Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo dieci

Okay, starete pensando. Ci avevi promesso che le cose si sarebbero fatte traumatiche. Quei due hanno litigato, ci hai raccontato una back story abbastanza pesante, ma ora le cose si sono risolte. Ci hai già dato la nostra dose di sofferenza, giusto?
Miei dolci, ingenui lettori...
I veri traumi cominceranno nella seconda parte, nel secondo blocco narrativo per usare tecnicismi, che, non preoccupatevi, comincerà tra poco. Per ora ci siamo andati leggeri. Ma senza spoilerarvi o inquietarvi oltre, torno a raccontarvi la nostra storia, che spero stia soddisfando le vostre aspettative.
I casini ripresero cinque mesi dopo, e la colpa fu tutta di Lovino.
In questo periodo di tempo, il ragazzo non solo era riuscito ad imparare a controllare il suo potere anche sulle persone, ma stava anche imparando a proiettarlo. La prima volta che ci aveva provato, invece di distruggere alcuni cocci di un piatto rotto aveva provocato un piccolo terremoto, ma con un po' di pratica aveva imparato. Da qualche giorno, poi, Antonio aveva inventato un nuovo esercizio: lanciava in aria qualcosa e Lovino doveva distruggerlo. Era un esercizio difficile, doveva concentrarsi al massimo su un oggetto in movimento, ma se ci fosse riuscito sarebbe stata una figata, per usare le parole del suo ragazzo. Con lui le cose andavano a gonfie vele, a parte qualche piccolo litigio ogni tanto, ma niente che non si risolvesse in fretta.
Facciamo un passo indietro. Vi ho detto che aveva definitivamente imparato a controllarsi, e che anzi ormai gli veniva facile come accendere e spegnere la luce, vero? Ecco. Potete quindi ben immaginare che, una volta sicuro al duecento percento di esserne capace, finalmente si concesse di avere contatti con persone che non fossero Antonio. E tra queste persone, ovviamente, c'erano suo nonno e Feliciano.
Ora. Dopo quello successo anni prima, Lovino andava comprensibilmente nel panico all'idea di toccare suo fratello, motivo per cui continuò a rimandare fino a essere assolutamente e completamente sicuro che non gli avrebbe fatto male, e comunque era ancora nervoso.
Feliciano invece non vedeva l'ora. Quando finalmente arrivò il momento, saltellava impaziente come un bambino.
-okay...- Lovino inspirò profondamente e allargò le braccia -proviamoci.
Il fratellino sorrise e si fiondò ad abbracciarlo, allacciando le braccia intorno al suo busto e poggiando la testa sulla sua spalla, con il viso che gli sfiorava il collo. Lovino istintivamente si irrigidì, ma cercò di non correre via urlando -tutto... tutto okay?- il suo era appena un sussurro. Aveva una paura fottuta della risposta, positiva o negativa che fosse.
Feliciano annuì -sto bene, fratellone. Va tutto bene.
Va tutto bene. Non poteva essere vero. Lovino rimase immobile per un po', pronto ad allontanarsi al minimo cenno di dolore del più piccolo. E invece niente. Andava veramente tutto bene.
Lentamente e ostinatamente, una lacrima gli corse lungo la guancia, seguita da un'altra e un'altra ancora. Lovino scoppiò definitivamente a piangere, stringendo forte il suo fratellino e nascondendosi contro la sua spalla. Andava tutto bene. Andava tutto bene. Andava tutto bene.
Feliciano rise, al massimo della gioia -ce l'hai fatta, fratellone!
Romolo, che aveva osservato la scena appoggiato alla scrivania del suo studio, sorrise e si unì all'abbraccio, stritolando i due nipoti. Ah, e Cesare si teletrasportò sulla testa del suo padrone preferito, tanto per mettere in chiaro che anche lui era parte della famiglia Vargas.
Che bel quadretto!
Stava andando tutto così bene che ovviamente non poteva durare. Lovino non ci credeva. Qualcosa doveva capitare. Qualche tragedia, qualche intoppo, qualche imprevisto. La vita non lo avrebbe lasciato stare così presto.
E infatti capitò. A dirla tutta, la colpa fu anche di Ludwig.
