Capitolo trentacinque
I due ragazzini stanno attraversando la strada
No, questo no
Uno in realtà è un bambino, quanto avrà? Nove anni? L'altro è un po' più grande.
Stanno attraversando la strada, sono chiaramente fratelli
No vi imploro
Una macchina si avvicina
Pietà
Il fratello maggiore se ne accorge
Basta, non ne posso più
La macchina continua ad avvicinarsi e punta il fratello piccolo e il maggiore urla urla urla e
La macchina è cenere. Tutta la parte anteriore è esplosa, il conducente è morto. La mano del più piccolo è in parte nera
No aspetta
Qualcosa non torna
Torna indietro
La macchina continua ad avvicinarsi e punta il fratello piccolo e il maggiore urla urla urla e
Fermo qui. Avvicinati alla mano
Intorno alla mano del fratellino piccolo, una tenue, quasi intangibile, luce bianca contrasta la mano del fratello grande
Ma che cazzo
Nero.
Una luce si span
Eh no bello. Ora decido io cosa vedere
Voglio vedere i miei amici
Fammi vedere come stanno
Anzi, sai cosa? Non ho bisogno di te. Li guardo e basta
Sono su un furgone, Antonio sta sistemando
Merda, ma quello sono io
Ho davvero dei capelli così di merda?
il corpo di Lovino per terra.
Mi sono rotto sinceramente il cazzo di stare sempre in terra, sapete?
Lovino è immobile, sembra dormire
Magari. Vorrei farmela una bella dormita tranquilla
Salgono altre persone. Ivan fa sdraiare Gilbert, che aveva portato sulle spalle fin lì, affianco a lui, e quello impreca sottovoce.
-un po' di delicatezza non sarebbe male, sai?
Il russo non risponde e si siede in un angolo. Eliza lo segue a ruota e si siede accanto all'albino, prendendogli la mano, e scruta preoccupata prima Lovino e poi Antonio.
-che cos'è successo?- chiede
Me lo sto chiedendo anch'io
-ha avuto un attacco di panico- risponde Antonio, scostando...mi? i capelli dalla fronte
Sì ma non fare quel faccino preoccupato, mi fai stare male così
Voglio baciarti, ma il mio corpo, stronzo, non risponde
-è caduto a terra, ho provato a fare qualcosa ma ha urlato di più e...- gli cade la voce -e ha distrutto tutta la città.
Io ho COSA
Gilbert fischia -è stato lui?
Antonio annuisce -ha rilasciato tanto del suo potere che ha distrutto tutto nel raggio di... non lo so. Parecchio.
Lo vedo che mi stai accarezzando la mano, bastardo. Vorrei poterlo sentire
-ma non ha ucciso nessuno. Almeno... non credo. Se non ha fatto fuori noi che eravamo lì affianco... ha semplicemente... vaporizzato tutto.
...
Eliza fa per dire qualcosa, ma proviene una voce da fuori.
-le ho trovate!
Feli...
Scusami
Feliciano sale davanti, al posto del guidatore. Ludwig lo segue e si siede affianco a lui, preoccupato.
-ehm... hai mai guidato?- chiede, allacciandosi la cintura. Feliciano mette in moto.
Tsk, siamo Vargas. Ce l'abbiamo nel sangue
Salgono anche Joāo e Arthur
Ci sono tutti. Meno male...
Aspetta un attimo, dove cazzo se lo sono andati a pescare un furgone se ho distrutto tutto?
Feliciano parte in quarta, e Ludwig stritola il sedile sotto di sé.
Sono così orgoglioso
Antonio mi stringe la mano, così preoccupato che, se obbedisse ai comandi, il cuore mi si stringerebbe.
-Lovi... dove sei finito?
Vorrei saperti rispondere
Ehi ehi no
Fermo lì, dove cazzo stai cercando di
Un prato fiorito. Dove cazzo sono?
-Lovino...
Qualcosa si scioglie all'altezza del cuore. Mi volto ed è lei.
