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Ch. 44: Occhi troppo simili.

《Solo gli ottusi credono che il mondo finisca dove finiscono loro.》
(Thomas Bernhard)


Afferro il pomello d'ottone e strattono l'uscio.
Due occhi troppo simili ai miei mi fanno sussultare. Il volto infuriato di mia madre appare oltre l'ingresso.

Faccio mezzo passo indietro e questa giornata di merda tocca il suo apice.

I capelli scuri sistemati nell'acconciatura, i gioielli coordinati al tailleur color panna che le fascia il fisico troppo magro, il trucco impeccabile. È lei, maledizione!

- Non ti vergogni? Quando smetterai di creare problemi alla nostra famiglia? - Salta i saluti e fatica a regolare il tono.

Irrigidisco la schiena mentre mi urta entrando in casa.

- Che schifo, questo posto è un porcile! - Il ticchettio dei suoi tacchi mi precede nel corridoio.

Strizzo le palpebre e respiro profondamente: - Perché sei qui? - mi porto il ghiaccio sulla faccia.
- Non ti bastava essertene andato come un verme, continui persino a mettermi a disagio! Ma di cosa mi stupisco? Sei figlio di quella nullità di tuo padre! - Mi rivolge un'occhiata di sdegno.

- Nemmeno rispondi al telefono. Pensi ti lascerò ancora vivere qui, come un barbone, rendendomi di nuovo lo zimbello di tutti? - Un sorriso sadico le curva il viso.

- Non vivo più con te! Cosa avrei fatto? - Deglutisco l'acido che risale.

Estrae un bicchiere dalla credenza.
- Il preside Allen mi ha chiamata! Volevo morire per l'imbarazzo! Cos'è questa storia del processo? Sai fino a che punto mi sono dovuta umiliare a causa tua? - Il vetro che quasi si frantuma sul ripiano mi fa sobbalzare.

Tento di restare impassibile e di controllare il sopracciglio che si solleva involontariamente. Henry e la Miles fanno sul serio, a quanto pare il processo ci sarà.

- Sei solo un ingrato! Saresti stato denunciato se non mi fossi accordata con la famiglia Allen. - Piagnucola dopo avermi insultato.

Le unghie mi penetrano il palmo. Le vado incontro sentendo la collera riempirmi ogni cellula: - Di cosa mi dovrei vergognare? Di aver detto la verità? - Sostengo il suo sguardo e nello stesso istante la sua mano mi colpisce la guancia già dolorante.

- Come ti permetti di parlarmi così? A stare qua sei diventato come tuo fratello! - si trattiene le dita, come se fossi stato io a farle male.

Resto immobile, come nulla fosse successo, e ribatto: - Mi dovrei vergognare per aver detto che era stata lei... o per aver negato di averci scopato? Sarebbe stato meglio se avessi confermato tutto? - stringo i denti, trattenendomi dall'ucciderla.

- Ero solo un ragazzino, porca puttana! E tu li vedevi i lividi e i tagli con cui tornavo a casa! Sapevi ciò che subivo per mano di suo figlio ogni dannato giorno! -

Arriccia le labbra insofferente, senza battere ciglio, e si sistema i bracciali sul polso esile.

- Sei mia madre, cazzo! - scoppio a ridere istericamente.

- Te lo sei meritato. - Mi dà le spalle e porta la sua attenzione sulle birre riposte accanto al frigo.

In che modo mi sarei potuto meritare ciò che ho passato?
È una puttanata, eppure... io ora ho di nuovo sette anni; il senso di colpa mi soffoca e le sue parole mi squarciano l'anima.

- Non cambierai mai. - Sibilo.

- Ma piantala di frignare, eri un ragazzo grande e grosso! Più volte ti ho sentito dire quanto fosse una bella donna! Finiscila e fai i bagagli, Lucas! - Si toglie dei pelucchi inesistenti dall'abito.

Vorrei vomitare e la salivazione aumenta.

- Anche la notte che sono tornato ricoperto di sangue e mezzo morto me la sono inventata? Non hai nemmeno mai aperto quella dannata porta per controllare se fossi vivo. - Il collo mi fa male per la tensione.

- Basta, Lucas! Non ho più voglia! Muoviti che dobbiamo andare! - Si impettisce e appoggia nuovamente il bicchiere ancora vuoto sulla penisola, in attesa che obbedisca.

- Rispondimi, cazzo! - Urlo al punto da far tremare la porta finestra alle sue spalle, mentre le lacrime iniziano ad accumularsi agli angoli degli occhi per il nervoso.