Erano a cena, parlando del più e del meno. Si rideva, si scherzava e si mangiava. Tutto nella norma. Gilbert aveva fatto una battuta sulla prigionia di Lovino, ed ecco la domanda del piccolo, si fa per dire, crucco, che scatenò il putiferio.
-c'è una cosa che non capisco. Senza offesa, ma non capisco perché ti abbiano lasciato vivo.
-in che senso?
-cioé...- sembrava imbarazzato, con gli occhi di tutti puntati addosso -hai detto che ti hanno fatto degli esperimenti, anche se non li ricordi con esattezza, e poi ti hanno lasciato nella cella, fino a quando Antonio, mio fratello e Francis non ti hanno fatto uscire.
-esatto.
-quello che non capisco è: una volta capito quello che dovevano capire, perché non ti hanno semplicemente ucciso? È strano. Di solito la Restaurazione usa quel che deve usare e poi se ne sbarazza. È da un po' che ci penso, ma continuo a non capirlo.
Lovino aggrottò la fronte. Già, perché? Non ci si era mai soffermato, però un motivo doveva ess...
Si alzò di scatto, rovesciando il suo piatto. La sua mente continuava a lavorare, ragionando a una velocità vorticosa.
-devo parlare con il nonno- disse solo, e poi corse via. Perché non lo avevano ucciso? Avrebbero potuto, sarebbe bastato drogarlo come facevano di solito e piantargli una pallottola in testa, o avvelenargli il cibo, o non dargliene proprio e lasciarlo morire di fame. Di modi ne avevano. Non avevano più bisogno di lui, altrimenti non avrebbero smesso di fare esperimenti.
Ma avevano davvero smesso?
Oppure anche la cella era un esperimento? Forse gli avevano dato un compagno di stanza solo per vedere le sue reazioni, se lo avrebbe ucciso o no. Di sicuro c'era almeno una telecamera, probabilmente decine, per controllarlo, per studiare i suoi movimenti e i suoi sforzi, e per controllare come una compagnia lo avrebbe cambiato. Se aveva ragione, sapevano anche loro che Antonio poteva toccarlo... allora si erano messi a studiare anche lui, ma proprio quando la faccenda si era fatta interessante, erano scappati. Probabilmente avevano visto in faccia Gilbert e Francis, e di sicuro avevano sentito la loro conversazione. Cosa si erano detti? Bah, ci avrebbe pensato dopo, l'importante era una nuova informazione che lentamente si stava facendo strada nella sua testa.
La Restaurazione aveva ancora un disperato bisogno di lui.
Non avevano finito con lui, oh no, anzi. Il loro studio si era appena ampliato, di almeno due volte, visto che qualcuno poteva toccarlo.
Ed ecco che finalmente intravedeva un piano per distruggerli alla radice.
Doveva assolutamente parlarne con il nonno.

-ho un'idea per abbattere la Restaurazione!- esordì entrando. Suo nonno, mezzo abbracciato ad Ariovisto, si allontanò dal suo braccio destro con aria scocciata.
-si bussa, pensavo di avertelo insegn...
-è importante!
Romolo vide la sua espressione e sembrò rendersi conto della serietà della situazione. Si scambiò un'occhiata con Ariovisto e annuì -okay, dimmi.
-loro mi vogliono ancora- spiegò il suo ragionamento in breve -posso infiltrarmi e colpirli dall'interno.
-chi ti dice che non ti risbatteranno in gabbia non appena ti vedranno?
-non glielo permetterò. Andrò nella prima base disponibile e mi dirò disposto a collaborare, a patto che mi mandino nella capitale con il supremo. Altrimenti...- fece tremare la scrivania del nonno -se ho abbastanza faccia da culo dovrei farcela.
-mettiamo che tu ci riesca. Poi che vorresti fare?
-intanto avreste una spia nella capitale, il che di sicuro non fa male. E indagando potrei trovare un modo di farvi infiltrare e abbatterli dall'interno- l'idea lo stava appassionando sempre di più -tutto parte dalla capitale, e dal supremo. Se abbattiamo lui, prendere il resto sarà facile.
-la capitale è una fortezza. È impossibile entrare e uscirne vivi.
-mi inventerò qualcosa. È la nostra occasione migliore. Se facciamo le cose per bene...
-frena. Stai andando troppo di fretta- lo interruppe -la fai semplice, ma dobbiamo pianificare, ipotizzare ogni tipo di imprevisto, trovare un modo per comunicare...
