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Continuavo a guardare quella busta inerme, senza compiere alcun movimento fino a quando qualcuno si avvicinò a me.

"Vedo che l'hai trovata" sussurrò Harry, per non farsi sentire da tutti i presenti, molto probabilmente.

Continuavo a non connettere, tanto che non alzai lo sguardo fino a quando sentii il rumore della sedia che veniva trascinata di fronte a me.

E fu lì che lo vidi, indossava una maglietta bianca ed un paio di skinny jeans neri, erano cose semplici ma lui aveva il potere di renderle spettacolari ed uniche.

"Tieni" dissi porgendogli la busta indietro.

"Assolutamente no, voglio che tu smetta di fare quella merda..." disse serio, mentre scuoteva la testa in segno di disapprovazione.

"Ed io non posso accettarli, sono tuoi, quindi prendili" dissi, allungandomi verso l'altra parte del tavolo.

"Miei? Non che io mi ricordi" rispose a tono, facendo finta di non sapere nulla a riguardo.

"Harry, smettila" dissi seria.

"Darcy, smettila tu" scandì le parole.

"Vieni con me" continuò lui, dopo qualche secondo di silenzio.

"Ma dove?" Chiesi titubante, non capendo ancora cosa desiderasse da me.

"Ti fidi di me?" Chiese, sorridendomi in modo strano.

"Non proprio..." provai a dire, ma lui
Si alzò ed io decisi comunque di seguirlo, contraddicendo per prima me stessa, non trovandomi d'accordo con tutti i miei buoni propositi.

Si diresse verso l'uscita ma lo fermai afferrandogli il braccio.

"Aspetta, devo pagare" chiarii, mentre lui si fermava sul posto e mi guardava.

"Ho già fatto io" mollai la presa sulla sua pelle tatuata.

"Quando? Come? Perché?" Chiesi velocemente.

"Quando stavi osservando confusa la busta, con questa" disse mostrandomi una carta di credito.

"E perché mi andava di farlo" continuò.

"Harry ti prego, devi capire che non mi puoi mantenere tu e che riesco a pagarmi una dannata colazione da sola"

Non disse nulla, e per un attimo pensai che fosse stata la mossa migliore da fare poiché probabilmente, se avesse risposto in un qualsiasi altro modo, mi sarei sentita più offesa di quanto ero già.

Sapevo di non avere soldi, ed ero a conoscenza dei miei problemi economici, ma per quanto buffo quello potesse sembrare detto da me, ero una persona autonoma che in qualche modo, anche se inopportuno, riusciva a procurarsi soldi per sopravvivere.

Certo, non mi potevo permettere posti di lusso e macchine di altrettanto sfarzo ma nel mio piccolo riuscivo a trovare la mia felicità, la vera felicità.

Si voltò e ricominciò a camminare, pur non sapendo dove fosse diretto, lo seguii.

Non avevo di meglio da fare, infondo.

Camminammo fino al parcheggio del Moonlight, lo vidi armeggiare con un mazzo di chiavi.

Aprì la macchina e senza proferire una singola parola ci inoltrammo nelle vie della trafficata città.

Il silenzio mi stava infastidendo, non mi era mai piaciuto in realtà.

Provai ad allungare la mano verso la radio ma uno schiaffetto mi colpì.

"Giù le mani" disse una voce con tono scherzoso.

"Non mi piace il silenzio" conclusi.

"Perché no?" chiese, alternando lo sguardo tra la strada e me.

"Perché è così oscuro, può nascondere tante di quelle cose, tanti segreti e misteri."
Dissi riferendomi al pomeriggio, a quel pomeriggio.

Non ero pronta a confidarmi con lui e non lo avrei fatto, infondo non me lo aveva mai chiesto.

"Oh se tu sapessi che hai pienamente ragione" pensò Harry.

"Io invece penso che faccia bene delle volte, il silenzio è un'arte"

Rispose lui cominciando a picchiettare due dita conto il volante.

