Capitolo quarantacinque
Gilbert osservava Eliza dormire, con il viso a un palmo dal suo, ma senza vederla veramente. Pensava a tutt'altro, ma ciò non gli impediva di ammirare quanto fosse sempre bella, soprattutto così, scarmigliata e addormentata dopo aver fatto l'amore.
In realtà non era vero. Eliza non dormiva, non proprio. Se ne accorse quando la sentì mugugnare un -se stai pensando di mettermi incinta a tradimento te lo stacco a morsi.
Rise, scostandole una ciocca di capelli dal viso -non farei niente del genere senza il tuo permesso, amore.
-meglio per te- brontolò, nascondendo il viso contro il suo petto -o ti mollerei seduta stante e ti manderei all'ospedale per minimo un mese.
Gilbert se la strinse contro, ridacchiando sottovoce -non lo farò, quindi resta con me per sempre- la baciò sulla testa, accarezzandole i capelli -ti amo.
Eliza mugugnò qualcosa, scocciata, e riaprì gli occhi -possibile che tu non mi lasci mai dormire?- gli salì sopra, chinandosi a baciarlo. Gilbert le sollevò il viso con una mano per non farla allontanare, mentre l'altra ripercorreva lentamente il corpo di lei. Sfiorò ogni cicatrice, ogni lieve imperfezione, e si disse che no, proprio non poteva essere più bella di così. Soprattutto non quando rabbrividiva ad un suo semplice tocco.
-ma non ti stanchi mai?- chiese, divertita, allungando a tentoni la mano verso il comodino per prendere un preservativo. Gilbert la baciò, invertendo le posizioni per farle premere la schiena contro le coperte.
-di te? Mai- la baciò ancora, facendo finta di ignorare la sua risata, e questa volta la toccò con due mani. Schiena, fianchi, cosce, qualche irregolarità qua e là, tutto per lui. Eliza inarcò la schiena, tendendosi come la corda di un arco quando lui fece intrufolare una mano tra le sue gambe, stuzzicandola dispettosamente.
-ti odio- brontolò, coprendosi la bocca con la mano per non gemere quando Gilbert si fece un po' più insistente. Schiuse le gambe, instintivamente, tra le quali l'albino si accomodò senza troppi complimenti. Lasciò un bacio tra i suoi seni, dove sapeva esserci una cicatrice.
-sbrigati- mormorò, tirandogli leggermente i capelli. In risposta il tedesco le diede un altro, lungo, bacio su un'altra cicatrice, all'altezza della vita, appena sopra il fianco. La sentì imprecare e trattenne una risata.
-sei fissato con quelle cose- brontolò, riferendosi alle cicatrici -non capisco cosa tu ci trovi. Sono brutte.
-brutte?- si sollevò per guardarla negli occhi, scioccato -sono dei trofei- lei lo baciò, allacciandogli le braccia intorno al collo per impedirgli di allontanarsi e di continuare la frase. Ma Gilbert non aveva finito, e dopo un po' si allontanò da lei per concludere, stampandole un bacio sulla fronte prima di continuare -sono il segno della forza della donna che amo- disse, guardandola dritta negli occhi. Sorrise -dovresti andarne fiera.
-sono solo cicatrici dovute all'allenamento- si lamentò, stringendoselo contro -niente di che.
-ma è grazie a quell'allenamento se oggi sei così cazzuta, no?- la baciò -e se sei così bella- aggiunse.
-se lo dici tu- scese a baciarlo sul collo, allungando nuovamente un braccio verso il comodino -ora però torniamo a quello che stavamo facendo prima, mh? Anche perché mi sa che tra poco mi verrà il ciclo.
-un bravo marinaio...
-se finisci la frase ti strozzo. Poi ti lascio sopravvivere perché avrò bisogno di un bravo e paziente ragazzo che mi porti la cioccolata, mi abbracci quando vado in crisi di pianto e mi impedisca di uccidere qualcuno.
