Ch. 14: Nottata bollente
《L'istinto è l'intelligenza
incapace di autocoscienza.》
(John Sterling)
Chiudo la porta della mia camera sperando di chiudere fuori anche il triste epilogo della giornata. Le ultime 24 ore sembrano essere durate un mese. Ritrovare nonna Margaret in quello stato e la discussione con Lex mi avevano già messo a dura prova. La rissa a fine serata mi ha dato il colpo di grazia.
E sì che l'appuntamento con Hanna stava prendendo una bella piega, tralasciando l'incidente in cui mi sono preso un paio di pugni, abbiamo scherzato e flirtato senza il minimo imbarazzo.
Quella matta è una continua sorpresa. Con lei mi sento una persona normale e sarebbe andato tutto a gonfie vele, se la mia solita sfiga non avesse deciso di perseguitarmi.
A Portland, dal momento in cui decisi di rendere pubblico lo scandalo sulla prof. Allen, l'obiettivo di suo figlio divenne: "rovinarmi la vita".
Mi voleva morto. Morto e solo! Magari non proprio in questo ordine, ma il concetto non cambia.
Fatto sta che da allora non sono più riuscito a frequentare una ragazza; non che mi fosse capitato in precedenza...
Da piccolo ero mingherlino e introverso.
Finito il secondo liceo, ho smesso con le lezioni private e sono tornato a scuola. A quel punto le ragazze iniziarono a notarmi ma ebbi la malaugurata idea di unirmi al gruppo di Mark e, da lì a poco, tutto precipitò velocemente.
Cazzo! Il contatto con il materasso non è per nulla piacevole!
- Dopo anni di botte non dovrei averci fatto il callo? - Rido tra me, come un coglione.
Comunque, c'è una domanda che davvero non smette di ronzarmi in testa: "Che diamine ha combinato la biondina con la squadra di football?".
Non mi creerebbe problemi scoprire che è stata con più ragazzi, però vorrei evitare di finire in mezzo alla storia di qualcun altro.
Rubare il grande amore di Mayer e inimicarsi tutti i giocatori della Braintree High equivarrebbe a scavarmi la fossa. E si sa, non è che io sia un genio nel fare le scelte giuste!
Inutile continuare a pensarci, meglio dormire. Fortunatamente domani è domenica.
Lo scatto di una maniglia, però, risuona nel silenzio, incrinando ogni buon proposito di prendere sonno.
Lo scricchiolio delle assi di legno descrive i passi leggeri di Alexis che si allontanano lungo il corridoio, e io vengo travolto da una strana emozione quando realizzo che siamo soli in casa.
Dormiamo a una decina di metri l'uno dall'altra. Mi basterebbero pochi secondi per raggiungerla e trovarla sdraiata, indifesa e... nel letto di mio fratello!
La frase mi va di traverso ed ecco che tutta l'adrenalina, che pian piano stava iniziando a scorrere nelle mie vene, sfuma immediatamente.
Merda! È più forte di me, il mio subconscio è posseduto!
Sta con Liam! Sta con Liam! Sta con Liam!
Mi entrerà nel cervello che non è mia? O piuttosto, esiste un modo per accettare che non lo sarà mai?
Mi obbligo a riportare i pensieri su Hanna che indubbiamente, ad ora, è un ottima distrazione.
Il solo pensare a quel tornado biondo mi ridona buon umore, ma nuovi rumori sopraggiungono dal bagno, ridestando la mia attenzione. Ogni muscolo del mio corpo si tende.
Smetto addirittura di respirare e resto in ascolto.
Che diamine sta combinando a quest'ora?
Assecondando la mia curiosità, mi alzo e procedo in quella direzione. Ciò che fino a poco fà era un rumore indefinito, diviene un mugolio che s'insinua nel mio timpano causandomi un brivido.
Ma che diamine...?!
- Ahh - Geme impercettibilmente.
Mentirei se dicessi che la mia fantasia non abbia già ricamato su ciò che sta succedendo in quel bagno!
Se il mio intuito non m'inganna, e lei sta facendo veramente ciò che penso, posso pareggiare i conti per tutte le volte che mi ha beccato in situazioni imbarazzanti!
Sistemo i pantaloni della tuta diventati scomodi e mi preparo all'entrata trionfale.
Ma eccolo lì, il mio coraggio, che batte in ritirata e ho quasi paura a sbirciare dallo spiraglio di luce che mi rivela uno scenario completamente diverso.
Alexis è sul pavimento.
