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Capitolo ventiquattro

Buongiorno! Come va? Spero tutto bene. Per i poveri disgraziati come me che in questi giorni torneranno in presenza (inizio domani), siete anche voi nel panico come me? Non sono l'unica vero? Oggi capitolo lunghetto, perché vi voglio bene :3 voi probabilmente me ne vorrete meno dopo oggi, ma <3
Buona lettura!

-Luddi Luddi, come mai eri così silenzioso? Non vedevi l'ora di discutere di strategia e cose simili- Feliciano poteva sembrare un idiota, ma non lo era, ed erano davvero in pochi a notare le cose come le notava lui. Per questo il mutismo del suo ragazzo lo aveva colpito immediatamente. Aveva aspettato che fossero soli per parlargliene, ma ora non aveva intenzione di lasciarlo andare senza sapere cosa gli passasse per la testa.
Ho già detto che i Vargas sono testardi, vero?
Il tedesco scrollò le spalle -niente di che...
Feliciano si fermò nel bel mezzo del corridoio, gli si piantò davanti e gli puntò contro il dito indice -bugiardo.
Ludwig sembrava a disagio -Feliciano...
-dimmelo. Non lo dirò a nessuno, lo giuro.
-è che...- sospirò, esasperato, e finalmente cedette -siamo sicuri che sia saggio fidarsi di Lovino? Mi è sembrato strano.
-stai scherzando?- Feliciano non riusciva a crederci -è mio fratello.
-è rimasto per anni con la Restaurazione. Magari gli hanno fatto il lavaggio del cervello, non possiamo esserne sicuri.
-mio Dio, Ludwig, è mio fratello. Pensi che non me ne sarei accorto?
-non lo vedevi da anni- obbiettò.
-e quindi?! Se facessero il lavaggio del cervello a Gilbert, non te ne accorgeresti subito, anche se magari non lo vedevi da un po'?
-è diverso.
-non è diverso.
-devi ammettere che è stato strano. Quando ci ha detto del tipo che era con lui, sembrava stesse ripetendo ciò che gli stava dicendo qualcun'altro.
-a dirla tutta sembrava che stesse cercando una conferma- ribatté -probabilmente non era sicuro di averlo detto bene.
-probabilmente. Non ne sei sicuro.
-non ero lì, non posso esserne sicuro al cento percento, ma quasi- sbuffò.
Ludwig roteò gli occhi -non si può mai parlare di cose serie con te. Sei troppo emotivo.
-emotivo? Stai dicendo che mio fratello potrebbe essere un traditore e pretendi pure che resti calmo e controllato? Sul serio?!
-non sto dicendo quest...
-oh, certo- rise, istericamente -stai dicendo che sono troppo piccolo, che sono ancora un bambino. Vorrei ricordarti che qui sono io il più grande.
-non è...- tentò di interromperlo, ma Feliciano ormai era un fiume in piena.
-ma ovviamente sei tu quello maturo, certo. Io sono solo un bambino troppo cresciuto. Ovvio! Vai a parlare con mio nonno di questa stronzata, e vediamo se rimane calmo. O forse anche lui è immaturo, solo perché si concede di avere dei fottutissimi sentimenti?!
-non dico sia sbagliato avere sentimenti- ribatté -solo che non bisogna lasciarsi governare dalle emozioni.
-oh, scusa se non sono un robot!- commentò, sarcastico.
-non sto dicendo questo- rispose, scocciato -solo che non bisogna lasciarsi distrarre.
-oh...- Feliciano arretrò, con la faccia di uno che aveva ricevuto uno schiaffo in pieno viso. Gli spuntò un sorriso amaro sul viso, e gli occhi gli si inumidirono -q-quindi per te sono una distrazione...
Ludwig, già pallido di suo, impallidì -no, non intendevo...
-sì che lo intendevi- si asciugò una lacrima che gli era sfuggita. Ludwig avrebbe voluto farlo al posto suo, ma non riusciva a muoversi, completamente congelato. Feliciano si sciolse in una risata triste -ammettilo, ti do solo fastidio. Sei sempre scocciato e... e ti rompo sempre le scatole...
-no, non è così- riuscì a fare un passo avanti, ma Feliciano arretrò.
-f-forse dovremmo lasciarci...
-no... no aspetta, parliamone, ti prego...
Feliciano singhiozzò -s-scusa, ho bisogno di... di stare un po' da solo...- e corse via, senza dargli il tempo di protestare.

