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Ch. 32: Incubo

《Un giorno dovrò spiegare i miei incubi. Perché sono venuti. E perché non se ne andranno mai del tutto. Dirò loro come li supero. Dirò loro che, nelle mattine brutte, mi sembra impossibile trarre piacere da qualcosa perché temo che possano portarmelo via.》
SUZANNE COLLINS


Quel ronzio si fa sempre più forte.

Scruto la strada da cui siamo arrivati fino alla prima curva che mi interrompe la visuale. Anche Lex, al mio fianco, distoglie finalmente l'attenzione da ciò che stava facendo, sollevando la testa nella medesima direzione.

Delle luci si palesano oltre la roccia che costeggia il nostro lato della carreggiata.

Motociclisti!

Saranno almeno una ventina. Bandane e giacche nere sembrano essere il loro comune denominatore. Proseguono a passo di marcia, risalendo lentamente la collina.

Attendo impaziente che terminino la loro sfilata e che ci superino, così da poter riprendere il discorso con la testarda che mi accompagna, provando in ogni modo ad allontanare il senso d'ansia che che si sta impossessando di me a ogni vibrazione.

Il corteo però, anziché superarci, svolta e si disperde nello spiazzo intorno a noi. Una ventina di Harley ci sta accerchiando.

- Rimetti il casco e sali sulla moto!- Le urlo, cercando di sovrastare il boato dei loro motori.

Lex esegue ma, accortasi dell'impossibilità di trovare, lì in mezzo, una via di fuga, si blocca. Lentamente riappoggia il casco sulla sella.

Uno alla volta, i motori, finalmente, tacciono. Resta solo qualche schiamazzo a interrompere la quiete ritrovata.

La situazione non si mette per nulla bene.
Le enormi moto ci abbagliano con i fari, mentre, lo stormire dolce e pacato delle chiome degli alberi, risulta una nota stonata, in questo momento di tensione.

Istintivamente, mi paro davanti a Lex.

Molti ci fissano con sguardi torvi. Guardano soprattutto lei. La cosa non mi piace per niente.
Il sangue inizia a pulsare nelle vene. Irrigidisco la schiena e mi raddrizzo, scrutando i presenti uno a uno.

Resto immobile, fissando il tipo sulla sessantina che mi si è piazzato di fronte.
Ha i capelli brizzolati raccolti in una coda bassa; dalla barba ispida spunta un grosso sigaro che trattiene di lato tra i denti, ma è il ghigno che gli affiora sulle labbra a mettermi i brividi.

Stringo le dita sentendo i guanti opporre resistenza.

Cosa vogliono?

Un fischio di apprezzamento si leva dal fondo del piazzale.

L'aria è elettrica e io non so che cazzo fare.

- Bene! Bene! Che ci fanno due bambini in giro, da soli, di notte? - Ridacchia l'uomo brizzolato, che pare essere il capo.

- Lucas... - mi giunge la voce di Alexis, flebile, alle mie spalle.

- Ma guarda che bella signorina che abbiamo qui! - Sghignazza un tipo smilzo, coi baffetti neri. Lo fulmino immediatamente mettendomi, al contempo, sulla traiettoria della ragazza. Nessuno di loro deve azzardarsi a guardarla.

Ho il cuore che scoppia. Nemmeno facendomi ammazzare riuscirei a fare qualcosa di concreto per proteggerla.

Faccio un passo indietro, fingendomi intimorito, per avvicinarmi a lei. Questo scatena le loro battute.
- Se la fa sotto il ragazzino!! Ahahah!
- Vuoi la mamma?

- Quando te lo dico, tu corri! - Faccio una pausa, - Trova un punto per saltare il guardrail e nasconditi nella boscaglia.

Un altro attimo di silenzio.

- Se entro domani non ti ho raggiunta, vattene e chiama aiuto. - Sussurro, senza voltarmi, in attesa di un suo cenno.

- Non ci penso proprio, cretino! Non provare a fare l'eroe! - Prorompe Alexis, mandando all'aria il mio tentativo di non farci sentire.

I tipi poco raccomandabili che ci circondano scoppiano tutti in una fragorosa risata, anche quelli troppo distanti per averci sentiti si accodano al momento di euforia, come pecore. Io, incredulo, mi limito a guardarla con gli occhi sbarrati.

- Che cazzo volete? - Urla Lex, facendo tornare il silenzio.

- Ha tirato fuori gli artigli, la micetta! - Dice qualcuno sulla destra, prima che tutti scoppino nuovamente ridere. Sembra non riescano a fare altro.

Alcuni iniziano a smontare dalle selle, avvicinandosi al loro capo che ancora non ha smesso un secondo di studiarmi: ha il volto inclinato di lato e l'aria divertita.

Scandaglio ogni possibile spiraglio di fuga.
Allungo la mano lungo la schiena, trovando quella di Alexis, ancora immobile alle mie spalle.

Analizzo la strada principale: sei di loro non ci perdono di vista un secondo.

