Capitolo ventitré
Feliciano raggiunse l'ufficio di suo nonno di corsa.
-scusa scusa scusa scusa!- urlò spalancando la porta. Si piegò in due, con il fiatone.
Romolo roteò gli occhi divertito -non preoccuparti.
-come sta...- riprese fiato -come sta Lovino?
-bene, non preoccuparti- aspettò che il nipote si sedesse davanti a lui prima di continuare -ha dato a Gilbert una radio e una busta con dentro due lettere. Una contiene le istruzioni per usare la radio, l'altra è più personale.
-che dice? Che dice?
-sta bene. Hanno accettato tutte le sue condizioni e lo trattano abbastanza bene.
-posso leggere la lettera?
Romolo esitò -meglio di no. Potresti impressionarti.
Feliciano sbuffò -non sono un bambino. Basta trattarmi così.
-come mai sei così scontroso? È successo qualcosa?
Ecco un'altra delle cose che odiava. Quando davano così tanto peso alle sue emozioni. Ogni tanto era di cattivo umore, succedeva a tutti, anche lui aveva le sue giornate no. Era davvero necessario farne un caso di stato ogni volta?
Sbuffò di nuovo -no, nonno. Sono semplicemente stanco di essere trattato come un bambino.
Romolo addolcì il viso -è che sei sensibile e non voglio che tu...
-avete rotto il cazzo con 'sta storia- sbottò -ho sedici fottutissimi anni, lasciatemi stare!
Romolo restò impietrito per qualche secondo. Poi scoppiò a ridere.
-sai, a volte mi dimentico che tu e Lovino siete fratelli- gli passò la lettera -tieni, dai. Te la sei meritata.
Feliciano la prese e la lesse avidamente, senza neanche ringraziarlo. Nella lettera c'era scritto, più o meno, quello che gli aveva riassunto suo nonno, ma leggerlo da sé gli dava tutt'altro gusto. La rilesse tre volte, poi la ridiede a suo nonno.
-ve, perché mi sarei dovuto impressionare? Non c'era scritto niente di che.
Romolo alzò le spalle -sei sensibile.
-e quindi? Sensibile, non cretino- Romolo fece per replicare, ma lo interruppe -nell'altra lettera che c'è scritto?
-in breve come usare la radio. Si può sintonizzare solo su una frequenza, quella per comunicare con lui, a cui a quanto pare si possono collegare solo queste due radio. Stanotte ci colleghiamo per discutere un paio di cose.
-vengo anch'io.
-da quando in qua ti interessano queste cose?
-è mio fratello. Ho il diritto di sentire come sta- rimase impressionato dal tono della sua voce, molto simile a un ringhio, ma cercò di non darlo a vedere. Lui e suo nonno si scrutarono per un po', poi il più anziano cedette e sospirò.
-e va bene. Ma poi non ti lamentare se parliamo di cose noiose.
-grazie nonno!- esclamò, di nuovo allegro. Si alzò, gli stampò un bacio sulla guancia e se ne andò fischiettando.
Gilbert entrò in infermeria, fischiettando.
-ehi freund!- raggiunto Antonio, gli spettinò i capelli con una mano -hai un minuto?
Antonio annuì -certo- lo seguì fuori dalla stanza, in ansia -come sta Lovino?
-sta bene, da quel che ho visto.
Sollievo. Si concesse di respirare -Dios, meno male.
-mi ha chiesto di dirgli che gli manchi- aggiunse. Antonio sospirò, posando la schiena al muro dietro di sé. Inspirò profondamente per non piangere.
-cosa gli hai detto?
Gilbert sbuffò -che gli manchi.
-ti avevo detto di...
-lo so, lo so. Però non è giusto che tu stia male per lui.
Antonio sbuffò -sta male anche lui.
-non lo sapevo- scrollò le spalle -sei il mio migliore amico, dovevo assicurarmi che non ti fossi innamorato a caso di uno stronzo- gli diede una pacca sulla spalla -ha detto che ti ama, comunque, se ti consola.