Gilbert aveva visto tante cose strane. Ma suo fratello in lacrime non lo vedeva da un po'.
Non era proprio in lacrime a dirla tutta, ma di sicuro era sconvolto. Aveva gli occhi rossi e i capelli scompigliati, come se ci avesse passato tante volte le mani in mezzo, il che era strano, visto quanto ci tenesse ad essere sempre impeccabile. Era seduto per terra, completamente abbandonato, come una bambola di pezza, una marionetta senza più qualcuno a reggerne i fili.
Gilbert sospirò, si chiuse la porta della sua camera alle spalle e si sedette affianco a lui.
-che ti è successo, fratellino?- gli chiese, in tedesco.
Ludwig non rispose; si lasciò andare contro di lui, appoggiando la testa sulla sua spalla, e chiuse gli occhi. Gilbert lo abbracciò, e il più piccolo glielo lasciò fare.
-allora? Cos'è successo?
-F-Feliciano ha... io...- gli tremò la voce.
-avete litigato?
Il biondo annuì.
-come mai?
Glielo raccontò, con la voce tremula, interrompendosi ogni tanto per singhiozzare.
-ma cos'è, deficiente?- Gilbert fece per alzarsi -adesso mi sente quel piccolo...
-no, fermati, per favore- lo trattenne -voglio risolverla da me.
Gilbert sospirò e lo strinse più forte -e va bene. Ma se hai bisogno di una mano, muovi quel bel culetto e vieni qui, ci manca che ti metta anche tu a fare l'orgoglioso.
Ludwig annuì e tirò su con il naso, singhiozzando contro la sua spalla.
Gilbert prese ad accarezzargli i capelli, come quando erano piccoli e lui faceva un incubo. Sospirò -ah, il mio fratellino... fai sempre l'adulto, ma sei ancora un ragazzino- lo baciò sulla nuca.
-non... non voglio stare così- singhiozzò -vorrei non sentire niente.
-no, non è vero- lo strinse maggiormente a sé -adesso stai soffrendo e vorresti non sentire nulla, ma è normale- lo baciò sulla fronte -le emozioni sono quelle che ci rendono umani.
-allora non voglio essere umano.
Gilbert ridacchiò -no, non è vero. Sarebbe tutto molto noioso altrimenti, non credi?- Ludwig fece per dire qualcosa, ma lo interruppe -pensa a tutte le cose belle che hai provato, con Feliciano ma non solo. Saresti disposto a rinunciarci pur di non soffrire più?
Ludwig ci pensò per un po'. Ripensò al sorriso di Feliciano, al batticuore che gli dava tutte le volte che gli prendeva la mano, che gli sorrideva, che lo baciava; a quelle farfalle nello stomaco mentre gli confessava per la prima volta i suoi sentimenti, quell'ansia soffocante, quell'esplosione nel petto quando Feliciano gli aveva detto che ricambiava e lo aveva baciato sulla guancia, prendendogli la mano; a quella felicità bruciante ogni volta che lo stringeva tra le braccia, quelle sorprese continue che gli riservava l'altro, quel meraviglioso senso di appartenenza quando realizzava che sì, quel ragazzino così dolce e imprevedibile era suo. E poi a quella sofferenza così crudele, così spietata, da mozzargli il fiato e da spezzargli il cuore a ogni respiro.
Scosse la testa -no. Non ci rinuncerei.
-visto?- gli asciugò una guancia -e poi non mi vorresti più bene, e non te lo permetterei.
Il minore abbozzò un sorriso. Poi si incupì -secondo te... secondo te provo meno cose degli altri?
-no. Al contrario, penso che tu provi di più. Hai una sensibilità tutta tua, anche se non lo dimostri spesso, e se Feliciano non lo capisce è un grandissimo idiota.
-lo... lo sa- balbettò -lo sa benissimo... credo che a parte te sia l'unico.
-anche nostro nonno. Ci conosce meglio di quanto non pensiamo.
Ludwig annuì, rannicchiandosi contro di lui. Gilbert sospirò, continuando ad accarezzargli i capelli. Suo fratello sembrava sempre più adulto: era più alto, maturo, responsabile, ma alla fin fine era ancora un ragazzino, e aveva i sentimenti di un ragazzino, persino più intensi del normale, forse proprio perché non li esprimeva, o forse non li esprimeva proprio per quello. E se il motivo della loro litigata vi sembra infantile e sciocco, è proprio perché quei due sono dei ragazzini, infantili e sciocchi.
-quindi tu e lui stavate davvero insieme?
Il minore annuì, tirando su con il naso -s-scusa se non te l'ho detto, ma non... non...
-non ti preoccupare- sbuffò una risata -hanno tutti relazioni segrete in questo periodo, eh? I Vargas devono andarne matti.
-in... in realtà ero io quello che voleva tenerlo nascosto.
-oh. Come mai?
-non... non lo so. Non mi andava. Forse avevo paura che... che le cose cambiassero troppo.
-mh... ho capito. Però le cose a tuo fratello devi dirle, chiaro?
Ludwig annuì e si rimise dritto, asciugandosi gli occhi -scusa se...
-no, non serve, davvero- gli spettinò i capelli con affetto, come faceva sempre per dargli fastidio. Ludwig fece una smorfia, ma si concesse un piccolo sorriso.