-m-mamma...- non so se sia un sussurro, un mugolio, un urlo, non lo so e non me ne frega un cazzo. So che mamma mi sta abbracciando e, merda, scoppio a piangere come un bambino tra le sue braccia -mamma...
Lei mi guarda, sta piangendo, mi solleva il viso e mi sorride e io mi sento come se fossi appena venuto al mondo.
-il mio bambino...- sussurra, non so più come smettere di piangere. La abbraccio, lei mi stringe -sono così fiera di te...- mi sussurra all'orecchio -così fiera...
-sono morto?- forse non è la cosa più carina da chiedere, ma ho bisogno di sapere. Lei si allontana e mi guarda, scrutandomi in viso, e quando scuote la testa non riesco a non essere sollevato.
-no, tesoro mio, ma ci sei andato vicino.
-e... e allora dove sono?- le prendo le mani -se... se tu sei qui e io ti vedo cosa...- un grumo allo stomaco -non... non mi sto sognando tutto?- le poso le mani sulle guance, la osservo, è così reale contro le dita che -sei... sei realmente qui?
Mamma annuisce, con un sorriso, e posa le mani sulle mie -sì, sono qui. Suppongo che in un certo senso tu mi stia sognando... ma sono realmente io.
-e... e allora dove siamo?- mi guardo intorno, siamo sulla spiaggia, alle nostre spalle si stagliano delle alte montagne -è il Paradiso? L'Inferno? Cos'è?
-una specie- mi prende la mano e mi fa sedere accanto a lei su una coperta, neanche mi ero accorto ci fosse -vedila come una... sala d'aspetto tra vita e morte. Tuo fratello ci è venuto spesso ultimamente, ma non era il momento, non potevo farmi vedere da lui.
-Feli? Che c'entra Feli? E se io sono qui, gli altri che stanno combinando? Stanno bene? Sono morti? Che cosa...
-bambino mio, lo so che hai tante domande, e non sai quanto vorrei poter rispondere a tutte quante- mi bacia sulla fronte, sto per piangere di nuovo -ma non abbiamo tempo. Devo spiegarti delle cose, riguardo al tuo potere e a quello di tuo fratello. Lo so che avrai delle domande, ma cerca di non interrompermi, va bene?
Le stringo le mani, non ce la farò a tenermi a freno ma -va bene.
Mamma mi sorride e mi accarezza la guancia -bravo bambino. Allora...- inspira profondamente, come a prepararsi a dire qualcosa di doloroso -devi sapere che il tuo potere e quello di tuo fratello sono molto più collegati di quanto non possa sembrare...
-cosa? Ma sono completamente diversi!- mi guarda male e arrossisco leggermente -scusa. Continua.
-grazie. Dicevo? Sì, sono collegati. Sono perfettamente opposti, e si completano. Certo, quello di Feliciano ha ancora parecchi limiti, mentre tu devi ancora porre dei blocchi al tuo, ma è anche lì il punto: sono opposti, e per questo vi attirate, come calamite. Avete bisogno l'uno dell'altro, così come creazione ha bisogno di distruzione e viceversa- mi asciuga una guancia, con un sorriso dolce -non è una coincidenza il fatto che siate nati lo stesso giorno, né che gli attacchi di Feliciano siano cominciati quando tu hai ripreso, dolorosamente, il controllo del tuo corpo.
Chino lo sguardo -quindi lo faccio stare male.
-al contrario. Lui ha bisogno di te. A volte è necessario distruggere il marcio, per poter ricostruire qualcosa di migliore. E senza distruggere nulla, cosa diventa quello che crei?
-un ammasso informe di cose a caso- sussurro. Mamma annuisce, con un sorriso.
-esattamente, tesoro. Cosa hai notato rivedendo l'incidente?
-la mano di Feli... c'era una... luce bianca.
-era il potere di tuo fratello- spiega lei, come se mi stesse raccontando una fiaba -che ha reagito al tuo. Il tuo potere stava difendendo Feliciano, ma il suo ha reagito male e gli ha procurato quella mano nera. Non è mai stata colpa tua, tesoro.
