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Capitolo quarantaquattro

-come funziona il matrimonio?- chiese Mia, sulle spalle di Antonio.
-uhm, c'è tipo un signore, un sindaco o un prete o boh, e i due sposi vanno da lui che fa un discorso e dice tipo "vuoi tu, Tizio Caio, prendere come tuo sposo Quinto Sempronio e giurargli fedeltà e blablabla", Tizio Caio dice "lo voglio" e mette la fede a Quinto Sempronio. Poi il tale chiede a Quinto Sempronio la stessa cosa, Quinto Sempronio fa la stessa cosa, firmano dei fogli, si baciano e bam, sposati.
-oh. Quindi tale vi chiederà "vuoi tu, papà Lovino, prendere papa Antonio..."
Antonio rise -no, niña, userà i nostri nomi completi. Nome e cognome.
-aah. E quali sono i vostri?
-Antonio Fernandez Carriedo- rispose lui, stringendo la mano al suo futuro marito. Che belle quelle tre parole.
-che nome lungo- commentò Mia.
-ho il doppio cognome.
-e il tuo, papà?
-Lovino Romano Vargas- rispose, trattenendosi a stento dal roteare gli occhi. Il secondo nome l'aveva scelto suo nonno, e si poteva notare facilmente. Quell'uomo era decisamente troppo fissato con l'Antica Roma.
-un altro nome lungo. Hai anche tu il doppio cognome?
-no. Romano è il mio secondo nome, Vargas il cognome.
-oh- Mia si illuminò -anche io ho un secondo nome! Però non mi piace molto.
-quale, niña?
-Margherita.
Lovino sbatté le palpebre -Margherita? Quindi sei Mia Margherita?
La bimba annuì -sì! Che cognome ho?
-se ti adottiamo non so... puoi tenere quello vecchio o prendere i nostri, uno solo o entrambi, come vuoi pequeña- rispose Antonio. Si girò verso l'italiano -vero, querido?
La testa di Lovino stava lavorando. Si fermò nel bel mezzo del corridoio, mentre ripercorreva la conversazione con sua madre. C'era una frase che non gli era stata chiara all'inizio, però...
Goditi la mia pizza anche da parte mia
Mia pizza.
Mia Margherita.
Sua nipote. Per poco non scoppiò a ridere, che pessimo gioco di parole.
Antonio gli accarezzò la guancia con la mano libera -Lovi? Tutto a posto?
-io...- scosse la testa, con un piccolo sorriso. Sapevi già tutto, vero? Stronza -niente. Solo... niente, una cosa mia.
Mia si imbronciò -non ti piace come mi chiamo.
-non è vero, piccola- dovette sollevare il viso per guardarla, una cosa strana -Margherita è un nome stupendo. Sai che c'è un cibo buonissimo che si chiama così? Te lo cucinerò.
-promesso?
-promesso- le strinse la manina per suggellare il patto e tornò a stringere quella del suo fidanzato -ora cosa facciamo?
Mia ci pensò su per qualche secondo -andiamo in camera tua e mi aiuti a leggere qualcosa?
Abbozzò un sorriso -certo. Vediamo se trovo qualcosa che possa piacerti. Magari un libro sui miti romani.
-sì!

Feliciano? Ne aveva approfittato per passare a vedere se Ludwig era in camera sua, per stare un po' da solo con lui, senza bambini pestiferi intorno.
Per un colpo di fortuna lo trovò lì, sul letto a pancia in su a leggere un libro in tedesco. Abbozzò un sorriso, chiudendosi la porta alle spalle -ciao Luddi!
-mh?- si girò a guardarlo, evidentemente era così preso dalla lettura da non essersi accorto del suo ingresso -oh, ciao Feliciano.
L'italiano si intenerì, Ludwig era così carino mentre leggeva!, e si sfilò le scarpe per intrufolarsi nel letto con lui, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. Lasciò un bacio sulla pelle pallida del suo ragazzo, abbracciandolo, e socchiuse gli occhi. Ludwig prese ad accarezzargli i capelli con la mano libera, l'altra impegnata a reggere il libro sopra la sua testa.