Feliciano era chiuso in camera di suo fratello, buttato sul suo letto a piangere.
Cesare gli miagolava affianco, strusciando la testolina contro la sua spalla per cercare di consolarlo. Feliciano però era troppo triste per coccolarlo come avrebbe fatto di solito.
Si mise seduto e si asciugò gli occhi, tirando su con il naso.
-scusa, piccolino. Non sono in vena di giocare- Cesare sbuffò, forse infastidito dal fatto di essere considerato come uno che voleva solo giocare, e gli leccò la guancia, strappandogli una risatina.
-ve, scusa- gli diede una piccola carezza sulla testolina, poi scivolò all'indietro, fino a sdraiarsi nuovamente sulle lenzuola. Sospirò e inspirò profondamente, e il profumo di suo fratello gli distese un po' i nervi.
Sollevò la mano verso il soffitto; poi girò il palmo e con le dita immaginò di disegnare. Scintille blu, verdi, marroni, ambrate e dorate gli uscirono dalla punta delle dita, e sul soffitto si formò il disegno del solito paesaggio, più cupo questa volta. Si alzò in piedi sul letto, e le sue piante nude per poco non scivolarono sulle coperte sfatte. Sollevò la mano e si allungò, fino a sfiorare con l'indice l'immagine.

Era di nuovo lì.
Si guardò intorno e inspirò l'aria satura di sale. Esitò, poi però puntò verso la spiaggia. Dei grossi nuvoloni illuminavano il mare di grigio e bianco, rendendo quasi impossibile distinguere dove cominciasse il cielo. I suoi piedi affondarono nella sabbia tiepida, fino a quando non raggiunse l'acqua fresca, che diede un bello scossone ai suoi sensi, rendendo tutto più reale, più vero, più vivo. Il rumore delle onde era più forte, così come la brezza che gli accarezzava il viso e l'odore del sale; al contrario, il lieve odore di pini che proveniva dalla foresta si affievoli leggermente, e il rumore delle cime scosse dal vento venne completamente coperto da quello del mare. Si chinò e immerse le mani nel mare, bagnandosi leggermente il viso per pulirlo dalle lacrime; si leccò le labbra, assaporando il sale che ora le aveva impregnate. Una conchiglia nella sabbia attirò la sua attenzione, così si chinò nell'acqua e la raccolse da terra, rigirandosela tra le dita.

Un dolore acuto lo riportò alla realtà. Abbassò lo sguardo. Cesare lo aveva graffiato sulla caviglia, e ora lo osservava con aria preoccupata.
-ahia! Perché...?- non riuscì a finire la domanda. Gli cedettero le ginocchia, e cadde sul letto con un gemito. Era stanco morto e sudato, come se avesse corso per chilometri. Si sentiva la gola secca e la bocca impastata, quasi che avesse ingoiato quella stessa sabbia su cui aveva camminato. Si asciugò la fronte con la manica della felpa, sospirando, e tornò a sdraiarsi. Forse, se fosse rimasto ancora un po' lì, avrebbe perso troppe forze per tornare indietro.
-grazie, piccolino- sussurrò, sull'orlo del mondo dei sogni, infilandosi la conchiglia in tasca. Chiuse gli occhi e si addormentò definitivamente, con, come ultimo pensiero, gli occhi azzurri di Ludwig.

