Capitolo trentasei
Lovino si svegliò da solo, ma stranamente era contento. Si sentiva felice, riposato da quelle poche ore prive di sogni più che da settimane e settimane di incubi. Si stiracchiò e si mise seduto, guardandosi intorno.
Dov'è che... giusto, l'infermeria. E se era in infermeria...
Si girò, ma di Antonio nessuna traccia. Notò un bigliettino lasciato sul cuscino e lo aprì, curioso. Dentro, con la sua calligrafia regolare, Antonio gli aveva scritto poche righe, spiegando che era dovuto andare a lavoro e non aveva avuto il cuore di svegliarlo ("sei così adorabile mentre dormi!") e che "se mi cerchi sono di là, querido, chiamami. Ti amo!".
A quanto pare lo spagnolo era sdolcinato nello scritto quanto nel parlato. Sospirò, stringendosi il bigliettino al petto, e si rigirò un po' nel letto, avvolgendosi nelle lenzuola. Che schifo, si sentiva una tredicenne innamorata... ma era fottutamente bello fare il ragazzo normale.
Dopo qualche minuto si alzò, si diede una pulita (dopo tre giorni non aveva esattamente un profumino di rose) e si decise a uscire per cercare Antonio.
Non fu difficile, a dirla tutta. In infermeria c'era solo lui, impegnato a controllare le scorte.
Lo abbracciò da dietro, nascondendo il viso contro la sua schiena.
-'giorno.
Antonio era sobbalzato per la sorpresa, dandogli una piccola soddisfazione, ma quando riconobbe la sua voce si rilassò e allungò una mano all'indietro per accarezzargli i capelli.
-buongiorno, querido!- esclamò contento, girandosi per baciarlo. Lovino trattenne un sorriso soddisfatto, quello sì che era un bel risveglio. Antonio inarcò un sopracciglio -perché sei qui? Dovresti restare a letto.
-non rompere i coglioni- sbuffò, appoggiandosi alla sua spalla -sto bene.
-sei...
-sì, sì, mi sono appena svegliato dal coma e blablabla- roteò gli occhi -ma sto bene.
Antonio lo baciò sulla testa -adesso però torni a letto, okay? Tra un po' dovrebbe arrivare la dottoressa.
-cagacazzi.
-lo so querido- ridacchiò, stampandogli un bacio -ti porto la colazione?
-meh.
-mangiamo insieme?
-mh. Va bene- lo baciò e si allontanò da lui -però non...
-Lovi...?- intervenne una nuova voce. Il ragazzo si voltò e si sforzò di imbastire un sorriso.
-Feli... ciao.
Quello gli saltò addosso e scoppiò a piangere -fratellone! Stai bene? Ti fa male qualcosa? Tutto a posto?
-sì, sì, tranquillo- gli diede qualche pacca sulla spalla -sto bene, Feli.
Il minore singhiozzò contro la sua spalla -ero così preoccupato!
-lo so- lo strinse. Gli parlerò di mamma, pensò, ma ora no, non è il momento -sei stato un grande. Il nonno dov'è?
Feliciano si oscurò in viso -sono due giorni che è chiuso dentro il suo ufficio. Sta pensando a quello che ci sarà dopo, la costituzione, lo stato, blablabla. È venuto a trovarti un paio di volte, ma non sono neanche riuscito a convincerlo a mangiare.
-adesso mi sente- fece per uscire, ma si sentì trattenere per un polso -che cazzo f...- il bastardo, perché di lui si trattava, lo sollevò da terra, se lo mise in spalla, come se non pesasse niente, e si incamminò verso la sua stanza dell'infermeria.
-ti devi riposare- ripeté Antonio. Lovino cominciò a dimenarsi, imprecando, e lo prese a pugni sulla schiena, ignorando la risata di Feliciano.
-ho dormito tre giorni! Direi che sono riposato, no?- sbuffò, colpendolo sulla spalla. Antonio rise.
-non uscirai da qui finché non sarò sicuro al duecento percento che stai bene.
-te lo sto ripetendo da ieri! Sto bene cazzo!
