Ch. 11: Profumo di Nostalgia
La nostalgia è il letto secco del fiume che continua a ricordarsi le carezze dell'acqua.
(Fabrizio Caramagna)
Sono davvero stufo di correrle dietro. Questa scena si ripete all'infinito. Non potremmo camminare come due esseri umani normali, uno a fianco all'altro?
Quando la fermo per il braccio, lei si libera con uno strattone e mi fulmina con lo sguardo.
- Ti ho già detto di smetterla di seguirmi! Ti vuoi levare dalle palle, Lucas? - Urla, dopo aver esaurito la pazienza.
Ha i pugni serrati lungo i fianchi, le spalle tese e un'espressione acida che, in qualche strano modo, mi fa tenerezza.
Possibile che non riesca a togliermi dalla testa la voglia di baciarla?
La tentazione di prenderle quel dannato labbro tra i denti e immobilizzarla contro il mio corpo non mi da tregua.
Cazzo! La devo smettere di farmi questi film!
È già la decima volta che mi ripete di non volermi tra i piedi e, soprattutto, di non gradire l'idea della mia presenza a casa sua ma non do seguito ai suoi tentativi di dissuasione.
Onestamente non mi andava per nulla di accompagnarla, tuttavia la sua risolutezza nel tenermi lontano e l'insistenza di Liam nello spronarmi ad andare mi hanno stimolato una certa curiosità.
Voglio sapere che diamine le è successo e cosa la spinge a stare da noi in pianta stabile. Inizialmente pensavo si fermasse per lui, ma non avrebbe senso continuare a farlo ora che è via.
Ci deve essere un'altra motivazione.
Spero comunque che Alexis non lo stia idealizzando troppo perché, in tal caso, considerando l'inclinazione di mio fratello a farsi ogni esemplare femminile che respiri, quando scoprirà che ieri ha passato la serata con due ragazze scoppierà il finimondo.
Credevo che almeno per lei sarebbe cambiato...
▪︎ Maggio 2° Media▪︎
- Dov'è? Non lo trovo da nessuna parte! - Mi disperai, rovistando convulsamente in ogni angolo.
- Lucas, veramente, non è nulla! -
- Come, non è nulla? Ti cola il sangue sino alla caviglia! - Risposi adirato.
L'accorgermi del suo volto dolorante non fece altro che aumentare la mia agitazione. Dove diavolo poteva essere finito il disinfettante?
Seduto sul sellino della mia bici, avevo assistito inerme alla scena in cui capitolò rovinosamente sull'asfalto dopo aver preso una buca. Tutto nella mia mente si era spento e nemmeno constatare che si trattasse di una ferita lieve aveva in alcun modo placato la mia preoccupazione. Senza pensare ad altro, l'avevo portata da noi.
Salì gli scalini verso il piano superiore a due a due, prorompendo in camera di Liam.
- Dov'è la scatola dei medicinali? - Chiesi, in preda al panico.
Una biondina col caschetto, che non avevo mai incontrato prima, scattò imbarazzata scendendo dal suo bacino e portando con sé le coperte.
Restai immobile, con l'immagine delle prime tette che io avessi mai visto dal vivo stampata nel cervello.
Lui ridacchiò, accorgendosi della mia presenza.
- Lucas, che cazz~ - Si interruppe bruscamente coprendosi di colpo appena Alexis fece capolino nella stanza.
Mio fratello si pietrificò, ma notando la sua gamba fu attraversato da un fremito.
- Portala in bagno, arrivo subito! Kathleen, hai sette secondi per rivestirti e sparire! - Freddò la povera malcapitata, senza il minimo riguardo.
- Stai scherzando Li~ - Tentò di domandare sconvolta la ragazza, non riuscendo a terminare la frase e raccogliendo i vestiti mentre io trascinavo fuori Lex.
- 6... 5... 4... Ti conviene muoverti, se non vuoi che il tuo bel universitario scopra tutti i modi in cui ti piace farti scopare. - Rabbrividii, augurandomi che la mia amica non avesse sentito.