Ha i capelli sciolti, appiccicati al viso. Si regge a stento alla tavoletta del water e scatta in avanti quando un conato la scuote, obbligandola a sollevarsi per raggiungere la tazza.
Resetto ogni pensiero si fosse impossessato dei miei neuroni e mi avvicino, accucciandomi al suo fianco.
Con una delicatezza innaturale le stacco le ciocche dalla pelle sudata, raccogliendole nel pugno.
- Vattene Luc~ - Cerca di respingermi, e rimette nuovamente.
- Dai, ora passa! - La rassicuro, accarezzandole la schiena inarcata con la mano libera.
- Non sto bene... -
Giura!? Non l'avrei mai detto! La sfotto mentalmente, ma oggi fa troppa tenerezza per pronunciare quelle parole.
Si lascia andare ricadendo sui talloni e, senza che me ne renda conto, è rannicchiata contro il mio petto.
Resto pietrificato, non la sfioro, ma la sento stringere la stoffa della mia maglietta.
Mi occorre qualche secondo per riacquistare lucidità e, a quel punto, le mie mani risalgono le sue braccia fredde, ricoperte di brividi. L'afferro per le spalle e, allontanandola leggermente, cerco il suo sguardo.
- Hey, resisti, ora ti porto a letto e ti do qualcosa che ti faccia stare meglio! -
Ha gli occhi lucidi e le labbra rosse.
- Cos'hai mangiato? - Indago, così da capire cosa possa averle fatto male.
- Nulla... - Sussurra, riportando la testa sotto il mio mento.
- Forza! -
Piego un ginocchio e con uno scatto di reni la sollevo.
Il contraccolpo le lascia cadere il capo all'indietro, esponendo maggiormente il seno alla mia visuale.
Che cazzo!!
La mia attenzione si sofferma sulla curva morbida che straborda dal reggiseno nero, risalendo verso la clavicola, fino alla linea delicata che congiunge all'orecchio.
Serro i denti fin quasi a sentire dolore, obbligandomi a guardare altrove.
Con un'altra spinta, la sistemo meglio, rinsaldando la presa e permettendole di aggrapparsi dietro alla mia nuca.
- Ho sete... - Pronuncia con un filo di voce.
L'adagio sul ripiano del lavandino, non compiendo il minimo sforzo, e lei fa leva sui miei avambracci per non cadere in avanti.
La sua mano è premuta esattamente nel punto in cui è incisa ad inchiostro nero la scritta: "Ἅιδης".
E, come un quadro che si completa, le lettere prendono fuoco, imprimendomi il suo marchio più profondamente, nell'anima. Le appartengono. Io le appartengo!
Infilo le dita tra i suoi capelli, facendole aderire il palmo alla guancia per sollevarle il viso.
Fatica a tenere gli occhi aperti mentre cerca i miei, e i suoi ansiti mi rimbombano nel cervello.
Riempio il bicchiere accanto al dentifricio. Beve due piccoli sorsi, lasciandosi sfuggire qualche goccia che le scende lenta lungo la mascella, ma a deglutire sono io! Poi sciacqua la bocca, risputando nel lavandino.
Che finezza!
- Aggrappati! - Le ordino e lei, non opponendo alcuna resistenza, acconsente.
Il suo respiro si scontra caldo sul mio orecchio.
Quanto devo essere una merda per trovarla eccitante persino in questo stato?
Sbuffo, disgustato da me stesso. È così leggera...
Estate seconda media
Avevo insistito tre giorni e pregato mio fratello in ogni modo possibile.
Quel 27 Agosto anche Lex avrebbe compiuto 13 anni.
Eravamo troppo piccoli per avere il permesso di andare al mare da soli e, soprattutto, non avevamo un'auto. L'unica possibilità era convincere Liam, e la sua banda di scalmanati, a trascinarsi dietro il fratellino rompiscatole e la sua amichetta.
Avevo rinunciato alla mia paghetta di due mesi per riuscire a strappargli la promessa di accompagnarci ed ero davvero fiero di esserci riuscito.
Solo la mattina in cui, insieme a Neil, quello per cui ora sta andando in Messico, e altri loro amici, salimmo in macchina per raggiungere Wollaston beach, venni a sapere che aveva già accettato molti giorni prima, assecondando senza esitazione la richiesta della festeggiata.
Mi ero fatto fregare miseramente. Ma nessuno avrebbe minato il mio entusiasmo!