Non riesco a dire niente. Cosa dovrei rispondere? Mamma continua.
-da quando vi siete ritrovati, poi, la cosa si è intensificata. I vostri poteri sono capricciosi... ci vuole un po' per trovare l'alchimia, ma ce la state facendo. L'ultimo attacco di tuo fratello, il peggiore di tutti, era dovuto a questo: i vostri poteri stavano cercando di adattarsi, prendere le misure per regolarsi, e il suo ha reagito male.
-e cosa dobbiamo fare allora?
Nel suo sorriso c'è qualcosa di famigliare... mi ricorda quello del nonno -andate avanti così. Passate del tempo insieme, continuate a volervi bene... le cose si aggiusteranno da sole. Lo stanno già facendo, anche se non ve ne siete accorti- mi fa l'occhiolino, con l'aria di chi ha un segreto divertentissimo. Mi concedo un sorriso -durante la tua missione, le tue emozioni erano lo specchio delle sue e viceversa. Per farla breve, se uno dei due stava male, l'altro lo sentiva e stava male a sua volta. È successo di continuo, ma non potevate saperlo. Tra l'altro, è anche il motivo per cui a entrambi piacciono i ragazzi: siete attratti da ciò che ricorda l'altro.
Faccio una smorfia -che schifo, sembra una cosa molto incestuosa. E poi io non somiglio al crucco.
Mamma scoppia a ridere -no, no, non è niente del genere, mi sono spiegata male. Solo... uhm...- si picchietta un dito sul mento, come a riflettere sul modo migliore di esprimersi -vedila così, tu e tuo fratello siete attratti l'uno dall'altro, in modo platonico ovviamente, e, visto che i giovanotti vi ricordano in qualche modo l'altro, ne siete attratti, anche in modo non esattamente platonico- mi fa l'occhiolino -e, tra parentesi, tu e quel ragazzo... com'è che si chiama?
-Antonio- ha un sapore dolce quel nome. Come fa un nome ad avere un sapore?
-Antonio... sì. Siete un sacco carini, te lo approvo, è degno di avere il mio bambino.
Istintivamente roteo gli occhi -torniamo alle cose serie...
-se insisti- altro occhiolino. Un sospiro -quando rimasi incinta di tuo fratello, feci un sogno. Vidi mia madre, che mi spiegò questa faccenda e mi disse che sarei morta dando alla luce il mio secondo bambino. Ne parlai con tuo padre, e lui cercò di convincermi ad abortire per salvarmi. Ma non potevo, capisci?- mi stringe le mani -senza tuo fratello, non saresti mai stato completo. Il tuo potere avrebbe preso il sopravvento, e chissà che sarebbe potuto succedere. E, come se non bastasse, mi ero già affezionata a Feliciano, anche se ancora era un feto di poche settimane. Così mi dissi: se dovrò morire per i miei bambini, va bene così. Ma tuo padre non era d'accordo.
Stringo i pugni -ci ha abbandonati.
-mi amava troppo- replica mamma -e non sopportava l'idea di vedermi morire. Sarebbe finito ad odiarvi, soprattutto tuo fratello, e sapeva personalmente che è meglio non avere genitori che averne uno che non voleva che tu nascessi. Così se n'è andato.
-ci ha lasciati da soli.
-no, non da soli. C'era vostro nonno.
-il nonno non è invincibile.
-ma è un ottimo padre. Migliore di quello che sarebbe stato lui- sembra capire che è meglio cambiare argomento -comunque, vi sono rimasta accanto come potevo.
-quella voce...- sussurro -quella nella cabina... e nella vasca...- non riesco a guardarla in faccia -eri tu?
Mi stringe le mani -sì, tesoro, ero io. E non devi vergognarti per quello che è successo: è la prova che sei umano- mi solleva il viso con una mano e mi osserva, con un sorriso -il mio bambino... sei così cresciuto...- sorride, ma è triste -ormai sei un uomo. E io sono tanto, tanto fiera di te, e lo sarò sempre, sia di te che di tuo fratello. Te lo ricorderai, sì?