Lovino si sentiva strano. C'era uno strano senso di vuoto, un blocco alla bocca dello stomaco... in generale un senso di pesantezza e stanchezza che non aveva senso. Mentre ripercorreva con la mente quello che aveva mangiato cercando qualcosa che potesse avergli fatto male, dimenticandosi del fatto che, per via del suo potere, niente potesse fargli effettivamente male, inciampò e cadde a terra.
Imprecò e si girò per insultare la causa di quella caduta, ma quando vide Hercules che dormiva per terra si bloccò. Evidentemente era inciampato sul suo piede. Sospirò, si mise seduto e lo scosse per la spalla, svegliandolo.
-mh? Eh? Cosa?- mormorò qualcosa, si stropicciò gli occhi e, quando lo inquadrò, sospirò -oh, sei tu. Ti stavo cercando.
-perché?
-volevi che ti parlassi di quei tunnel, no?
-ah, giusto- si guardò intorno. Di certo un corridoio non era il posto migliore -andiamo in camera mia, okay?
Hercules annuì, si alzò e lo seguì fino alla sua stanza, barcollando leggermente per via del sonno. Quando furono entrati fece per buttarsi sul letto, ma Lovino lo trattenne.
-ci manca che ti addormenti mentre spieghi- sbuffò e si sedette lui sul letto, indicandogli la sedia, dove quello si sistemò con un'alzata di spalle.
-okay... cosa vuoi sapere?
-quanti ingressi ci sono?
-uno per ogni camera da letto, e uno, sigillato, al centro dell'atrio. Più o meno, ecco, non ci sono mai passato, ma dovrebbe essere al centro.
-okay... e in giro quanti ingressi ci sono?
Hercules alzò le spalle -tanti.
-tanti?
-non li ho ancora esplorati tutti, sono troppi. Alcuni sono crollati, altri sono stati bloccati, resi fognature, riutilizzati in qualche modo...
-e... non ci sono altri accessi oltre quelli?
-già, ma dubito che i tuoi amici possano entrare tramite quelli. Se anche entrassero da camera tua, dovrebbero passare per l'atrio, il che sarebbe un suicidio visto quanto è controllato.
-ah. Cazzo. Non c'è un altro modo?
-non che io sappia.
-non ci sono ingressi per la cittadella qui fuori?
-no. Ci passi sotto, ma non ci sono sbocchi. Tutti gli edifici sono stati costruiti sulle macerie, quindi sono sopra gli eventuali ingressi, che sono comunque stati sigillati. Questo è l'unico edificio che è stato semplicemente rimodernato. Era una vecchia stazione, e gli ingressi per la metropolitana sono rimasti, anche se hanno tolto i binari e tutto il resto. Un tempo sotto ogni botola c'erano delle scale, che sono state abbattute.
-chi è lo scemunito che mette degli ingressi della metro in alto?
Hercules alzò le spalle -ce n'erano altri. Quelle erano... scorciatoie, diciamo, per chi era al primo piano per affari suoi e doveva scendere giù più in fretta.
-mh.
-però capisci che non c'erano stazioni di mezzo nella città. La maggior parte delle altre fermate sono crollate o state distrutte, altre sono...- esitò un secondo, mezzo addormentato. Lovino dovette schioccargli le dita sotto il naso per farlo risvegliare -sono state riutilizzate o cose...- sbadigliò -simili, o direttamente demolite. Da alcune però si può ancora accedere.
-e hai una mappa, qualcosa del genere?
-mh? Ne ho trovata una... una vecchia mappa di come era prima, ma non sono segnate quelle crollate. Mi sono scritto quelle che ho trovato, ma non le ho girate tutte.
-mh... di quanto tempo fa è questo posto?
-boh. Cinquant'anni? Forse un po' di più.
-allora mio nonno dovrebbe conoscerlo. Stasera gliene parlo- sospirò -l'ideale sarebbe che loro entrino, passino per la cittadella e aprano le porte per far entrare un eventuale esercito. Oppure che vadano a uccidere Sadiq, ma la vedo dura. Se gli sparano cosa...
-la pallottola rimbalza.
-ah.
-già.
-uhm...
-a Sadiq ci penseremo dopo- gli consigliò -senza un esercito, non potrà fare molto, e nessuno lo ama particolarmente, sempre che sia possibile amare quel pezzo di merda.
-mh. Quindi dovremmo comunicare con i soldati e convincerli a unirsi a noi senza farci scoprire.
-magari anche al resto delle persone. Una bella rivolta popolare a volte è quello che ci vuole.
Lovini annuì, pensando -come potremmo...
-sei fortunato, sai?
-strano. Perché?
-lo sai qual è il mio potere?
-no. Non fare tanti indovinelli, li detesto.
-entro nei sonni delle persone. Ci parlo, anche. E poi se lo ricordano al risveglio- sbadigliò -ma mi mette un sacco di sonno...
-stai scherzando? È perfetto!- Lovino era euforico -possono entrare e...
-frena. Rilassati. Non permettere alla gioia di farti fare tutto di fretta- lo fece sedere nuovamente al suo posto -intanto ne parli alla radio con la base. Riflettete per bene su tutto. Non buttarti tra le braccia della morte come un idiota, farebbe solo danni.
Lovino sbuffò -sì, lo so. Non posso essere felice per una volta?
-la felicità è pericolosa.
-grazie, Mr. Ottimismo- sospirò -okay. Facciamo con calma allora.
-bravo- si appoggiò al dorso della sedia e socchiuse gli occhi -parlane con gli altri. Io intanto mi faccio un pisolino...
-non fai altro- replicò, roteando gli occhi.