Quel giorno, oltre a noi, venne anche un altro ragazzino di cui non ricordo il nome. Probabilmente era il fratellino di uno degli amici di Liam.
Lex trascorse tutto il viaggio vantandosi di quanto fosse unica la sua nuova pietra che sembrava racchiudere delle piccole scaglie di sole.
Benché tutti i poveri malcapitati presenti nell'abitacolo avrebbero desiderato buttarsi dal finestrino pur di non ascoltare un'altra parola su quel maledetto sasso, io non riuscivo a levarmi quello stupido sorriso di soddisfazione dalla faccia.
Arrivati a destinazione, parcheggiammo le due auto poco distanti dall'ingresso della spiaggia.
Era splendido, in cielo non c'era una nuvola e il riverbero della luce sulle increspature delle onde mi accecava piacevolmente. Morivo dalla voglia di buttarmi.
- Lucas. Vedi di metterti la crema solare o tua madre mi romperà le palle fino al prossimo Natale se ti riporto a casa scottato! - Urlò, scocciato, lo scimmione che condivide il mio cognome, senza che io gli prestassi la minima attenzione.
Completamente rapito, restai stordito ad ammirare lo scenario che mi si stava mostrando.
Alexis era proprio di fronte a me, a piedi nudi sulla sabbia. Le braccia alzate, con la maglietta ormai oltre la testa, mettevano in mostra una pancia piatta e due tette che sicuramente l'estate precedente non erano venute con noi!
Niente a che vedere, certo, con le ragazze che si vedevano sui siti porno...
Lei aveva una sensualità acerba, linee sottili e poco marcate. Il brivido che, fulmineo, mi attraversò la spina dorsale non fu paragonabile a nessun'altra sensazione avessi mai provato.
Non attesi che si liberasse anche dei pantaloncini di jeans. Di scatto mi alzai, nascondendo il rossore che mi aveva dipinto le guance, e corsi incontro alle onde.
Ignorando la voce di Liam che mi richiamava, mi tuffai spegnendo all'istante quei pensieri tutt'altro che puri.
La mattinata trascorse piacevole, tra battaglie di schizzi e risate a crepapelle.
All'imbrunire, stanchi e felici, seguimmo i più grandi, desiderosi di una birra, verso il pontile che si ergeva sul mare, tenendoci in disparte.
Lo stridio dei gabbiani si diffondeva nell'aria insieme al forte odore di salsedine.
La tavolozza di rossi che dipingeva l'orizzonte era il perfetto spettacolo a conclusione di una meravigliosa giornata.
Ma per quanto tentassi di distrarmi, e di godermi l'esperienza, il mio interesse ricadeva ciclicamente sul corpo di Lex, come attirato da particolari che ancora dovevano essere scoperti.
Ciò che davvero mi infastidiva, più del non riuscire a controllarmi, era l'accorgermi delle occhiate fugaci che anche Liam, ripetutamente, le dedicava.
Era discreto, ma io l'avevo notato!
E la cosa mi irritava.
Mi infiammava il petto.
Mi disgustava, addirittura.
Non avrebbe dovuto guardare una ragazzina. Una mia amica!
E io... ne avevo il diritto?
Non avevo forse passato ore a rubare immagini della sua pelle tesa e bagnata?
Un senso di possesso misto a gelosia era germogliato nella mia mente e quella sensazione, nata dal nulla, sarebbe rimasta radicata nelle mie vene per tutti gli anni a seguire.
Controllavo chiunque volgesse l'attenzione nella sua direzione, come se avessi il potere di bloccarli.
Non saprei individuare l'istante in cui passai dal volerle bene all'amarla, ma quello fu sicuramente il giorno in cui iniziai a desiderarla anche fisicamente.
All'improvviso un impeto di rabbia mi scoppiò nella testa; la conferma di essere un illuso mi investi con tutta la crudeltà di cui la verità poteva ritenersi portatrice.
Potevo riservare sguardi truci a chiunque le si avvicinasse, ma in nessun modo avrei potuto impedire a lei di accarezzare gli addominali definiti di mio fratello, con la stessa curiosità con cui io l'avevo studiata.
Con lo stesso stato d'animo di un bambino che fa i capricci, mi arrampicai sulla ringhiera che costeggiava il pontile.
La strattonai, invitandola a seguirmi.
A nulla servirono le sue richieste di lasciarla andare. Era la mia migliore amica, ed io avevo il diritto di tenerla con me!
In piedi, sospeso sul parapetto, la incitai.