Non pensavo fosse così crudele. Non l'avevo mai visto nelle veci dello stronzo puttaniere in cui tutti lo identificavano, ma in quel momento ebbi ben chiaro il motivo della sua fama.
Si rivestì, non prestando la minima attenzione al chiudersi della porta dietro la poveraccia che fino a poco prima era nuda, sopra di lui.
La superficialità e la stronzaggine che lo avevano contraddistinto si dissolsero nell'istante in cui varcò la soglia del bagno e vide la ragazzina seduta sul bordo della vasca che fissava il pavimento, imbarazzata.
Con tutta la dolcezza di cui era capace, e senza proferire parola, si dedicò medicarle la ferita. Sembrava stesse maneggiando quanto di più fragile avesse mai avuto.
Le sfiorò il viso con il retro delle dita e io lo notai, il rossore che pian piano salì a colorare le guance di Lex.
Esistevano solo loro.
◇
- Torna indietro! Come te lo devo dire?! -
Attraversiamo il parcheggio vuoto dell'edificio in mattoni rossi che ospita la banca con l'andatura di due maratoneti.
Ci vogliono trentadue minuti per raggiungere Brow Ave. La macchina ce l'ha l'idiota partito per il Messico e usare le biciclette di quando avevamo dieci anni non sarebbe stato auspicabile.
I pochi passanti che incrociamo ci osservano curiosi. Dobbiamo apparire come una coppia di fidanzati che litiga, o forse come un duo comico; fatto sta che sono stanco di essere trattato di merda e di correrle appresso come uno stalker.
Perché devo perdere tempo con questa matta?
- Mi hai proprio rotto! Chi ti credi di essere per autoinvitarti? E soprattutto, chi ti dà il diritto di intrometterti nella mia vita dopo essertene fregato per cinque anni?! - Ringhia, ripercorrendo i suoi passi e vedendomi incontro minacciosa.
- Hai finito? - La sfido.
- Non ti stufi mai di fare tanto l'isterica? Fossi il tuo ragazzo persino io sarei sparito in Messico! - Mi mordo la lingua, rendendomi conto di aver esagerato, ma è tardi. La sua mano sta già scattando nella mia direzione.
Riesco a intercettarla e le porto lentamente il polso verso l'orecchio, incurante della resistenza che oppone.
Resta col braccio sospeso, ancora intrappolato nella mia presa. Vorrebbe uccidermi, è palese.
Il suo petto si scontra affannosamente con il mio e il nervoso la scuote facendola irrigidire.
Mi rivolge fiera la punta delicata del suo naso, sostenendo l'eccessiva vicinanza creatasi tra di noi con tutta la risolutezza di cui è capace. Possibile solo io avverta l'elettricità che scorre tra di noi ogni volta che siamo vicini? M'inebrio del suo profumo percependo ogni punto nel quale i nostri corpi entrano involontariamente in contatto ma lei, con un colpo secco, tenta di sottrarsi.
- Lasciami o mi metto a gridare! - Scocca l'ultima freccia del suo arco e io smetto d'improvviso di sovrastarla, allontanandomi.
Per un attimo sembra spaesata.
I capelli le luccicano sotto i raggi tenui del sole mattutino. Mi scruta poco convinta, probabilmente non si aspettava l'avrei assecondata.
Non ho intenzione di desistere, ma non continuerò questo assurdo inseguimento. Se questa pazza decidesse di mettersi realmente a urlare qualcuno chiamerebbe la polizia. E io, di certo, preferirei non attirare l'attenzione.
Inspiro profondamente e la osservo proseguire titubante lungo il marciapiede, appoggiato ad una staccionata che costeggia i grandi alberi posti tra un'abitazione e l'altra del viale.
Si gira più volte, assicurandosi non la stia più seguendo.
Lascio ricadere le palpebre, infastidito, ed estraggo il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni, rigirandolo tra le dita.
Non capisco cosa potrebbe voler nascondere.
Sicuramente non può trattarsi di un pretendente violento! Rido tra me, immaginando i modi in cui Liam l'avrebbe smembrato.
