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Capitolo 12

«È evidente che sia geloso di me».

Seduta di fronte al biondo, Sienna si chiese se quella frase avesse davvero una verità nascosta all'interno.
Possibile che Chase provasse davvero qualcosa nei suoi confronti e in tutti gli anni passati in sua compagnia non se ne fosse mai resa conto? Insomma, sì, il moro era sempre stato gentile e protettivo verso di lei, ma la rossa aveva sempre considerato quelle premure come un semplice gesto di amicizia.
«E non lo biasimo, insomma guardami...», aggiunse Jason, facendo seguire a quelle parole un'espressione orgogliosa e allo stesso tempo seducente.
Sienna sorrise scuotendo il capo. Quel ragazzo, con i suoi modi beffardi e vanitosi, aveva il potere di farla sentire meglio e, cosa più importante in quel momento, riuscì a strapparle un sorriso.

Era strano ora trovarsi lì a parlare con lui, a confrontarsi, su ciò che era appena successo col suo ex migliore amico, separati solamente dal bancone del locale. Era come se i ruoli che avevano assunto qualche mese prima si fossero invertiti: adesso lei era la 'paziente' e Jason lo 'psicologo'.

Jason psicologo.

Rise mentalmente al solo pensiero.

«Non montarti troppo la testa biondino, non sei poi questo granchè», replicò lei sfidando il suo orgoglio.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio, visibilmente contrariato ma fintamente offeso, e subito dopo si inumidì le labbra per poi incurvarle in un ghigno dei suoi.

«Ah sì? Ieri sera non la pensavi in questo modo però».

Colpita e affondata.

Udendo quella frase, la ragazza dai capelli di fuoco arrossì, sentendo il cuore accelerare sempre di più man mano che gli occhi di Jason sfidavano i suoi in un contatto visivo che non riuscì a sopportare.
Non che si fosse scordata del bacio improvviso che il biondo le aveva dato; solo, in quel momento, era intenta a pensare ad altro.
«Hai fatto tutto tu», rispose secca, alzandosi in piedi con l'intenzione di lasciar cadere lì quella conversazione.
«Sì, su questo hai ragione», assentì il biondo da dietro le sue spalle. La sua voce roca le giunse molto vicina, segno che anche lui si fosse alzato, seguendola.
Stava quasi per chiedergli il perchè di quel gesto; in fondo, ma nemmeno troppo, era curiosa di sapere cosa lo avesse spinto a compiere un atto che non gli si addiceva per niente, ma si bloccò non appena lui poferì nuovamente parola:

«Era solo uno stupido bacio, comunque».

In quel momento Sienna sentì una piccola parte di sé rompersi in mille pezzi, ma avrebbe dovuto immaginarlo.

Come si può accostare l'incisivo nome di Jason McCann a quello dolce e delicato di 'bacio'? Cosa si aspettava? Che anche per lui quel contatto tra labbra avesse un significato più profondo?
Povera illusa.

La ragazza diede un colpo di tosse, prima di togliersi il grambiule e posarlo poi sotto il bancone. Il suo turno era finito, come anche quello del collega, e non vedeva l'ora di tornare a casa, farsi una doccia e stendersi sul divano a mangiare qualcosa guardando un bel film alla televisione, senza pensare alla litigata con Chase o a come Jason avesse sminuito quello che per lei, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, era stato più di "uno stupido bacio".

«Beh, allora ci vediamo domani», disse dopo essere uscita dal ripostiglio in cui teneva la sua borsa.
Sorpassò Jason, il quale però, come la notte prima, le afferrò il polso costringendola ad arrestare i suoi passi.

Per un attimo, fu convinta di rivivere la stessa scena: lui che le si avvicina troppo velocemente e d'improvviso le loro labbra unite che si muovono lentamente l'una sull'altra.
Questa sua visione però non si realizzò, lasciando la ragazza a sognare ad occhi aperti come una vera stupida.
Sì, Jason si avvicinò a lei, ma solo per riuscire a farsi capire, dato che le voci che animavano il locale avrebbero di sicuro sovrastato la sua.

«Ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa insieme? Se non hai altri impegni, ovvio», domandò cercando il suo sguardo.

Quella richiesta la colse alla sprovvista.
Ci pensò un po' su, curiosa di conoscere le reali intenzioni di Jason, ma se il loro era stato solo uno stupido bacio, pensò, quella sarebbe stata solo una stupida cena insieme.

«Mc Donald's?»
«E Mc Donald's sia!», rispose il ragazzo dirigendosi a passo spedito verso la porta d'ingresso del Delirium.

***

«Con questa macchia di ketchup sui pantaloni qualcuno potrebbe arrestarmi di nuovo», borbottò Jason, causando così una sonora risata da parte della ragazza che camminava al suo fianco.
«Sei proprio scemo, Jason. Nemmeno un bambino di tre anni avrebbe potuto sporcarsi così», disse lei indicando quella macchia scarlatta sui jeans del biondo.
Questa volta anche lui si mise a ridere di gusto, Sienna non aveva mai sentito la sua risata spontanea, ma in quel momento si rese conto che non vi era suono più bello.
«Smettila subito di prendermi in giro», le disse, spingendola appena con una manata amichevole sulla spalla.
«Perchè, sennò che fai?»
Jason corrucciò le labbra poi sorrise scoprendo quei denti bianchi come perle.

«Sai di cosa sono capace», ghignò maliziosamente infilando poi le mani nelle tasche del leggero giubbotto.

«Non lo faresti mai», replicò lei sicura di ciò che aveva appena detto. Non era sciocca, non si era dimenticata chi era Jason e cosa avesse fatto, ma in cuor suo sapeva che quello che aveva di fronte non era più il ragazzino che cinque anni prima aveva macchiato le sue mani di sangue o lo sbruffone che durante le loro sedute non faceva altro che irritarla.

Lui stava cambiando, ne era convinta.

Il biondo si accorse di tutta quella convinzione e non ne fu affatto contrariato; nessuno prima di Sienna aveva mai riposto tanta fiducia in lui e nei suoi progressi.

Sì, aveva ucciso, e per di più un membro della sua famiglia e se si fosse presentata un'altra occasione, l'avrebbe fatto di nuovo.

Ma non con lei.

«Solo perchè sei tu», disse infine, estraendo una sigaretta e accendendola portandola vicino alle labbra carnose.

La rossa fu grata di sentirgli pronunciare quella frase. In qualche modo era riuscita a farsi piacere, almeno come amica, da Jason, e quella non era cosa da poco.
Come diceva il detto: meglio avere i nemici dalla propria parte.

«Ti va di fare un gioco?» domandò di punto in bianco dopo vari minuti di silenzio.

La strada era illuminata solo dalla fioca luce dei lampioni e di tanto in tanto un gufo emetteva il suo richiamo sinistro; tanto valeva passare il tempo del ritorno conversando un po'.

«Cos'hai in mente, rossa?»
Il ragazzo gettò a terra il mozzicone di sigaretta e attese una risposta che non tardò ad arrivare.

«Che ne dici del gioco delle venti domande? Ma anziché venti, ne abbiamo cinque a disposizione, così, per conoscerci meglio, d'accordo? Parto io».
A Jason quello parve un gioco alquanto adolescenziale, ma se fare ciò avrebbe significato conoscere la ragazza più nel profondo, avrebbe colto subito l'occasione.
«Spara».

