Capitolo quarantatré
Buonsalve persone! Come va?
Visto che oggi è l'anniversario dell'unità d'Italia (160 anni wow) e di conseguenza il compleanno di quei due stronzetti che amiamo tanto, ecco a voi un bel capitolo pucciosino.
Buona lettura!
-Lovino? Lovino?- il ragazzo in questione si girò dall'altra parte, mugugnando. La voce insistette -Lovino!- gli urlò nell'orecchio, facendolo cadere dal letto per lo spavento.
-ma che cazzo...- si stropicciò gli occhi e guardò verso il letto. Mia gli sorrise.
-ciao!- fece muovere la zampetta al gatto che aveva in braccio in segno di saluto. Cesare aveva un'espressione a dir poco stoica.
-porca di quella troia, Mia, non si sveglia la gente così- strillò, alzandosi in piedi con le guance rosse. Mia abbassò lo sguardo, dispiaciuta.
-scusa...
Tutta la rabbia svanì. Sbuffò, sedendosi accanto a lei e spettinandole i capelli. Aveva il cuore troppo tenero -non sono arrabbiato. Basta che non lo fai più.
Mia annuì, appoggiandosi a lui alla ricerca di un abbraccio che Lovino non esitò a darle, circondandole le spalle con un braccio -quindi come devo svegliarti?
Puntò lo sguardo su Antonio, che per qualche assurdo motivo ancora dormiva. Neanche le bombe lo svegliavano, a quello. Abbozzò un sorriso -ti faccio vedere. Svegliamo Antonio?
Mia annuì, curiosa -va bene.
Si girò verso di lui e lo scosse -bastardo?
Niente. Lo scosse ancora, ricevendo in risposta un mugolio. Sbuffò, infastidito, poi si girò verso la bambina.
-tu continua così finché non si sveglia. Questo è quello che non devi fare- e, con un poderoso calcio, spinse il bastardo a terra, svegliandolo di botto.
-mi armada!- urlò il bastardo. Si guardò intorno, confuso -che cosa...
-buongiorno- lo salutò Lovino, seduto a gambe incrociate sul letto -ti sei deciso a svegliarti.
Antonio si stropicciò gli occhi -sei sempre delicato, mi amor.
-non ti svegliano neanche le cannonate- replicò, facendo ridere Mia.
-dovremo trovare un modo migliore, o non arriverò vivo al matrimonio- scherzò, rialzandosi in piedi e chinandosi a dargli un bacio. Mia aggrottò la fronte.
-non siete già sposati?- chiese, confusa.
Lovino si impose di non arrossire -perché lo pensi?
-litigate come mamma e papà- rispose -però mi sembrate più innamorati.
-aw, che carina- lo spagnolo la baciò sulla fronte e si sedette affianco a Lovino, prendendogli la mano -non siamo ancora sposati- sollevò la mano con l'anello, indicandogliela -però gliel'ho chiesto, e ha detto di sì. Quindi ci sposeremo, spero presto.
Mia sembrò entusiasta -posso venire? Non ho mai visto un matrimonio!
-certo, niña. Puoi portarci gli anelli se vuoi.
Mia annuì, contenta -sì!
Lovino si morse il labbro, ricordandosi della notte prima -ci... ci sarebbe una cosa che vorremmo chiederti.
Mia li guardò -è una cosa brutta?
-no, no- Lovino esitò -cioé, non per forza. Conosci la storia di Ercole?
Antonio lo guardò, confuso -che c'entra?
-lasciami fare.
-no, non la conosco- rispose Mia.
-Ercole era un grande eroe. Fece tante cose, ma quelle te le posso raccontare un'altra volta, ora voglio parlarti di come è nato. Sua madre, Alcmena, che era sposata con un uomo, Anfitrione. Anfritrione dovette partire per la guerra, e nel frattempo Alcmena rimase sola a casa. Tuttavia Giove si innamorò di lei, perché era molto bella.
-chi è Giove?
-un dio. Il dio dei fulmini e il padre degli dei.
-esistono tanti dei?
