Capitolo 36
Dio, non posso vivere senza il mio cuore. Non posso vivere senza la mia anima.
(Cime Tempestose, Emily Bronte)
Kirsten's POV
Cammino avanti e dietro, con le mani dietro la schiena e un'espressione impaziente. Quanto ci mette quel ricciolino? Deve solo fare un controllo. Deve solo dirmi che starà bene. Che c'è speranza. Siamo tornati a Londra da quattro giorni, e Alexander sta sempre peggio. Riesce a reggersi ancora in piedi, ma la febbre aumenta di giorno in giorno, e sono iniziate anche le allucinazioni.
"Kirsten, devi calmarti." Mi blocco sul posto e mi volto verso Tania, che ha un libro sulle ginocchia e la schiena poggiata contro quella di Caleb, anche lui nella stessa posizione.
"Calmarmi? Stai scherzando, vero?" ringhio, ma non aspetto la risposta. Richard scende finalmente le scale, e tutti noi ci alziamo dalle nostre posizioni. Il rumore di una decina di tomi che cadono a terra mi rimbomba nelle orecchie. Tutti scritti inutili. Non c'è niente per la cura da morso.
"Come sta?" chiede Vlad, facendo un passo in avanti. Rick ci guarda negli occhi, poi abbassa lo sguardo e stringe i pugni, scuotendo la testa.
"Sta sempre peggio. Adesso la fame è aumentata, e nei prossimi giorni sarà sempre peggio. L'infezione ha preso metà del braccio, e di questo passo... cazzo!" Tira un pugno sul tavolo davanti a lui, spaccandolo. Mi riparo dalle schegge mettendomi dietro al biondino. "Non c'è niente da fare. Siamo fottuti. Lui è fottuto."
"Non dirlo! Sta zitto!" grido, portandomi le mani sulle orecchie e scuotendo la testa per non sentire. Non può essere vero. Stava andando tutto bene. finalmente la mia vita si stava aggiustando.
"Avrebbe compiuto quattrocento anni tra due settimane. Pensavamo di organizzargli una festa grandiosa, ma a quanto pare dovremo rinunciare." Mormora Derek, mettendosi il viso sui palmi delle mani.
"Ragazzi." Ci voltiamo tutti verso la ragazzina rimasta in un angolo, che lascia andare il grosso libro che le copre tutta la faccia. Gli occhi di gatto hanno un guizzo, e lei sorride. "Forse c'è una soluzione, ma è rischiosa."
"Che aspetti? Parla!" la attacco, e Tania mi afferra per un polso, mantenendomi calma. Per tutta risposta Liz si alza e poggia il grosso tomo sul tavolo, aperto su una pagina ingiallita ma ben decorata. "Guarire dalle infezioni. Che c'entra questo con il morso!"
"No, invece." Mi blocca Laurence, sistemandosi meglio il cappello. "Il morso di un lupo mannaro non fa altro che infettare il nostro organismo con i suoi geni. Noi siamo predisposti ad eliminare i licantropi, perciò gli anticorpi agiscono contro di noi, cercando di mangiare l'infezione. Forse può funzionare."
"La sanguisuga ha un cervello. Chi lo avrebbe mai detto?" Borbotta Liz, chiudendo la mano a pugno. Laurence ci batte contro la sua e sorride, felice del complimento. "Serve del sangue di vampiro."
"Perfetto. Qui ne abbiamo in abbondanza!" Simon saltella per l'eccitazione, insieme a Coraline.
"Frena i bollori, Connor. C'è dell'altro." risponde Guido, infossandosi ancora di più nella poltrona.
"Qui dice che per gli esseri sovrannaturali il procedimento è diverso. Il sangue di vampiro deve contenere una forte concentrazione di globuli bianchi nocivi, in modo che possano fermare l'avanzata di quelli buoni, ma al contempo uccidere i geni della licantropia."
