Ch. 12: Rifugio
《Quando l'esistenza diventa un incubo l'unica possibilità di sopravvivenza è rifugiarsi in un sogno...》
Antonella Ferrini
Osservo da ore il campanile della vecchia chiesa specchiarsi nelle acque del Sunset Lake.
Al mio fianco Alexis fa lo stesso.
Siamo nel nostro posto.
Se qualcosa andava storto o quando crollava il mondo era qua che ci ritrovavamo: in questo rifugio tra l'erba alta e le canne che crescono lungo la sponda. Un angolo di paradiso che spesso assumeva le sembianze di un meraviglioso tramonto riflesso in un piccolo lago del Massachusetts.
Mi sento ancora frastornato, avverto un senso di vuoto che non vuole lasciarmi.
Sono uscito da casa di Lex con il cuore che mi martellava nel petto, impotente nei confronti della situazione che mi si è rivelata così inaspettata.
Che da lei ci fossero dei problemi era chiaro, ma non avrei mai immaginato nulla di simile.
Non solo Margaret non aveva la minima idea di chi io fossi, ma scambiava anche sua nipote per la figlia.
Svuotato, è il termine che più mi si addice; privato dei pensieri, in balia degli eventi; in parole povere... Ho il cervello fottuto!
- È Alzheimer... - Spezza il silenzio.
Uno stormo di anatre si alza faticosamente in volo, come spaventate da quella improvvisa rivelazione. Nell'aria si diffonde il loro starnazzare, ritmato dal battere di ali sul filo dell'acqua.
Mi volto a guardare la ragazza alla mia destra. Le braccia a stringerle le ginocchia, il viso rivolto al lago e negli occhi lo scintillio dei raggi del sole che colpiscono la superficie dell'acqua increspata dal vento. Sembra una statua di una bellezza e di una fragilità disarmante, con le ombre dei fili d'erba alta che danzano sulla sua figura.
Una ciocca dei lunghi capelli le sfugge dalla spalla e le resta intrappolata tra le labbra.
Combatto con la voglia di allungare la mano, ma non la sfioro. So che l'equilibrio di questo istante si potrebbe rompere con un soffio.
- Capisco. - Mi limito a rispondere, riportando lo sguardo sullo scenario che mi si staglia davanti.
- I momenti di lucidità sono sempre più rari. Vorrei... dovrei starle affianco, ma... -
Con la coda dell'occhio seguo il movimento nervoso delle sue mani che le asciugano le lacrime, prima che possano arrivare alle guance.
Se persino io mi sento in qualche modo tradito, posso solo immaginare cosa provi lei.
La consapevolezza che mi abbia completamente rimosso dalla sua memoria è un taglio che brucia sottopelle.
■Ottobre 4° elementare■
- Piccolo mio, cerca di calmarti. Sai com'è fatta tua madre. In fondo sono convinta ti voglia bene! - Tentò di rassicurarmi nonna Margaret, tenendomi sulle sue gambe.
Nascosi il viso sotto il suo mento, inalando il dolce e rassicurante profumo del suo maglioncino azzurro.
- Ha detto di nuovo che le ho rovinato la vita; che non doveva farmi nascere! - Singhiozzai, mentre le sue mani calde e delicate non smettevano di coccolarmi.
- Ah, quella donna! Pagherei per sapere che ha in testa. Dire certe cose ad un bambino... - Mi strinse di più a sé, avvolgendomi, e io mi rilassai immediatamente.
Desideravo poter rimanere lì, di vivere con lei, più di ogni altra cosa al mondo.
Chiunque avrebbe considerato una follia invidiare Alexis che aveva perso entrambi i genitori e viveva sola con la nonna. Per me, invece, solo l'idea di non dover tornare dai miei era un sogno.
- Perché non puoi tenermi con te? - Le rivolsi la stessa domanda che le avevo posto centinaia di volte, sperando in una risposta differente.
- Lo sai che non si può, tu hai una mamma ed un papà. E che ne sarebbe di Liam? - Mi negò come al solito quella possibilità, aumentando il ritmo con cui mi carezzava i capelli.
- Può venire anche lui qui da te! -
Non rispose. Sospirò. Mi trasmise il suo affetto. Attese con pazienza fino a quando mi calmai, ritrovando il coraggio di lasciarla.