-su, su, non serve fare i capricci- finalmente il bastardo si degnò di lasciarlo andare, posandolo sul letto. Lovino incrociò le braccia al petto.
-ti sei finalmente ricordato che non sono un sacco di patate o hai solo deciso che pesavo troppo?
Antonio rise e lo baciò sulla fronte -i sacchi di patate non fanno così casino.
-gne gne. Tu non trascinarmi in giro e vedi che starò zitto.
-oh, no, adoro i tuoi insulti- gli fece l'occhiolino, e il resto della frase fu un sussurro -e pur di averti tra le mie braccia potrei sopportare di tutto.
-più che tra le braccia ero sulle spalle, cretino- roteò gli occhi e si sdraiò sul letto, imbronciato -almeno ho qualcosa da fare visto che- mimò le virgolette con le dita -"devo riposare"?
Antonio fece per dire qualcosa, ma intervenne Feliciano -vado a prenderti la colazione- gli fece l'occhiolino -farò con calma, non preoccuparti- e trotterellò via, senza dargli il tempo di dire niente.
Lovino sospirò, coprendosi il viso con le mani -che cretino.
-be'...- Antonio gli salì sopra, tenendosi su con le braccia, e lo baciò sulle mani, all'incirca dove ci sarebbero dovute essere le labbra -potremmo fare qualcosa noi due in effetti...
Lovino si tolse le mani dalla faccia, con un sorrisino -vuoi pomiciare, bastardo?
-non sarebbe una cattiva idea- lo baciò, lentamente, schiudendogli le labbra con dolcezza. Si allontanò e gli sorrise -dobbiamo recuperare il tempo perso, no?
-è una bella idea- Lovino gli prese il viso tra le mani, baciandolo per qualche secondo. Si lasciò andare contro il suo corpo, sospirando, poi si allontanò e gli stampò un bacio sulla guancia, con un sorrisino -ma mi devo riposare, no?
Antonio scosse la testa, divertito, e scese a baciargli il collo, lentamente, e al ragazzo ci volle un bel po' per recuperare il suo autocontrollo. Lo spagnolo sorrise contro la sua pelle, godendo dei suoi brividi -allora vorrà dire che ci penserò io.
Lovino mugolò, seppellendogli una mano tra i capelli per stringerselo contro -sei un coglione.
La risata sommessa di Antonio fu incredibilmente irritante, quasi quanto il gemito che, dispettoso, gli uscì dalle labbra dopo l'ennesimo, lungo bacio sul collo. Lo allontanò da sé per baciarlo sulle labbra, e mentalmente rise soddisfatto quando riuscì a far gemere lui il suo ragazzo infilandogli una mano sotto la maglietta e accarezzandogli la schiena.
-hai le mani fredde- mormorò quello contro le sue labbra, facendolo sorridere, e portò anche l'altra mano a ritrovare l'altra, sfiorando i muscoli tesi con i polpastrelli. Antonio espirò di getto contro il suo collo.
-mierda, Lovi!- rise, posando la fronte contro la sua -mi farai venire un colpo.
-ops- gli stampò un bacio -magari è tutto un mio piano per farti fuori.
-perché dovresti?- lo baciò appena sotto l'orecchio -sono il tuo dolce, premuroso fidanzato.
-e sei anche uno stronzo- continuò ad accarezzargli la schiena, lentamente, su e giù. Lo baciò sulla guancia -però hai un bel fisico, te lo riconosco.
Antonio rise ancora e tirò su la testa per guardarlo negli occhi -ti piaccio solo per il fisico?
-hai anche un gran ben culo se è per questo, ma fa parte del fisico, no?- lo baciò sulla guancia -e di me?- bacio sul collo -cosa ti piace?
-tutto- così, di getto, senza neanche pensarci. Lovino rimase in silenzio qualche secondo, senza riuscire a parlare. Non poté fare altro che baciarlo, lentamente, con una mano sulla sua guancia. Antonio gli sorrise, con la fronte contro la sua, e gli stampò un altro bacio -ti amo.