-ti amo- mormorò dopo un po', e quell'affermazione fu seguita da un tonfo. Sollevò lo sguardò e rise, a Ludwig era caduto il libro in faccia. Gli stampò un bacio sulla guancia.
Ludwig in risposta posò il libro sul comodino e si girò verso di lui, abbracciandolo forte. Feliciano sorrise sistemandosi meglio, quanto adorava i muscoli del suo ragazzo, erano stupendi al tatto. Stava giusto percorrendo il profilo di un bicipite con la punta delle dita quando sentì un sussurro appena vicino all'orecchio.
-anch'io...- mormorò, con quell'accento tedesco così adorabile alle sue orecchie -anche io ti amo, intendo.
Lo baciò, sulle labbra questa volta. Posò anche una mano dietro il suo collo per tenerselo vicino e baciarlo meglio, lasciandogli completo accesso alla sua bocca. Accesso di cui Ludwig approfittò, timidamente, serrando le mani sui suoi fianchi e strappandogli un piccolo gemito. Seppellì le mani tra i suoi capelli, li tirò, li strinse per impedirgli di allontanarsi, quasi con ferocia, e si sentì gemere ancora quando il tedesco spostò le mani sul suo fondoschiena e se lo spinse più vicino. Si allontanò per guardarlo, senza fiato, godendo delle sue guance rosse e del suo affanno, simile in tutto e per tutto al suo. Gli accarezzò le labbra lucide con il pollice, passando poi alla guancia. Sentiva il suo respiro sul viso, e vederlo spettinato, spettinato per colpa sua, gli diede una certa soddisfazione. Gli stampò un piccolo bacio prima di parlare.
-Ludwig...- il suo nome per intero, senza nomignoli, puro, detto con un tono che puro non era, a metà tra un sussurro roco e un mugolio -un giorno- continuò, inumidendosi le labbra -lontano o vicino, non mi importa- aggiunse, tanto per essere chiari. Inspirò profondamente prima di porre la domanda -vorresti fare l'amore con me?
Le guance del tedesco divennero più rosse di quanto già non fossero, ma la sua risposta fu sicura -sì.
Feliciano sorrise maliziosamente, accarezzandogli la guancia. Gli stampò un bacio -anch'io- gli stampò un altro bacio e lo guardò dritto negli occhi -quindi non avere paura di osare un po' di più. Non sono fatto di porcellana.
E, a riprova delle sue parole, tornò a baciarlo, questa volta decisamente non a stampo. Ludwig sgranò gli occhi, ma poi si lasciò andare e, anzi, fu lui il primo a superare la barriera dei vestiti, sfiorandolo sulla schiena direttamente con la punta delle mani fredde. Feliciano sobbalzò, ma cercò di non darlo a vedere, sfiorandogli gli addominali con le dita. Ridacchiò contro le sue labbra e si staccò il tempo di esclamare un "muscoli!" contro le sue labbra prima che quello lo riportasse al loro bacio, con una prepotenza che, per qualche motivo, gli piacque fin troppo. Gli tirò leggermente i capelli per dispetto, cercando di prendere un minimo il controllo della soluzione ma fallendo, un po' di proposito, lasciandosi invadere completamente la bocca dalla lingua dell'altro, sentendo il suo sapore contro la propria, il suo profumo mascolino lo avvolse e Feliciano sentì lo stomaco contrarsi in una stretta così dolorosa e piacevole da mozzargli il respiro più di quanto non lo fosse già, spingendolo a fare sempre di più. A toccarlo sempre di più, superando definitivamente il confine della maglietta con entrambe le mani, sfiorando i muscoli lisci, tracciando linee di fuoco sulla sua pelle, studiando con il tatto il suo fisico. A cercare contatto con lui sempre di più, premendosi addosso a lui, strusciandosi leggermente contro il suo corpo, spingendosi ancora di più contro la sua bocca. E infine a lottare sempre di più, a mordergli le labbra, a giocare con la sua lingua, a invadergli la bocca con la sua per dargli quanto più fastidio possibile, sempre di più, sempre di più, finché...