«Qual è stato il primo tatuaggio che hai fatto e qual è quello che ha più significato per te?»
«Queste tecnicamente sono due domande», precisò Jason scherzando
«In ogni caso...» prima di proseguire si fermò, si alzò la maglietta e indicò un piccolo segno nero posto appena sopra al bacino. «Questo è il primo che ho fatto. Avevo 13 anni ed è una specie di uccellino stilizzato. Falsificai la firma di mia madre per poterlo fare dal tatuatore», rise, «È stata solo una voglia, non ha un significato particolare», aggiunse.
«Quello più significativo invece...» si portò un mano dietro il collo, indicando poi con l'indice le due ali che la giovane riteneva essere davvero troppo sexy. «Me l'ha fatto in carcere il mio amico. Sono il segno della mia tanto desiderata libertà».

Era bello stare lì ad ascoltarlo spiegare cosa significassero quei segni indelebili che ricoprivano la sua pelle, avrebbe voluto sentire la storia di ognuno di loro, ma per farlo avrebbero dovuto avere più tempo a disposizione.

«Ora tocca a me, presumo». Il ragazzo si strofinò la mano sul mento pensando ad una domanda da porgere alla ragazza. «Come mai non vivi più con i tuoi genitori?»
Sienna alzò le spalle. Molto spesso anche lei stessa aveva pensato a quella domanda, e tutte le volte la risposta era sempre quella: «Non siamo mai andati troppo d'accordo. Diciamo che... Non hanno mai approvato a pieno la mia scelta universitaria, sostenendo che diventare psicologa fosse roba da ciarlatani. Volevano che la loro figlia diventasse un avvocato o roba simile, una donna in carriera insomma, ma non fa per me», sospirò, «Io voglio aiutare le persone a ritrovare la loro strada, come ho fatto con te».
Detto questo alzò lo sguardo verso quegli occhi ambrati che, senza dire nulla, le sorrisero.
«E ci riuscirai Sienna. Con me ci sei riuscita», affermò per poi posarle una mano sulla spalla e accarezzarle dolcemente una guancia con l'altra.

«Oh, ma guarda chi si vede... McCann Junior».

Quella voce. Era da molti anni che Jason non la sentiva.
Si voltò di scatto, lasciando ricadere il braccio lungo il fianco per poi serrare la mano in un pugno duro.

«E così ti hanno rilasciato...» mormorò più a se stesso che al ragazzo.

«Tom...», la mascella contratta, come sempre quando al biondo non andava a genio qualcosa o qualcuno.
«Vedo che ti ricordi», biascicò l'altro visibilmente ubriaco spostando di seguito lo sguardo sulla rossa. «Mi spiace interrompere le vostre effusioni».

«Che cazzo vuoi?» domandò Jason irato. Sienna, che stava assistendo alla scena, pensò che non sarebbe passato molto tempo prima che si fosse scagliato addosso a quell'estraneo che infastidiva pure lei.

L'uomo sulla cinquantina sorrise, sfoderando un sorriso sdentato e maligno, «Tuo padre ha lasciato un affare in sospeso, e sai com'è il capo...»

La rossa stava iniziando a preoccuparsi. Chi era quel tizio? Cosa voleva da Jason? Istintivamente, gli afferrò una mano, stringendo il braccio del ragazzo con l'altra.
«Lascialo in pace», azzardò, causando in questo modo solo una sonora risata da parte dello sconosciuto.
«Cos'è? Ti fai difendere da una ragazzina adesso? Eppure il tuo vecchio l'hai fatto fuori da solo in quattro e quattr'otto», ringhiò, «Ti ho avvertito McCann. Ora che sei fuori, fai quello che avrebbe dovuto fare quel vigliacco, sai quanto Samuel sia di parola».
Detto ciò, scomparve misteriosamente così come era arrivato.

«Jason chi era quello? Cosa vuole da te?»
Il giovane notò vera preoccupazione sul viso dell'amica, ma non avrebbe potuto dirle la verità. Non poteva e non voleva metterla in mezzo e tanto meno che ficcasse il naso nei debiti di suo padre ai quali ora avrebbe dovuto pensare lui.
«Nessuno, lascia perdere», disse, lasciando la ragazza con una marea di dubbi per la testa.

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