-agli ordini- le fece una leggera pernacchia dietro l'orecchio, facendola ridere.
-intanto divertiamoci- suggerì, mettendogli in mano una bustina argentea. Lo baciò a stampo -e per quanto riguarda quella questione del bambino...- si morse il labbro. Bellissima -non è un no assoluto, ecco. È un "non ora".
Gilbert le stampò un bacio -ti amo. E se avremo un bambino sarà il più bello del mondo- le sorrise -con i miei e i tuoi geni come potrebbe non esserlo?
-potrebbe essere una bambina- gli ricordò, stampandogli un bacio sulla guancia.
-bambino, bambina... perché non entrambi?
-piano. Ci ripensiamo tra qualche anno, mh?
Gilbert non riuscì a non sorridere -quindi vuoi restare con me per degli anni.
Eliza roteò gli occhi, divertita -sì, Gilbert. Tu no?
-ti ho aspettata per anni. Perché non dovrei volere amarti per altrettanti anni, e anche di più?
-Antonio ti sta condizionando troppo. Mi stai diventando diabetico.
-e ti dispiace?
-forse no- lo baciò, capovolgendo ancora le posizioni in modo da ritrovarsi sopra di lui -però ora vorrei decisamente pensare ad altro, che ne dici?
-quanto ti amo...
Francis si stava riprendendo e Arthur non riusciva a smettere di essere felice.
Stava riprendendo un po' di peso, le guance stavano ritrovando un po' di colore, le labbra erano meno secche e sempre più perfette da baciare.
-dovresti andare- continuava a dirglielo, però sotto sotto non voleva, Arthur lo sapeva -stare chiuso qui dentro non ti fa bene.
-questo lo devo decidere io- replicò, baciandogli i capelli. Francis sospirò.
-che testa di cazzo.
-potrei dire lo stesso.
-forse domani mi dimettono- gli strinse la mano -mi accompagni in camera?
-certo- lo baciò sulla guancia, facendolo ridacchiare.
-merci. Domani vengono i ragazzi?
-non lo so. Matthew di sicuro sì- gli stampò un bacio sulla fronte -Alfred... lo sai com'è fatto. Ti vuole bene, ma si perde sempre in giro.
Francis ridacchiò -è affascinato da uno dei nuovi arrivati. Il russo, com'è che si chiama? Me l'ha accennato... litigano sempre ma stanno appiccicati. Secondo Matieu si piacciono.
-Ivan? Non se ne parla, è troppo vecchio.
-anch'io sono più vecchio di te, chère.
-di un anno. Quello ne ha almeno venti in più.
-nove- replicò, annoiato -a quanto pare a voi piacciono quelli più vecchi.
-nove anni di differenza?! No, non se ne parla neanche. Perché non ne sapevo nulla?
-perché sapevano che avresti fatto l'isterico- gli accarezzò la guancia -e comunque non è detto ci sia qualcosa sotto. Magari sono solo amici. Alfred è etero?
-boh. Ha avuto una ragazza, l'anno scorso, ma non è durata molto. Non mi ha mai detto nulla sul suo orientamento, quindi non so se gli piacciano anche i ragazzi. Neanche Matthew mi ha mai detto qualcosa a riguardo, ora che ci penso.
Francis distolse lo guardo -non è detto che debba per forza piacergli qualcuno.
-mh? No, certo, può fare quel che vuole. A te hanno detto qualcosa?
-Matieu mi ha accennato qualcosina- mormorò -ma non ti dirò nulla che lui non voglia farti sapere.
Arthur sbuffò -ora sono curioso.
-non chiedergli niente, lo manderai nel panico.
-lo so, tranquillo- lo baciò appena sotto l'orecchio, divertito -sembri una madre.
-gli voglio bene.
-lo so. Non c'è niente di male- lo baciò a stampo. Francis lo trattenne, premendosi contro di lui alla ricerca di calore.