Magari mio fratello non sarà il fidanzato più fedele del mondo però, di certo, la proteggerebbe a costo della vita.
Spengo la sigaretta, ormai consumata, contro uno dei paletti bianchi che mi sostengono. La sensazione di pace provata col primo tiro si è dissolta insieme all'ultimo sbuffo di fumo; ora mi rimane solo un senso di fastidio all'idea di raggiungerla.
L'unico lato positivo sarà rivedere Margaret. Sono passati così tanti anni.
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Le tendine bianche alle finestre.
La sedia a dondolo sul minuscolo patio preceduto dai sei scalini che, da piccolo, ho tentato di saltare con lo skate un'infinità di volte.
È esattamente tutto com'era allora. Qui il tempo sembra essersi fermato, e a me si scalda il cuore nell'avvertire quel senso di familiarità che non ricordavo nemmeno più.
Abbasso la maniglia ed entro senza bussare, sia perché Alexis è appena sparita oltre l'ingresso con due sacchetti in mano, sia perché questa la considero un po' anche casa mia.
L'odore del brodo sul fuoco mi avvolge, provocandomi una nostalgia quasi dolorosa che mi stringe la gola.
Il salottino con le poltrone in velluto verde, il tavolino di legno scuro e il posacenere in cristallo poggiato sul centrino. Persino la luce tenue diffusa ovunque... È tutto uguale, e gioisco nel ritrovare una costante in questa città.
- Ciao nonna! - La saluta Lex.
Seguo la direzione da cui proviene la voce ed eccola lì, seduta sulla sedia al tavolo della cucina ad ammirare le nipote che traffica col suo frigorifero.
- Nonna, non puoi continuare così! Cerca di mangiare un po' di più! Il brodo da solo non ti tiene in piedi! -
Margaret china sommessamente il capo sentendo il rimprovero e non ribatte.
Con tre passi mi posiziono alle sue spalle. I capelli bianchi ordinati dalla permanente, il grembiulino blu a fiorellini, le mani giunte in grembo e quel profumo inconfondibile di sapone e borotalco.
Mi convinco a sfiorarle la schiena per farla voltare, dato che le parole non vogliono saperne di uscire.
Non avrei mai creduto che rivedere questa anziana signora mi avrebbe commosso tanto.
- Che diamine ci fai qui?! Ti avevo detto di andartene! - Grida la bisbetica, palesemente intenzionata a darmi fuoco.
Immaginavo si sarebbe alterata. Diciamo che i tanti avvertimenti non lasciavano dubbi, eppure questa reazione mi pare eccessiva.
Come una furia mi investe facendomi retrocedere sotto la pressione dei suoi colpi.
- Vattene! Vattene fuori! Ti prego... Per favore... per favore, va f~ - Ed il respiro le si rompe in gola.
Distinguo chiaramente i suoi pugni premuti sul mio torace. Non mi guarda, ma le lacrime le riempiono nuovamente gli occhi vitrei che per la prima volta hanno perso ogni sprazzo di sole.
Sono stordito, il suo comportamento mi spiazza.
- Piccolo mio, sei qui! -
Al suono di quella frase Lex sembra crollare e senza aggiungere nulla mi supera, lasciandoci soli in cucina.
Mi verrebbe spontaneo urlare: "Nonna!", ma non credo di averne ancora il diritto. Vorrei correre da lei e sollevarla in un abbraccio, ma avrei paura di romperla tanto pare sottile.
Mi limito ad avvicinarmi, titubante e imbarazzato, attendendo un suo gesto.
È una scena che ho vissuto una moltitudine di volte. Quando da noi scoppiava l'inferno, e Liam era fuori per gli allenamenti, io mi rifugiavo qui. Troppo impaurito per chiederle di stringermi, aspettando fosse lei ad attirarmi a sé.
Mi faceva sedere sulle sue ginocchia e, carezzandomi i capelli, asciugava col suo fazzoletto ricamato ogni mia lacrima.
Anche oggi mi sento come allora, ritrovando quanto di più simile ad una madre io abbia mai avuto.