◇
Può, la donna che per tutta la mia infanzia ha dimostrato in continuazione di volermi bene, essersi scordata chi io sia?
- Corri da me ogni volta che avrai bisogno! - Mi aveva detto con voce sincera, prima che me andassi. E per lei non sono nemmeno mai esistito!
La consapevolezza che potrei averci messo troppo a prendere la decisione di rimettere piede in questa città si insinua lenta nelle vene. È tardi per dirle addio.
Non immagino cosa possa provare Alexis, nell'accorgersi che l'unica persona rimasta della sua famiglia sta scordando ogni attimo vissuto insieme.
So che Margaret non ha nessuna responsabilità, che questa malattia è subdola ed irreversibile...
Ma resta un vuoto incolmabile.
Lei è qui, l'ho incontrata poco fa, eppure sono triste come se avessi scoperto che è venuta a mancare.
Non sarò mai più il suo piccolo. Non mi rivolgerà più un sorriso amorevole sapendo che io sia Lucas, il bambino frignone che amava più lei della sua famiglia.
Non sono sicuro di comprendere fino in fondo Lex. Ma ora mi spiego un po' di più l'irrequietezza e il fastidio che ho percepito quando si rivolgeva a sua nonna.
È ingiusto! Dovrebbe capirla, assecondarla. Ma è davvero possibile? Non riesco più a giudicarla.
- Ci sono giorni in cui... all'improvviso, mi scambia per un'estranea che si è introdotta per rubare. In quelle occasioni, l'unica cosa che posso fare è andarmene. Ed io non ho... non saprei... dove altro andare. Per questo, l'altra sera... - Riprende, asciugandosi velocemente una lacrima sfuggita al suo controllo.
- Puoi venire da noi quando vuoi! Non mi dai realmente fastidio, tranne quando entri in camera mia senza bussare! - Tento di farla sorridere, non scorgendo alcun risultato.
- Inoltre, sai benissimo che Liam non ti vorrebbe da nessun'altra parte. Anche prima di partire si è raccomandato di farti stare da noi. - La rassicuro, pulendomi la mano dal terreno polveroso per poi posarla sopra la sua.
- Non ci provare, Lucas! - Mi blocca, sottraendosi al mio tocco.
- Non voglio la tua pietà, né tanto meno essere il favore che fai a tuo fratello! -
Non era ciò che intendevo e, benché io provi a spiegarglielo, non vuole sentire ragioni. È sempre stata cocciuta.
- Ci eravamo giurati, proprio in questo esatto punto, che ci saremmo stati l'uno per l'altra! - Le ricordo, reclinando la testa all'indietro esasperato, osservando il bellissimo cielo rubino che ci sovrasta.
- Ti sbagli! Tu hai giurato che mi avresti protetta. Io ti risposi che non volevo protezione, ma che tu mi restassi accanto!
Complimenti, ti sei impegnato tantissimo a mantenere la tua promessa. Un bel giorno sei sparito. Non un biglietto, neanche un "Ciao Alexis, vai a farti fottere!" - Sputa con le labbra tirate in un sorriso finto, che nasconde una nota di disgusto.
Tossisce convulsamente, fino a farsi mancare il respiro, probabilmente a causa del continuo parlare concitato.
- Io non avrei voluto... non ho avuto~ - Balbetto prima di venir interrotto.
- Cosa? Non hai avuto cosa? Scelta?!
Non ti azzardare, Lucas!
Non venirmi a raccontare le tue stronzate. Avranno funzionato con le cretine che ti scopavi a Portland, ma non con me. Potevi parlarmi! Potevi telefonarmi! Saresti potuto tornare! - Mi riversa addosso cinque anni di risentimento corrosivo.
- Lo stavo per fare ma poi... tu... ti ho vista con... - Mi mordo la lingua.
- Lascia perdere! Tanto la colpa di tutto è sempre mia! - Taglio corto, cercando di soffocare l'ondata di parole che mi risalgono l'esofago.
- Oh certo, fai la vittima! Il povero ragazzino costretto ad abbandonare la città per seguire la madre. Ora che sei di nuovo qui, pensi di poterti intromettere nelle questioni altrui senza rendere conto a nessuno? Hai voluto a tutti i costi scoprire cosa nascondevo, ma di te non parli! La voce che tu sia finito nei casini, dopo esserti scopato un'insegnante, è giunta fin qui, che credi?! Ma naturalmente tu non parlerai, vero?! -
L'ultima sua affermazione mi fa torcere lo stomaco. Un conato di vomito mi si blocca in gola mentre le mie unghie graffiano la terra dura della riva.
