Capitolo 9
Quella notte e le notti seguenti, Sienna non riuscì a dormire. Continuava a girarsi nel letto, prima su un fianco e poi su un altro, pensando a quell'incontro con Jason al Delirium; gli occhi cupi del ragazzo non avevano lasciato nemmeno per un istante la sua mente.
Era felice per lui e per la sua ritrovata libertà, ma si chiedeva cosa sarebbe potuto succedere ora che lui era ufficialmente un cittadino libero; se lo avrebbe visto più spesso o se quella dell'altra sera fosse stata solo una coincidenza, tutte le fibre del suo corpo, però, speravano nella prima.
Sbuffò all'ennesimo tentativo di addormentarsi, poi spostò lo sguardo dal soffitto alla sveglia elettronica poggiata sul comodino accanto a letto; erano le sei e trentasei del mattino ed il suo turno al locale non sarebbe iniziato prima delle nove. Ormai, di dormire non se ne parlava più, così la ragazza approfittò di tutto quel suo tempo a disposizione per farsi una doccia che potesse rinfrescarla e perché no, farle scrollare di dosso tutti quei pensieri che le attraversavano la testa.
Guardò di nuovo l'ora: le sette e quindici e lei aveva già finito di vestirsi e sistemare il velo di trucco sugli occhi e nonostante ciò, Sienna non aveva intenzione di starsene con le mani in mano per un'altra ora e mezza, perciò afferrò la giacca ed uscì di casa senza prendere l'auto; avrebbe fatto il tragitto fino al Delirium a piedi. Fare due passi non le avrebbe certo fatto male e inoltre, ad Alan non sarebbe certo dispiaciuto se per una volta fosse arrivata in anticipo, pensò.
Camminò per le strade di Atlanta respirando la, seppur minima, aria pulita che vi era a quelle ore del mattino, fino a quando non si trovò di fronte all'ingresso del locale che, per sua grande sorpresa, era già aperto. La cosa le pareva strana, dato che mancava ancora una mezz'ora abbondante all'orario di apertura.
Sienna fece il suo ingresso nella grande sala ancora deserta.
«Sei in anticipo», la ragazza scattò all'istante dallo spavento udendo quella voce che non si aspettava di sentire, non lì e non a quell'ora. Si voltò quasi immediatamente trovandosi di fronte un Jason spavaldo che le ammiccò amichevolmente.
«Jason?» disse stordita, poi, scuotendo la testa cercò di riprendersi dal piccolo momento di trance, «Che ci fai tu qui?»
Il ragazzo non fece in tempo ad aprire bocca che subito Alan, dal suo ufficio, si precipitò nella sala facendo il suo ingresso. «Bene, vedo che hai già fatto conoscenza col tuo nuovo collega».
Aveva davvero detto collega? Sienna guardò Jason confusa.
«Nuovo collega?» ripeté la giovane senza staccare gli occhi dal biondo, come se avesse voluto leggere la risposta in quest'ultimi.
«Sei diventata sorda?» bofonchiò il più vecchio, «Già che sei arrivata prima perché non aiuti Jason a sistemare i prodotti nella dispensa? Almeno ti rendi utile una volta ogni tanto». Non fece caso ai modi sgarbati del capo; d'altronde in quattro anni ci aveva fatto l'abitudine e di certo non si poteva dire che lei non fosse una che rispondeva per rime, ma in quel momento le parole di Adam suonavano come dei flebili sussurri privi di importanza alle sue orecchie; la sua attenzione era tutta indirizzata al ragazzo che rideva divertito davanti a lei.
Legò i capelli, indossò il grembiule e fece strada a Jason nella dispensa. Cercava di mostrarsi sicura di sé, come da qualche anno a quella parte era sempre stata, ma la presenza del ragazzo non faceva altro che agitarla come un'adolescente alle prese con la sua prima cotta.
Si schiarì la voce sotto gli occhi osservatori di lui, «Devi aver fatto davvero colpo su Alan per farti assumere».
Jason scrollò le spalle, «Tutto merito del mio fascino», affermò. «Anche se sembra proprio una gran testa di cazzo».
Sienna gli sorrise nervosa realizzando solo in quel momento che erano da soli, chiusi in quella dispensa grande quanto un ripostiglio, ma cercò di mantenere l'autocontrollo, come aveva sempre fatto durante le loro sedute in carcere, «Perché sei qui, Jason?»
«Te l'ho detto, mi serviva un lavoro», disse lui, «Stai tranquilla, nessuno verrà a sapere del mio... Passato burrascoso», aggiunse, poi, con un sorrisetto, come se avesse letto nella mente della ragazza il motivo per cui era stata tanto titubante quella sera, quando lui le aveva chiesto di aiutarlo a farsi assumere.