Si staccarono sentendo bussare. La dottoressa sbucò, con in mano un vassoio con sopra la cena di Francis -scusate se vi interrompo, ma l'orario di visita è finito.
Arthur lo guardò con aria dispiaciuta -devo andare.
Francis gli sorrise -lo so- lo baciò, lentamente, per qualche secondo -domani torna da me, mon amour.
-of course, darling- lo baciò sulla guancia e si alzò dal letto, allontanandosi. Raggiunta la porta si girò a guardarlo, e Francis gli mandò un bacio.
-adieu!
Con un verso di stizza, Arthur notò che suo fratello era seduto davanti ad Ivan e che ci stava parlando a una distanza un po' troppo poco distante. Li raggiunse e si sedette accanto al fratellino, scrutando con aria torva il russo.
-hello.
-hi bro! Come sta Francis?
-meglio. Domani forse lo dimettono.
-awesome!- e riprese a parlare con il russo, qualcosa sul mangiare i bambini che Arthur preferì non ascoltare. Piuttosto si girò verso Matthew.
-cosa mi sono perso?
Quello scrollò le spalle -è tutto il giorno che stanno discutendo su cosa sia il migliore tra comunismo e capitalismo- aveva lo sguardo iniettato di sangue -non ce la faccio più. Dopo cena, please, portami via con qualche scusa, così mi lascia andare.
-Matt, dude, what do you think about it?- intervenne Alfred -ho ragione io, vero?
-penso che se non la smettete troverò il modo di uccidervi e ballerò sulle vostre tombe.
-visto? Concorda con me. Voi commie siete stupidi.
-ma non parlano d'altro?- chiese sottovoce Arthur a Matthew. Lui lo guardò male.
-no. Hanno parlato anche di guerra fredda.
-my God...
-se non mi fanno santo...
-vorrei dirti di venire con me, ma ho bisogno che tu mi faccia da spia. Se quello gli mette le mani addosso devo essere il primo a saperlo.
-ho come la sensazione che più che farselo gli metterà le mani al collo per strozzarlo- replicò Matthew -e in caso penso che lo aiuterei.
-sì, be', voi due siete piccoli. Lui è troppo vecchio.
Matthew mormorò qualcosa in francese. Arthur, che a furia di sentir parlare Francis ci stava facendo il callo, capì vagamente "Alfred" e "volere". Merda, doveva farselo insegnare da Francis.
-che hai detto?
-niente- abbozzò un sorriso -Alfred, Arthur ha detto che gli Stati Uniti sarebbero dovuti rimanere sotto l'impero britannico.
-what?! No way, hanno fatto benissimo!
Arthur sbuffò -sì ma perché c'è dovuto andare di mezzo del povero tè innocente?
-per farvi più male possibile!
-ma perché il tè?
-perché l'avevate tassato troppo!
-a maggior ragione. Se costa troppo spiegami perché l'avete buttato in mare?
-per protesta!
-è stupido.
-fuck you.
-rispettami, novellino.
-ti piacerebbe. Vero Matt?- si girò a cercare il fratello, ma il suo posto ora era vuoto. Si guardò intorno -Matt?
-se n'è andato di nascosto- brontolò -che stronzo.
-by the way. Meglio gli Stati Uniti o quella comunista della Russia? gli States, vero?
-meglio l'Impero britannico- replicò, incenerendo con lo sguardo il fratello.
Alfred sbuffò -oh, com'on!
-tienimi fuori dalle discussioni con il tuo amico- calcò bene sulla parola, guardando male il russo.
Ivan gli rivolse un sorriso freddo -amico è un'esagerazione. Io e questo ragazzino ci mal sopportiamo a vicenda.
-ragazzino lo dici a qualcun altro, big noise.
-ora capisco Matthew.