La stessa situazione si presenta dall'altro lato, dove avremmo potuto tentare di fuggire oltre l'ingresso della zona residenziale. Tuttavia, anche ammesso che riuscissimo a superarli, l'enorme cancello sembra chiuso.

Non ci resta che tentare di scavalcare il vecchio muro coperto d'edera alle nostre spalle. Sarà alto circa due metri e mezzo, forse di più, ma dovrei riuscire a far salire almeno lei.

Non avrò il tempo di salvarmi anche io, ma basta che questo, lei, non lo sappia.

- Allora, che ne dite di venire con noi? - Ci propone, con un tono che non ammette repliche, il centauro con la coda grigia e la bandana bianca e nera legata al collo.

- Capo, io posso portare la ragazza?- Si propone un suo sottoposto, pelato come una palla da bowling e con un paio di occhiali da sole fascianti.

Non attendo di sentire la risposta.

Avverto Lex, stringendole ripetutamente il palmo e con uno sguardo d'intesa.
Scatto, trascinandola con me. In poche falcate raggiungiamo il muro in mattoni grigi.
La sollevo, aiutandola a salire. Il tallone delle sue converse bianche, all'altezza del mio viso, si sistema su una sporgenza facendole da appoggio.

Non ha nemmeno raggiunto la cima, quando mi sento strappare all'indietro.
Mi trattengono per le braccia, mentre cerco in tutti i modi di raggiungere Alexis che scalcia, cercando di allontanare i tizi che la stanno rimettendo a terra.

- Lasciatemi! - Urla con tutto il fiato che ha in gola. Nello stesso momento riesco a liberarmi, buttandomi su di lei.
L'avvolgo con le braccia, schiacciandola contro il muro.

"Non vi azzardate a toccarla!" Vorrei urlare, ma mi sentirei solo ridicolo.

Resto zitto, cercando di proteggerla con tutto il mio corpo. Sembra così piccola, terrorizzata contro il mio petto.

I nostri occhi si incrociano nell'istante in cui la forza che mi strappa via da lei prevale. E non importa cosa sia successo tra noi, o cosa succederà. Con gli occhi ci diciamo tutto: Cosa ci succederà? Fai attenzione! Ti salverò ad ogni costo! È finita...

La amo più della mia stessa vita. Tanto disperatamente che nulla può farmi più paura dell'idea le possano fare del male.

Con una gomitata colpisco lo zigomo di un tizio che ricade a terra, frignando e trattenendosi il naso. Allontano un ragazzo mingherlino con una spallata e tento di colpirne un altro. Mi muovo convulsamente senza un piano. So di non potercela fare.

L'angoscia e la disperazione mi uccidono. Mai mi è bruciato tanto il petto. L'ossigeno sembra aver preso fuoco. Niente di tutto ciò che mi ha fatto provare Mark si può paragonare al dolore che provo ora.
Non riesco neanche a piangere mentre lei mi guarda, piegata verso di me, con i polsi tra le mani di un uomo che ha dieci volte la sua forza. Le labbra tremano...

Vengo nuovamente immobilizzato e qualcosa di ruvido mi viene calato sul viso.

Non vedo più nulla!

Lex mi chiama disperata.

- Lasciatelo! - Continua a intimargli. Incuranti mi spingono le braccia dietro la schiena.
Avverto la sensazione del ferro, di quelle che sembrano manette, ferirmi la carne nel tentativo di liberarmi.

Non importa cosa mi accadrà, la consapevolezza di ciò che potrebbero farle mi sta già smembrando l'anima.

Ho i battiti a mille, aumentano incontrollabilmente a ogni "Lasciatemi", a ogni " Non toccarmi!". Le sue parole mi rimbombano in testa.

L'odore del sacco di juta che mi copre il volto mi impregna le narici, mentre il tessuto mi graffia leggermente la faccia.

Come siamo finiti in questo casino?
Dovevamo salvare Liam... Ora chi cazzo salverà noi?

- No, basta! - Sento Lex.
Esplodo. Mi agito, mi divincolo.

È tutto inutile!

- Non azzardatevi a toccarla, figli di puttana!-

- Perché altrimenti cosa ci fai, ragazzino? - Altre risate, altre battute, altri strattoni e ancora grida.

- Ora datevi una calmata! -
Riconosco la voce dell'uomo col sigaro. - Voglio subito un'auto all'entrata del Golf Village - continua.

Tutti i suoi uomini si sono zittiti. Solo Lex continua a imprecare.
Finché la riesco a sentire, posso continuare a respirare.

♡♤♡♤♡♤♡♤♡♤

Da una decina di minuti siamo sul sedile di un'automobile. L'odore della pelle che ricopre i sedili s'insinua fin dentro il sacco che ho in testa, dandomi la nausea.
Non ho idea di dove ci stiano portando.
Ho perso il senso dell'orientamento nel trambusto creatosi mentre venivo caricato qua dietro.

Mi sono tranquillizzato solo quando Alexis è stata buttata al mio fianco, avvertendo il peso del suo corpo contro il mio.