Annuisco, con gli occhi lucidi.
-posso... posso parlargliene?
-certo. Ah, e digli che per quella questione delle visioni non c'è da preoccuparsi. Sentiva che questo posto sarebbe stato importante per te, e continuava a vederlo. In realtà l'ha un po' cambiato...- indica alle sue spalle -quelle montagne non c'erano, le ha aggiunte lui inconsciamente.
-non... non credo di capire.
-lui capirà, non preoccuparti- si alza, e io faccio lo stesso. Mi abbraccia, e la stringo -il mio Lovino...- mi guarda in faccia ancora un po', e sapere di averla resa orgogliosa mi riempe di soddisfazione -ti voglio bene.
-anch'io, mamma...
La osservo allontanarsi e camminare verso il mare, senza più riuscire a muovermi per seguirla. All'ultimo non riesco a trattenermi dal chiederle -cosa c'è dopo la morte? Questo posto?
Lei si gira a guardarmi, e sembra pensarci su.
-suppongo di sì, in un certo senso. Però in realtà è stato tutto adattato per farlo vedere alla tua mente- fa una giravolta su se stessa -non sono realmente così. Non ho un corpo, né fattezze umane, e ora come ora neanche tu le hai. Diciamo che qui c'è... la tua mente, la tua coscienza... vedila come preferisci- mi manda un bacio -salutami papà, e Feli, e di' loro che li amo tanto quanto amo te!- le onde salgono, le arrivano alla vita. Fa per immergersi, ma all'ultimo sembra ricordarsi una cosa -ah, tesoro...
Sto piangendo, e non so neanche il perché. Anche se tecnicamente non dovrei avere gli occhi per farlo.
-sì, mamma?
-goditi la mia pizza anche da parte mia, ti va?
Aggrotto la fronte -eh?
Ma le onde ormai l'hanno inghiottita.
Lovino riaprì gli occhi di scatto, boccheggiando.
-mamma!- il suo fu poco più di un gemito, un richiamo per qualcuno che non gli avrebbe risposto. In cambio, però, ottenne una mano, dolce, sulla fronte, che lo spingeva delicatamente verso il basso.
-sh, Lovi, respira- e ora sì che respiro bene, pensò Lovino, spostando lo sguardo su Antonio, affianco a lui. Si guardò per bene intorno e si accorse di essere in un luogo familiare, sdraiato su un letto dalle lenzuola morbide.
-dove... che...
-sei in infermeria- la mano di Antonio si spostò sulla sua guancia, accarezzandola -sai chi sono?
Che cazzo di domanda era? -certo. Sei Antonio.
-e tu sei?
-Lovino. Mi spieghi che cazzo di domande fai?
-sei rimasto in coma tre giorni. Devo controllare quanto ricordi- spiegò, sedendosi sul bordo del letto. Lovino per poco non urlò.
-tre giorni?! E che è successo nel frattempo? Gli altri? Stanno bene?! Feli...
-stanno tutti bene- rispose Antonio, scrutando l'elettrocardiogramma attaccato al polso di Lovino con aria preoccupata -ho convinto Feliciano ad andare a dormire poco fa. La guerra è finita, querido- gli rivolse un piccolo sorriso -abbiamo vinto.
Abbiamo vinto. Due parole, troppo da metabolizzare.
-abbiamo vinto- ripeté, lentamente. Si lasciò andare contro il cuscino, con lo sguardo puntato al soffitto -abbiamo vinto...
-sì- Antonio sorrideva, sorrideva così tanto che l'italiano sentì male alle guance per lui -ed è tutto merito tuo.
Scosse la testa -no, non tutto- notò un dettaglio -Feli è andato a dormire? Che ore sono?
-le... tre di notte, più o meno.