Antonio sospirò -lo so- si sedette a terra, con le ginocchia strette al petto -mi sembra strano che te lo abbia detto tranquillamente.
Gilbert sbuffò una risata -l'ho fatto incazzare e l'ha detto per farmi tacere.
-questo spiega tutto.
Gilbert inarcò un sopracciglio -va tutto bene?
-sì, direi di sì- sbuffò -è solo che... mi manca. Tutto qui- si lasciò sfuggire un sorriso -non vedo l'ora di rivederlo- appoggiò la testa sulla spalla dell'amico e chiuse gli occhi -e sono stanco.
-prenditi una giornata libera.
-ho bisogno di tenermi impegnato- scrollò le spalle -altrimenti comincio a farmi le paranoie e mi viene ansia per Lovi. Almeno mi distraggo.
Gilbert sbuffò -sì ma sei esausto.
-meglio esausto che in paranoia.
-sinceramente non lo so.
-e poi ormai sono abituato a dormire con Lovi. Da solo non riesco.
Gilbert inarcò un sopracciglio -come scusa? Dormivate insieme?
-dormivamo e basta- chiarì, con una risatina -non farti strane idee.
Gilbert sbuffò -sì sì, come no.
-dico davvero.
-se lo dici tu...
Antonio rise -dai, Gilbert, sono serio. Non abbiamo fatto niente.
-guarda, ti credo giusto perché non penso che Lovino te lo darebbe così.
Antonio sbuffò divertito, rialzandosi -stupido. Torno a lavoro va, meglio così- gli spettinò i capelli a sua volta e se ne andò, asciugandosi distrattamente gli occhi. Si sforzò di sorridere e rientrò in infermeria.
-Arthur?- lo chiamò Lukas. Quello non rispose -Arthur? Arthur? Terra chiama Arthur. Mi rispondi sì o no?- sbuffò. Poi indicò un punto alle spalle dell'amico -oh, guarda! Il mostro di Lockness!
-uhm, chiedi a Vlad- brontolò l'inglese.
Lukas sospirò, sull'orlo di una crisi di nervi.
-tra te, Emil e Mathias mi faranno santo.
-ehi, sono io quello che deve sopportare te- protestò suo fratello, dall'altro capo del tavolo.
Lukas lo ignorò. Visto che l'amico non rispondeva, cercò di seguire la direzione del suo sguardo, puntato verso un tavolo che di solito evitava come la peste. Inarcò un sopracciglio -perché stai guardando verso Francis?
A quel nome sembrò riscuotersi. Si girò di scatto verso di lui, paonazzo in viso -non sto guardando verso Francis!
Lukas inarcò un sopracciglio -davvero?
-certo!
-mh...- come se non avesse notato il tono della sua voce, decisamente più dolce mentre pronunciava il nome del francese. Si concesse un minuscolo sorriso -e tu aspetti che io ci creda?
-certo! È la verità!
-ovviamente.
-non fare quella faccia, è vero!
-non sto facendo nessuna faccia.
-sì invece! Ti conosco- stava gesticolando. Arthur non gesticolava mai.
-e io conosco te. È da un po' che sei strano. Ti piace Francis, vero?
-certo che no!
Lukas roteò gli occhi -se lo dici tu...
-non mi piace Francis- scandì, parola per parola.
-invece sì- commentò Emil.
-è inutile che neghi- rincarò Lukas.
-e allora a Lukas piace Mathias- ribatté, di getto, senza pensarci.
Lukas inarcò un sopracciglio -certo che mi piace Mathias. È il mio ragazzo.
Arthur balbettò qualcosa, sempre più rosso in viso.
Ci pensò Francis a salvare la situazione. Arrivò di gran carriera al loro tavolo, si sedette affianco al suo ragazzo e gli stampò un bacio sulla bocca, circondandogli le spalle con un braccio. Lukas aumentò il suo sorrisino.