- Insomma, Lucas... Mark era arrabbiato! Era il nome di sua mamma quello che avevi infangato! Ogni bravo figlio difenderebbe la propria madre! Tu invece, per me, cosa hai fatto? - Conclude con un'aria di delusione alla quale sono abituato.

- E ogni madre difenderebbe i propri figli... tu però esisti, quindi ogni regola va a farsi fottere! -
Conosco questa voce, ma non ho le forze di voltarmi. Percepisco Liam dietro di me, non l'ho sentito entrare.

- Ciao, Mamma! Ti direi che è un piacere rivederti, ma non ho tempo di prenderti per il culo. - Le sorride, finto, passandomi accanto e togliendosi il berretto.

- Noto con dispiacere che sei ancora troppo impegnata a fare la vittima con tutto e tutti per accorgerti degli altri!

La smorfia che le deforma il volto è degna di un film horror.
È il preambolo di un loro solito litigio, al quale non assisto da almeno cinque anni.

- Perché? Non è forse vero che la mia vita è sempre stata una merda per colpa vostra? - Domanda stizzita.

- Certo, certo! Io sto bene! Me la sono cavata! Grazie per averlo chiesto! - le rivolge una riverenza col braccio - E sì, è colpa nostra se sei sempre stata repressa, insoddisfatta, se tuo marito è scappato pur di non vederti e se nella tua vita sei sola come meriti! - Dice tutto d'un fiato e si passa la mano nei ricci biondi.

Fa un passo indietro, si appoggia al muro con le braccia conserte e un sorriso spavaldo che gli rivela tutti i denti bianchi.

- Sei sempre stato la fotocopia di tuo padre, una nullità! - la vena sulla fonte di mia madre si gonfia, credo sia in procinto di un esaurimento.

Liam finge di non averla sentita. La raggiunge e la spinge progressivamente verso l'uscita.

- Appurato che la tua vita fa schifo, é stato un piacere! Rifacciamolo, ok? Aspettiamo altri cinque anni, però! -

Lei inizia a singhiozzare: - Certo è sempre colpa mia, vero?

- Esatto, quindi addio! - Continua mio fratello, cercando di trascinarla fuori senza usare troppa forza.

- Non sei più a Portland, eppure hai comunque un occhio nero! Vuoi incolparmi anche di quello? - Ormai sul patio, torna a rivolgersi a me, indicandomi il viso.

Io la guardo e non mi viene nulla per risponderle a tono. Continuo a stringere i pugni; il palmo chiuso lo sento bagnato, non so se sia sudore o sangue.

Il senso di impotenza mi soffoca, provocandomi un miscuglio ingestibile di emozioni che mi schiacciano dall'interno.

Liam la sospinge impaziente. - La faccia gliel'ho ridotta io così, quindi puoi gentilmente levarti dal ca~! -

- Sei riuscito a farti picchiare persino da tuo fratello! - Ride incredula.

- Muoviti a prendere la tua roba! Dobbiamo andare dagli Allen e spiegare che non ci sarà nessun processo! - Cerca di liberarsi delle enormi braccia che la trattengono.

Non riesco a credere alle sue parole. Cosa vuole che faccia?

Lui aumenta la presa sulle sue spalle. - Basta! Ci hai già annoiato abbastanza con le tue follie. Non vuoi che ti mettiamo a disagio e tutto il resto! Bene! Addio, fatti la tua vita! Trova qualcuno che ti sopporti e dimenticati che esistiamo! - China il capo e aggiunge: -Te lo chiedo per favore mamma, va via! - Termina, addolcendo la voce, in una vera e propria supplica.

- Mi riprenderò la casa! E voglio vedere come manterrai anche Lucas tra università e il resto! - Lo minaccia lei, retrocedendo di uno scalino.

- Posso lavorare! - Intervengo subito, rivolgendo lo sguardo alla schiena che oscura l'entrata.

- Sai, mamma... oggi è il mio compleanno! Tu naturalmente non ne avevi idea. - Merda! È il suo compleanno e l'ho scordato anche io!

-E quanti anni faccio? Ventitre, per tua sfortuna! Non capisci dove voglio andare a parare, vero? - Dice Liam, trionfante.

- Quindi? - Tenta di fingersi tranquilla.

- Non sforzarti di sentirti in colpa, il regalo l'ho avuto! - Per un attimo si volta regalandomi un cenno di intesa. - Il fondo fiduciario che mi hanno fatto i nonni, oggi si è sbloccato dopo il raggiungimento dell'età prevista. Non ti disturbare a chiamarli. Ho già spostato tutto. - Sogghigna compiaciuto mio fratello mentre io rielaboro a rallentatore tutte le informazioni.