- Forza, saltiamo! -
- Lucas! Lasciam~ - Mi urlò con voce strozzata.
Ma era troppo tardi, persi l'equilibrio.
Involontariamente caddi trascinandomela dietro, benché non si fosse ancora posizionata correttamente sul corrimano per saltare.
La gola mi si strinse per l'adrenalina del salto e per il pericolo a cui l'avevo esposta.
Le urla dei nostri amici si spensero nel momento in cui impattai con la superficie.
Il colpo strappò la mia mano dalla sua.
La paura che potesse aver urtato la ringhiera o i pilastri durante la caduta, esaurì più velocemente l'ossigeno a mia disposizione e risalii tossendo.
Terrorizzato, cercai subito di individuarla.
Il cuore sembrava volermi esplodere nella cassa toracica, e il rumore sordo delle onde contro la struttura in ferro si sostituiva ai pensieri.
Non era da nessuna parte. Mi immersi nelle acque ormai torbide a causa del sole che stava tramontando, rendendo le profondità dell'oceano sempre più scure.
Ero soffocato dalla paura.
La vidi affiorare poco distante, e ringraziai Dio.
Il tutto era accaduto in una manciata di secondi, ma a me erano sembrati minuti interminabili.
L'afferrai e, con tutte le mie forze, iniziai a trascinarla dove l'acqua era più bassa, lottando con le correnti gelide.
Fortunatamente, la riva non distava molto dal punto da cui eravamo caduti.
Con poche bracciate, arrivai a toccare il fondale.
Sollevai Alexis, incosciente, tentando di adagiarla sulla passerella che si ergeva alla nostra destra, ma non ci riuscii.
Riprovai, ma qualcuno si butto sbalzandomi a lato.
Prima di capire cosa fosse accaduto, Liam stringeva la ragazza inerme tra le braccia e, non mostrando il minimo sforzo, la depositava delicatamente sulle assi di legno.
Si sollevò sulla passerella, raggiungendola, la scosse pallido come un fantasma; solo quando lei iniziò a tossire e a piangere, aggrappata al suo addome, anche io tornai a respirare.
Le asciugò il viso e tutti gli altri ci raggiunsero.
Assicuratosi che Lex stesse bene, si girò verso di me; ero immobile, immerso fino al torace, ad osservare inerme la scena, da sotto.
Con uno slancio saltò il corrimano.
Un sonoro ceffone mi girò la faccia, ma nell'attimo successivo mi strinse a sé, scompigliandomi i capelli.
Non udii le sue parole di rimprovero, e nemmeno quelle di rassicurazione.
La guancia non faceva male.
Ciò che mi uccideva era il dolore provocato dalla consapevolezza. Ero un idiota che, per gelosia, aveva messo in pericolo la sua amica e, per altro, ero talmente debole da non essere neanche riuscito a salvarla.
Era stato Liam; lui, l'aveva messa in salvo.
Ringraziai l'acqua salata che nascondeva le lacrime, inarrestabili, che continuavano a formarsi.
Tornai a casa sull'auto di Niel, senza dire più nulla, senza rispondere ai rimproveri o alle domande, senza chiederle nemmeno scusa...
- Alexis, la tua pietra! È rimasta sul sedile! - Urlò una certa Ella che si trovava nell'altra macchina.
- Puoi pure tenertela! - Rispose, decisa, la ragazza che avevo quasi ucciso. E se quel pezzo di resina era duro come un sasso, il mio cuore, di certo, non lo era...
La sollevo dal lavandino e vado verso la camera, ma giunto alla porta di Liam, mi blocco.
Il bisogno di non staccarmi da lei, di godermi un altro po' la vicinanza del suo corpo, mi impone di proseguire oltre.
Temporeggio ma i miei piedi, di loro volontà, riprendono a muoversi.
Potrei raccontarmi che è malata e che non può stare sola, ma la verità è un'altra, e lo so bene.
Sono un bastardo!
Delicatamente l'adagio sul mio letto, poggiandole una mano sulla fronte.
- Hey Lex, scotti, hai la febbre. Ti vado a prendere qualcosa. Qui c'è una mia maglia, indossala! -
Attendo, osservandola farsi più piccola, nella penombra.
- Torno subito! - Ribadisco.
Non mi risponde, mugugna quello che considero un verso di assenso.
Perchè diamine indossa ancora i vestiti di oggi?
Avrei giurato stesse già riposando, quando sono rientrato...