Antonio era stanco.
Ormai passava la maggior parte del suo tempo in infermeria; gli piaceva aiutare le persone, ma era praticamente da solo, e c'erano così poche scorte che passava metà del suo tempo a buttare via quelle scadute e a rifare l'inventario, e non è che ci fosse di più da fare. Fortunatamente i feriti erano pochi, ma per sicurezza rimaneva sempre qualcuno di guardia, o lui o la dottoressa che lavorava lì, che nel frattempo gli stava insegnando un po' di medicina. Per questo il resto del tempo, se non c'erano Francis e Gilbert a trascinarlo da qualche parte o non era in palestra, studiava quei libri enormi pieni di paroloni che normalmente farebbero venire un'emicrania a qualsiasi persona normale solo guardandoli, ma che in qualche modo, a lui che si annoiava così facilmente e non capiva mai nulla di scientifico, piacevano, e tanto anche.
Dormiva poco o niente. Sapeva benissimo quanto fosse importante, ma, per quanto ci provasse, non riusciva a dormire senza Lovino. Quindi, visto che tanto non riusciva ad addormentarsi, o studiava o faceva turni più lunghi al'infermeria.
Aveva scoperto che studiava molto meglio nella camera del suo ragazzo, quindi era lì che si stava dirigendo quella mattina, con un enorme tomo di anatomia tra le braccia.
Cesare gli miagolò contro quando aprì la porta, ma lì per lì non ci diede peso, sapeva di stargli antipatico. Quando però notò Feliciano addormentato sul letto, abbozzò un sorriso. Sapeva che spesso andava lì anche lui, ogni tanto si incontravano e scambiavano due chiacchere. In fondo per lui era come una sorta di fratellino, no?
Si sedette sul bordo del letto e gli accarezzò i capelli, scuotendolo leggermente per svegliarlo -Feli? Tra un po' c'è la colazione, svegliati.
Quello non si mosse.
-Feli? Svegliati, forza.
Ancora niente. Aggrottò la fronte, ora stava cominciando a preoccuparsi.
-Feliciano?- lo scosse più forte -dai, non fare lo stupido...
Quello non si mosse. Né un gemito, né un mugolio o un qualsiasi movimento.
Antonio gli posò due dita sul collo per sentire il battito. Per qualche, terribile, secondo, non sentì nulla. Poi un battito, quieto, lento, ma pur sempre un battito. Il petto del ragazzo si alzò un poco, tornando giù altrettanto lentamente.
-cazzo- uscì in corridoio a chiamare aiuto, poi tornò e lo prese in braccio, correndo verso l'infermeria -cazzo cazzo cazzo!

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