- E per quanto riguarda la casa: è intestata a papà, quindi contatta i suoi avvocati. Ci siamo accordati circa tre anni fa. Ora che hai capito di non poter fare un cazzo, puoi andartene! - Conclude, richiudendo la porta con un colpo che per poco non la fa cadere.

- Lucas, non ti permettere di presentarti in tribunale, chiaro? Mi hai sentito? Non finisce qui! - Sbraita dal portico mia madre.

Liam mi si avvicina. Alzo lo sguardo ma mi sento lontano.

Se n'è andata davvero?

Mi mi sospinge come un fantoccio. Lo seguo fino allo sgabello e vi resto per un tempo indefinito. Lui si muove veloce davanti ai fornelli, trafficando con pentole e utensili.

Un waffle caldo, ricoperto di sciroppo d'acero, appare sulla penisola e il profumo dolciastro mi riscuote.

- Brutta giornata, eh? - Inizia a parlare sedendomisi di fronte.

Io fisso il piatto.

- Mi spiace per la faccia! - Dice con voce dolce e un sopracciglio alzato.

- A me dispiace di essermi scordato il tuo compleanno. Sono davvero pessimo, ti creo solo problemi. - Sussurro mortificato.

- È una cazzata. Non mi dispiace neanche un po' per il pugno! - Si rimangia tutto, perdendo la nota gentile che aveva fino a poco fà. Incontro di colpo i suoi occhi verdi che mi trapassano.

- Non fossi stato mio fratello, ti avrei ammazzato! Sfruttare il fatto che fossi via per... - Si interrompe, fissandomi truce. Stringe il tovagliolo e procede: - In fondo sono fatti vostri, meglio che io non ci fossi.

- Quando me la sono trovata di fronte, mezza nuda e sconvolta, mi è salito il sangue al cervello. Non voglio nemmeno pensare tu le abbia fatto del male, quindi sicuramente hai detto qualcosa per farla stare così di merda. - espira arrestando le posate, - Ma sono contento di averti steso. Te lo dovevo dalla volta in Texas. - Sogghigna distendendo le spalle.

Il motore del frigo rompe l'attimo di silenzio che si è creato.

Trattengo il respiro e chiedo: - Me ne devo andare?

Mostra un'espressione confusa e scuote il capo: - Che cazzo c'entra?

- Pensavo che... - Cerco di trovare le parole giuste.

- Non pensare, Lucas! Fammi questo favore! Perché ultimamente ho l'impressione che tu sia in grado di pensare solo minchiate! - Mi riprende e io abbasso lo sguardo.

- Quindi, a farti quella cicatrice, è stato il figlio della professoressa che ti sei scopato? - Il palmo della mano gli deforma il viso e prosegue dietro il collo. Arriccia il naso e le sopracciglia.

- Che non ti sei scopato. Scusa. - Si corregge.

- Scusa per aver creduto alle voci che giravano, ma non hai voluto dirmi nulla... - Aderisce alla sedia, forse curioso di conoscere la verità.

Mi limito a fare un cenno col capo e guardo oltre la porta, verso il salotto, dove c'è lo specchio ancora frantumato. Non ho voglia di continuare il discorso.

- Per Alexis, invece... - Fa una pausa, attendendo che riporti l'attenzione su di lui.

- Non so che cazzo hai combinato! Non mi ha voluto dire nulla quando sono andato ad aiutarla col trasloco. Io davvero non ti cap~

- Trasloco? - Lo interrompo bruscamente, mentre la frase: "Prima di andarmene da qui" mi esplode in testa.

- Merda. - il muscolo sulla guancia guizza improvviso - Non te l'ha detto! - i suoi occhi verdi si fanno di tre toni più scuri.

- Detto cosa? Di che cazzo stai parlando? - Sbatto le mani sul ripiano e mi catapulto fuori di casa.
Corro fino a farmi scoppiare i polmoni.


🖋Spazio Autore

Alla fine come promesso ho pubblicato.
Lo so tutto volevate... meno questa donna odiosa😅🫶

Con questo ch. Posso dichiarare conclusa la seconda parte😱

La prossima settimana finalmente scoprirete cosa è successo a Lucas.

Grazie come sempre di essere qui a volte ammetto è davvero dura 😮‍💨 il ch che non ti convince, il tempo che manca sempre, i video di tiktok che girano poco e i numeri che non salgono molto...Ma sapere che a qualcuno questa storia piace è davvero tutto ciò che potevo desiderare❤️

Grazie a tutti voi di essere arrivati fin qui e BUON FERRAGOSTO☺️🫶

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