- Si può sapere perché cazzo non mi hai mai cercata? Cosa diamine hai combinato quando eri là? L'ho notato, l'altro giorno, quanto eri terrorizzato per una semplice pattuglia che oltretutto cercava Liam! Ma continuiamo a fingere che non sia successo niente! Hai una spalla squarciata, Dio santo, e pretendi che non ti chieda nulla?! - Arriva quasi ad urlarmi addosso, riprendendo a tossire. Probabilmente si stava trattenendo dalla prima volta in cui mi ha rivisto.
- Io... non è stato facile! Non sono andato a Portland per partecipare a festini e a sballarmi. Non me la sono passata bene. La mia vita è stata un inferno! Ero solo, cazzo! Non parlarmi come se sapessi tutto! - Ringhio tra i denti. La odio!
Una parte di me vorrebbe raccontarle ogni cosa ma l'altra, bloccata, non riesce a perdonarla.
Una miriade di volte ho desiderato di andarmene. Preparare i bagagli e scappare da quel luogo. Ma da chi sarei dovuto tornare, dopo aver scoperto che le uniche persone a cui tenevo mi avevano tradito e tenuto all'oscuro?
Solo quando sono stato seriamente in pericolo ho scelto di passarci sopra.
Mi alzo, ripulendomi svogliatamente i jeans sporchi di terra, sono così stanco e stufo di discutere.
Il tramonto sul Sunset Lake è al suo apice e rivela tutte le sfumature dal rosso all'arancio. Questo panorama che mi ha sempre donato pace e tranquillità, ora si scontra con il mio stato d'animo, non riuscendo a rasserenarlo.
- Devo andare... - Esordisco senza guardarla, titubante sulla decisione di lasciarla sola.
- Hanna Summers, ovvio! A scuola girano già voci a riguardo. Ottima scelta! Sai che arrivi dopo l'intera squadra di football!? - Mi ammonisce col solito tono acido, che sembra amare tanto, mantenendo l'attenzione su di un punto non definito del campanile.
Vorrei chiederle di cosa sta parlando, ma la frase lascia poco all'interpretazione e la sua espressione di disapprovazione conferma la mia intuizione.
- Non pensavo fossi diventata una di quelle che critica le altre ragazze e le loro scelte! O forse sei solo gelosa? - La provoco, già rassegnato alla lite.
- Non me ne frega un cazzo di chi ti fai! Quella tipa non ha una bella fama, credevo di fare un favore alla comunità limitando la circolazione di malattie veneree. Ma non sono fatti miei, hai ragione, me ne vado! - Annuncia, alzandosi a sua volta.
Devo muovermi, se non voglio arrivare tardi!
In conclusione, abbiamo trascorso la giornata seduti qui senza neanche pranzare. Siamo semplicemente rimasti in silenzio per ore interminabili, ognuno immerso nei suoi pensieri, ma comunque insieme.
Alexis si allontana lentamente con gli ultimi colpi di tosse a schiarire la gola.
- Ti porto qualcosa dal Dave & Buster's? -
Le domando con tono gentile. È vero, la detesto, ma ora che so tutto ci tengo a chiarire che per me non è un problema averla intorno. Ricordo bene come ci si sente a varcare la porta di una casa che si è trasformata in una prigione.
Si volta e mi scruta incredula. - No! Appena arrivo mi faccio una doccia e me ne vado a letto! -
Sorrido, anche se non mi può più vedere.
Il cellulare vibra nuovamente.
Trentasei chiamate perse. Stringo la presa sul telefono, lo rispingo nervosamente nella tasca posteriore e mi affretto a raggiungere il luogo dell'incontro, con l'umore tutt'altro che adatto ad un appuntamento.
🖋 Spazio Autore
E con questo le premesse sono concluse, ora si inizia a giocare! 🤪
Nel prossimo ch si va all'appuntamento con Hanna e <Spoiler> non mancheranno gli imprevisti!
Grazie davvero per essere arrivati fin qui ❤️
A PRESTO!🥰
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