Nascose il viso nell'incavo del suo collo, imbarazzatissimo. Mormorò un debole -scusa- contro la sua pelle, facendogli aggrottare la fronte.
-perché ti scusi?- lo abbracciò, in maniera più tenera, stampandogli un bacio sulla spalla -è, uhm, stato bello.
Feliciano annuì -sì- lo strinse, il tempo di riprendere fiato e far sparire il sangue dalla faccia. Poi si scostò da lui -uhm... credo di dover tornare in camera per...- deglutì, a disagio -cambiarmi.
Ludwig annuì, ma non lo lasciò andare. Continuò a tenerlo stretto, dandogli di tanto in tanto qualche bacio sulla spalla. Feliciano si sistemò meglio nel suo abbraccio, e notò qualcosa che fece arrossire il tedesco questa volta. Si lasciò sfuggire un sorrisino -oh.
Ludwig brontolò qualcosa in tedesco prima di mormorare un imbarazzatissimo -credo di aver bisogno del bagno.
Feliciano lo baciò sulla guancia, lasciando andare la testa contro la sua spalla per qualche minuto. Poi fece scivolare una mano, intraprendente, fino al problema, e guardò il suo ragazzo con un labbro tra i denti -posso?
Ludwig non poté fare a meno di annuire

Feliciano correva per i corridoi semideserti, con un sorriso enorme stampato sulle labbra. Schivò un ragazzo con un'enorme pila di documenti in mano, salutò una ragazza e accelerò.
Arrivato alla camera di suo fratello ebbe l'accortezza di bussare. Dall'interno venne uno sbuffo.
-Mia, ti ho detto che anche se non sono dei genii devi stare con gli altri bambini, non puoi stare solo con noi due per il resto della vi...- iniziò Lovino, ma quando aprì la porta e lo vide si interruppe -ah, cia...- notò il morso sul suo collo e lo trascinò in camera, chiudendo la porta -bene. Ora mi dici che ti ha fatto il crucco e poi decidiamo quante ossa gli devo spezzare.
Feliciano aggrottò la fronte -guarda che ho iniziato io.
Lovino alzò gli occhi al cielo, tornando a sedersi sul letto -grazie al cazzo che hai iniziato tu, Feli, se aspetti lui fai in tempo ad avere bisogno del viagra. È una questione di principio: tocchi mio fratello, ti faccio saltare i denti.
Un braccio sbucò dalle coperte e cercò a tentoni Lovino, facendo ridacchiare il diretto interessato. Feliciano prese a torturarsi le mani, improvvisamente imbarazzato.
-ho... ho interrotto qualcosa?
Il proprietario del braccio, Antonio senza maglietta, si mise seduto, rendendosi visibile, e appoggiò la testa alla spalla del suo ragazzo con uno sbuffo.
-per poco no- rispose, un po' scocciato. Lovino gli tirò un ricciolo.
-zitto, voglio sentire. Feli, siediti e racconta.
Chiedendosi cosa ci avessero fatto quei due su quel letto, Feliciano optò per sedersi in terra, sul tappeto. Intrecciò le dita delle sue mani, cercando il modo di spiegarsi -uhm...
-ti siedi- notò Lovino -è già positivo- allontanò da sé il suo ragazzo -e tu vestiti, mi distrai.
-hai tu la mia maglietta.
-vanne a prendere un'altra.
Antonio roteò gli occhi e si sedette alle spalle del suo ragazzo, in modo da non farsi vedere -così va bene?
-mh. Vai Feli, voglio sapere tutto.
-non... non era niente di che...- mormorò, con le guance rosse. E lui che rimproverava suo fratello per l'imbarazzo che aveva a parlare di quelle cose... ora lo capiva -uhm, ci siamo... ci siamo baciati più... più e io, uhm...
Lovino ghignò -ora mi capisci, stronzetto- diede uno schiaffo alla mano del suo ragazzo, che si era posata sul suo fianco -com'era? "Sei troppo pudico!"