"Oh, fantastico. E dove lo troviamo un sangue così?" sbotto, lasciandomi andare sulla poltrona. Il silenzio scende nella sala, finché Liz non alza lo sguardo dalla pagina.
"I necrofagi." dice, e non ho la più pallida idea di cosa stia parlando. Mi gratto la testa con la mano, in preda all'ansia.
"Cosa sono?" chiedo, vedendo che gli altri rimangono in silenzio. Caleb stringe più forte Tania, e il suo sguardo si fa più scuro.
"Vampiri che si nutrono di cadaveri. Sono pericolosi e la comunità li ha banditi. Vivono nelle cripte dei cimiteri, e li lasciano fare visto che non sono un pericolo per gli umani."
"Ma se non sono un pericolo per i vivi, perché dovrebbero essere pericolosi?" chiede Tania, giustamente.
"La mancanza di un buon nutrimento li ha resi instabili. Attaccano quelli della loro specie, e sono portatori di malattie che prendono dai cadaveri. Voi umani li chiamate zombies, anche se li avete idealizzati, come i vampiri del resto." Spiega Simon, rabbrividendo al solo pensiero di doversi trovare davanti uno di quei mostri.
"Il problema è che sono difficili da trovare." Mormora la streghetta, giocherellando con una ciocca bionda. Mi gratto la testa con una mano, guardando di sfuggita le persone intorno a me. All'improvviso Rick balza in piedi, schioccando le dita e sorridendo come un ebete.
"Ho trovato. Sono un genio!" esclama, saltellando e facendo muovere i ricci.
"Ehm, amico. Quando hai finito di far ballare i tuoi capelli, potresti illuminare anche noi?" chiede Derek, rimettendolo seduto come si fa con i bambini agitati.
"State a sentire. Quando Alex era nei pressi di Stratford sono andato a cercarlo. Non mi ricordo il perché, ma mi sono ritrovato in un cimitero..."
"Sicuramente aveva bevuto." Caleb si avvicina al mio orecchio e sussurra questa frase, coprendosi con una mano. Ridacchio, cercando di nascondermi, ma con scarso successo. Richard ci fulmina con lo sguardo, poi riprende.
"Comunque sia, sono sicuro che li ci siano dei necrofagi. Almeno una coppia, o magari tre. Sarebbero perfetti." Dice, soddisfatto di se stesso. Il riccio si merita qualche pacca sulla spalla da parte dei presenti, e anche un mio abbraccio.
"Sei intelligente!"
"Oh, grazi... ehi!" Scoppiamo a ridere, ed io mi sento improvvisamente più leggera.
"Non farete niente." Ed ecco che il masso torna ancora, più pesante e maligno che mai. Ci voltiamo tutti verso la tromba delle scale, dove Alexander ci sta guardando a fatica. Ha il braccio interamente coperto da una garza bianca, e con l'altro si poggia al muro per reggersi in piedi. Ha il fiatone, ed è sudato.
"Che ci fai in piedi?" lo sgrido, avvicinandomi insieme a Josh per riportarlo su. Lui arretra leggermente, e per un attimo sbarra gli occhi, poi scuote la testa come se fosse ritornato in sé. È durato solo un attimo.
"Non andrete dai necrofagi a causa mia." Continua ignorando la mia domanda. Stringo i pugni e lo fisso in cagnesco, senza lasciarmi impietosire dal suo aspetto distrutto.
"Invece sì. È l'unico modo per farti guarire."
"Io non voglio guarire." Sbarro gli occhi davanti alla sua determinazione, ed ogni sentimento viene sostituito solo dalla furia cieca. Alex mi guarda negli occhi, ma non riesce a sorreggere il mio sguardo e li abbassa ancora. "Non a questo prezzo."
"Qui non si tratta solo di te, Flinn." Ringhio a denti stretti e vedo Josh allontanarsi di un passo.