Lo squadrò meglio, inarcando un sopracciglio -e tu da quant'è che non dormi, esattamente?
Antonio scrollò le spalle -tre giorni? Quattro?
Quello spiegava le occhiaie -tu ora vai in camera tua, ti metti a letto e vai a dormire, chiaro?
-non ci riesco. Sono settimane che non dormo bene- si alzò e andò a prendere una cartellina -e devo farti dei controlli. Ti sei appena risvegliato dal coma e...- quando si voltò a guardarlo, Lovino si era girato sul fianco e si era spostato dall'altra parte del letto, lasciando uno spazio vuoto. Sollevò le coperte e indicò il posto libero -vieni qui.
Antonio sospirò, stanco -Lovi...
-vieni. Qui. I controlli li farò dopo, ora vieni qui.
E, troppo esausto per replicare, obbedì, sdraiandosi al suo fianco, con la testa affianco alla sua sul cuscino. Si sforzò di sorridere -ehi.
Lovino si sistemò più comodo, avvicinandosi -ciao- si lasciò abbracciare, rannicchiandosi tra le sue braccia, e cazzo cazzo cazzo se ci stava bene, lì, al caldo. Per poco non scoppiò in lacrime, con il viso a un respiro dal suo.
-mi sei mancato- sussurrò Antonio, accarezzandogli la schiena -ogni singola notte, ogni giorno, mi sei mancato da morire.
Trattenere un singhiozzo fu un'impresa ardua. Lovino riuscì a sussurrare una cosa sola.
-baciami.
E Antonio non se lo fece ripetere due volte.
Pace. Finalmente un po' di calma, e Lovino tornò a respirare pensando che quello, da quel giorno in poi, sarebbe stata la normalità.
Antonio gli asciugò una guancia -perché piangi?
Lovino sorrise. Era una situazione così assurda... quello lo baciava e lui piangeva. Ma, si disse, era anche normale. Quello era il pianto che tanto aveva trattenuto, bloccato, ostacolato, e chi se non Antonio avrebbe potuto farlo venire fuori? Ridacchiò contro le sue labbra -sono solo... felice, credo. È una sensazione strana, ma mi piace.
Antonio sembrò capire, perché lo baciò di nuovo, profondamente, disperatamente, e Lovino si lasciò finalmente andare, ed essere umano sembrò così strano e così giusto da dargli le vertigini.
Posò la fronte contro la sua, osservandolo, con gli occhi lucidi e rossi e il sorriso più bello del mondo.
-cosa mi sono perso mentre non c'ero?- sussurrò, accarezzandogli il viso leggermente velato di barba. Antonio ridacchiò, baciandolo a stampo prima di rispondere.
-niente di che. Eliza e Gilbert si sono ufficialmente messi insieme e la gamba di Gilbert sta guarendo, tra poco sarà in grado di camminare normalmente.
-finalmente si sono dati una mossa- commentò -poi?
Antonio scrollò le spalle -non so molto, in realtà. Non sono praticamente uscito da qui negli ultimi tre giorni.
Lovino lo baciò -sei un coglione. Ti amo- altro bacio -ci sono stati altri feriti?
-qualcuno. Ci sono anche stati dei morti, a dirla tutta. Non tutti erano d'accordo nella fine della Restaurazione... molti generali si sono sfogati sui civili. Ce ne siamo occupati come potevamo.
Lovino annuì, mordendosi il labbro. Altri morti... ma l'ennesimo bacio lo fece tornare a sorridere -non ricordo più nulla dopo che siamo entrati nel laboratorio. Che cosa è successo?
Antonio si incupì -sei crollato a terra, in ginocchio, e sei scoppiato a piangere- lo scrutò attentamente -è lì che ti... studiavano, vero? Quando eri piccolo.
Lovino annuì. Meglio non parlargli di quello che aveva visto e sentito, non era il momento.