Era strano passare dall'averlo come paziente all'averlo come collega, ma era anche sicuramente molto più piacevole per Sienna. In più, in questo modo avrebbe potuto tenerlo d'occhio e assicurarsi che non perdesse la strada appena ritrovata.
I giorni passarono in un soffio e Sienna doveva ammettere che Jason, nonostante i suoi cinque anni di reclusione –di cui nessuno, apparte lei, era a conoscenza- sembrava non avere problemi nel processo di integrazione. Si impegnava davvero in quello che faceva e Sienna non poteva non pensare che, forse, era anche un po' merito suo se adesso si comportava come un cittadino modello. Non fraintendete, era sempre il Jason sarcastico ed irascibile che aveva conosciuto, solo più contenuto. Da quando era arrivato al Delirium, inoltre, -lei ci aveva fatto caso- vi era stato un aumento della clientela femminile: le ragazze lo guardavano trasognanti e la cosa non era passata inosservata nemmeno al diretto interessato, visto il modo in cui si pavoneggiava e flirtava con tutte, giusto per il gusto di vedere le loro reazioni; la rossa sentiva un leggero fastidio ogni volta, ma se lo teneva per sé, non lo avrebbe mai ammesso.
Più volte le persone, clienti o colleghi che fossero, avevano chiesto al ragazzo come si fosse procurato quella cicatrice sull'occhio ed ogni volta che accadeva Sienna sentiva un magone formarsi in gola, ma lui non rispondeva a nessuno, liquidando il discorso con una battuta o un silenzio religioso; la rossa sapeva quanto fosse difficile per lui rivivere i ricordi di quella sera, aveva pagato per quello che aveva fatto e adesso voleva solo lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare. I cinque anni di reclusione non glieli avrebbe più ridati nessuno, ma Jason aveva intenzione di recuperare il tempo perduto, vivendo appieno ogni momento.
Grazie al suo carisma, il nuovo arrivato aveva facilmente conquistato la simpatia di tutto il personale, di tutto eccetto Chase, che proprio non mandava giù la sua presenza.
«Non gli do una settimana», bofonchiò una sera ad alcuni dei camerieri presenti, tra i quali vi era pure Sienna che, ovviamente, non apprezzò l'affermazione dell'amico, ma preferì stare in silenzio pensando che si trattasse solo di una stupida competizione maschile per far colpo sulle clienti.
«Sei solo invidioso perché fa il tuo lavoro meglio di te», lo schernì Trent.
Il moro incrociò le braccia al petto, offeso, «Questo non è assolutamente vero» e, fortunatamente, la conversazione cessò lì.
Un venerdì sera, come ogni venerdì, si prepararono tutti al caos di ogni weekend. Il locale era pieno e Alan aveva deciso che al bancone avrebbero servito Sienna e Jason perché, diceva il capo, era un modo per mettere alla prova il nuovo arrivato e in più, la presenza di due bei ragazzi avrebbe sicuramente attirato maggiormente la clientela sia maschile che femminile che si sedeva per prendere un drink.
Le persone si susseguivano senza che i due avessero un attimo di tregua ed ogni tanto capitava che per un motivo o per un altro i due si sfiorassero, suscitando un leggero imbarazzo nella ragazza.
«Ehi, bellezza, un altro giro per noi ed alla svelta», gridò un ragazzo alle spalle di Sienna sventolando un bicchierino vuoto con enfasi. Visto il rossore sulle guance sue e dell'amico e la puzza che emanavano erano proprio ubriachi, «Su, muovi quel bel culo che ti ritrovi».
Jason, poco distante dalla ragazza, non riuscì a contenersi; buttò lo straccio col quale stava pulendo il bancone e scattò minacciosamente verso i due ubriaconi, «Non parlarle in questo modo, razza di...» ringhiò, ma Sienna lo interruppe prima che potesse finire la frase, gli poggiò una mano sulla spalla e riuscì a sentire i suoi muscoli tesi, «Jason, ci penso io», gli assicurò. D'altronde lei lavorava in quel posto da molto più tempo di lui e non era nuova a quegli episodi, in più non voleva che, accecato dalla rabbia, facesse qualcosa che potesse compromettere la sua libertà.
Il ragazzo guardò gli occhi dorati della giovane che sembrarono tranquillizzarlo, poi, seppur con riluttanza, si ricompose.
Sienna non levò lo sguardo dalla sua figura, fino a quando non fu costretta a rispondere a quei due idioti, «Avete bevuto abbastanza, la festa è finita per voi, andate a casa».