-bonjour. Che ne dite di unire i tavoli?
-sei un idiota- brontolò Arthur, così rosso a far impallidire un pomodoro.
-merci, mon amour- lo baciò sulla guancia, poi si rivolse a Lukas -allora? Vi va?
Quello si strinse nelle spalle -certo, perché no?- si rivolse verso gli altri -a voi va bene?
Mathias era d'accordo su tutto quello che diceva il suo ragazzo, Tino era contento di fare amicizia e Berwald concordava su tutto quello che diceva Tino, mentre a Emil non importava granché.
Arthur brontolò un -questo è un complotto contro di me- mentre si sedeva nei due tavoli uniti, tra Lukas e Francis, il quale aveva insistito per tenergli la mano tutto il tempo, visto che era mancino e quindi poteva mangiare lo stesso.
Francis gli stampò un bacio sulla guancia -non fare la vittima, ti mancavo.
-no.
-sì.
-no.
-oui.
-no.
Lukas sbuffò -sembrate una vecchia coppia sposata. Mi sto già rompendo i coglioni di stare vicino a voi.
-senti, con tutte le volte che ho fatto da terzo incomodo tra te e Mathias...
-io non sono così fastidioso.
-Mathias sì però.
-touché.
-ehi!
Nonostante il sonno arretrato, Lovino non riusciva a stare fermo.
-calmati- lo rimproverò João, seduto per terra con la radio affianco.
-grazie di avermelo detto, adesso sì che sono tranquillo- commentò, sarcastico. Si fermò, ma cominciò a battere il piede in terra -quanto manca?
-dieci minuti.
-non possiamo collegarci un po' prima?
-gli abbiamo detto a mezzanotte e a mezzanotte ci colleghiamo- rispose -in questi casi bisogna essere precisi.
Lovino roteò gli occhi. Dopo due minuti sbuffò -quanto manca?
-sei insopportabile.
-grazie- rimase in silenzio qualche secondo -quindi quanto manca?
João sospirò esasperato -come ha fatto mio fratello a innamorarsi di te?- doveva essere una battuta, ma Lovino si rabbuiò.
-non ne ho la minima idea. Chiedilo a lui.
João aggrottò la fronte -stavo scherzando.
Lovino alzò le spalle.
-e comunque mancano sette minuti.
-sicuro di non avere l'orologio rotto?
-sicurissimo.
-e che cazzo- riprese a camminare. Esitò -secondo te ci... ci sarà anche Antonio?
-che vuoi che ne sappia? Non lo vedo da anni.
-telepatia tra gemelli?
-non funziona proprio così.
-magari avete una telepatia più forte per via dei vostri poteri?
-no? Non credo, non è mai successo. Al massimo avevamo delle sensazioni da bambini, per esempio se uno dei due stava male o era nei guai l'altro lo sapeva prima, ma di più no.
-sarebbe stato figo però.
-pensi che non sarei andato da lui, se avessi saputo dove si fosse cacciato?
-in effetti...
-mancano cinque minuti comunque.
Lovino riprese a camminare.
-ti dispiace non dire chi sono?- aggiunse dopo un po' João.
-perché?
-non voglio che il mio primo contatto con mio fratello dopo anni sia attraverso una radio, o peggio ancora che qualcuno glielo vada a dire. Preferirei, sai no?, fare uno di quei soliti ritrovi da film; baci, abbracci e quant'altro.
-oh. Va bene, certo. Non farò il tuo nome.
-grazie.
-figurati- per un po' il silenzio. Poi un ricordo gli cacciò fuori dalla bocca una risatina -quando ho rivisto il mio fratellino ho avuto un attacco di panico. Decisamente non la figura migliore della mia vita.
Anche l'altro abbozzò un sorriso -be', almeno puoi rifarti quando lo rivedrai dopo tutta questa storia.
Lovino esitò, poi annuì -già.
Nessuno dei due parlò della possibilità di non rivedersi proprio. Non era il momento.
