Ch. 40: Scalata al paradiso
《Credo che solo una cosa renda impossibile la realizzazione di un sogno: la paura di fallire!》
Paulo Coelho
Ho dovuto pregare Ben di riportarci a casa dato che entrambi eravamo a piedi.
Abbiamo caricato anche Hanna e abbandonato Luis con qualche tipa, dando per scontato che sarebbe riuscito a tornare da solo.
Mai come ora ho odiato la guida di Benjamin Mayer!
Lo dico sempre, ma cazzo! Sto per passare la notte con la ragazza che amo da... nemmeno lo ricordo!
Ci vuole poco dalla spiaggia e noi siamo già in auto da un quarto d'ora.
Hanna continua a lanciarmi occhiatine da sopra la spalla, sicura di aver capito tutto.
Io e Alexis sul sedile posteriore non ci parliamo. Fissiamo fuori dai finestrini. Solo le nostre ginocchia rimangono unite in un contatto che per me significa attesa, aspettativa, desiderio e... imbarazzo.
Le mani mi sudano e un tic nervoso si sta impossessando della mia palpebra sinistra, quando intravedo nel buio un uomo sulla cinquantina, con un giubbottino catarifrangenti arancione, superarci in bici.
- Posso guidare io? - Sbotto, non riuscendo più a frenarmi.
Hanna scoppia fragorosamente a ridere seguita da Lex che tenta di limitarsi, restando voltata verso la strada.
Ben, invece, mi guarda truce dallo specchietto retrovisore.
- Cosa c'è? - Chiede serio, con la fronte aggrottata, dopo aver riportato diligentemente lo sguardo sulla carreggiata.
- Nulla solo... mi sento stanco. Voglio andare a letto. - Rispondo brontolando, più sommessamente, in direzione dei capelli scuri che spuntano dal poggiatesta.
- Immagino che stanchezza! - Mi gela Mayer.
Quanto può essere suscettibile al volante? E sì, normalmente è un pezzo di pane.
- Sono nei limiti di velocità! Anche volendo, non potrei andare oltre! Piuttosto, se avete da lamentarvi, fatevi un'auto vostra! - Conclude perentorio.
Appoggio rassegnato e demoralizzato la testa al vetro, mentre le ragazze non riescono a smettere di ridacchiare.
Ventisette minuti dopo, imbocchiamo finalmente Pond st. e non so cosa scatti improvvisamente nel mio cervello, ma tutta la fretta che avevo si tramuta in angoscia.
A ogni metro che il portico si avvicina, le paure mi assalgono!
La paura di non essere all'altezza.
La paura di realizzare il mio più grande sogno proibito.
E soprattutto la paura di quello che seguirà dopo.
Scendo dalla macchina con le gambe che mi tremano.
Saluto Hanna e Ben come un automa e calpesto l'erba non seguendo il vialetto.
Traffico maldestramente con la serratura. - Liam oggi non c'è, è a Boston per un esame. - Spiego dandole le spalle.
La precedo lungo il corridoio, poi mi volto. Immobile, senza neanche accendere la luce.
- È tutto ok, Lucas? - Alexis sembra un po' spaesata.
No che non è tutto ok!
Me la sto letteralmente facendo sotto come un idiota!
- Certo! Perché? - Mi fingo disinvolto.
Lei preme l'interruttore e va diretta in sala da pranzo. - Ti va una birra? - Butta la testa all'interno del frigorifero.
Sì, cazzo, che mi va una birra, anche se è la quarta.
Annuisco, rilasciando un sospiro di sollievo.
Afferro il collo di quella che mi sta allungando e quando le nostre mani si scontrano noto le guance di Lex velarsi di un leggero rossore.
La osservo quasi incredulo e riacquisto un minimo di lucidità. Fa la dura ma è pur sempre lei.
Studio la ragazza con cui sto per farlo e sento il cuore esplodere davanti all'immagine di Alexis Micheal cresciuta, bella come non mai, in casa mia.
Ridacchia nervosa con la schiena appoggiata al ripiano del lavandino, guardandosi attorno in questa cucina che sa a memoria: - Credo che sia la situazione più imbarazzante che abbia mai vissuto... - Accenna un sorriso tirato.