-bonjour, mes amis!- Francis si mise seduto a gambe incrociate, con lo sguardo puntato sui suoi due migliori amici. Tecnicamente era finito l'orario di visita, ma Antonio era di turno, quindi... -raccontatemi i pettegolezzi che mi sto perdendo. Voglio sapere tutto.
I due si scambiarono un'occhiata. Gilbert si lasciò sfuggire un sorriso -ci pensa Tonio- stabilì, sedendosi su una sedia per gli ospiti. Lo spagnolo si sedette sul letto e strinse la mano al suo amico. Meglio partire dalla cosa meno grande.
-io e Lovi ci sposiamo.
Francis si illuminò come la Torre Eiffel e gli puntò un dito contro -il tuo vestito lo deciderò io.
Antonio rise -è questa la tua reazione?
-mais non, mais non- lo abbracciò -congratulazioni, mon ami.
-gracias- lo strinse -e... volevo chiedere a te e Gil di farmi da testimoni.
-lo chiedi anche?- intervenne Gilbert, unendosi all'abbraccio -era ovvio che lo avremmo fatto.
Antonio ridacchiò -giusto.
Francis si separò da loro, con gli occhi luminosi -ora dobbiamo organizzare tutto! Quando lo farete? Dove? Chi porterà gli anelli?
Gilbert ghignò -oh, su quello ho una mezza idea...
Antonio tossicchiò -uhm, sì... sai che è pieno di orfani, no?
Il francese sgranò gli occhi -avete adottato un bambino?!
-ne abbiamo l'intenzione- ammise, imbarazzato -si chiama Mia.
-non... non sarà un po' improvviso?
Antonio sospirò -lo è. Ma sia io che Lovi ci siamo affezionati a lei, e non abbiamo intenzione di lasciarla in un orfanotrofio o in mezzo a una strada.
-che carini- commentò, sincero, strizzandogli una guancia -allora dovrò conoscere mia nipote. Posso aiutarvi a scegliere il vestito per lei? Dev'essere adorabile.
-lo è! Ha voluto che le insegnassimo l'italiano e lo spagnolo ed è bravissima, sta imparando in fretta e...
Gilbert sbuffò -cazzo mi sembri una di quelle mamme che vanno in brodo di giuggiole anche solo se il figlio respira.
-se sarai padre...
-è la stessa cosa che mi ripete sempre mio nonno. Evita.
-intanto anche tu stavi morendo dietro a Mia.
-è carina. Tutto qui.
-ma se quando ti ha chiamato zio...
-cambiamo argomento!
-dov'è ora la bambina?- intervenne Francis.
-con Lovi e Feli. Le staranno insegnando l'italiano- si fece pensieroso -però se c'è anche Romolo starà facendo latino...
-latino? Ma quanti anni ha?
-quattro.
-e le vogliono insegnare il latino? A quattro anni?
Antonio alzò le spalle -vai a capire.
Gilbert ghignò -l'addio al celibato te lo organizziamo noi.
-niente locali strani o Lovi mi uccide.
-chi dice che debba saperlo?
Antonio lo guardò male -non ho intenzione di tradire il mio ragazzo.
-guardare non toccare.
-chissà che ne penserebbe Eliza di questo approccio...- a quelle parole il tedesco perse ogni minima traccia di colore dal viso.
-va bene, ci prendiamo un paio di birre solo noi tre e facciamo chiacchere da uomini.
-cioé spettegoliamo e parliamo delle nostre dolci metà- tradusse Francis.
-esatto! Chiacchere da veri duri. Lovino che farà?
Antonio alzò le spalle -boh. Starà con Feli a sfondarsi di pizza. Mi pare che Eliza abbia detto che ci sarà. Comunque ora come ora è l'ultima delle mie preoccupazioni- sospirò -sarà un casino. Come si organizza un matrimonio?
-ah boh.
Gilbert sospirò -Eliza con l'abito bianco dev'essere bellissima...
-poi sarei io il sottone- sbuffò Antonio.
-oh, avanti. Immaginati Lovino con addosso l'abito da sposa- si girò verso Francis -e tu l'inglese.
