certo gusto nel replicare. Mi piace come primo approccio, già gli sto antipatico. Perfetto.

-Quindi?

Schiaccia la sigaretta nel posacenere, inclinando la testa di lato. Porta una mano sotto al mento e la utilizza per sorreggersi, pur mantenendo gli occhi fissi sui miei. Di nuovo questa sensazione, di nuovo la certezza che stia scavando.

-E' soltanto un semi ritratto di un uomo intento a gustarsi un caffè. – borbotta – Altro?

Mi spiace deluderti, ma con te non avrò finito finché non avrò ottenuto tutto.

-Il tuo nome.

Già stanca? La sua espressione è ferma, non accenna a far traspirare qualcosa. Ma ho come l'impressione di aver potuto udire il rumore dei suoi occhi roteare al cielo, se solo ella avesse dato loro il permesso.

-Non tendo ad arrendermi facilmente, se è quello che ti stai chiedendo.

-Non mi sto chiedendo proprio nulla sul tuo conto. – dice, bagnando le labbra nel gin.

-Mi risulta difficile crederci.

-Ah certo, il narcisista di turno.

Il suo tono spazientito non fa altro che obbligarmi a continuare questo gioco.

-Cielo, ti stai facendo una brutta idea del sottoscritto.

-Mi sto facendo quella giusta.

-Così convinta?

-Al cento per cento.

Il botta e risposta mi stuzzica, potrei continuare per ore.

-Allora, perché non ripartiamo da capo? Magari è sfuggito qualcosa ad entrambi.

Inarca un sopracciglio, come se la proposta sia stata capace di persuaderla.

-Damon, Damon Walker. – mi presento, porgendole la mano – Ed ho il piacere di parlare con..?

Afferra titubante il mio palmo, mostrandomi uno dei sorrisi più falsi della mia vita.

-Lizzie Hunt. Ma tutti mi chiamano Liz.

Mollo a malincuore la presa, perché altrimenti l'avrei strattonata per rubarle un bacio. Non comprendo il motivo per cui il mio corpo la trovi così sensuale, ma non faccio altro che immaginarci nella mia camera da letto. Ho bisogno di provarla, di capire.

-Allora farò lo stesso, dopotutto è un bellissimo nome.

-Il sessanta per cento delle donne di tutto il mondo si chiama Liz.

Mi lascio sfuggire una risata. Questo astio fra noi mi diverte.

-Ma nessuna è come te.

E di questo ne sono certo.

-Nello specifico?

-Infinitamente polemica.

Stavolta sorride, ma è un sorriso vero, sincero. I suoi denti perfettamente bianchi entrano in contrasto con il rossetto scuro, brillando ancora più intensamente. Le prendo il mento fra due dita, attirandola a me.

-Le tue lentiggini. – dico, a due centimetri dalle sue labbra – Le trovo piacevoli.

Prima che possa scorgere la dilatazione dei vasi sanguigni sulle sue gote, prima che possa scorgere una nota d'imbarazzo, Liz abbassa la testa sfuggendomi.

Scivola via da me come un gatto nero diffidente, come un cerbiatto allarmato dal rumore di un ramo spezzato, come una lepre avvistata da una canna di fucile. Scivola, tornando ad essere distante dal mio profilo. Scivola, temendo che possa rubarle qualcosa di non visibile.

Per sua fortuna, il telefono vibra. Le sorrido, prima di osservare il display. Un indirizzo. Nessun'altra indicazione. Dopotutto, non ho bisogno di altro.

-Mi spiace dover interrompere quest'amabile chiacchierata, ma il dovere chiama. – ironizzo, facendo dondolare il cellulare sul suo volto.

Sospira, ignorando le mie parole. Scaccia l'oggetto, allontanando il mio braccio, e supera il bancone, arrampicandosi su di esso con un agile balzo. Curioso, resto immobile ad osservarla scavalcare Anthony, ormai cotto sul proprio sgabello. Si allunga per afferrare una bottiglia di Caorunn e torna alla propria postazione, riempiendosi il bicchiere. Fra l'altro, devo ammettere che è una buona scelta. Non il mio gin preferito, ma sicuramente ottimo per essere scozzese. Gusto leggermente secco, persistente e fresco. Le somiglia, le si addice.

-Ancora qua? – domanda, inchiodandomi al pavimento.

Ha ragione, dovrei essere già per strada.

-Permettimi un consiglio. – le parlo, ormai dandole le spalle – Se vuoi goderti un vero drink, non usare quella sbobba di tonica. Con un Caorunn si sposa la storica Fentimans.

Non la saluto, dirigendomi verso la porta. Mi sorge spontanea una smorfia divertita fra il pizzetto. Pregusto quello che sarà il nostro gioco. Devo soltanto avere pazienza, ma si sa, quanto è più lunga l'attesa, tanto più grande è il piacere. Spalanco la porta, respirando quell'aria congelata tipica di questa fogna.

-E mi raccomando. – urlo, per sovrastare le altre voci – Non pensarmi troppo.

Il legno levigato si chiude alle mie spalle prima che ella possa ribattere, o almeno, prima che io possa udire le sue parole sprezzanti. Accendo l'ennesima sigaretta, montando in sella della moto. Non ci sono dubbi, sarà senz'altro un bel piacere.

/angolo autrice/
Ho pensato e ripensato al loro primo scambio di battute, ma non volevo niente di particolarmente artificioso o forzato. Puntando sul realismo, però, potrebbe apparire banale. Anyway, questo è soltanto l'inizio della loro collisione 👌🏻

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