«Lei ve lo ha detto con le buone, volete che ve lo dica io con le cattive?» aggiunse Jason con ferocia. I tizi borbottarono qualcosa sottovoce ma alla fine, probabilmente intimiditi dai modi da galeotto del ragazzo, se ne andarono in direzione dell'uscita. Sienna sorrise di sottecchi; era felice di quella particolare premura nei suoi confronti; forse suonava paradossale, ma il temperamento intimidatorio e minaccioso di Jason la faceva sentire più tranquilla. Forse, era proprio la presenza del biondo a farla sentire più tranquilla.
La serata proseguì pacificamente, tra un'ordinazione e l'altra e arrivò il momento della chiusura che quella sera spettò a Sienna. Jason aveva insistito nel volerla aspettare, perché aveva il sentore che potesse succedere qualcosa, ma lei gli aveva detto di non preoccuparsi e di andare a riposarsi visto l'estenuante servizio a cui lei era sicuramente più abituata di lui. Perciò, una volta lasciato pulito ed immacolato il locale, Sienna si diresse verso il parcheggio.
Era notte fonda e le uniche fonti di luce erano la luna, pallida e piena, e i pochi lampioni che costeggiavano la strada, quindi doveva far attenzione anche solo a dove metteva i piedi.
Sentii un rumore alle sue spalle, dei passi più precisamente, come se qualcuno la stesse seguendo.
«Chi c'è?» domandò voltandosi, «Chase?»
Ma ad aspettarla non era l'amico.
«Ma guarda chi abbiamo qui...», commentò una voce per niente amichevole che la ragazza riconobbe aver sentito al Delirium. Gli stessi ragazzi che si erano rivolti a lei in modo sgarbato sbucarono dalla penombra nella quale si erano nascosti.
Sienna capì che quella situazione e il modo languido in cui la guardavano non prometteva niente di buono. Così, automaticamente, si trovò ad indietreggiare.
«Cosa volete?» domandò senza, però, farsi sopraffare dalle emozioni.
«Solo parlare un po'», ghignò l'altro.
«Ma io non voglio parlare con voi».
I due si lanciarono un'occhiata complice, prima di tornare a guardarla con un sorriso perfido stampato sul volto, «Beh, questo è un bel problema».
Si avvicinarono sempre di più alla ragazza accerchiandola, mentre lei, in vano, cercava una qualche via di fuga.
Uno di loro la agguantò dalle spalle, mentre l'altro, rimasto davanti a lei iniziò ad accarezzarla con tutto, fuorché dolcezza, «Non mi toccate!» gridò Sienna divincolandosi inutilmente.
«Toglietele immediatamente le mani di dosso», intervenne una voce che Sienna mai come in quel momento fu felice di sentire.
I due stronzi si voltarono verso Jason che stava a pochi metri di distanza, la mascella serrata e i pugni chiusi lungo i fianchi. «Altrimenti?» domandò con superbia uno.
«Altrimenti vi faccio fuori», rispose serio il biondo.
Sienna approfittò di quel momento in cui l'attenzione non era rivolta verso di lei per dare una gomitata e pestare con forza il piede del tipo che stava alle sue spalle riuscendo a liberarsi.
«Puttana!» gli imprecò contro, ma prima che uno dei due potesse reagire concretamente, Jason si scagliò addosso a loro con un'agilità ed una forza incredibili. Loro erano in superiorità numerica, eppure non potevano fare niente contro i suoi pugni. Stava pestando a sangue quello più alto, quando l'altro, dalle sue spalle, tirò fuori un coltello.
«Jason!» gridò Sienna in avvertimento; lui fece appena in tempo a spostarsi prima di essere colpito.
«Adesso non fai più l'eroe, vero?» ghignò.
Gli occhi di Jason vagavano da Sienna, paralizzata dalla paura che aveva per lui, al tipo che non vedeva l'ora di conficcare quella lama nella sua pelle. Lui non aveva alcuna arma con sé, ma non ne aveva bisogno per poter mettere a tappeto quell'energumeno; i cinque anni passati in carcere tra risse con i criminali di ogni genere lo avevano forgiato a non avere paura di niente e di nessuno.
Così, senza indugiare, scattò verso il tizio riuscendo a levargli il coltello di mano, prima di riempirlo di calci e pugni fino ad indurlo a darsela a gambe insieme all'amico.
«Stai bene?» chiese con fiato corto alla ragazza che per tutto il tempo aveva trattenuto il respiro.
Lei fece appena un cenno con la testa e lui, istintivamente, la attirò a sé per confortarla con un abbraccio.
«Stai tranquilla», mormorò tra i capelli ramati di Sienna, «Ci sono io, adesso».
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