-un tempo la pensavano così- doveva decisamente farle una cultura sulla mitologia greco romana. Decisamente -comunque, essendo un dio Giove poteva fare tante cose, e modificò il suo corpo per assomigliare ad Anfitrione e stare con Alcmena, che ovviamente era all'oscuro di tutto.
Mia sgranò gli occhi -ma quindi Giove è cattivo!
Lovino esitò -diciamo di sì. Non è bravo, quello è certo. Comunque, concepirono un figlio, Ercole appunto. Poi il vero Anfitrione tornò, e Giove se ne andò. Ovviamente capirono l'inganno, ma ormai Alcmena era incinta.
-e cosa fecero?
-tennero il bambino- rispose Antonio, che sembrava aver capito dove stesse andando a parare -anche se non era suo figlio naturale, lo crebbe comunque come se fosse suo.
-oh. Che bravo!
In realtà non era proprio così, ma Lovino decise di omettere certe parti della storia. Le strinse la mano -noi.. ecco... ci piacerebbe crescerti. Come Anfitrione con Ercole.
Mia si illuminò -volete essere la mia mamma e il mio papà?
-be'... due papà più che altro- replicò Antonio, sorridendo -se a te va bene.
-sì!- saltò in piedi sul letto e li abbracciò entrambi, quasi saltellando -sì sì sì! Certo!
Lovino la strinse, e sospirò -però non sarà tutto bello- la avvisò -non avresti una mamma.
-ma avrò due papà!- rispose lei, sorridendo -i due papà migliori del mondo!
Antonio rise -ora non esagerare. Ci proveremo, ecco.
-e ci saranno persone che ti daranno contro- la avvisò Lovino -a molti non piace l'idea che due maschi si amino.
-e perché?
Lovino alzò le spalle -perché sono stupidi.
-ooh. E perché dovrebbe importarmi degli stupidi?
-potrebbero farti del male.
-che ci provino- rispose, posandosi le mani sui fianchi con aria fiera -sono una forte io! Vi proteggerò dagli stupidi cattivi.
Lovino rise, abbracciandola forte -in teoria saremmo noi a doverti proteggere.
-allora faremo a turno- stabilì, lasciandosi stringere. Dopo qualche minuto sembrò stancarsi di quelle smancerie e si allontanò.
-quindi se sarete i miei papà vivrò con voi?
Lovino annuì -forse tra un po'. Dobbiamo trovare una casa prima, ma sì.
-e mi insegnerete le cose?
-certo. Però andrai anche a scuola.
-e mi racconterete le favole prima di andare a dormire? E mi canterete le ninna nanne?
Antonio rise -sì, pequeña. Tutte le sere.
-e dormirò con voi? Come stanotte?
I due neo padri si guardarono.
-be'... tutte le notti no- stabilì Lovino -sei grande, e i grandi non dormono con i genitori.
Mia ci pensò su -sì...- ammise -ma se ho un incubo?
-se hai un incubo molto, molto brutto puoi venire- concesse l'italiano. Antonio trattenne una risata. Aveva come la sensazione che non sarebbe stato lui quello a viziare di più Mia.
-e... e mi insegnerete la lingua strana che parlate?
Antonio aggrottò la fronte -lingua strana?
-sì! Quella tipo... nina, tasoro...
-niña- la corresse Antonio.
-e tesoro- aggiunse Lovino.
Mia annuì -quella.
-sono due lingue diverse- le spiegò Antonio -io parlo anche lo spagnolo, mentre Lovi l'italiano.
-e me le insegnerete?
-se vuoi sì, certo- la sua principessa avrebbe insultato benissimo da grande, stabilì Lovino. Sono le cose che bisogna imparare fin dall'infanzia -però sono lingue difficili. Almeno, l'italiano lo è.
-non importa. Sono brava, le imparerò entrambe!- stabilì Mia.
-però...- intervenne Antonio -non sappiamo se sarà legale adottarti.
Mia aggrottò la fronte -perché non dovrebbe?
-a tanti non piace che due maschi possano crescere una bambina.