-fottiti- brontolò, chinando la testa per nascondere il suo rossore -uhm... sono...
-venuto?- suggerì Lovino, ghignando. Feliciano roteò gli occhi.
-ti soddisfa tutto questo, vero?
-abbastanza.
-comunque Luddi è stato dolcissimo- aggiunse -mi ha riempito di coccole e baci.
-ci mancherebbe altro.
-e, uhm, io gli ho... uhm... fatto una...- mimò il gesto con la mano. Sentiva le guance ardere.
Lovino annuì -capisco. Be', è un primo passo.
Antonio, con il mento sulla spalla del suo fidanzato, sorrideva intenerito -che carini i primi amori.
Lovino sollevò la spalla per cercare di colpirlo nei denti, invano -sei un po' troppo giovane- brontolò -se ti becco che zoppichi quel crucco si pentirà di essere uscito dall'uovo di mamma crucca.
-uovo di... eh?
-i crucchi sono esseri strani. Nascono in modo strano.
Feliciano roteò gli occhi -è tedesco, non è un serpente.
-questo lo dici tu. A proposito di serpenti, com'è messo sotto?
Antonio lo guardò male -e a te cosa importa scusa?
Lovino roteò gli occhi -niente. Voglio solo sapere se mio fratello è soddisfatto. Preferisco non pensare ai cazzi della gente di solito.
Ghignando, Antonio si sporse a sussurrargli qualcosa all'orecchio, facendogli roteare gli occhi -una battuta meno scontata no?- si girò verso il fratello -quindi?
-ma che ne so...- brontolò, coprendosi il viso con le mani -non sono stato mica a guardare...
-Gil era curioso a riguardo- rifletté Antonio ad alta voce -diceva che voleva capire chi dei due fosse il fratello più dotato.
Lovino si sbatté una mano in faccia -che cosa idiota. Però sarei curioso di sapere se tra gemelli è uguale- ghignò -e in caso contrario magari prendermi il gemello messo meglio.
Antonio mugugnò qualcosa e lo strinse da dietro, nascondendo il viso contro la sua spalla -non osare.
-comunque, Feli, se hai intenzione di dargli il culo io devo essere il primo a saperlo. E dico intenzione perché non lo farai senza la mia benedizione.
Feliciano roteò gli occhi -sì, certo.
-sono serio.
-tu mica mi hai chiesto il permesso.
-io sono il maggiore.
-non mi pare che Antonio abbia chiesto qualcosa al nonno.
Lovino sbuffò -non cambiare argomento. Hai l'intenzione o no?
Feliciano si morse il labbro -ora come ora... no. Un giorno sì.
Lovino sbuffò -ricorda i preservativi, non fare il coglione. Fidati, aiutano. E parlane con il crucco prima.
Feliciano sbuffò -è che si imbarazza sempre quando viene fuori l'argomento...- anche se poi nel pratico non si fa troppi problemi, pensò, con un sorrisetto.
-be', qualcosa dovete pur dirvi. Per fargli capire che vuoi non devi per forza parlarne ad alta voce.
-in... in che senso?
-comunicazione non verbale. Fa miracoli. Guarda- si girò verso il suo fidanzato e posò la fronte contro la sua, guardandolo dritto negli occhi. Antonio lo baciò, tirandoselo più vicino.
Dopo qualche secondo Lovino tornò a girarsi verso il fratellino -visto? Non gli ho detto che volevo un bacio, gliel'ho fatto capire.
-ora come ora Antonio ha tanti di quegli ormoni che ti avrebbe baciato comunque- gli fece notare, facendo sbucare un sorrisino colpevole sul viso del diretro interessato. Lovino alzò le spalle.
-sì, be', il segreto è anche nel fargli salire gli ormoni al momento giusto. È assurdo come sia facile.
Antonio sospirò -che vuoi farci? Sei troppo bello- lo baciò sul collo, facendolo sbuffare.
Feliciano si alzò -be', vi lascio. Grazie per la chiaccherata. Divertitevi- si girò ed ebbe a mala pena il tempo di sentire il rumore di qualcosa, qualcuno, che veniva sbattuto contro il letto e un'imprecazione mezza soffocata prima di chiudersi la porta alle spalle.