-mh- un bacio. E un altro e un altro e un altro -anch'io, cretino. Però levati, sei pesante.
Antonio ridacchiò e lo baciò un'ultima volta, un po' più a lungo, prima di allontanarsi del tutto e alzarsi in piedi.
-quando ti dimettono recuperiamo- promise, facendogli l'occhiolino. Lovino si tirò su, appoggiando la schiena alla testiera del letto, e roteò gli occhi.
-guarda che dipende da te, cretino.
-non da me, sono solo un assistente- gli fece l'occhiolino mentre andava ad aprire la porta che Feliciano aveva chiuso.
-sei un cagacazzi, altroché- si lasciò baciare sulla fronte -e non è detto che io sia d'accordo a "recuperare".
-prima non mi sembravi molto contrariato.
Si impose di non arrossire -mi hai colto in un momento di debolezza.
Antonio alzò gli occhi al cielo, divertito -guarda un po', quando siamo insieme ti colgo sempre in un "momento di debolezza".
-non usare le virgolette contro di me, bastardo!- sbuffò -e si vede che è così perché mi fa male stare con te.
Antonio si sedette sul bordo del letto e gli prese la mano, con un sorriso troppo bello da guardare. Lovino si costrinse a restare immobile, con lo sguardo ostinatamente fermo davanti a sé, anche quando quello lo baciò sulla fronte.
-io invece sono piuttosto sicuro che ti faccia bene. Di sicuro ne fa a me, querido- altro bacio, sulla guancia questa volta. Con la mano libera lo costrinse a girare la testa e altro bacio, sulla bocca finalmente.
-hai detto che devo riposarmi- mormorò, appoggiandosi alla sua spalla. Il calore dell'abbraccio che lo avvolse non fu assolutamente un sollievo, no, assolutamente no. Sollevò il viso per osservare i suoi occhi -o sbaglio?
Antonio gli scostò un ciuffo che neanche si era accorto di avere sulla fronte e glielo sistemò dietro all'orecchio -già.
-allora devi andartene. Non posso riposarmi se ho troppi ormoni in circolo.
Risata. Gli piaceva quella risata -è una dichiarazione d'amore o mi stai solo chiedendo di levarmi di torno?
-uhm... un po' entrambe le cose, sì. Ma più la seconda- bacio. Merda, sperava di farci di nuovo l'abitudine -non ti aspettare dichiarazioni più sdolcinate di così, bastardo, sia chiaro.
-lo terrò a mente- altro bacio, questa volta fu lui a prendere l'iniziativa.
Lovino si strinse a lui, con un sospiro.
-non tirartela troppo- sbuffò -ho solo freddo.
-ma fa caldo.
-stai zitto e abbracciami.
E a quel punto non se lo fece ripetere una seconda volta. Lovino sospirò, soddisfatto.
Peccato che dopo qualche minuto furono interrotti. La dottoressa era arrivata, e Antonio insistette che il suo ragazzo si facesse controllare, nonostante quello fosse restìo. Alla fine stava bene: un "te l'avevo detto" arrivò, puntuale come la morte, dritto contro la fronte dello spagnolo, che fece finta di niente e continuò il suo lavoro fischiettando.
Lovino sbuffò, seduto a gambe incrociate sul letto -coglione.
Antonio non rispose e continuò a sistemare alcuni scaffali.
L'italiano fece per insultarlo di nuovo, ma bussarono alla porta.
-siete vestiti?- chiese una voce -posso entrare?
-certo che siamo vestiti, cretino- sbuffò divertito. Feliciano entrò con un'alzata di spalle, e una piccola e agile figura lo seguì di corsa, salendo sul letto e strusciandosi addosso al suo padrone. Lovino sorrise e abbracciò il suo micetto -mi sei mancato anche tu, Cesare.
-non si sa mai. I giovani d'oggi...- posò il suo davanti a Lovino -colazione all'italiana.
-grazie a Dio- si fiondò sul cibo, non si era neanche accorto di avere così tanta fame. Inutile dire che in pochi minuti non rimase neanche una briciola.