E d'un tratto ripenso ai colpi di tosse che, ripetutamente, avevano intervallato il nostro ultimo litigio in riva al lago. Probabilmente già non stava bene! Realizzo, aprendo i cassetti del bagno in cerca del paracetamolo.
- Lex! Tirati un po' su! - Esordisco riapparendo nella stanza.
- Forza! - Proseguo, sedendomi accanto a lei.
L'aiuto a sollevarsi facendola appoggiare a me, le porgo il termometro e le avvicino la medicina alla bocca.
Rilascio la pillola tra le sue labbra che vanno a contornare le mie dita, inumidendole appena. Impreco tra i denti, cercando di ignorare la sensazione morbida e avvolgente che ne deriva.
Aiutandola a sorreggere il bicchiere, resto ipnotizzato dal movimento della sua gola, mentre ingoia la pastiglia.
- Ho freddo... - Sussurra, voltandosi e sfiorandomi il collo con la punta del naso.
- Immagino... - Deglutisco a fatica quell'unica parola.
- Devi esserti presa qualcosa, ieri, con quel temporale. -
Ed ora, sono sudato anche io.
- Spegni la luce... ti prego - mi implora, trattenendomi leggermente, appena mi allungo per raggiungere l'interruttore.
Sembra quasi abbia paura me ne possa andare da un momento all'altro e io so che, purtroppo, dovrò decidermi a farlo.
È la prima volta da quando sono tornato che posso stringerla. La prima volta che posso toccarla non correndo il rischio di ricevere uno schiaffo.
Il silenzio assordante viene interrotto dal suono del termometro elettronico.
- 38.6 - Le comunico, dopo aver controllato il risultato, sfruttando la luce del cellulare.
I fari di un'auto che passa sulla strada illuminano improvvisamente la camera.
Vedo la sagoma della mia maglietta, addosso a Lex, alzarsi ed abbassarsi, seguendo il movimento frenetico del suo petto e mi ritrovo ad ingoiare la saliva, come se la pastiglia l'avessi dovuta prendere io.
Seguo l'istinto che mi impone di avvolgerle le braccia attorno alla vita e la tiro a me. Che diamine mi salta in mente?
Mi prendo quell'abbraccio che ho desiderato darle da che l'ho rivista.
Rubo quel contatto che, per tanto, ho sognato, sapendo di non poterlo richiedere.
Egoisticamente, godo di quell'attimo che mai mi sarebbe stato concesso in un'altra situazione. E al contempo soffro, perché, dopo questa notte, questa possibilità mi verrà di nuovo strappata via, tornando ad essere dolce esclusiva di qualcun altro.
Decido di riservarmi ogni istante, ogni battito e ogni dolcezza che questi minuti possano regalarmi.
- Devi dormire! - Le dico, liberandola e raccogliendo il buonsenso, anche se non del tutto rassegnato a lasciarla.
- Non andartene... - Mi prega.
E io, immerso nel buio, sorrido, e senza esitazione abbandono i miei buoni propositi.
Mi sdraio, portandola con me sul materasso.
Lei si volta, dandomi le spalle ed io indietreggio per non sfiorarla.
Usa il mio braccio come cuscino e lo stringe, a riprova che io sia ancora li. Deve stare davvero male!
Mai, come ora, il mio letto mi è sembrato tanto piccolo.
Nel silenzio della stanza, studio il suo respiro che, finalmente, inizia a scandire un ritmo regolare.
Il mio no. Io non sto respirando.
- Lucas... - Mi richiama con un filo di voce assonnato.
- Mmh? -
- Grazie. - Sussurra, dolce.
- Dormi bisbetica, che la febbre ti fa straparlare! - Avverto l'impellente bisogno di alleggerire la situazione, perché non sono in grado di gestire un'Alexis gentile.
- Mi sei mancato... Lucas. -
E tutto crolla.
Non le rispondo, non ci riuscirei.
Appoggio la fronte alla sua testa, cercando un contatto che, in ogni caso, non allevierà il peso che sento.
Inspiro il suo profumo, strizzando gli occhi tanto forte da sentirli bruciare. Mi sto trattenendo, perché solo in due modi potrei ribattere alla sua affermazione: piangendo come un bambino o urlandole quanto sia stato, e sia tutt'ora, doloroso per me non averla sempre avuta accanto.
Con un uno sforzo immane inghiottisco quelle parole che tentano di scappare: "È colpa tua!".
Porca put~!!
Impreco nella mia testa quando Alexis, con un movimento secco, si fa più vicina, facendo aderire la sua schiena alla mia pancia.