Lovino le prese la mano -però comunque ti staremo vicini. Tu sarai nostra figlia- le promise -che risulti su degli stupidi documenti o meno.
Mia gli sorrise e annuì -sì- poi si fece pensierosa.
-a cosa stai pensando, niña?- le chiese gentilmente Antonio, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-se vi chiamo papà- rispose, lentamente -non rischio di confondermi con il mio papà naturale? Voi non siete lui.
-puoi non chiamarci papà, se vuoi- replicò Lovino, piano. Ad Antonio venne un'idea.
-come si dice papà in italiano?
-papà.
-in spagnolo è papa. Puoi chiamarci così, se ti piace.
-papà e papa- mormorò Mia, pensandoci su. Poi annuì e tornò a sorridere -sì, mi piace! Papà Lovino e papa Antonio.
Lovino sentì un po' troppe cose nel sentirsi chiamare papà. Sbatté velocemente le palpebre e si impose di non piangere -allora è deciso.
Mia annuì di nuovo -ora mi insegnate l'italiano e lo spagnolo?
Antonio rise -non sono cose che si imparano in fretta, niña. Però possiamo cominciare.
Mia annuì -sì.
Antonio guardò il suo fidanzato -come si insegna una lingua?
Lovino alzò le spalle -boh. Quando il nonno mi ha insegnato il latino ha cominciato con il verbo essere.
-sì, essere!- Mia annuì, sedendosi a gambe incrociate per guardarli meglio. Cesare miagolò e si acciambellò in un angolo del letto, tornando a dormire -mi piace.
-va bene. Uhm... forse dovremmo partire con i soggetti.
Lovino alzò le spalle -io, tu, egli o ella, noi, voi...
Mia lo guardava, confusa -eh? I so... eh?
Antonio rise, stampando un bacio sulla testa del suo querido -con calma. I soggetti in spagnolo sono: yo per io, tú per tu.
Mia si indicò -yo- indicò Antonio -tú.
-esatto. Poi per egli c'è él, per le femmine ella e se ti riferisci a una persona molto molto importante usted.
Mia indicò Lovino -él, ella se fosse una mamma, e, uhm...- indicò Cesare -usted.
Lovino si coprì la bocca con le mani per non scoppiare a ridere. Antonio annuì -diciamo di sì. Poi per noi c'è nosotros, per voi vosotros e per loro ellos se sono maschi, ellas se sono femmine e ustedes se sono tante persone importanti.
Mia fece ruotare un dito in aria per indicare sia se stessa che Antonio -nosotros- indicò Antonio e Lovino -vosotros- indicò Lovino e Cesare -ellos.
-bravissima.
Mia sorrise e si girò verso Lovino -e in itaiano?
-italiano. Io- si indicò.
-io- ripeté Mia, indicandosi.
-tu- indicò lei.
-tu- indicò lui.
-egli- indicò Antonio -ella se fosse femmina.
-ma è uguale allo spagnolo!
Lovino alzò le spalle -sono lingue simili.
-e usted?
-non c'è. Se parli con una persona importanti usi il lei. Tipo- si girò verso Cesare -lei sta bene?
-ma è maschio.
Lovino alzò le spalle -funziona così. Puoi anche usare il voi, se è una persona davvero tanto ma tanto importanti. "Voi state bene?"
-voi state bene?- ripeté Mia, con una pronuncia più o meno azzeccata -e significa?
-stai bene? Però riferito a qualcuno di importantissimo.
-uhm...- annuì -va bene. Poi?
-noi- indicò sé stesso e la bambina.
-noi- ripeté lei, facendo lo stesso.
-voi- indicò la bimba e Antonio.
-voi- indicò i due papà.
-essi- indicò Antonio e Cesare.
-essi- fece la stessa cosa. Antonio non sembrò molto contento di essere unito al gatto.
-adesso mi insegnate essere?
Mia era seduta sul suo letto nella stanza del bambini, con Cesare, e si stava annoiando. I suoi papà l'avevano riportata lì, dicendo che primo, doveva cambiarsi, secondo, dovevano parlare con Feliciano, e terzo, non aveva fatto bene a scappare in quel modo e poteva perdersi e blablabla.