-okay, certo, ma se funziona...
Romolo e Ariovisto si scambiarono un'occhiata. Il biondo annuì -se funziona, ed è un grosso se, potremmo riuscire ad abbattere la Restaurazione una volta per tutte.

Lovino rimase lì dentro a pianificare altre due ore. Mano a mano che il piano prendeva forma, gli venivano idee nuove, finché, insieme a suo nonno e ad Ariovisto, non riuscirono a completare una bozza. Lovino avrebbe continuato, ma Romolo lo cacciò via dicendo che era tardi e che a mente fresca avrebbero ragionato meglio. Lovino non voleva, ma si trascinò fino alla sua stanza, con la mente che ancora lavorava alla velocità della luce. Era talmente concentrato che quasi non si accorse di suo fratello e di Antonio, fermi davanti alla sua camera.
-ah, ciao- entrò in camera senza una parola, immerso nei suoi pensieri. Se fosse riuscito a...
-Lovi- Antonio lo richiamò, afferrandolo per un polso -si può sapere che è successo? Prima sei corso da tuo nonno con una faccia da pazzo, poi sei sparito per ore e adesso...
-mi è venuta in mente un'idea per combattere la Restaurazione- disse brevemente. Cazzo, a quei due non ci aveva pensato. Conoscendoli sarebbero stati capaci di inchiodarlo al muro pur di non farlo andare incontro alla morte come un cretino -ne ho parlato con il nonno.
-e l'idea sarebbe...- lo incalzò Feliciano. Il maggiore però scosse la testa.
-non so se posso dirvelo, e poi era solo un'ipotesi.
Feliciano sembrò scocciato, ma non insistette oltre. Antonio, invece, non aveva smesso un secondo di guardarlo negli occhi.
-uffa- sbadigliò -vado a dormire, ma domani ne riparliamo- stampò un bacio sulla guancia a suo fratello, talmente concentrato che quasi non se ne rese conto, salutò Antonio e se ne andò fischiettando una melodia. Quando si fu chiuso la porta alle spalle, Antonio tornò all'attacco. Incrociò le braccia al petto e lo guardò con un sopracciglio inarcato -ora hai intenzione di dirmi cosa ti è saltato in testa o devo andare a chiederlo direttamente a Romolo?
Lovino sbuffò e si sedette sul letto. Non aveva senso nasconderglielo, prima o poi lo avrebbe scoperto. Così glielo spiegò in breve.
Si aspettava una scenata, invece Antonio sospirò -non ho la minima possibilità di farti cambiare idea, vero?
-vero.
Sospirò di nuovo -quanto dovrebbe durare?
-non lo so. Dovrò indagare, cercare un punto debole nella fortezza, comunicare con i soldati senza farmi scoprire...- si fermò. Non voleva mandarlo nel panico -sarà difficile, ma meglio di restare con le mani in mano.
Lo spagnolo annuì, sovrappensiero. Si sedette accanto a lui e gli circondò le spalle con un braccio -mi mancherai.
-anche tu- si appoggiò a lui e gli prese la mano.
Rimasero così per un po', ognuno perso nei suoi pensieri. Poi Antonio ridacchiò -sarò il fidanzato di un eroe. Devo dimostrarmi all'altezza.
Non riuscì a trattenere un sorriso -idiota.
-no, sul serio. Sento la pressione- lo baciò sulla tempia -dovrò dimostrarmi degno di te, querido.
-scemo- si spostò dalla sua posizione e lo baciò a stampo -non è niente di che.
-potresti salvare il mondo.
-eeeeh, esagerato. Ci provo- lo baciò sulla guancia -ma di certo non sarà tutto merito mio. E non hai bisogno di dimostrare niente- lo baciò ancora, sforzandosi di non sorridere per non dargli la soddisfazione. Antonio gli posò le mani sui fianchi e lo attirò a sé, per farlo salire sulle sue gambe. Lovino gli si sedette in braccio e gli prese il viso tra le mani, continuando a baciarlo.
-Lovi?
-mh?- tutti quei baci lo stavano intontendo. E anche le braccia dell'altro intorno a lui. E anche...
-ti amo.
Oh. Ora era di nuovo attento. Attento e arrossito. Abbassò la testa, cercando di nascondere il viso rosso come un pomodoro maturo, bofonchiando qualcosa.