Quando, finalmente, João si decise ad accendere la radio, Lovino ci si attacco praticamente subito, come se da quell'aggeggio uscissero le risposte a tutti i dilemmi della sua vita.
-nonno? Mi senti?
Per un po' ci fu il silenzio. Poi una voce, anche se un po' gracchiata per via della radio, gli rispose -...ino, mi senti? Sono Romolo.
-nonno!
-fratellone!
-Feli!
-chiuchino- commentò qualcuno dall'altra parte. João si concesse un sorriso.
-chi c'è lì?
-io, Feli, Ludwig, Gilbert, Ariovisto e Antonio.
-ciao Lovi!- esclamò lo spagnolo, facendogli saltare qualche battito.
-mi manchi, fratellone!
-sì, sì, anche voi.
-chi c'è con te?- domandò suo nonno. Lovino si irrigidì e guardò João, che scosse la testa.
-il... il tipo di cui ti ho parlato, quello con i poteri sulle radio. Sta facendo andare questo coso, quindi non può parlare. Ma vi saluta.
João annuì e sollevò il pollice. In effetti era vero, stava potenziando la radio, d'altronde sotto terra non è che ci fosse chissà che gran segnale, ma gli bastava una mano per farlo.
-ah, bene.
-ciao tipo della radio!- squittì Feliciano -fratellone, tu come stai? Mangi abbastanza?
-sì, sì, anche se qui la pasta fa schifo.
-mannaggia.
-eh lo so.
-potremmo parlare di cose importanti?- li interruppe Gilbert.
-ma la pasta è importante.
-importantissima.
-torniamo a noi- intervenne Romolo -il supremo.
-non posso ucciderlo. Ha un potere per cui, se usassi il mio, mi rimbalzerebbe addosso senza fargli nulla.
Romolo imprecò in latino. Sospirò -bene. Presumo che dovremo trovare un altro modo per farlo fuori.
-visto che lo ha ottenuto artificialmente, non è istintivo, per cui se lo si coglie abbastanza di sorpresa...- aggiunse, sperando che suo nonno se ne uscisse magicamente con la soluzione a tutti i loro problemi. Non successe.
-qualche idea sul come?
-boh.
-perfetto. Altro?
-uhm... se riuscissi ad aprire le porte potreste far entrare un esercito...- esitò, ripensando all'immensità di quelle porte e alle truppe tutte intorno -però in due non penso che ci riusciremmo.
-potremmo trovare il modo di entrare lì noi per darti una mano. Senza un esercito non potranno fare molto. Potremmo creare un diversivo e nel frattempo tu e qualcun'altro andate ad aprire le porte per far entrare la gente fuori- propose Ariovisto.
-e come pensi di togliergli le truppe?- replicò Romolo.
-tutti odiano la Restaurazione. Non ci vorrà molto a convincerli- aggiunse Lovino -l'ideale sarebbe portare l'esercito dalla nostra parte ed entrare per aprire le porte per fare, sai no, quelle cose simboliche molto carine...
-sì, ma come farai a parlarne senza che ti scoprano?
-bella domanda.
João mimò con le labbra "forse ho un'idea". Lovino annuì.
-passando dai tunnel, magari, potreste entrare di nascosto qui, comunque. Devo chiedere ad Hercules qual è il modo migliore, poi ne riparliamo. Comunque dovrà essere un piccolo gruppo di persone, per passare il più inosservato possibile.
-certo.
João si indicò l'orologio. Lovino sbuffò -devo andare. Domani alla stessa ora?
-va bene. Buona fortuna.
-ciao fratellone! Ti voglio bene anch'io!
-ciao Lovi!
-ciao...- João tolse la mano dalla radio, e la connessione cadde.
Lovino sospirò -non è andata male, no?
João annuì, sovrappensiero. Il suo fu un sussurro.
-gli è cambiata la voce...
Non fu necessario specificare il soggetto.
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