Sospirò, aveva voglia di vedere Ludwig ora, ma era occupato.
Ma niente mi vieta di disegnarlo decise, andando verso la sua camera.

Lovino sbuffò sedendosi al suo posto. Gilbert seguì la direzione del suo sguardo e annuì -è da quando sono arrivati che sono così.
-io li trovo carini.
A chi si riferivano? Ludwig e Feliciano, appiccicati con la colla. L'italiano era seduto sulle gambe del suo ragazzo, con le labbra premute sulle sue e le mani dietro al suo collo.
Lovino sbuffò -posso tirare un calcio a tuo fratello?
Gilbert ghignò -dubito se ne accorgerebbe. Con Feli appiccicato così...
-se glielo tiro sulla minchia penso proprio di sì.
-papà!- Mia corse da loro. Antonio si girò verso di lei e la prese in braccio, abbracciandola forte.
-la mia bambina!- esclamò, facendola sedere sulle sue gambe e continuando ad abbracciarla. Eliza inarcò un sopracciglio.
-papà?
-la adottiamo- disse semplicemente Lovino. Diede un coppino a suo fratello, facendolo allontanare.
-ahio.
-ci sono dei bambini. Scollatevi.
Mia tirò la manica al padre -papà, cos'ha zio Feli sul collo?
Lovino mentalmente maledì nei peggio modi il crucco -niente tesoro...
-ce l'avevi anche tu prima- abbassò leggermente il colletto della maglia a collo alto del padre, scoprendo un altro segno -cos'è, qualcosa di brutto? State male?- sembrava terrorizzata.
La lista di imprecazioni mentali di Lovino aumentò -no no, solo... un insetto. È la puntura di un insetto molto stupido e molto fastidioso- Antonio alzò gli occhi al cielo, divertito -ma non fa male, tranquilla.
-e pungerà anche me?
-no no, punge solo i grandi- le accarezzò i capelli, con un sorriso che sperava fosse rassicurante -non ti farà niente, tranquilla. E non fa male, lascia solo questi segni brutti- si tirò su il colletto, incenerendo con lo sguardo Antonio che se la rideva sottovoce -ora dimmi, hai fatto amicizia con gli altri bambini?
Mia si imbronciò -sono cattivi, non volevano farmi giocare. Però una ha giocato con me ed è abbastanza simpatica.
-visto? Te l'avevo detto. Come si chiama?
-Cheryl- guardò Eliza per qualche secondo, poi si girò verso Lovino e si sporse a sussurrargli nell'orecchio -è quella della favola?
Lovino annuì, divertito -non si sussurra all'orecchio, tesoro.
-scusa papà.
-lo so che la mia ragazza è bellissima, ma vorrei sapere per quale delle sue quasi magnifiche quanto me qualità ha stupito la mia nuova nipote.
-nipote 'sta ceppa di minch...- venne zittito da Antonio. Mia guardò Gilbert, poi il padre italiano.
-è lui?
-sì.
-oh!- si girò verso la coppia, con gli occhi luminosi -siete fantastici!
-lo so.
Eliza roteò gli occhi -sei un cretino- si rivolse alla bambina -perché dici così, tesoro?
-papà mi ha raccontato la vostra favola.
-la nostra... favola?
Mia annuì -sì! Come finisce?
Gilbert le fece l'occhiolino -e chi ha detto che debba finire?
Mia aggrottò la fronte, confusa. Lovino sbuffò -non fare lo spaccone con mia figlia, crucco.
Mia tirò la manica al padre ispanico -papa?
-dime, niña.
-la favola di te e papà com'è?
Antonio le accarezzò i capelli, sorridendo leggermente -te la racconteremo, mh?
-ha un finale?
-un bellissimo finale. I due protagonisti si sposano e adottano una bellissima bambina- le toccò il naso, facendoglielo storcere -e vissero per sempre felici e contenti.
-porti sfiga- commentò Lovino.
-sono positivo.