Le sue labbra chiare e sottili si tendono verso l'alto, ma sono i suoi occhi grigi a regalarmi il sorriso più bello
Mi ritrovo ad afferrare con delicatezza la sua mano, bianca e liscia, allungata nella mia direzione. Sembra di carta velina.
- Piccolo mio, sei qui. Sei a casa! - Ripete commossa, sorreggendosi al tavolo nel tentativo di alzarsi.
- Ciao nonna... - Ricambio, accovacciandomi di fronte a lei.
- Sono così felice tu sia venuto a trovarmi! Sei diventato grande! - Mi osserva, non smettendo di coccolarmi, come si farebbe con un bambino.
- Da quando mia figlia è morta, sono sempre sola. Dovresti passare più spesso! - Mi rimprovera.
Dalla mia partenza per Portland, ho tagliato i ponti con tutti. Ho mantenuto un minimo di contatti giusto con mio fratello e, per quanto mi dispiaccia, Margaret non ha fatto eccezione.
- Hai ragione, avrei dovuto chiamarti. - Mi scuso.
Di certo deve soffrire molto anche per le continue assenze di sua nipote.
Proprio non comprendo il motivo che abbia spinto la bambina che come me amava questo posto, ad abbandonare sua nonna.
Non è da lei!
- Vuoi un cioccolatino, caro? -
Sorrido, facendole segno di no col capo.
- No nonna, grazie. Non ho mai amato il cioccolato. -
Una risata genuina le sfugge flebile - Ma figurati! Da piccolo volevi sempre la mia cioccolata! - Questo, onestamente, non lo ricordo.
- Forza, andiamocene! - Irrompe Alexis dalla porta.
- Di già? Non resti ancora un po'? La domenica ti fermavi sempre a cena. - Si lamenta la vecchietta con voce malinconica, cercando il mio supporto.
- Oggi è sabato, nonna, non domenica, e abbiamo da fare! -
- Oh mamma, che sbadata. Nemmeno so più che giorno è! - Si scusa, imbarazzata, ed io mi chiedo se effettivamente quelle cattiverie possano essere uscite dalla bocca di Lex.
Cosa diavolo le è successo? Cosa può spingerla ad essere così rude con la persona che l'ha cresciuta con un amore smisurato?
- Tu vai, se vuoi! Io vorrei fermarmi ancora un po', se permetti! - Pur essendo posta come una richiesta, il mio tono non ammette repliche. So di non essere legittimato a prendermi questa libertà; sto invadendo la sua privacy, imponendole la mia decisione.
Un vaffanculo sono pronto ad accettarlo, ma voglio stare ancora un po' con questa signora che mi è mancata più di quanto mi fossi reso conto e che sicuramente non merita tanta freddezza.
Alexis sembra spegnersi, come rassegnata.
Vorrei urlare: "Si può sapere che cazzo di problema hai?!".
- Dolores ultimamente viene tre volte a settimana.
Si occupa lei di farmi la spesa e di tenere in ordine, ma ha il vizio di frugare nei cassetti e di rubacchiare di tanto in tanto. Ho provato più volte a spiegarlo a mia nipote. Ma non mi crede e si arrabbia, quindi non so più cosa fare. - Bisbiglia, quasi fosse un segreto.
Le mani, che racchiudono la mia, tremano, così come la voce. Si agita sulla sedia, spostando il suo corpo leggero da un lato all'altro.
- Ti prego, non dirglielo, non voglio essere picchiata! - Mi supplica, con una lacrima che le solca la pelle chiara e rigata dal tempo.
Non... Non riesco a capire. Mi sembra di essere finito in un universo parallelo.
Dovrei intendere che vive sola con una donna che l'aiuta nelle faccende e che, oltre a derubarla, la picchia?! E che l'unica persona ancora in vita della sua famiglia se ne infischia, passando le sue giornate da noi?
Liam cosa voleva che vedessi? Questo schifo!?
L'occhiata che rivolgo a Lex è dura ed interrogativa, ma lei osserva il nulla, alienata.