Sbuffò, rigirandosi una macchinina tra le mani. Che noia.
Poi sentì un urlo che la fece sobbalzare. Lei e tutti i bambini si girarono verso la fonte dell'urlo, ovvero Feliciano, che era saltato al collo di suo fratello per abbracciarlo.
-posso aiutarvi a organizzare tutto, vero? Vero?! E l'addio al celibato! Posso organizzartelo io, Lovi? Oh, il nonno impazzirà quando lo verrà a sapere! Ti porta lui all'altare? Chi hai scelto come testimone? Cosa...
-Feli- intervenne Antonio, con un sorriso divertito -apprezziamo l'entusiasmo, davvero, ma così soffochi mio marito prima ancora che lo sia a tutti gli effetti.
-ops...- lasciò andare il fratello, che si allontanò di scatto.
-da quando in qua sei così forte?- chiese, in italiano, e Mia fu orgogliosa di capire il "sei". Tu sei, completò mentalmente, egli è, noi... noi... aggrottò la fronte. Non se lo ricordava, uffa. Qualcosa con la s.
Feliciano sembrò imbarazzato -scusa. Sono solo felice per voi! Dobbiamo andare a dirlo al nonno, voglio vedere la sua faccia.
Sentendo quelle parole, Mia si alzò e li raggiunse prima che la lasciassero lì. Non sarebbe rimasta con quelli lì, e poi voleva conoscere questo "nonno" di cui parlavano. Era suo parente ora?
Tirò la manica di Antonio per avere la sua attenzione, mentre i due fratelli italiani parlottavano tra loro.
-non mi lasciate qui, vero?
Antonio scosse la testa, prendendola in braccio -certo che no, niña.
Si appoggiò alla sua spalla, avvolgendo le braccia intorno al suo collo -non sono piccola, papa- si lamentò, attirando l'attenzione di Feliciano.
-papà?- ripeté, guardando suo fratello -la adottate?
-perché non sembri stupito?- brontolò Lovino -sì, la adottiamo. Problemi?
-perché dovrei averne? Non vedevo l'ora di essere zio.
Mia guardò il suo papa -sono imparentata con lui ora?
Antonio annuì -sì, è il tuo tío.
-zio in italiano- aggiunse Lovino.
Feliciano annuì -sì! Sono zio Feliciano, o Feli se vuoi.
-zio Feli- ripeté -va bene. Suona bene.
Antonio sorrise -ho come la sensazione che avrai tantissimi zii. C'è anche mio fratello, tío Joāo.
Mia annuì -e quando lo vedrò?
-bella domanda. Non lo vedo da un po' neanche io in effetti.
-è con il nonno- intervenne Feliciano -quindi lo vediamo tra poco, perché se neanche una nuova nipote riesce a farlo uscire da quell'ufficio ce lo trascino a forza, porcod- Lovino lo incenerì con lo sguardo, interrompendo a metà la sua bestemmia. Abbozzò un sorriso innocente -e c'è anche zio Ludwig, comunque.
-oh no. No no no. Mia figlia non sarà imparentata con un crucco.
-invece lo è.
-no.
-sì.
-comunque- intervenne Antonio -ci sono anche zio Gilbert e zio Francis.
-col caz...- si interruppe a un'occhiataccia del suo fidanzato. Tossì -anche no. Quei due mentecatti me la travieranno.
-ment... ecati?
-mentecatti. Stupidi, idioti.
-è un modo elegante per dire stupido?
-uhm... più o meno.
-mentecati.
-mentecatti- la corresse Lovino.
-men-te-cat-ti- sillabò -mi piace come parola. È italiano?
-sì. È italiano- le disse, lentamente, in italiano.
-è italiano- ripeté Mia. Feliciano abbozzò un sorriso.
-le stai insegnando l'italiano?
-anche lo spagnolo!- intervenne Mia -yo soy Mia- disse. Antonio la baciò sulla guancia.
-muy bien, mi niña.