-tsk. Perché dovrei farglielo mettere? Toglierebbe la scena a me, la vera diva- replicò Francis -perché il vestito me lo metterei io, ovviamente.
-ovviamente- diede una gomitata ad Antonio -oi? Sei vivo?
Lo spagnolo aveva uno sguardo sognante -secondo voi ho qualche opportunità di far mettere a Lovi un abito da sposa?
-è più facile convincerlo a sposarsi vestito da unicorno.
Antonio sospirò -mi sa che hai ragione... però ay, sarebbe perfetto...- si fece pensieroso -però lui è perfetto sempre in effetti... chissà che abito si metterà! Dite che potrò vederlo prima? Ah, sono così curioso!
-sottone.
-il tuo sarà stupendo. È ovvio, lo sceglierò io- ribatté Francis. Sbuffò, irritato -dubito che Lovìn accetterà il mio aiuto. Non apprezza la vera arte.
-anche Lovi ha buon gusto- replicò Antonio -e Feliciano ha già detto che lo aiuterà lui.
-tsk.
-ma è legale?- intervenne Gilbert -il matrimonio omosessuale intendo.
Antonio alzò le spalle -pare di sì. Non so per quanto lo resterà, ma intanto ne approfittiamo. Dobbiamo sposarci in fretta.
-e trovare una casa e un lavoro e...
-sì, sì, lo so, grazie- lo interruppe Antonio -ho già abbastanza ansia di mio.
-a proposito di lavoro...- Francis si attirò le ginocchia al petto, pensieroso -non... non ho mai pensato al mio futuro- ammise. Li guardò, indeciso, con un labbro tra i denti -secondo voi cosa potrei fare? Di lavoro intendo. Non mi ero mai... concesso di pensarci prima.
-lo stilista?- propose Antonio, con un piccolo sorriso -ti è sempre piaciuta la moda, no?
-sì ma è un ambiente molto chiuso e...
-è appena finita un periodo molto buio- intervenne Gilbert -dove la moda era praticamente inesistente, se non per i ricchi. Non pensi che vorranno un po' tutti dei bei vestiti? Ce la farai, tranquillo.
-e tu, Gil? Che vuoi fare?- chiese Antonio, curioso.
Il tedesco ghignò -il mio smisurato talento è sprecato in una mansione sola, ma pensavo all'ingegnere o qualcosa del genere. Oppure insegnare fisica.
I due scoppiarono a ridere, quasi fino alle lacrime. L'albino si imbronciò.
-cosa c'è da ridere?
-scusa amigo- Antonio fu il primo a riprendersi abbastanza da riuscire a parlare -ma tu? Insegnante? Davvero?
-embé? Tu vuoi fare il dottore, ma non ti sono scoppiato a ridere in faccia.
-sì ma... fammi capire, vuoi insegnare a un branco di ragazzini brufolosi le leggi di Newton?
-tu vuoi scavare dentro ai corpi della gente, ma non ti giudico.
-non lo definirei scavare...
-Lovino?- lo interruppe -ha qualche idea?
Antonio alzò le spalle -gli piace la letteratura, pensava di buttarsi su quello.
-vuole insegnare a un branco di ragazzini brufolosi il Faust?- lo scimmiottò, facendolo ridere.
-dai, non dirmi che te la sei presa. E poi dubito studierebbe letteratura tedesca.
-ehi, che ha contro Goethe?
-ragazzi- li richiamò Francis. Abbozzò un sorriso -ve ne state accorgendo? Stiamo parlando di futuro. Non vi fa strano?
Gilbert sembrò capire, e gli strinse la mano -sì, un po' sì.
-già...
-sempre insieme?
-siempre.
Lovino fissava la pagina bianca da un quarto d'ora buono, cercando qualcosa da scriverci sopra. Sentì una lieve pressione sulla spalla, qualcuno ci aveva posato un bacio, e poi un paio di braccia avvolgerlo per cercare di stringerlo.