Lo spagnolo sospirò -be', non rispondevi e tremavi, io e Feli ti parlavamo ma non ci sentivi, gli altri erano andati avanti e non ti avevano notato. Non rispondevi, tremavi, piangevi...- rabbrividì -è stato uno dei momenti peggiori di tutta la mia vita. Ho provato a toccarti, ti ho infuso un po' del mio potere per calmarti, ma ti sei messo a urlare che non dovevamo toccarti, che dovevamo lasciarti stare... hai urlato di nuovo, e tutta la capitale è diventata cenere.
-ho fatto del male a qualcuno?- era allarmato, ma era troppo stanco per darlo a vedere.
-no- Antonio lo baciò sulla fronte -hai solo distrutto le cose. Tutta la capitale, mura comprese, sono state distrutte, e tu sei caduto a terra- gli tremò la voce e gli strinse le mani -per un attimo ho creduto che tu fossi...- non riuscì a terminare la frase. Lovino lo strinse.
-sono qui- sussurrò, a un istante dalla sua bocca. Antonio annuì.
-lo so. E penso sia l'unico motivo per cui sono ancora sano di mente- gli baciò la mano -poi... siamo corsi fuori, ti ho portato in braccio. C'erano delle persone venute all'appello di Francis, abbiamo trovato un vecchio furgone e ti ho messo lì. È arrivato mio fratello con un tizio e Gilbert ed Eliza, mentre gli altri sono andati a cercare il proprietario. Lo ha trovato Feliciano e ha guidato fino a qui- abbozzò un sorriso -a proposito, guida come un pazzo.
Ricambiò -è di famiglia- poi lo baciò -va bene. Adesso dormi.
-no. Anche tu mi devi raccontare tutto quanto.
Lo baciò, accarezzandogli i capelli.
-non c'è molto da raccontare.
-non ci credo- gli scostò una ciocca di capelli dal viso, sistemandogliela dietro l'orecchio. Un gesto semplice, quotidiano, ma Lovino si sentì tremare -parlami.
Le sue labbra, bastarde, lo tradirono, in una congiura con le corde vocali, il suo respiro e la sua lingua -ho cercato di uccidermi- mormorò, con gli occhi lucidi -credo- si sentì di aggiungere, vedendo l'espressione scioccata dello spagnolo. Abbozzò un sorriso, amaro, infranto da due gocce suicide che si lanciarono giù dai suoi occhi, sfracellandosi contro il cuscino -ma a parte questo non c'è molto.
Antonio lo strinse, forte, fortissimo, facendogli premere il viso contro la sua spalla, e Lovino scoppiò a piangere piangere e piangere ed era così vivo.
-ti prego- sussurrò Antonio, con le lacrime agli occhi -ti prego, non fare più ad una cosa del genere. Ti prego... piuttosto parlane con me, in qualsiasi momento, anche se... soprattutto se ti senti in quel modo per colpa mia.
Annuì, più volte, sperando che quella stretta così forte, così appassionata, così disperata riuscisse a rimettere insieme i cocci, le briciole di lui, ricostruendo qualcosa di quanto meno stabile. Singhiozzò -m-mi sentivo c-così... vuoto.
-sh...- lo baciò tra i capelli, sulla nuca, senza la minima intenzione di scostarsi o lasciarlo andare -con calma. Cosa è successo prima che... prima?
-un... un esame- cercò di regolarizzare il respiro, coordinandolo con quello di Antonio -e-ero in una c-cabina... p-per la ri... riso... qualcosa di m-magnetico...
-la risonanza magnetica?- suggerì, con tono gentile e tranquillo, tutt'altro di come si sentiva. Avrebbe voluto urlare, piangere più di quanto non stesse facendo già, scappare con Lovino e nascondersi da qualche parte dove il dolore non potesse trovarli, ma ora Lovino aveva bisogno di qualcosa di solido a cui appoggiarsi, e aveva intenzione di essere tutto quello di cui Lovino potesse aver bisogno.