Antonio fischiò -sapevo che eri un'aspirapolvere di cibo, amore, ma non pensavo a questi livelli.
-non rompere i coglioni- si ricordò di un'altra cosa -e non chiamarmi amore.
-va bene, amore.
-brutto pezzo di...
-se volevo fare il terzo incomodo andavo da Gilbert ed Eliza- sbuffò Feliciano, sedendosi davanti al fratello e facendo i grattini dietro alle orecchie del gatto -capisco Kiku, povera stella.
Antonio rise -okay, vi lascio soli, tanto qui ho finito- stampò un bacio sulla testa del suo ragazzo, facendo soffiare il gatto, e se ne andò, canticchiando una canzoncina in spagnolo.
Quando la porta si fu chiusa, Lovino si rivolse a suo fratello.
-il bastardo è inutile, quindi chiedo a te. Voglio sapere tutto quello che mi sono perso mentre ero via.
Cesare miagolò e cominciò a farsi le fusa, facendosi accarezzare.
Feliciano ridacchiò -anche i pettegolezzi?
-soprattutto i pettegolezzi.
Quello rise e lo abbracciò, premendo la guancia contro la sua spalla. Sospirò -mi sei mancato, fratellone.
-anche tu- lo strinse, un po' impacciato -dopo ti... ti devo raccontare una cosa. Prima però parliamo di cose più leggere.
Feliciano scosse la testa -mi hai messo curiosità, ora me lo dici.
Uno sbuffo divertito -anche tu c'hai ragione- gli strinse la mani -mentre ero in coma... ho visto mamma.
Feliciano sgranò gli occhi -m-mamma?
Annuì -sì. Ero in quel... quel posto che vedevi, quello con il mare e le montagne, e c'era lei. Mi ha spiegato alcune cose e...
-mi odia?- lo interruppe, con gli occhi lucidi. Lovino aggrottò la fronte.
-certo che no. Perché dovrebbe?
Chinò la testa. Il suo fu appena un sussurro -l'ho... l'ho uccisa.
-ma che minchia dici? Non l'hai uccisa.
-è morta per colpa mia.
-è morta perché voleva metterti al mondo. È stata una sua scelta, perché ci ama- gli raccontò più o meno tutto, tenendogli la mano. Alla fine, il più piccolo si era appoggiato all'altro, piangendo contro la sua maglietta, e quello lo aveva stretto, rassicurandolo sotto voce. Cesare si strusciò leggermente contro il fratellino minore, leccandogli la guancia e facendolo ridere.
-ti ama- sussurrò Lovino, baciandolo sulla fronte -è la mamma, no? Certo che ci ama.
Feliciano annuì, tirando su con il naso -s-secondo te quando la rivedremo?
-non lo so. Quando moriremo, presumo. Ma ci guarda, no? Ci sta guardando anche ora.
Feliciano sollevò il viso verso il cielo e salutò il soffitto -ciao mamma.
Lovino gli asciugò la guancia -su, non fare il piagnone- doveva distrarlo, non gli piaceva vederlo piangere -tornando tra i vivi, con il crucco come va?
Feliciano tornò a sorridere e prese ad accarezzare Cesare -bene direi. Non l'ho visto molto in questi giorni in realtà, è tutto molto... caotico, e per lo più stavo qui con te. Però quando l'ho visto è stato così dolce!- si fece più malizioso -e con Antonio?
Per qualche assurdo motivo si sentì arrossire -lo sai com'è fatto. È una sanguisuga.
Le sopracciglia di Feliciano decisero di sollevarsi in due archi fin troppo alti -ooooh. Quindi ti ha suc...
-non in quel senso!- lo interruppe, rosso fino alla punta delle orecchie. Lo guardò male -sei un pervertito. Intendevo dire che è appiccicoso. Mi abbraccia sempre- questa mattina l'hai abbracciato tu però gli ricordò una vocina. Stai zitta, ordinò alla vocina -e mi riempe di baci. Sulle labbra- specificò -non farti strane idee- veramente anche sul collo, continuò la vocina. Ti ho detto di tacere, bastardella impertinente.