Mia sembrò soddisfatta -quindi? Andiamo?
-devo aspettare che mi sostituiscano con i bambini- rispose Feliciano, controllando l'orologio -dovrebbe venire qualcuno tra... eccola!- salutò una ragazzo con la mano -ciao! Scusami ma devo scappare.
Mia si sistemò meglio in braccio a suo padre, socchiudendo gli occhi. Sentì Lovino sbuffare.
-è troppo magra- si lamentò -deve mangiare di più.
Antonio rise, sentì chiaramente la sua gola vibrare contro la sua guancia -non tutti hanno il tuo metabolismo, mi amor. Occhio a non farla ingrassare.
-tsk, ma per chi mi hai preso? Lo so benissimo.
Feliciano ridacchiò -litigate già come una vecchia coppia sposata.
Mia trattenne una risata. Allora non era l'unica a pensarlo.
-vecchio ci sarai tu, picciriddu.
Pi... eh?
-che significa?- mormorò, con aria stanca. Quella mattina in realtà si era svegliata fin troppo presto, ben prima di quando avesse svegliato Lovino, e ora ne stava risentendo -pic... eh?
-picciriddu- sentì una carezza tra i capelli e la voce del suo papà più vicina -piccolino. Tu sei la mia picciridda.
-picciridda- ripeté, ma la sua voce si perse in un sussurro. Era crollata.
-dorme- sussurrò Lovino, guardando il suo fidanzato -pesa?
-per niente, tranquillo- rallentò leggermente il passo -mi dai un bacio?
Lovino roteò gli occhi e si fermò nel bel mezzo del corridoio, imitato dall'altro. Gli posò una mano sulla guancia, sorridendo leggermente quando lui girò per baciargli il palmo della mano, e si sporse per baciarlo, lentamente, con calma. E lì, con la loro bimba tra loro e il suo anello improvvisato al dito, Lovino pensò di aver sviluppato qualche altro potere, perché era tutto così calmo che dovevano essere stati rinchiusi in una qualche bolla solo per loro. Dopo qualche secondo osò allontanarsi, posando la fronte contro la sua. Antonio gli sorrise, baciandolo di nuovo, naturalmente, ed era tutto così calmo. Niente casini, niente rotture di palle... solo loro due e la loro bambina che dormiva. E Cesare, che li osservava in silenzio.
Antonio lo strinse a sé con il braccio libero, con due occhi troppo innamorati per una persona sola. Aprì la bocca per dire qualcosa, l'italiano si chiese ironicamente quale cazzata melensa distruggi-ginocchia-scatena-farfalle avrebbe tirato fuori.
-ti amo- e come sempre era la più sdolcinata e la più semplice. Un altro bacio -un giorno devi spiegarmi come fai a rendere tutto più bello.
-non rendo bello un bel niente- replicò a bassa voce, nascondendo il viso contro la spalla libera. E lì, con i suoi due amori, vecchio e nuovo, romantico e puro, tra le braccia, Antonio si sentì così completo e puro da poter piangere.
Però anche quel momento dovette finire. Lovino si scostò da lui, con le guance rosse, e gli prese la mano libera -andiamo dal nonno, dai.
Feliciano, che aveva osservato la scena con un leggero sorriso, disse qualcosa in italiano che gli valse uno scappellotto dal fratello, che sotto svotto sorrideva. Antonio si dovette trattenere dal baciarlo di nuovo e per sempre, senza staccarsi più.
-nonno! Vieni fuori, è una cosa importante.
Si sentì un tonfo, un paio di voci e poi un Romolo con delle occhiaie lunghe fino a terra aprì loro la porta.
-Feli, ti ho già detto che...- si accorse degli altri -oh. Ciao. Chi è quella bambina?
Lovino e Antonio si guardarono. Fu Lovino a rispondere.
-mia figlia.
Romolo sgranò gli occhi. Si girò verso l'interno della sala -scusate un attimo- chiuse la porta e tornò a rivolgersi a loro -hai messo incinta una ragazza? Pensavo fossi gay. Chi è, Belle? Credo abbia un debole per te. Guarda che non mi arrabbio.