Lo sentì annuire contro la sua maglietta -s-sì, quella. E-e sono andato nel p-panico e ho... ho u-ucciso c...- deglutì -cinque p-persone c-con un'e-esplosione- singhiozzò, tornando a piangere contro il suo petto -m-mi sentivo così un... un mostro. Ancora. E... ero ricoperto di c-cenere, così ho... sono andato a fare un bagno- non riusciva a guardarlo negli occhi -e lì... s-sono esploso. N-non letteralmente, n-nel senso... m-mi sentivo... un verme. P-per qualche minuto mi s-sono convinto che sarebbe s-stato m-meglio se fossi m...
-non dirlo- lo interruppe, senza fiato -por favor, non dirlo, non dire quella parola.
-scusa. E... e pensavo che n-non sarebbe i-importato se...
-certo che importa- ribatté Antonio, con una nota di panico nella voce -è... mierda, è la cosa più importante.
Lovino avrebbe davvero voluto avere qualcosa per rassicurarlo. Baciarlo, guardarlo dritto negli occhi e dirgli che era passato, che era stato solo un momento, che non si sentiva più così. Ma avrebbe mentito. Quello che era successo era stato solo l'apice di un problema più grande, una lunga discesa in un baratro scuro fatto di mancanza di autostima, traumi e orrori. Forse era una cosa egoista, ma decise di essere solo sincero.
-a volte me ne dimentico- e la voce non gli tremò solo perché emise qualcosa di meno di un sussurro. Ma Antonio ci sentiva benissimo.
-allora te lo ricorderò io. Tutti i giorni della nostra vita, finché mi vorrai- e sembrava davvero determinato a farlo. Lovino emise una lievissima risata.
-vuoi davvero stare con me così tanto tempo?- si asciugò gli occhi, una scusa per non guardarlo.
-sì, se lo vuoi.
-certo che lo voglio- sussurrò, lasciandosi sollevare il viso. Antonio gli sorrise, un sorriso così bello che splendeva anche al buio, così luminoso da bruciare tutta la vergogna e i dubbi. Quel sorriso si stampò sulla sua bocca, baciandolo per qualche secondo.
-allora è deciso- sussurrò Antonio, baciandolo ancora.
-a quanto pare...- posò le labbra sulle sue, con l'ombra di un sorriso.
-ora sei qui con me- gli sussurrò Antonio. Lo inchiodò con lo sguardo, impedendogli di sfuggire -come?
In qualche modo riuscì a distogliere lo sguardo, ma sentiva quei due occhi verdi su di sé, fissi e così intensi da dargli i brividi.
-ero... ero sott'acqua- sussurrò -e finalmente c'era un po' di pace. Poi ho... ho sentito la tua voce.
-la... la mia?
Annuì -la tua, che mi chiedeva di tornare da te, quella di Feli e quella del nonno. Quel silenzio è diventato insopportabile, e sono risalito.
Antonio gli baciò il dorso della mano -sei tornato da me.
-sì.
Lui sospirò, stanco -non farlo mai più. Non lascerò che tu lo faccia più.
-forse era giusto che succedesse- mormorò -forse dovevo vedere dove stavo andando a finire per... sai... migliorare. Forse.
-non lo so. Però non ti farò mai più sentire in quel modo- lo baciò sulla fronte -ti farò sentire tante di quelle cose che...
-le sento già- sussurrò, stringendolo a sé. Antonio nascose il viso nell'incavo del suo collo, sospirando contro la sua pelle -le sto sentendo anche ora.
-bene- silenzio. Lovino cominciò a chiedersi se lui non si fosse addormentato, quando quello mugugnò, stringendoselo contro, un -non ti farai più il bagno da solo.
Rise, accarezzandogli i capelli -in camera ho la doccia, non la vasca.
-meglio- brontolò, con tono da bambino. Lovino lo baciò tra i capelli.
-dormi, ne hai bisogno- altro bacio -buonanotte, bastardo.
Antonio sembrò sul punto di protestare, ma era semplicemente troppo stanco. Se lo strinse contro, facendo dei suoi respiri la sua ninna nanna -buonanotte, mi amor.
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