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L'ennesimo risveglio in un letto a me sconosciuto, nell'ennesimo motel da quattro soldi.

Incredibile come alcuni uomini si permettano macchine costose da milioni di dollari ma non investano sul letto in cui dormono o nelle condizioni in cui lo fanno.

Incredibile come alcuni uomini si permettano castelli, ma che alla fine scelgano una qualsiasi donna della strada per soddisfare i propri piaceri carnali o le proprie ossessioni.

Mi girai per vedere se l'uomo che aveva appena passato una notte con me se ne fosse andato, non mi stupii nello scoprire che non l'aveva fatto e ciò rendeva la situazione più difficile, sia per me che per lui se si fosse svegliato nel bel mezzo del mio fuggivia.

Raccattai i miei abiti dal suolo e mi rivestii in fretta e furia, cercando di fare meno rumore possibile.

Guardai sul comodino e fortunatamente notai i soldi, facendomi capire che li aveva lasciati lì dalla sera precedente.

Avrei risparmiato ad entrambi una situazione non poco imbarazzante.

Mi guardai attentamente allo specchio cercando di abbassare il mio mini dress, dato che era giorno e non volevo dare nell'occhio più di quanto non facevo già.

Abbandonai il luogo del "delitto" velocemente, poiché gli inconvenienti che potevano capitare a volte erano molti e alcuni potevano risultare pericolosi.

Dopo essere uscita dalla stanza che aveva preso il signore di cui non avevo nessuna informazione, e nemmeno alcun interesse nello scoprirle, aspettai l'ascensore tenendo tra le mie dita i tacchi che avevo indossato la sera precedente.

Dicono tutti che ad un certo punto ci si abitua a camminare con i tacchi, e che alla fine smettano di fare male, penso di non aver sentito una bugia più grande di quella, difatti i miei piedi si erano gonfiati non poco ed il dolore che sentivo mi faceva quasi tremare le ginocchia e perdere la stabilità.

Quando le porte si aprirono potei notare una dolce vecchietta, almeno all'apparenza.

Inutile specificare che mi guardò male e che, quando mi passò accanto per apprestarsi ad uscire dal piccolo ascensore, fece un commento che non mi sarei mai aspettata da una signora della sua età.

"Ci hai dato dentro a quanto pare"

Rimasi allibita e pensai che fosse vero quello che si diceva delle persone anziane.

E cioè che alle volte si dimenticavano di quello che avevano vissuto alla nostra età.

Sbattei una mano contro la fronte per la frustrazione, tanto che mi feci anche male.

Le porte si aprirono di nuovo ed io arrivai alla mia destinazione, anche se non era di certo quella finale.

Passai davanti alla reception sotto lo sguardo attento della receptionist, che mi guardò come se quello non fosse nulla di nuovo.

Uscita fuori dall'edificio mi incamminai verso il parco più vicino, avendo il bisogno di sistemarmi i capelli scompigliati e il trucco che sicuramente si era sbavato.

E come se quello non fosse già abbastanza tragico, dovevo ricordarmi dove avevo parcheggiato la mia "Casa" e dovevo capire dove mi trovavo, per potermi orientare nella direzione giusta da prendere.

Fu il sorriso più sincero delle ultime settimane, quello che mi sorse quando scorsi una panchina a pochi metri da me.

Cominciai a correre fino al raggiungimento di essa e quando anche la mia breve ma intensa corsa finì, mi sedetti sull'oggetto verde che risultò freddo al contatto con la mia calda e nuda pelle.

Estrassi le banconote dal mio reggiseno in pizzo giusto per fare un resoconto della serata.

Non erano di certo pochi i soldi, ma non mi sarebbero bastati per raggiungere il mio obbiettivo.

Avrei dovuto passare minimo un altro mese di quell'inferno, con persone abbastanza generose per poter finalmente chiudere quella storia e cominciare un nuovo capitolo della mia vita, prima però, avrei dovuto bruciare tutti i capitoli precedenti.

Guardai nell'altra coppa del reggiseno e con sollievo scorsi le chiavi di "Casa".

Provai a ricordarmi dove l'avevo lasciata e finalmente rammentai.

Nel parcheggio del Sunset, un pub che si trovava dall'altra parte della città.

La mia domanda era una soltanto 'Come ci sarei arrivata?'

Non potevo di certo prendere un taxi poiché non me lo potevo permettere.

A causa del grandissimo flusso di turisti i prezzi erano aumentati moltissimo nell'ultimo periodo ed io ero ostinata a raggiungere il mio scopo, l'obbiettivo per il quale stavo facendo tutti quei sacrifici e non potevo dare via i soldi che difficilmente ero riuscita a guadagnarmi sudando, nel vero senso della parola.

Ad un tratto mi ricordai che avevo un ulteriore problema da affrontare:

Se non fossi arrivata al Sunset in fretta avrebbero fatto portare via la macchina.

Non c'erano molte regole lì ma una ci tenevano a rispettarla e cioè 'Non occupare lo spazio se non sei un cliente'.

Correre, era quella la risposta ad ogni mio dilemma.

Cominciai a correre velocemente, però io non ero mai stata un asso nell'arte della corsa, non ero dotata né di velocità né di resistenza.

Probabilmente ciò era dovuto al fatto che non avessi un obbiettivo da raggiungere quando dovevo correre, una questione di vita o di morte, un qualcosa che mi sarebbe servito o che in quel momento mi serviva.