Nemmeno fossi stato io a fare qualcosa di sbagliato, arretro nuovamente dei pochi centimetri che ancora ho a disposizione, schiacciandomi alla parete.
- Lucas... se ti do fastidio, me ne posso and~ -
- Shhhh! - la zittisco, tentando di capire se sia lucida o se stia sognando.
- Non stai bene! Cerca di dormire! -
Come cazzo dovrei spiegarle che non si tratta di fastidio, ma di sopravvivenza?
La sento annuire e rilassarsi.
Passano minuti interminabili, avvolti nel completo silenzio. Sembra che il sonno l'abbia fatta sua, poi, d'improvviso, torna a cercare il mio contatto.
Lo stomaco mi si accartoccia nell'esatto momento in cui il suo fondoschiena impatta col mio inguine.
In preda al panico, mi ritraggo. Ma, per quanto io possa tentare, non ho via di fuga, schiacciato come sono, tra lei e il muro.
- L~ Lex... - Farfuglio con la salivazione azzerata.
- Sei caldo... - Mugugna nel dormiveglia.
Ed io urlo nella mia mente!
Sono caldo...!?
Non ne ha nemmeno idea... continuando così, arriverò presto al punto di combustione spontanea.
Sto letteralmente andando a fuoco!
So che ha freddo per la febbre, ma sono sempre un ragazzo, porca puttana!
Per quanto io voglia trattenermi, sono comunque in un fottuto letto con la ragazza che ho immaginato di scopare ogni volta che mi sono masturbato negli ultimi cinque anni.
Avverto la ragione venir meno.
Lucas, non sei un animale! Controllati.
Cucciolo, Pisolo, Brontolo, Eolo, Eolo...come cazzo si chiamavano gli altri tre? Provo a ricordarmi i nomi di tutti i sette nani, nel tentativo di distrarmi.
Alexis aumenta la pressione sul mio bicipite e, impercettibilmente, muove il suo culo perfetto verso l'alto, strusciandosi involontariamente su di me.
Un senso di vuoto, dai testicoli, mi attraversa l'addome e arriva all'esofago.
Ho raggiunto il limite!
È la stessa sensazione che provi sulle montagne russe e di colpo... cadi! Precipiti!
Senza rendermene conto l'afferro per il fianco, nel disperato tentativo di allontanarla.
Quando, però, avverto sotto le dita la forma dell'anca e la sua pelle nuda, lasciata scoperta dalla mia maglia arricciata, perdo un battito e insieme a esso anche il senno.
L'istinto prende il sopravvento e, anziché evitarlo, la premo con più forza contro il mio bacino, in cerca di sollievo. Le vado incontro, azzerando senza riguardo ogni spazio tra noi.
Un ansito mi sfugge dalle labbra serrate, perdendosi tra i suoi capelli, nel momento in cui le sfioro dolcemente il ventre con la punta delle dita e in cui la mia erezione sfrega nei boxer, lungo il suo sedere.
Il piacere che mi pervade è quasi soffocante.
Come ridestato da una secchiata d'acqua ghiacciata, la stacco da me e l'imbarazzo m'investe.
Solo uno stronzo potrebbe approfittare di una ragazza che sta male, di quella del proprio fratello, per giunta!
Mi sto facendo un viaggio mentale su ogni minimo movimento.
E se fosse sveglia? E se se ne fosse accorta?
Che cazzo mi dice la testa?!
Con una faticosa torsione, mi rigiro a pancia in su, interrompendo quell'eccitante unione tra i nostri corpi.
Tento di sfilare l'arto, ormai addormentato, da sotto la sua testa, ma questa notte Alexis sembra aver deciso di farmi bruciare all'inferno e mi trattiene.
- Lex, ti prego... - La imploro con un sibilo, oramai sfinito, attraverso il buio che satura la stanza.
Ma proprio quando penso di poter ottenere un po' di pace, cambia fianco.
La testa sulla mia spalla, una mano sugli addominali e la gamba piegata sulla mia coscia.
Come cazzo potrei dormire, avendola spalmata addosso?!
Pensa che avere il suo seno schiacciato sulle costole non mi faccia alcun effetto?
Il fatto è che lei nemmeno se ne accorge, non immagina ciò che mi sta affollando la mente!
I suoi sospiri mi sfiorano l'incavo sensibile della spalla, facendomi impazzire. Lei dorme, è bollente, e io mi preparo ad affrontare il resto di questa maledetta e interminabile notte.
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