Lovino sgranò gli occhi -cos... no! La voglio adottare- indicò Mia -e ha quattro anni. Quando cazzo avrei dovuto concepirla, eh?
-ha quattro anni? È grandina- si stropicciò gli occhi -quindi vorreste adottarla.
Antonio annuì -sì. È legale?
-la verità? Ci sono tanti di quegli orfani in giro che se ve ne prendete uno gli fate solo che piacere. Chiuderanno un occhio.
-e... veramente ci sarebbe altro.
Romolo guardò Antonio -è figlia tua?
-no! Cioé sì, la considerò mia figlia, ma non l'ho fatta io.
Lovino roteò gli occhi -nonno, mi sposo. Cioé, non una cosa ufficiale perché non è legale ma una... festa simbolica, ecco.
-davvero?- inarcò un sopracciglio verso Antonio -con lui? E si è proposto senza dirmi niente?
-e grazie al cazzo, non esci da lì da giorni! Quando avrebbe dovuto chiedertelo, eh?
Romolo sbuffò, brontolando qualcosa in latino. Guardò il nipote.
-sei assolutamente sicuro? Al cento per cento?
Lovino annuì -sì.
Romolo sospirò, pensando per qualche secondo. Poi parlò -non è illegale.
Lovino sgranò gli occhi -co... cosa?!
-non è illegale- ripeté, lentamente -ho insistito due giorni su quel punto, e alla fine mi hanno dato ragione. Il matrimonio omosessuale è legale. Li ho costretti a scriverlo nella costituzione, così sarà più difficile cambiarlo- sembrò ripensarci -cioé, non proprio quello. Ho fatto scrivere che non si può discriminare qualcuno per nessun motivo, neanche l'orientamento sessuale, il che comprende il matrimonio. Quindi sì. Potete sposarvi legalmente.
Lovino sentì qualcosa scorrergli lungo la guancia. Fece per portarsi una mano al viso per toglierla, ma si sentì tirare in un abbraccio così forte da mozzargli, piacevolmente, il respiro.
La voce di Antonio direttamente contro l'orecchio gli fece tremare le gambe -ti amo- un bacio si posò sulla guancia, togliendo quella cosa, oh era una lacrima. Lovino si girò per baciarlo, con una mano sul suo collo per tirarselo più vicino.
Per tutto quel movimento improvviso, Mia si svegliò, sbadigliando. Si stropicciò gli occhi con i pugni chiusi e si girò, incrociando lo sguardo del suo papa.
-buenos dias, niña. Dormito bene?
Annuì, appoggiandosi alla sua spalla. Dietro lo spagnolo vide zio Feliciano e un uomo che non aveva mai visto prima. Lo indicò -papa, chi è?
-non si indica, Mia- la rimproverò Lovino, abbracciando sia lei che il papa -è mio nonno, Romolo.
-uhm- seppellì il viso contro la maglietta di Antonio, ancora mezza addormentata -quindi è il mio... doppiononno?
-quasi. Si dice bisnonno.
-bisnonno- ripeté. Fece un cenno di saluto -ciao bisnonno. Sono Mia- disse in italiano.
Si sentì afferrare la mano da un'altra più grande e callosa, ma calda e rassicurante in qualche modo. La mano strinse la sua in gesto di saluto.
-ciao, Mia. È un piacere conoscerti.
Mia guardò Lovino -che ha detto?
-è un piacere conoscerti- ripeté. Poi glielo tradusse.
-oh! Come si dice "anche per me"?
Glielo disse, lentamente per farglielo capire. Mia si girò verso il bisnonno -anche per me, bisnonno.
-chiamami nonno- le sorrise. Feliciano gli posò una mano sulla spalla.
-nonno, quando finisci qui? Ci manchi.
Romolo sospirò -in teoria tra poco. Abbiamo quasi finito.
-ma chi c'è lì?
-vari esponenti politici. Cerchiamo di fare una costituzione che vada bene a tutti, ecco.
Feliciano lo abbracciò -quando finirà questa storia te ne stai buono per un po'.
-come faccio?- abbozzò un sorriso, stringendolo. Fece l'occhiolino a Lovino -abbiamo un matrimonio da organizzare.
Quello sbuffò -ci pensiamo noi due. Il matrimonio è il nostro.
-pff. Questo lo dici tu.
Mia tirò una ciocca di capelli allo spagnolo -papa?
-dime.
-io posso aiutarvi con il matrimonio?
-claro que si! Tu eres nuestra niña.
Annuì, soddisfatta -muy bien- rispose, fiera del suo spagnolo -ora mi metti giù, papa?
-por supuesto- rispose, posandola a terra. Non appena ebbe i piedi a terra corse dal nonno, abbracciandolo all'altezza dei fianchi.
-puoi stare con papà e zio Feli?- chiese, facendogli gli occhioni -sono tristi senza di te e non voglio che siano tristi. E poi non ho mai avuto un bisnonno prima, voglio conoscerti e giocare con te, e puoi insegnarmi il tino.
-latino- la corresse Lovino, con un piccolo sorriso.
-latino. Il latino- guardò il padre -è giusto l'articolo?
-giustissimo, tesoro.
Mia sorrise e tornò a guardare il nonno -quindi? Puoi?
Romolo esitò -devo finire delle faccende- la prese in braccio, stampandole un bacio sulla fronte -però poi starò con voi quanto vorrai.
-promesso?
-promesso.
-va bene. Ora mi metti giù? Per favore?
Romolo rise, obbedendo -certo piccola.
-non sono piccola- si imbronciò.
-Giove onnipotente, è proprio vero che la genetica non conta niente- rise -tutta suo padre.
Joāo sbucò dalla porta -Romolo, ti vogliono.
Mia lo guardò, guardò Antonio, di nuovo lui e di nuovo Antonio.
-tio Joāo?- chiese, sottovoce. Il padre annuì.
-tio Joāo- confermò. Il diretto interessato aggrottò la fronte.
-zio?- abbassò lo sguardo su Mia, poi lo riportò al fratello -hai una figlia? Pensavo fossi gay.
-bisessuale, e l'abbiamo adottata. Cioé, non ancora. La stiamo adottando. Quindi congratulazioni, sei zio!
-oh. Bello.
Mia lo salutò con la mano -hola, tio Joāo!
-olà. Come ti chiami?
-Mia- rispose, stringendogli la mano -è un piacere conoscerti- disse in italiano, guardando suo padre alla ricerca di una conferma. Lovino annuì, spettinandole i capelli.
-giusto, brava.
-adesso arrivo- intervenne Romolo -saluto loro.
Antonio disse qualcosa in spagnolo che Mia non capì e raggiunse suo fratello per abbracciarlo. Mia prese la mano all'altro padre per attirare la sua attenzione.
-papà?
-dimmi piccola.
-avrò anch'io un fratello?
Per poco non si strozzò.
-un giorno. Forse- le rispose.
-e come faccio ad averne uno?
Lovino si irrigidì -non... uhm...- perché non le chiedeva ad Antonio queste cose?!
-niña vieni, dai un beso allo zio- intervenne Antonio. Bravo bastardo, ti sei reso utile.
La bambina trotterellò verso il padre e lo zio e si lasciò prendere in braccio per stampare un bacio sulla guancia dello zio.
Qualcuno chiamò i due dall'interno. Romolo sospirò.
-dobbiamo andare.
-ci vediamo a cena- impose Feliciano.
-non so se...
-ci vediamo a cena- concordò Lovino.
-non vi...
Mia gli afferrò il braccio -per favore, nonno...
Romolo sospirò.
-va bene, va bene.
Lovino stampò un bacio sulla fronte di sua figlia -brava, piccola.
Romolo roteò gli occhi, divertito.
Joāo riaprì la porta -noi andiamo.
-ciao bisnonno, ciao zio!- li salutò Mia, agitando la mano. Romolo ricambiò il saluto, sorridendole.
-ciao, bisnipote!
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