Ha ragione. Ma, alla fine, l'ho già sperimentato: la sfioro e tutto il resto sparisce. Esattamente com'è accaduto in Texas. Quindi, non attendo oltre. Con un unico passo le sono addosso.
Le mie dita si infilano alla base della sua nuca, faticando a passare tra i capelli ancora raccolti. Le tolgo la bottiglia, abbandonandola sul tavolo.
I nostri occhi si incontrano silenziosi creando il vuoto. Subito le labbra si cercano come se oramai si conoscessero e la mia lingua trova la sua già a metà strada.
Lei si alza sulle punte per avere più margine di movimento. E il bacio si fa più profondo, spingendosi sul palato. La sollevo di colpo e la faccio sedere sulla penisola posizionandomi tra le sue gambe.
Le passo le nocche dal collo sino all'incavo della spalla e i denti le seguono con piccoli morsi. Lei reclina il capo, lasciando scivolare via la mano che mi teneva premuta sulla pancia e che mi obbligava a mantenere un minimo di distanza. Il suo dito si aggancia al bordo del mio costume e mi attira a sé, eliminando quel poco di spazio che ancora ci divideva.
Quel gesto mi fa arrivare il sangue alla testa. Smetto di rubare il tepore e il profumo che sprigiona la sua pelle e apro di più la bocca che trova un incastro perfetto con la sua.
Aderisco a lei che mi stringe con le cosce. I respiri si fanno affannosi, ma il mio si blocca quando la sento sotto sotto la mia maglietta.
Accarezza gli addominali bassi e risale lenta verso i pettorali, seguendo ogni linea, ogni muscolo. I polpastrelli tastano ogni millimetro causandomi dei brividi che mi costringono a strizzare le palpebre.
Con uno strattone mi levo quel sottile strato di stoffa. Ha giusto il tempo di dare uno sguardo veloce al mio torace prima che frettolosamente le sfili la felpa. Anche quella finisce sul pavimento.
Resto estasiato nel trovarmi di fronte le sue tette strizzate dal reggiseno.
Mi chino su di lei, creando una scia umida dal solco dei seni, fino al collo, dove, passandole la lingua lungo la vena pulsante, giungo alla mandibola.
- Andiamo di sopra. - Mi ansima nell'orecchio, provocandomi una scossa che arriva ai testicoli. Mi spingo involontariamente contro di lei, nel vano tentativo di darmi sollievo e trattengo il gemito che mi soffoca.
La sollevo di nuovo, approfittandone per palparle il culo, e raggiungo le scale. Le sue braccia si reggono dietro la mia testa, le sue caviglie restano intrecciate alla fine della mia schiena e i nostri respiri non smettono di mischiarsi.
- Se mi porti così, non sopravviveremo! - Mi rimprovera, quando sbatto sul corrimano in corrispondenza del terzo scalino, sorridendo come un ebete sulla sua bocca.
I suoi occhi brillano, riflettendo l'immagine dei miei mentre si lascia scivolare a terra, strusciandosi inevitabilmente e dolorosamente sulla mia erezione.
Saliamo assieme, quasi di corsa, in un gioco di spinte e pizzicotti.
Si volta di scatto, con i capelli spettinati, l'espressione furba, le tette fasciate dalla biancheria e i pantaloncini di jeans che tra poco le toglierò...
Puntello il gomito al legno sopra di lei e le sfilo l'elastico della crocchia ormai disfatta.
Le nostre labbra si ricongiungono ed entriamo, instabili, nella camera che ci ha visto bambini.
Mi sento sopraffatto, le sfioro la guancia con le nocche, scendendo lateralmente fino al seno.
- Avresti immaginato che la prima volta sarebbe stata con me? - Le sussurro dolce.
Trema.
No... mi sbaglio, non sta tremando, sta ridendo. La fronte che vibra contro il mio petto.
- Hai guardato troppi film, Lucas! - Mi da un leggero morso sulla clavicola.
Mi ritraggo, non per il dolore che in realtà è stato piacevole, ma per le sue parole a cui non riesco a dare un senso.
La scruto, cercando un indizio sul suo viso. Ma entrando non abbiamo acceso la luce e riesco solo a intravedere i suoi lineamenti.
- Che succede? - Chiede disorientata Alexis, quando mi allontano per accendere l'abat-jour sul comodino.