-Lovi?- mugugnò Antonio, al fianco a lui sul letto dove tecnicamente avrebbe dovuto dormire invece di fissare una pagina bianca come un cretino, sbatté le palpebre -come mai sei sveglio?
Prese ad accarezzargli i capelli con la mano sinistra, la parte finale della penna tra le labbra -non è niente. Torna a dormire.
Antonio però si mise seduto, le coperte gli scivolarono fino a metà del busto, e appoggiò la testa sulla sua spalla per guardare ciò che stava guardando lui, cioé il vuoto assoluto.
-stai scrivendo un diario?- chiese, baciandolo sul collo. Lovino scosse la testa, inclinando la testa di lato per dargli più spazio.
-no. Avevo solo voglia di scrivere qualcosa- ed era vero. Si era svegliato all'improvviso, con l'impellente bisogno di scrivere. Si era alzato, aveva preso un taccuino e una penna, aveva acceso la lampada sul comodino e si era messo a fissare il foglio alla ricerca di un'illuminazione divina.
Antonio era arrivato alla mandibola con i baci, comunque -e cosa scrivi di bello?
Si tolse la penna dalle labbra -è quello il problema.
-mh...- sbadigliò -se non trovi niente vai a dormire- si raccomandò, accarezzandogli la guancia. Lovino sbuffò.
-sì, mammina.
-bravo- lo costrinse a girare il viso verso di sé e lo baciò a stampo, facendogli chiudere gli occhi -mi sa che me ne torno a dormire.
-bravo- tornò al suo arduo e fondamentale compito di fissare la pagina bianca -tra un po' ti raggiungo.
Antonio lo baciò sulla fronte prima di tornare sdraiato, abbracciato alla sua vita, e addormentarsi. Lovino prese ad accarezzargli i riccioli scuri mentre pensava.
Cosa potrei raccontare? C'è una storia che so o che posso immaginare che valga la pena di essere scritta?
Abbassò lo sguardo sul suo fidanzato, riflettendo. Poi, finalmente, posò la penna sul foglio e cominciò a scrivere.
Ciao, persona che sta leggendo. Immagino che tu non sappia chi io sia.
Meglio. Non ti serve saperlo.
Cosa ti aspetti leggendo questo libro? Un racconto di guerra? Un noioso resoconto storico? Be', non è niente del genere. Questa è una storia d'amore.
Oh, sì, ti sto già vedendo roteare gli occhi. No, non è quel tipo di storia d'amore. Non parla di un amore difficile, travagliato, tossico o solito. Non parla di una ragazza angelica e perfetta e un povero idiota innamorato di lei che scrive e scrive sperando che lei lo ricambi. Non parla di un matrimonio impossibile, o di un'ascesa al Paradiso, né tanto meno di un amore tragico, e non è una storia adolescenziale. Non troppo, almeno.
Immagino tu sappia di cosa parla questo libro, almeno vagamente. Del periodo storico, almeno. E ora starai immaginando la classica storia del ragazzo di campagna che abbandona tutto per andare in guerra e lascia la solita povera disperata, magari incinta, lì ad aspettarlo.
No, non è questo il caso. E se provi a dare a mio marito della povera disperata esco dal libro e ti prendo a sberle.
Sì, hai letto bene. Mio marito. No, non ho una vagina, sì, ho un marito. Ti lascio qualche secondo per metabolizzare.
...
Fatto? Bene, procediamo. Forse dovrei partire dal principio, per quanto assurdo sia.
C'era una volta una donna incinta del suo secondo bambino e c'era una volta un ragazzo disposto a tutto pur di cambiare la storia. Qui è dove comincia tutto quanto. Pronto? Bene, andiamo allora. Metaforicamente, perché un libro non può camminare.
Poco dopo aver scoperto di aspettare un bambino, la donna fece un sogno...
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