"Invece sì. Ho preso la mia decisione, quindi smettila di protestare." Assorbo ogni colpo come una spugna, stringendo i denti e reprimendo la voglia di strozzarlo.
"La tua decisione? Bene. Se hai deciso di fare il codardo e morire tra atroci sofferenze fa pure, ma non aspettarti che io stia qui a guardare." Imbocco la porta e me la richiudo alle spalle. Non appena nessuno mi vede, comincio a correre per le strade di Canton, senza avere una meta precisa. Le persone che mi vedono iniziano a fissarmi, ma non me ne importa, vedendole solo come un grumo appannato dalle lacrime. Supero il paese e mi inoltro nel bosco buio, quasi senza accorgermene. Lo capisco solo quando la mia corsa viene fermata da un ramo troppo basso, ed io ci sbatto la testa, cadendo a terra con gli occhi chiusi.
Alexander's POV
Mi dispiace, Kirsten. Mi dispiace davvero tanto, ma dovevo dirlo. Non potevo farti rischiare la vita senza un valido motivo, ed è così che mi farò perdonare. Aspetto che esca da casa e crollo a terra, poggiando la testa dolorante al muro. Per un attimo mi era sembrato di vedere Philippe e Cory al posto di Joshua e Kirsten, ma per fortuna è durato solo un momento. Non posso rischiare di farle del male. Preferisco morire. Derek e Coraline mi aiutano ad alzarmi, ed io mi volto verso il primo, non riuscendo a distinguerne bene le forme.
"Promettimi che la terrai al sicuro."
"Alexander..."
"Fallo, Derek. Dimmi che non andrete a Stratford." Lo imploro, afferrandogli la maglietta e avvicinandolo a me. Lui rimane in silenzio, poi scuote la testa.
"Non lo farò mai, amico." Chiudo gli occhi, sconfitto. Mi aspettavo questa risposta, ma credevo di poter convincere almeno i ragazzi. Mi lascio trasportare in camera, sapendo di non poter fare niente per impedirlo. Coraline esce quasi subito, ma io trattengo Derek per la maglietta. Non voglio rimanere solo. Quando lo sono iniziano le allucinazioni, e io mi ritrovo circondato da corpi sanguinanti e semidecomposti che vogliono la mia testa. Perché io li ho uccisi, e loro vogliono vedere la mia fine pietosa.
"Non voglio morire, Derek." Sussurro, guardando il soffitto. Non riconosco neanche il mio tono di voce, o forse è solo la febbre che lo distorce. Mi sembra simile a quello di mio padre. Il mio amico si siede sul letto, ed io gli mollo la felpa, facendo ricadere la mano sul letto.
"Perché ti stai facendo terra bruciata intorno?" mi chiede, ma io nego tutto. Lui mi tira un pizzicotto e protesto debolmente. "Sai cosa voglio dire. Hai praticamente cacciato a calci Kirsten con una bugia e non pensare che non abbia notato i morsi che Rick cerca ha cercato di coprire con una sciarpa." Emetto un breve ringhio, piccato.
"Con Richard è stato diverso. L'ho scambiato per un lupo mannaro. Colpa della febbre." Indico con una smorfia la mia testolina malata, passandomi una mano tra i capelli. Derek scuote la testa, appoggiando il mento alla mano.
"Vedi Alex, noi ci conosciamo da più di cento anni. Hai migliorato l'esistenza ad ognuno dei ragazzi. Io non ero niente prima di conoscere te! Rick era un criminale, Josh ha rischiato di essere bruciato, Cal voleva suicidarsi! Ci hai salvato tutti, amico. Perché non ci permetti di fare la stessa cosa con te?" Lo guardo negli occhi, mettendomi le mani in faccia per non far vedere la mia espressione commossa. Non mi dimostrerò debole neanche adesso.
"Devo fare ancora un sacco di cose. Non ho ancora imparato a suonare uno strumento. Josh non si decide a darmi lezioni di chitarra!"
"Veramente tu sai suonare il pianoforte. Credi che non ti abbia sentito negli anni cinquanta?"
"E poi non ho mai fatto sesso a tre con delle giapponesi." Dico, sconsolato. Quello era il primo punto della mia lista, ma adesso che ho conosciuto Kirsten io... "Come farò con Kirsten?" Succede sempre così. Ogni volta che il suo nome mi entra in testa, tutti i pensieri si annullano. Tossisco un paio di volte, sputando un po' di sangue e pulendomi la mano con il fazzoletto che ho sul comodino.
"Se riusciamo ad aiutarti, non avrai problemi." Oh, come vorrei che fosse vero. Non faccio altro che ripensare alle parole di quel coglione di James, e ad un certo punto ho pensato che morire sarebbe stata la soluzione migliore. Sono davvero un cretino, eh?
"Già. Grazie, amico." Gli tiro una pacca sulla spalla e lui ricambia, uscendo dalla stanza. "Aspetta." Lo richiamo, e lui si gira. Mi porto una mano sullo stomaco, sentendo i crampi che mi divorano. "Mi porteresti qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame." Chiedo, con un sorrisetto strafottente. Lui alza gli occhi al cielo ed esce dalla stanza, lasciandomi solo. Mi rotolo su un fianco, sentendo distrattamente le conversazioni al piano di sotto. Lo stomaco inizia a farmi sempre più male, e sono costretto a piegarmi su me stesso. Sento le gengive pungere, e poco dopo i canini spuntano incontrollati. Fame. Ho. Tanta. Fame. Inizio ad addentare il vuoto, senza riuscire a controllarmi. Derek torna poco dopo, ed io divoro le tre sacche di sangue in poco tempo.
"Wow, eri davvero affamato." Dice, sorpreso. Lo ascolto a malapena e gli chiedo altro cibo. "No, Rick ha detto di non darti troppo sangue. Potrebbe velocizzare il processo dell'infezione."
"Ma io ho fame!" dico, respirando pesantemente e con la bocca aperta. Sento la salivazione aumentare al passo dei crampi, e mi porto una mano sulla bocca. Derek ride divertito, scuotendo la testa.
"Cerca di dormire. Mando qualcuno tra poco a controllare come stai." Perché non capisce? Vedo la porta richiudersi e la stanza piomba nell'oscurità. Provo a chiudere gli occhi, tirandomi le coperte fin sulla testa per placare il freddo. I canini non vogliono rientrare, quindi li lascio sporgenti, succhiando un po' dei mio stesso sangue fuoriuscitomi dal labbro.
Alexander.
Mi tappo le orecchie quando sento quella voce viscida nelle orecchie. È tutto nella mia testa. È tutto nella mia testa.
Hai fame? Allora sfamati. C'è tutto il mondo fuori.
No! Non voglio!
Prima non avevi questi pregiudizi. Sei un vampiro, Alexander. Comportati da tale.
"Lasciami in pace." Mi lamento, premendo sulle orecchie e chiudendo li occhi.
Sai che ho ragione. Mangia.
"Vattene, ti prego. Sparisci." Sussurro, sapendo che mi può sentire. Ma cosa poi? Non c'è nessuno in questa stanza a parte me. È solo la mia immaginazione. È la febbre alta. Non voglio avere altre morti sulla coscienza. Non voglio altre visioni di cadaveri. "Basta!"
Vuoi morire? Eh? Vuoi andare all'inferno e incontrare tutti quelli che hai ucciso? Perché è lì che andrai. Non hai altra scelta. Goditi quello che ti resta della vita.
Mi inginocchio, piegandomi in due per il dolore allo stomaco. È talmente forte da farmi lacrimare, e il lenzuolo si sporca presto di nero. Inizio a sbavare incontrollato, e al mio naso arrivano mille odori diversi. È la gente là fuori. Sono così appetitosi.
Abbandonati, Alex. Abbandonati all'istinto. Mangia.
Senza volerlo, mi ritrovo a camminare verso la finestra e a tirare le tende. La luce dei lampioni mi acceca, ferendomi gli occhi. Sono diventato talmente sensibile alla luce da non sopportare neanche una candela. Guardo verso il mio braccio fasciato, e lo stringo forte.
Mangia.
D'istinto apro le finestre, sentendo l'odore di pioggia e l'aria fredda di fine dicembre che mi solletica la pelle. Le strade sono piene di luci del precedente Natale, e pronte per il Capodanno che sta per arrivare. Secondo i miei calcoli farò in tempo a festeggiarlo, ma adesso non mi importa. Il mio corpo di muove da solo, ed io lo lascio fare, perché così il dolore sembra attenuarsi. Guardo in basso e noto un gruppo di persone che sta passeggiando appena sotto di me. È un gruppo di miei compagni. Perfetto. Mi lancio dal balcone, atterrando in piedi. I ragazzi mi guardano spaventati, prima di riconoscermi.
"Ehi, Flinn. Dove ti sei cacciato in questi giorni?" Guardo il ragazzo che ha parlato. Non voglio ucciderlo.
Nutriti e basta.
Senza pensarci mi avvento su di lui e affondo i canini nel suo collo. Non appena il suo sangue mi entra in gola, tutto diventa buio.
Kirsten's POV
Ahia! La mia povera testa. Dannata Madre Natura. Che scherzi sono questi? Mi massaggio il punto gonfio sulla fronte, mettendoci cinque secondi per ricordarmi dove sono. E' tutto buio, ed io inizio ad avere paura. Mantieni il sangue freddo, Donovan! Vai sempre dritta nella direzione opposta e troverai Canton. Faccio due respiri profondi per calmarmi, poi inizio ad incamminarmi. Faccio qualche passo, quando vengo distratta da un rumore secco a pochi metri da me. Mi porto in posizione di attacco, e la mia mano corre istintivamente alla cintura ormai vuota dei miei pantaloni. Dovrei portarmi sempre un paletto. Non dico nulla e rimango immobile, aspettando che la figura si mostri.
"Kirsten." Questa voce...
"Alex. Cosa ci fai qui?" Prendo il mio telefono per fare luce, e vedo il suo corpo nella penombra, accanto ad un albero. "Mi hai sentito?" faccio un passo verso di lui, ma arretra. "Oh, molto maturo. Invece di affrontare i problemi scappi!" lo sgrido, incazzata. Lui non dice ancora niente, ed io continuo ad avvicinarmi. "Alex?" chiedo, più dubbiosa. Inclino la testa da un lato, vedendolo nascondersi dietro ad un albero.
"Aiutami." Il mio cuore prende a battere all'impazzata, e lui si mette le mani sulle orecchie, soffiando contro la luce.
"Ti da fastidio questa? Guarda, la metto via." Spengo la torcia e rimetto il telefono nella tasca, mettendo le mani avanti per non sbattere di nuovo.
"Questo rumore... il tuo cuore..."
"Ma cosa ti prende. Dovresti essere a letto. Dai, vieni." Finalmente tocco il suo viso con le mani, e lui rimane immobile. Sento qualcosa di bagnato sui palmi, e d'istinto li ritraggo, portandoli al naso per annusarli. Sangue. Sbarro gli occhi e riprendo il telefono, puntandolo a terra in modo che solo pochissima luce arrivi verso di lui. Alexander mi guarda, con gli occhi lucidi e il viso imbrattato di rosso. Il telefono mi cade a terra per lo spavento.
"Cosa hai fatto?"
"Mi dispiace, ma. Ho. Tanta. Fame." La sua voce è simile ad un boato, e talmente roca da risultare irriconoscibile, eppure so che è lui. Lo sento avvicinarsi a me, ed io arretro ancora, evitando gli alberi dietro di me. Il fogliame gelato scricchiola sotto i suoi passi lenti, mentre il mio cuore accelera. "Ho fame." Ripete, guardandomi spiritato. D'istinto alzo il colletto del mio giubbotto, incavando la testa.
"Flinn, calmati. Ora torniamo a casa e mangerai dalle sacche."
"No! Voglio sangue fresco." Prima che possa fare qualcosa si avventa su di me, ed io faccio appena in tempo a saltare per afferrare un ramo poco sopra di me. Con una lieve flessione mi arrampico rimanendo appollaiata sull'albero. Alex si guarda intorno, poi fiuta l'aria. Quando mi trova fa un sorrisetto e si volta velocemente verso di me. Il mio cuore manca un battito, e io strappo un ramo di legno dall'albero, togliendo i rametti più sottili per avere maggiore mobilità. Alexander intanto prova a salire sull'albero, ma è troppo debole e lo vedo incespicare un po' prima di crollare al suolo.
"Alex." Lo chiamo, ma lui non risponde. Crede davvero di ingannarmi con questo vecchio trucchetto? Faccio finta di cascarci e scendo, posandomi accanto a lui. Alzo il mio paletto improvvisato, aspettando solo che lui si muova per immobilizzarlo. Un movimento delle sue dita mi fa scattare, e quando si alza gli infilo il paletto dritto in testa. Chiudo gli occhi per non vedere la sua espressione mentre cade a terra, privo di conoscenza. Mi pulisco subito il sangue dalle mani, chinandomi su di lui e accarezzandogli i capelli.
"Scusami, era necessario." Dico, stringendo un po' gli occhi e usando un tono riparatore. "Bene, e adesso come faccio a trasportarlo via?"
"Posso aiutarti io." Salto e cado seduta, avvicinandomi al corpo incosciente di Alexander e coprendolo con fare protettivo. Recupero il mio telefono e faccio luce davanti a me, usando lo schermo questa volta. Il ragazzo stringe gli occhi e si avvicina a me, porgendomi una mano. "Ti ricordi? Sono James."
"Che cazzo ci fai qui?" chiedo, con poca grazia. Lui alza gli occhi al cielo e incrocia le braccia.
"Chi ti ha insenato questo linguaggio?" Alzo un sopracciglio e chino la testa da un lato. È scemo? "Davvero non ti ricordi di me?" chiede, evidentemente triste. Dovrei? Metto via il telefono e lo sguardo mi cade sulla foto che ho come sfondo. È l'ultima che ho con la mia famiglia, il giorno di Natale. Guardo meglio e sbarro gli occhi, scacciando le lacrime che minacciano di uscire.
"Tu... non puoi essere..." La sua mano si posa sul telefono, coprendo l'immagine e abbassandolo.
"Sono io, Kirsty. Te lo giuro." Gli stessi occhi marroni, gli stessi capelli, solo portati in maniera diversa.
"Ma tu... sei morto. Ti ho visto morire!" James. Allungo una mano verso il suo viso, assicurandomi che sia davvero lui. Come ho fatto a non riconoscerlo. Ho pensato a lui per tutti questi anni, ma forse il mio cervello ha scartato l'idea. Per una questione di sopravvivenza emotiva, credo.
"E' una lunga storia. Ora..." Mi passa accanto e prende il corpo di Alex su una spalla. Mi tende una mano, con un sorrisetto accennato. "...riportiamo lo schizofrenico al sicuro. Ci sarà tempo per le spiegazioni." Guardo la mano tesa come se non esistesse veramente. Sembra tutto uno strano sogno. Un universo parallelo. Quando alzo lo sguardo verso quel volto, è duro e inflessibile, ma più che altro determinato ad avere spiegazioni. Afferro la mano con decisione, stringendola forte. James sorride e mi guarda, ma io non ricambio. Non posso credere che mio fratello sia ancora qui, e soprattutto che in questi anni non mi abbia mai cercata.
Nella foto: James Donovan
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