Come per un riflesso incondizionato, la luce tenue inonda la stanza e lei si copre avvolgendosi con le braccia.
- Che intendi con: "Hai visto troppi film"? - domando serio.
Mi fissa sbattendo le ciglia, come a volere la conferma che sto scherzando.
Attende un secondo.
- Non sono vergine, questo intendo! - Precisa e continua a studiare la mia espressione.
- È un problema? - Solleva un sopracciglio, forse vedendo che mi sono tramutato in una statua di sale.
- Pensavi che la povera sfigata, amica dell'asilo, sarebbe rimasta pura e casta fino alla pensione? Fino al ritorno del grande figo di Portland che nel mentre si era fottuto chiunque respirasse? - Una maschera di rabbia le si cuce sul volto e smette di coprirsi.
- Non ci credo! È così, vero?! Ti mancava la verginella di Braintree da aggiungere come X sul tuo taccuino? Spiacente di averti rovinato il programma, non lo sono! Ora me ne posso pure andare. - Mi accusa, non avendo idea di quanto non sia nemmeno minimamente vicina alla verità.
È vero, l'ho dato per scontato. Eliminati Luis e mio fratello dalla lista, non ho pensato potesse aver...
Serro la mascella all'idea che un altro l'abbia toccata. Ma, per una volta, il cervello pare essere dalla mia parte e la fermo prima che possa uscire dalla camera.
- Non dire assurdità! Non me ne frega un cazzo se lo sei o no! E di che diamine di taccuino parli? - La blocco afferrandole il polso appena in tempo.
Mi studia, attenta a ogni particolare del mio viso che possa smentire ciò che ho detto.
- Mi hai solo preso alla sprovvista! Anzi, è persino meglio così! - Sorrido.
Cosa sto dicendo?
Mi guarda con una smorfia che le arriccia il naso.
- Io non capisco come tu faccia a convincere tutte a venire a letto con te! Non ne dici mai mezza giusta! - Alza gli occhi al soffitto. La rabbia sembra abbandonarla pian piano.
Semplice, non mi porto a letto nessuna! La bocca, per meccanismo di difesa, pronuncia tutt'altro: - Sono bello! - Ammicco strafottente, riavvicinandomi a lei.
Sospira rassegnata ma non nega e, grazie al cielo, ricongiunge le mani dietro la mia schiena.
- Sono simpatico! - Proseguo dondolandomi contro di lei, ormai incurante di farle sentire quanto io la voglia.
- Su questo avrei da ridire! - Ridacchia, ricambiando i miei baci giocosi.
- Anche se non ne dico una giusta... Tu sei comunque qui, mi pare! - La punzecchio, pentendomene appena noto che non ha apprezzato la battuta.
Sono un coglione! È confermato.
La bacio ancora. Sono in tilt, fermo al fatto che l'unico senza esperienza, qui, sono io.
Se prima non ero certo, ora sono sicuro farò una figura di merda!
Non ho neppure un preservativo!
O meglio, ne ho uno nel portafoglio ma oramai è più un santino che qualcosa di utilizzabile al fine di impedire la riproduzione della specie.
- Arrivo! - Mi stacco nuovamente da lei che mi osserva sempre più disorientata.
- Devo... togliere la sabbia dal costume! - Butto lì.
Ma perché nessuno mi spara, facendo un favore al mondo?
- Faccio una doccia al volo e torno! - Rettifico, camminando all'indietro e raggiungendo la maniglia.
- Dovrei anch'io? - Domanda titubante e un po' spaesata.
- No! Vai benissimo così. - Rispondo secco, richiudendomi la porta alle spalle.
🖋Spazio Autore
Sera e scusate l'ora!!!
Bhe che dire.... ci siamo?🤣
Lucas è il solito...spero che almeno un sorriso ve lo strappi☺️☺️☺️
Il ch è stato un po' breve ma è l'introduzione alle 3000 e passa parole del prossimo😅 e si.... potete sperarci!!!🤣🤣🤣
Per una volta al nostro Bad Boy potrebbe persino andare bene... o quasi!🤪
Per ora vi saluto! E grazie grazie davvero❤️ perchè anche se la mia storia non ha grandi numeri avere voi che mi seguite per me è tutto🫶
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