"Supponiamo allora che ci sono diversi silenzi." conclusi.

"Elencali" chiese lui mentre continuava a picchiettare le dita contro il volante, riuscendo quasi ad innervosirmi.

"Allora, ci potrebbe essere la mancanza di parole e quindi il silenzio dovuto a quello, il silenzio come vendetta ed il silenzio della morte" rabbrividii quando pronunciai l'ultima parte della frase.

"Cosa intendi per silenzio della morte?" chiese, voltandosi verso di me e guardandomi accigliato e curioso allo stesso tempo.

"Il silenzio di quando tutto intorno a te è morto, il silenzio di quando non esiste più nessuna forma di vita presente nelle vicinanze, quando nemmeno i muri o le assi scricchiolanti di legno hanno il coraggio di far rumore" sussurrai, mentre mi perdevo a guardare le macchina che ci passavano accanto.

"Come fai a saperlo?" Si girò verso di me, quasi spaventato o addirittura preoccupato.

"Perché ho visto morte le persone più importanti della mia vita" risposi io fissando il vuoto.

"Cosa?" Chiese inchiodando la macchina.

"Non ne voglio parlare" tagliai corto, prima che la vettura ripartisse per evitare di causare un incidente.

"Quando vorrai, io sarò qui"

Non risposi, non avevo voglia.

Ero completamente immersa nei miei pensieri quando non captai più alcun movimento o rumore, segno che ci eravamo fermati, riconobbi il posto come uno dei quartieri più lussuosi della città.

"Cosa ci facciamo qui?" Chiesi quasi in modo sgarbato.

"Ti volevo mostrare una cosa" confessò lui prima di togliere le chiavi dal contatto.

Annuii in risposta.

Scendemmo dal veicolo e camminammo lungo un curato vialetto, mi soffermai a guardare i diversi giardini adornati da verdi piante e colorati fiorellini.

All'improvviso si fermò ed io camminando dietro di lui non colsi il segnale in tempo, andandogli a sbattere contro.

Una delle sue mani si poggiò sul mio braccio, mentre l'altra sulla mia vita per sorreggermi.

"Stai bene?" Chiese, mentre spostava la mano dal mio braccio vicino al mio viso, pochi secondi dopo sentii una ciocca dei miei capelli venir messa dietro l'orecchio.

"S-si, tutto bene" balbettai come una stupida, troppa vicinanza.

Capendo il mio disagio e l'imbarazzo lasciò la presa, e mi sembrò un miracolo il non essere caduta a terra come un sacco di patate.

Prese la mia mano e mi trascinò con sé verso una villa enorme sui toni del beige.

"Benvenuta a casa tua" urlò nel mio orecchio appena riuscì ad aprire la porta.

"Cosa? Come? Che hai detto?" Chiesi, appoggiandomi al primo piano rigido che trovai.

"É una delle mie case, e ho pensato che fosse la più adatta alla tua personalità" disse in sussurro mentre si avvicinava a me.

"Non è possibile, mia?" Chiesi di nuovo.

"Tua, proprio tua" ormai la distanza tra i nostri volti era quasi nulla.

"Non posso accettare, mi dispiace" risposi realisticamente.

Si allontanò d'improvviso mentre si passava una mano tra i capelli.

"Dannazione" urlò per poi scaraventare un vaso lì vicino a terra.

"Si può sapere perché cazzo non vuoi accettare nulla da parte mia?" Si voltò rivolgendomi uno sguardo di fuoco.

"Come hai visto, prima ho accettato la colazione ma sai...c'è una bella differenza tra una colazione e una fottuta villa" cominciavo ad alterarmi.

"Sai cosa c'è? C'è che l'ho fatto per te e invece di esserne felice stai reagendo come se ti avessi fatto un fottuto torto, tu mi hai aiutato, continui a farlo e neanche te ne rendi conto, così io ho deciso di aiutare te e sia chiaro che non voglio nulla in cambio se non passare del tempo con te!" 

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