Mi accorsi che la teoria da me precedentemente esposta si era rivelata giusta, quando dopo poco dall'inizio della corsa cominciai ad intravedere il famoso locale.

Non potevo credere ai miei occhi quando, arrivata nel parcheggio posteriore un carroattrezzi stava attaccando un sacco di ganci alla mia macchina.

Cominciai ad urlare e a muovere i miei arti superiori in modo frenetico.

"No! fermati" urlai all'uomo che stava agganciando la mia auto, con il fiatone.

"Non posso fermarmi signorina, a meno che non sia il proprietario del locale a ritirare la richiesta di rimozione" disse lui, guardandomi dispiaciuto.

"Allora rallenti il processo la prego, andrò a parlare subito con il proprietario" gli feci gli occhi dolci, tentando di tutto pur di non perdere l'unica cosa che mi rimaneva.

"Magari comincio a fumarmi una sigaretta..." disse tra sé e sé, per poi accorgersi che anche io ero stata in grado di sentirlo.

"Ecco bravo, lei fumi" sorrisi falsamente, prima di cominciare ad incamminarmi verso il locale.

Entrai dal retro e come mi aspettavo a quell'ora della mattina non c'era nessuno, a parte una ragazza intenta a pulire i bicchieri dietro ad un bancone enorme, fornito di tutti i tipi di bevande possibili ed immaginabili.

"Scusami, sai dirmi dove posso trovare il proprietario?" chiesi io.

"Vedi quel corridoio? La prima porta a destra" rispose lei seccata senza nemmeno rivolgermi uno sguardo, ripetendo la frase come un robot e facendomi così dedurre che non fosse stata né la prima né l'ultima volta che le era capitato di ricevere la medesima domanda.

Arrivata davanti alla porta di legno di ciliegio bussai tre volte, attendendo una risposta che presto arrivò.

Entrata dentro notai un uomo voltato che dava la schiena alla porta dalla quale ero entrata, occupato a parlare con chissà chi al telefono.

"Si, va bene...ora devo andare" disse lui per poi spegnere la chiamata e voltarsi per guardarmi.

"Oh, ma guarda chi si vede" disse lui stupito mentre un sorriso beffardo cominciò ad abbellirgli il volto.

All'inizio non capii chi fosse ma poi lo riconobbi come l'uomo della notte passata.

Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, e riuscire a formulare una frase di senso compiuto cominciò a risultarmi estremamente difficile.

"Salve..." salutai io imbarazzata.

"Dammi pure del tu, non sono poi così vecchio, non pensi?" chiese lui, sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori.

Non considerai minimamente la sua domanda e pensai che fosse meglio arrivare dritta al punto per evitare ulteriore imbarazzo, proprio quello che avevo cercato di evitare poche ore prima.

"Sono venuta a chiederti di mandare via il carroattrezzi, perché quella che vuole portare via è la mia macchina" sputai io velocemente.

"Non so se posso fare qualcosa, d'altronde anche tu sei stata cattiva e sei scappata via stamattina" sospirò lui.

"Mi posso giustificare dicendo che l'ho fatto per evitare questa situazione di imbarazzo che c'è ora" risposi sinceramente.

"Ma io non sono per niente imbarazzato" rise lui.

"Quindi?" chiesi io speranzosa, senza più allungare il discorso.

"Questa volta te la passo perché eri con me, ma che non ricapiti mai più" si alzò dalla sedia e si avvicinò a me.

"Grazie mille" risposi velocemente, mentre mi allontanavo di qualche passo da lui.

Pensai che gli dovevo un pranzo almeno per il favore che mi stava facendo, dopotutto non mi doveva nulla.

"Seguimi pure" disse lui ed io obbedii senza proferire parola.

Raggiunto il retro vidi l'uomo di prima buttare velocemente la sigaretta a terra per non farsi beccare dal proprietario, ma io per sua sfortuna fui più veloce e appunto lo notai.

Cominciarono a parlare tra di loro, vidi uno scambio di banconote e poi l'uomo più vecchio allontanarsi.

"Comunque ti devo un pranzo" sussurrai io, pentendomene subito dopo.

"Quando facciamo?" chiese lui, mentre rivolgeva tutta la sua attenzione a me.

"Non lo so..." risposi.

Non lo sapevo per davvero poiché non avevo mai pensato che avrebbe accettato, la mia era stata un'offerta per farmi sembrare grata del favore che mi aveva fatto.

"Ero sarcastico, sono sposato e manco già troppo da casa. Non vorrei mai rubare altro tempo a mia moglie"

Ed ecco come la verità mi veniva sbattuta in faccia, quella di sempre d'altronde, quella che mi faceva odiare il popolo maschile.

Perché perfino dopo aver tradito le persone a cui tenevano di più, si facevano prendere dai sensi di colpa.

Odiavo quei tipi di atteggiamento poiché avevo sempre conosciuto solo due lati, solo due colorii: il bianco o il nero.

O eri dalla parte dei buoni o dai cattivi, o eri fedele o non lo eri, punto.

Avevo fin da bambina odiato le vie di mezzo.

Non capivo perché esistessero uomini del genere.

Accennai un saluto con la mano e girai letteralmente i tacchi prima di aprire lo sportello della macchina e sfrecciare via da lì, con il buonissimo proposito di non tornarci mai più. 

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