Una furia incontrollata mi pervade, sostituendosi ad ogni pensiero logico.
Vorrei alzarmi e scrollare con tutta la mia forza quell'ingrata fino a farla rinsavire.
- Margaret... mi spiace, io non sapevo... - Cosa dovrei dirle? Devo chiamare mio fratello e farmi spiegare che diamine succede qui.
- Non dispiacerti per me, caro. Sono solo una vecchia che è qui a dar fastidio! - E nell'ascoltarla un altro pezzo di cuore si sbriciola.
- Vuoi un cioccolatino? - Mi chiede di nuovo, accennando un debole sorriso per cambiare argomento.
- No, ti ringrazio, ma ti prometto che sistemerò tutto! - Le giuro, investendo le mie parole delle promesse che vorrei urlarle.
Lex alza gli occhi lucidi al soffitto e se ne va, insofferente, quasi battendo i piedi.
Fa bene, dovrebbe vergognarsi!
- Perché non vuoi i cioccolatini della nonna? - Mi domanda con aria divertita, che in automatico ricambio sorridendole di rimando.
- Davvero nonna, da piccolo non lo so ma da che ho memoria la cioccolata non mi è mai piaciuta. - Ridacchio, cercando di non offenderla.
- Non prendermi in giro ragazzaccio! - Mi da un leggero buffetto sul braccio e continua: - Solo una settimana fa mi pregavi di prepararti i miei biscotti al cioccolato! -
La guardo stranito. Non la vedo da cinque anni. Cosa...
- Nonna, mi hai scambiato per Liam? - Le domando confuso e un po' risentito.
- Chi è Liam? Un tuo amico? - Risponde curiosa.
Cosa sta dicendo? Perché ora non sa chi sia Liam?
È uno scherzo? Dov'è andata Alexis?
- Nonna, Liam è mio fratello... - Cerco di mantenere la calma.
- Tuo fratello? Ragazzino, chi vuoi prendere in giro? Ti sembra il modo di scherzare con una povera vecchia? - Mi bacchetta, inasprendo il tono.
Mi sembra di essere il protagonista di uno scherzo di cattivo gusto.
Realmente non ricorda Liam?
Mi aspetto che da un momento all'altro qualcuno appaia dicendo: "Ci sei cascato!".
- Elizabeth! Elizabeth!! - Urla, in direzione della sala.
- Elizabeth?! Di al tuo Robert di non prendermi in giro! Elizabeth!! - Strilla mentre realizzo che sta urlando il nome dei genitori di Lex, mancati ormai da tempo.
- Elizabeth!! - Chiama nuovamente, sempre più agitata l'anziana.
- Calmati! - Provo a tranquillizzarla, anche se nel panico più totale ci sto entrando io.
Percepisco la voce di Lex in lontananza.
Mi affretto a sorreggere Margaret, che traballante, tenta di sollevarsi.
- Nonna calmati! - La implora Alexis, riapparendo insieme ad una signora dalla pelle olivastra che la supera, intraprendente.
- Forza, forza, signora! Sa che a suo genero piace scherzare, non se la prenda con sua figlia! - La tranquillizza la donna, che non riconosco, con un forte accento del sud, raggiungendola ed invitandola a sedersi.
Resto attonito, come muto spettatore della scena.
Non sto più percependo nulla di ciò che mi accade intorno. Mi arriva solo qualcosa riguardante il brodo, parlano del pranzo...
Alexis posa un leggero bacio sulla guancia dell'unico familiare che le resta.
- Alzati, Lucas! -
Ed io, non capendo nemmeno chi abbia parlato, eseguo.
🖋Spazio Autore
Ciao ragazzi, un po' delusi immagino...🥲
Alla fine tutti siamo più interessati alle parti che seguono da vicino i protagonisti e questo ch è un po' un intervallo... ma abbiate fede stiamo ancora costruendo le basi e la strada è lunga!
Come al solito grazie per ogni stellina che mi aiuta a far conoscere questa storia, ma grazie comunque anche a chi si limita solo a leggerla❤️
Per ora auguro a tutti un Buon Natale✨️
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