-seh.
Mia dondolò i piedini nel vuoto, contenta -posso mangiare con voi?
-però ti devi presentare, piccola. Solo Feliciano qui ti conosce.
-usando il nome completo?- chiese -come ci si presenta?
-saluti, dici il tuo nome completo e, se lo è, dici che è un piacere conoscervi.
-ciao- cominciò, guardando le persone davanti a sé -sono Mia Margherita Vargas Fernandez Carriedo e penso che sarà un piacere conoscervi.
Lovino sorrise intenerito e la prese dal grembo del suo fidanzato per abbracciarla -brava la mia bambina- le sussurrò, in italiano. Era così adorabile che voleva spupazzarsela un po'. La baciò sulla spalla, continuando a stringerla -sono tanto, tanto fiero di te.
-papà- si lamentò -non ti capisco. E non sono una bambina.
-sei la mia bambina.
-no.
-sì.
Eliza aveva gli occhi a cuore -ma che dolci!
Gilbert appoggiò la testa sulla sua spalla, abbracciandola -ora ho voglia di coccole, mein liebe.
-prenditi un cane allora.
-daiii.
Antonio circondò le spalle del suo fidanzato con un braccio, abbracciando lui e la loro bambina.
Feliciano rise -e poi sono io quello troppo affettuoso.
-fottiti- replicò suo fratello. Antonio gli tirò la guancia.
-non dire le parolacce.
-ahia- se lo scrollò di dosso in malo modo, scocciato, e strinse le mani di Mia -devi mangiare- la baciò sulla guancia -sei troppo magra.
-mi fai la margherita papà?
-un altro giorno.
-promesso?
-promesso. Però devi mangiare tanto oggi, va bene?
-va bene- si allontanò da lui e si sedette nel posto libero affianco a lui, dondolando i piedi nel vuoto. Dopo qualche secondo si girò verso il padre -però che mangio?
Lovino roteò gli occhi divertito e si alzò, porgendole la mano -andiamo a vedere cosa c'è di buono, dai.
Mia gli prese la mano contenta e scese dalla sedia, seguendolo verso il tavolo della mensa.
Quando furono abbastanza lontani Gilbert schioccò le dita davanti alla faccia dello spagnolo per attirare la sua attenzione -bene. Ora mi dici perché da un giorno all'altro hai una figlia.
-be', sai, visto che, a differenza di Eliza, né io né Lovi abbiamo un utero, abbiamo deciso di adottare Mia, superando la questione dei nove mesi.
Gilbert roteò gli occhi -fin lì lo so, genio, intendevo per quale cazzo di motivo avete deciso di adottare una bambina all'improvviso? È una cosa seria.
-lo sappiamo benissimo. Ma è un periodo di merda, ci siamo affezionati a lei e lei a noi e non ce la siamo sentita di lasciarla al destino. Forse è improvvisa come cosa, ma le daremo tutto l'amore del mondo e saremo i genitori migliori possibili.
Gilbert inarcò un sopracciglio -tutto molto bello, ma come soldi...
-ho praticamente una laurea in medicina, devo solo dare un paio di esami, qualcosa di buono lo trovo. Quanto a Lovi...- alzò le spalle -si inventerà qualcosa, non lo so.
-ma...
-la guerra produce troppi orfani- lo interruppe -e se possiamo aiutarne una, lo faremo.
Gilbert sbuffò -come vuoi. Lo dico per te.
Tornò a sorridere -non serve, amigo, ma gracias.
-però deve chiamarmi zio Gilbert.
-ah, quello lo devi chiedere a lei. È testarda quanto Lovino, non c'è che dire- sogghignò e si sporse verso l'amico -e io? Diventerò tío Antonio a breve?
-rispondo io- intervenne Eliza -no.
Gilbert le circondò le spalle con un braccio -liebe...
-no.
-ma...
-hai mai assistito a un parto?- gli chiese. Gilbert scrollò le spalle.
-no. Quando è nato Ludwig mio padre mi ha tenuto lontano.