Grazie al cielo il finestrino del passeggero si abbassa e la fresca aria serale si fa largo, leggera, mischiandosi al fumo della sigaretta di chi mi siede davanti.

- Andrà tutto bene! - Cerco di rassicurarla.

- Ora dimmi cosa diamine ti fa pensare, anche solo minimamente, che qualcosa andrà bene, Lucas? - Mi risponde stizzita.

- Era per dire! Dio mio! Ma puoi essere sempre così stronza? - rispondo a mia volta irritato, scatenando ilarità all'interno dell'abitacolo.

- Ora piantatela e fate i bravi! Soprattutto tu, signorina! - Ci ordina una voce a cui non sono in grado di associare un volto, mentre il veicolo rallenta fino a fermarsi.

Sento la mano di Lex scivolare sopra la mia. Il tempo si blocca. Volto il palmo e ricambio il suo gesto, incrociando le dita alle sue.

La sua portiera si spalanca e lei mi viene nuovamente strappata via.
- Cosa volete da noi? - Sbraito disperato.

Senza ottenere risposta, vengo guidato all'interno di un'abitazione mentre una cancellata in ferro si richiude pesantemente, in lontananza.

- Prendete i soldi e lasciateci andare! - Tento la tattica più ovvia che mi viene in mente.

- Non ci interessano i tuoi soldi, ragazzino! Il capo ne ha fin troppi! - Mi risponde, avvicinandosi al mio orecchio, il tipo che mi sta scortando. Deglutisco, percependone l'eccessiva vicinanza.

- Dove avete portato Lex? Cosa volete da noi?

- Fa silenzio! Tra poco lo saprai. - Mi zittisce l'altro che mi affianca. Dopodiché ci fermiamo.

Tento in ogni modo di levarmeli di dosso ma non li smuovo di un millimetro.
Mi contorco, nel disperato tentativo di scoprirmi il viso o liberare le mani bloccate dalle manette ma, anche in questo caso, non c'è verso.

Rassegnato, cerco di regolarizzare il respiro, concentrandomi sulla luce fioca che attraversa le fibre.

- Dov'è Alexis? - Domando ancora, senza reali speranze di avere risposta.

-Cazzo! - Impreco per la frustrazione.
- Se vi azzardate a toccarla, giuro che vi ammazzo! - Esplodo rabbioso.

- Sì, sì, certo! Va bene, ragazzo. Ora, andiamo! Sono stufo di giocare. Uno dei miei uomini si è fatto male con la ragazzina e un altro ha un occhio nero per colpa tua. - La voce roca dell'uomo col sigaro si rivela improvvisamente, accompagnata da un suono sordo e profondo di qualcosa di pesante che si trascina.

- Che diamine le avete fatto? - Continuo imperterrito, dimenandomi. Intanto, un senso d'oppressione mi attanaglia la gola.

Chiamo più e più volte il nome di Lex, senza darmi pace.
- Piantala con questo baccano! Mi stai bucando un timpano. Urli come una ragazzina! - Mi redarguisce, poggiandomi una mano dietro al collo, spingendomi per la nuca, in un chiaro invito a proseguire.

- Gli altri si stanno divertendo con la tua amichetta. È una dura, sai? Quasi ringrazio di essere qui e non con lei! - Mi sfotte qualcuno. E io perdo completamente la ragione, riuscendo a sottrarmi alla presa del vecchio centauro.

- Alexis! - Urlo con tutta l'aria che mi resta e, contemporaneamente, altre mani mi afferrano. Non mi ero accorto di avere tante persone intorno.

- Ho detto di piantarla di urlare! Che diamine! Sapevo che era un'idea del cazzo! E voi vedete di finirla, o ve ne farò pentire ! - Brontola il vecchio.
- La rivedrai! Ora cammina. - Conclude.

Le suole delle mie scarpe stridono, strisciando sul pavimento liscio.
Lo percepisco muoversi al mio fianco, poco prima di udire un rumore pesante di pietra spostata con forza ed essere investito da una folata di aria gelida. Sembra si sia aperta una porta. Un passaggio?

Li seguo. Anche se non credo sia propriamente il termine corretto per descrivere il modo in cui vengo trascinato. Urto con le braccia le pareti strette del corridoio che stiamo percorrendo. È buio, avvolto dall'oscurità più totale. Ora, qui dentro, non sembra penetrare nemmeno un filo di luce.

Il cervello mi esplode di mille domande e le gambe non smettono di tremare.
Ripeto per l'ennesima volta, come un mantra, la sequenza di gradini, porte e svolte eseguite da quando siamo entrati in questa casa, tentando di memorizzare.

Se mai riuscissimo a scappare, ripercorrendo questo percorso, composto da tunnel, dovremmo farcela. Tengo la mente occupata, sperando in una qualche possibilità di salvezza, quando un suono lontano blocca ogni mio ragionamento.

Un mugolio.
Un lamento indistinto e soffocato.
È lei...

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