-pff. E ti aspetti che io ci creda?
-è la verità.
-vuoi farmi credere che non ti è ancora saltato addosso?
-lo vaporizzerei se mi saltasse addosso a caso!
-la pensi così ora, mio innocente verginello tsunderello.
-non fare quella faccia da saputellino- lo colse un dubbio atroce -perché, tu con il crucco che hai combinato? Se ti ha messo le mani addosso...
-no, no- roteò gli occhi -non abbiamo ancora fatto nulla, tranquillo. Ma ci sto lavorando.
-tu non lavori a un bel niente, mio innocente verginello tsunderello.
-non sono tsundere.
-che cazz'è tsundere, un nuovo insulto? Se è una parolaccia la devo imparare.
Feliciano rise -è una parola in giapponese, non un insulto. È un... tipo di personalità. Te lo faccio spiegare meglio da Kiku.
-il giapponesino inquietante? Bah, okay. Quindi sarei uno zundere?
-tsundere, sì. Uno tsundere da manuale.
-bah. Se lo dici tu- scrollò le spalle -quindi? Che mi sono perso?
-uhm... Francis e Arthur si sono messi insieme.
-cose non prevedibili?
-uhm... non saprei. Le solite cose credo. Sono tutti agitati per quello che ci sarà ora... si erano preparati un piano in generale, ma metterlo in pratica...
-oh. Capisco- sbuffò -il nonno deve smetterla di voler fare l'eroe.
Feliciano roteò gli occhi -senti da che pulpito.
-io non...
-comunque- lo interruppe -di pettegolezzo non c'è molto. Dopo letteralmente anni di flirt, quei due prosciuttoni di Gilbert ed Eliza si sono fidanzati.
-l'ho saputo. È il grande scoop, eh?
-e ci credo. Tutti e dico tutti qui dentro non aspettavano altro- esitò -be'... più o meno.
-c'è chi aspettava più te e il crucco- commentò, divertito -tipo Eliza stessa, o il giapponesino. Vi siete decisi a renderlo pubblico o no?
Feliciano sospirò -no, non ancora. Tu cosa hai intenzione di fare con Antonio invece?
Alzò le spalle -boh. Penso che farò finta di niente... nel senso, non mi va di fare tante cerimonie. Se a lui va bene, ci comportiamo come una coppia e fine. Nel senso... ci baciamo, ci prendiamo la mano... quelle robe lì.
Feliciano rise -tanto non credo che Antonio possa dirti di no per qualcosa, soprattutto se si tratta di "fare la sanguisuga", come dici tu.
Lovino scrollò le spalle, divertito -non hai tutti i torti- sbuffò, lasciandosi andare all'indietro e lasciando che il suo micio gli si sedette in braccio -almeno se sono tutti occupati non faranno stupide feste o cazzate simili.
Feliciano sembrò imbarazzato -ehm...
Lovino inarcò un sopracciglio -non dirmi che mi stanno organizzando una qualche imbarazzante festa a sorpresa.
Feliciano non rispose.
Il maggiore sospirò -merda.
-io non ti ho detto niente.
Lovino si coprì il viso tra le mani -che due coglioni. Se mi fingessi malato...?
-Antonio ti inchioderebbe qui dentro per settimane- concluse Feliciano. Il maggiore sbuffò.
-giusto. Porca troia- sbuffò, ancora, e si decise ad alzarsi. Cesare sbuffò e gli si materalizzò sulla spalla, scocciato per il movimento improvviso -ho bisogno di una doccia- stabilì -e anche di un calmante, ma quello è un altro discorso. Mi accompagni in camera mia?
-certo!- Feliciano si alzò e gli prese la mano, uscendo dalla stanza tutto contento. Lovino cercò di trattenere una smorfia, l'ultima volta che si erano tenuti per mano non era finito bene... però lì, a ben pensarci, non c'erano macchine, né guidatori spericolati, e ormai aveva imparato ad accettarsi e a controllarsi. Gli strinse la mano mentre si chiudeva la porta alle spalle, e Cesare gli strusciò il musino contro la guancia.
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