-io sì. Non ho mai sentito delle urla peggiori, e sinceramente non mi va a vent'anni di farmi sfondare la vagina dalla testa di un bambino.
-dai, non può essere così male...
Eliza lo incenerì con lo sguardo -immagina di far passare un'anguria, una di quelle belle grosse, attraverso un buco grosso quanto una noce, senza rompere l'anguria.
-è impossibile.
doloroso.
-sì... magari questo discorso continuatelo da soli, senza Mia nei paraggi, non mi va che faccia incubi, mh?
-ma che bravo paparino- sogghignò Gilbert. Diede una gomitata a suo fratello, di nuovo appiccicato a Feliciano -e che cazzo, anche basta. C'è del cibo, non serve che vi mangiate la faccia a vicenda.
Feliciano gli rivolse un piccolo sorriso imbarazzato -ops...
Un vassoio si posò davanti ad Antonio. Sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi di Lovino, alle sue spalle, con un altro vassoio in mano.
-ti ho preso da mangiare, idiota- brontolò, tornando a sedersi al suo posto, seguito da Mia, tutta soddisfatta del suo vassoio colmo di roba.
Antonio sorrise intenerito e stampò un bacio sulle labbra del suo ragazzo, e poi dicevano che Lovino non era dolce o premuroso... bah, non capivano proprio un cazzo.
-grazie mi amor.
-mh.
-a proposito- si girò verso Gilbert -tu e Francis mi fate da testimoni?
Il tedesco rischiò di strozzarsi -come scusa?!
-ma sì, al matrimonio di me e Lovi.
Eliza si illuminò -vi sposate?
-certo. Non ve l'abbiamo detto?
Lovino si sbatté la mano in faccia -idiota.
-io porterò gli anelli!- intervenne Mia.
-non parlare con la bocca piena- la rimproverò Lovino.
-che mammina premurosa che sei- sogghignò Feliciano, parlandogli in italiano.
-ti tiro una ciabattata che ti resta il segno per mesi se non taci.
Feliciano rise -appunto.
-sei fortunato che non abbia dietro uno zoccolo... e staccati un po' da quel crucco, mi traumatizzate Mia.
-papà?- lo chiamò la bambina -perché quel tizio continua a baciare sul collo zio Feli?
Appunto. Si trattenne dal darsi una manata in faccia -il tizio si chiama Ludwig ed è il ragazzo di zio Feli- brontolò.
-va bene. E perché lo bacia?
-perché è un maniaco pervert...
Antonio lo interruppe -perché è una cosa che si fa con la persona che ami!
-anche tu e papà lo fate?
-be'... sì.
-oh. Capito- e tornò a mangiare. Brava bambina.
Lovino incenerì suo fratello con lo sguardo -te l'avevo detto!
-ops...- scese dalle gambe del suo ragazzo e si sedette al suo posto.
-comunque l'addio al celibato te lo organizziamo noi- intervenne Gilbert.
-se lo portate in qualche posto strano vi ammazzo- intervenne Lovino. Mia aggrottò la fronte.
-cos'è l'addio al cel... celi...
-celibato.
-quello. Cos'è?
-una piccola festa che si fa prima delle nozze, da soli con i propri amici.
Feliciano guardò Eliza -ci pensiamo noi a quello di Lovino, vero?
Quella ghignò -ovvio.
-non ci pensate nemmeno.
La ragazza si girò verso la bambina -tesoro, vorresti aiutarci a fare la festa al tuo papà?
-sì!
Che stronza. Ora aveva le mani legate.
Gilbert era sempre più innamorato perso.
-allora ci darai una mano.
-sei perfida.
Eliza gli mandò un bacio.
Gilbert si sfregò le mani -kesesesese, sarà divertente!
Eliza gli tirò un ciuffo di capelli -ti tengo d'occhio. Niente cavolate.
-ahia! Niente di strano, giuro!
-bravo- e lo lasciò stare.
Mia tirò la manica di suo padre per attirare la sua attenzione.
-papà?
-dimmi niña.
-ma tutte le persone innamorate sono così strane?
Antonio rise sotto i baffi -di solito sì, niña.

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