Antonio rise e gli scostò una ciocca di capelli dal viso, sistemandogliela dietro l'orecchio -non... non lo sto dicendo tanto per dire. Ti amo davvero. Mi rendi felice solo esistendo, querido. Quando sono con te non riesco a non sorridere, anche se ci provo non riesco a smettere. Sei così...- agitò una mano in aria, cercando di trovare le parole -sorprendente. Cambi di continuo. Un attimo sei tranquillo e sicuro di te e quello dopo arrossisci come una dodicenne e...
-hai reso l'idea- brontolò, nascondendo il viso contro la sua spalla -sono lunatico.
-lunatico... non la metterei così. Sei incoerente, scostante, imprevedibile... e amo questo lato di te. Non sei mai scontato.
-okay... perché questa dichiarazione così a cazzo di cane?
-non lo so. Mi andava di dirtelo, voglio che lo sappia. Potremmo morire da un giorno all'altro, e con il fatto che vai da loro...- gli mancò la voce. Tossicchiò -voglio che te lo ricordi.
-va bene...- sussurrò, senza fiato. Okay, era lui quello imprevedibile dei due, ma pure Antonio non scherzava. Come cazzo faceva a uscirsene con cose del genere con tanta naturalezza? -me lo ricorderò.
-e tu?- era più incerto adesso, insicuro. Era adorabile -mi ami?
Lovino sbuffò -certo, cretino- lo baciò di nuovo, con un mezzo sorriso -secondo te farei queste... queste cose con uno qualsiasi? Per chi mi hai preso? Per una puttana?
Antonio lo fissò incredulo per qualche secondo. Poi scoppiò a ridere, stringendoselo contro -vedi? È di questo che parlavo. Diamine, ti amo così tanto.
-diamine? Stai con me da mesi e ancora non hai imparato a imprecare come si deve?- però sorrideva. Lo baciò di nuovo, cercando di non pensare al futuro. Chissà se ce lo avrebbe avuto, un futuro. Non è che gli fregasse tanto del suo, non osava neanche immaginare di averne uno. Meno di un anno prima pensava che sarebbe morto da solo in una cella buia, quello che aveva ora sembrava troppo bello per essere vero, figuriamoci invecchiare e magari crearsi persino una famiglia. A volte si svegliava e non aveva il coraggio di aprire gli occhi, per il terrore di ritrovarsi di nuovo in gabbia, da solo. Quello a cui davvero teneva era il futuro di Antonio. Lui meritava di averne uno. Lui doveva averne uno. Avrebbe fatto in modo che fosse così. Si allontanò dalla sua bocca per riprendere fiato, ma quando stava per posare di nuovo le labbra sulle sue, Antonio lo interruppe posandogli una mano sulla bocca.
-aspetta un secondo. Voglio darti una cosa- arretrò leggermente e tolse le mani dai fianchi del suo ragazzo per portarsele dietro il collo. Lovino cercò di non mostrarsi infastidito, poi si disse che aveva tutto il diritto di esserlo e incrociò le braccia al petto. Antonio ridacchiò -non guardarmi così, è una cosa importante- si slacciò la croce che portava sempre al collo. Lovino l'aveva notata, ovviamente, ma non aveva chiesto niente. Insomma, non è che ci volesse un genio a capire cosa fosse o perché la portasse. Lo spagnolo cercò di fargliela indossare, ma Lovino lo fermò.
-no, non posso accettare una cosa simile.
Primo, era una croce d'oro. Chissà quanto valeva. Secondo, aveva un significato emotivo. Antonio non la toglieva mai, quindi o era molto religioso, anche se non gli aveva mai visto recitare una preghiera, o quella croce era legata a qualche ricordo, o forse entrambe le cose.
-dai, ci tengo.
-no.
-non per sempre- specificò -tienila come portafortuna finché sarai lontano da me. Sarò più tranquillo se saprò che la avrai con te.
Scosse la testa -no.
-dai.
-no.
-daaaaaai.
Sbuffò -comunque non è che parto domani, non serve farla tanto lunga. Ne riparliamo più avanti, okay?
-va bene, querido.
-bravo, bastardo- lo baciò -adesso abbracciami, cretino.
-agli ordini!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro