Capitolo diciotto
Vi avverto, c'è una parte un po' fortina a livello psicologico
Il ragazzino sedeva per terra, rannicchiato su se stesso. Erano al sicuro, si ripeté. Andava tutto bene. C'era il nonno con loro adesso.
Il suo fratellino stava giocando con un bambino che viveva lì, il nipote del signore che li aveva aiutati. I suoi due nuovi amici, dopo essere stati curati alla bell'e meglio per le ferite che avevano riportato per un motivo o per un altro, erano nelle loro stanze a farsi un bagno. Il ragazzino sospettava che Francis ne avesse un bisogno particolare. Anche lui sarebbe dovuto essere sotto la doccia, ma aveva bisogno di un attimo per rimettere a posto i suoi pensieri e stare un po' da solo.
Sentì bussare alla porta della sua stanza. Entrò suo nonno.
-ciao...- sembrava a disagio, constatò il ragazzino. E anche preoccupato -come stai?
Alzò le spalle. Suo nonno esitò, poi attraversò la stanza in due ampie falcate e si sedette affianco a lui. Sospirò.
-io non... non volevo che succedesse una cosa del genere. Sapevo che... che vi stavano cercando e ho detto loro di andarsene, non pensavo che vi avrebbero rintracciati. Forse se... se vi avessi avvertiti prima...
-nonno- lo interruppe, con lo sguardo fisso nel vuoto -cos'è l'amore?
Quello sbatté le palpebre, confuso. Poi sospirò e si lasciò sfuggire un piccolo sorriso -l'amore? È una cosa strana. Non è si può spiegare facilmente.
-provaci.
Suo nonno scrollò le spalle e annuì -vediamo... perché hai aiutato Ludwig? Perché non te ne sei semplicemente andato, lasciandolo lì a morire, ma hai fatto di tutto per salvargli la vita, gli hai dato il tuo cibo e hai fatto qualsiasi cosa per farlo stare il meglio possibile?
-perché non volevo che morisse- rispose, confuso. Era una domanda stupida.
-e perché non volevi che morisse?
-perché...- si ritrovò in difficoltà. Non c'era una risposta. Non lo voleva e basta -non volevo.
-avresti preferito morire piuttosto che veder morire lui?
Gilbert annuì. Che razza di domanda era? -certo.
-ecco, questo è l'amore. Certo, quello romantico è un po' diverso, ma in sostanza è questo: essere disposti a qualsiasi cosa per l'altra persona. Ci sono amori più intensi di altri, ovviamente, ma per la mia esperienza posso dirti che il più grande di tutti è quello che si prova per la propria famiglia, o almeno per la famiglia che ci scegliamo.
Gilbert annuì distrattamente, pensandoci su. Meglio pensare a quello piuttosto a...
-nonno- lo richiamò dopo un po'.
-dimmi.
-qual è la mia famiglia?
Suo nonno alzò le spalle -lo devi capire tu. Di solito sono le persone con dei legami di sangue con te, quindi saremmo io e Ludwig, ma non è così semplice.
-perché?
-perché...- ci pensò su, cercando le parole giuste. Poi sospirò -la famiglia è un gruppo di persone che si amano, quel tipo di amore che provi per Ludwig. Non tutte le famiglie hanno legami di sangue e i legami di sangue non bastano a fare una famiglia. Sei tu che devi capire chi ami con tanta intensità.
Gilbert ci pensò ancora.
-penso che la mia famiglia siate tu, Ludwig, Francis e Antonio- concluse, dopo qualche minuto di riflessione.
Suo nonno lo strinse in un abbraccio, un po' impacciato. Non era mai stato un tipo molto espansivo. Tutto il contrario di Romolo, il tizio che li aveva portati lì. Gilbert lo lasciò fare, sbattendo le palpebre per asciugarsi gli occhi.
-ehi, freund- Gilbert prese l'amico sotto braccio, portandolo in disparte. Quando riprese a parlare stava sussurrando, il che era strano da parte sua -stanotte vedo il tuo melodrammatico fidanzatino. Vuoi che gli dica qualcosa da parte tua?
Antonio esitò e ci pensò su per qualche minuto. Poi scosse la testa -non serve, grazie.
-sicuro?- nell'ultima settimana lo aveva visto deprimersi sempre di più, ed era logicamente preoccupato -se non vuoi che mi faccia i cazzi vostri puoi scrivere una lettera o qualcosa del genere, non la leggerò, te lo giuro su...
-no, non è quello- Antonio scrollò le spalle -Lovi avrà già tanto a cui pensare. Non voglio mettergli altre preoccupazioni addosso, o fargli venire nostalgia di casa.
Gilbert lo fissò, sbalordito, per alcuni secondi. Poi sospirò e scosse la testa, esasperato, con l'aria di una madre di fronte all'ennesima stupidata del figlio -sei proprio un idiota. Dovresti smetterla di essere così buono, lo sai?
Antonio ridacchiò. Aveva due profonde occhiaie violacee, che cozzavano con la pelle abbronzata e stanca -sono fatto così.
-sei fatto male. Non ce l'hai neanche un po' con Lovino?
-e per cosa dovrei avercela con lui? Per star facendo la cosa giusta?
-be'... sì?
Antonio alzò le spalle, divertito -sei sempre il solito, Gil- gli diede una pacca sulla spalla -adesso devo andare. Ci si vede.
E lo superò senza aggiungere altro.
Gilbert sbuffò. Non era giusto. Il suo migliore amico era troppo buono per soffrire.
-sei proprio un idiota, freund- sospirò, scosse la testa e si girò, andando verso lo studio di Romolo, che doveva spiegargli gli ultimi dettagli.
Lovino era un fascio di nervi, ma si sforzò di non darlo a vedere.
-allora- iniziò, osservando il grosso macchinario che dominava la stanza -cos'è venuto fuori?
Quel giorno lo avevano fatto uscire dalla caserma, fino ad un piccolo laboratorio esterno, per fare degli esami con un coso a detta loro di estrema importanza.
Fu quello che sembrava il più vecchio a rispondergli -dal test psicologico non è emerso nessun tipo di malattia o disturbo di alcun genere.
-e gli attacchi di panico?
-non abbiamo ancora trovato una spiegazione per quelli- lo osservava con aria ansiosa. Si teneva a distanza da lui, come se si aspettasse che da un momento all'altro lui impazzisse e uccidesse tutti. Lovino si trattenne a stento dal sobbalzare e urlargli "bu!" in faccia -l'ipotesi più probabile è che siano degli effetti dei resti della droga che ti somministravamo, o che siano causati da degli stralci di ricordi che il tuo cervello ha rimosso.
-quelli degli esperimenti che mi facevate prima?
Lo scienziato deglutì, più pallido. Poi annuì -esattamente.
-c'è altro? Che avete scoperto prima?
-ecco...- tossicchiò -come il supremo ti ha già riferito durante la sua visita...- Sadiq non era più venuto. Non si era fatto proprio vedere, e la cosa inquietava Lovino, anche se João lo aveva rassicurato: era normale che il supremo non si facesse vedere a lungo. Spesso si rinchiudeva nelle sue stanze per lavorare, studiare o semplicemente prendersi una pausa. Non lo si vedeva spesso in giro, la maggior parte degli ufficiali lo vedeva sì e no due o tre volte al mese, i soldati non lo vedevano proprio -il tuo sistema immunitario distrugge all'istante qualsiasi cosa dannosa provi ad attaccarti. Abbiamo provato anche con scariche elettriche e altre, ehm, cose, ma non ha funzionato niente.
-quindi sono praticamente immortale. Non c'è niente per uccidermi?
-per quel che ne sappiamo no. I guanti che abbiamo brevettato servono sì a toccarti, ma solo all'esterno. Essenzialmente sono riconosciuti come neutri dal tuo corpo, ma se, per ipotesi, usassimo quel tipo di materiale per confezionare dei proiettili, si infrangerebbero comunque non appena superato lo strato più superficiale di pelle, senza arrecarti alcun danno.
-come fate a dirlo?
-perché abbiamo provato a farlo.
Lovino sbuffò. Per fortuna non ricordava nulla di ciò che gli avevano fatto quei bastardi. Il suo cervello doveva aver rimosso i ricordi, o forse il suo potere li aveva distrutti reputandoli dannosi. Chissà -mi sembra giusto. Posso morire di vecchiaia?
-non lo sappiamo. Abbiamo confrontato i tuoi dati con quelli di un anno fa, ma in così breve tempo non sei cambiato molto. Hai subìto gli stessi cambiamenti che un umano normale subirebbe in questo lasso di tempo. Questo farebbe presuppore che tu possa invecchiare, ma non sappiamo se il tuo sistema immunitario si indebolirà come quello di un qualsiasi essere umano o resterà perfettamente intatto. Nel primo caso moriresti di vecchiaia come chiunque, mentre nel secondo non ti ammaleresti, presumibilmente non ti verrebbe un infarto o cose simili, il tuo corpo stronca sul nascere tutto ciò che potrebbe causare un'eventualità simile, quindi... o vivresti per sempre, o moriresti all'improvviso, senza motivo. Non lo sappiamo.
Lovino annuì, pensando.
-e per il fuoco?- gli venne in mente dopo un po'.
-ottima domanda. Abbiamo provato a darti fuoco, naturalmente...
-non te ne vergogni neanche un po'?
-...ma il fuoco si disintegrava non appena toccava la tua pelle, scottandoti solo leggermente.
-e il fumo?
-si distruggeva prima di poterti arrecare danno.
-sì, okay, ma non sarei morto soffocato o qualcosa di simile?
Lo scienziato esitò, poi scosse la testa -il fuoco si distrusse completamente prima di consumare tutto l'ossigeno- si leccò le labbra secche -per farla breve, è come se tu avessi questo pazzesco istinto di sopravvivenza, che prende il sopravvento su tutto. Se percepisce una minaccia incombente, la disintegra autonomamente, senza che tu possa controllarlo, come quando sobbalzi sentendo un rumore improvviso. Non puoi impedirlo, il tuo corpo lo fa in automatico, anche a distanza se necessario.
-mh
-per quanto tu riesca a controllare la tua pelle, ciò che c'è al di sotto è mille volte più forte, e non può essere controllato.
-ne sei sicuro?
-una persona normale può controllare il proprio sistema immunitario?
-presumo di no.
-il principio è lo stesso.
-oh- riportò lo sguardo al macchinario -a cosa serve?
-risonanza magnetica.
-farà male?
-no. Sentirai dei rumori forti che potrebbero darti fastidio, ma fisicamente non sentirai nulla.
-mh. Okay- Lovino si avvicinò al macchinario e lo osservò per un po'. Era una sorta di cabina, da cui spuntava una sorta barella su cui presumibilmente doveva sdraiarsi.
Un uomo gliela indicò -sdraiati qui, per favore.
Il ragazzo obbedì. Da fuori fecero scorrere la barella all'interno della cabina, fino a quando non fu completamente dentro al macchinario.
Per un po' ci fu solo il silenzio. Voglio dire, in realtà c'era il rumore delle ventole, di pulsanti premuti e del suo respiro, ma era un silenzio relativo. Poi cominciò il vero inferno.
Le luci sul tetto del macchinario di accesero. Cominciò il rumore.
tum tum tum
Lovino puntò lo sguardò al tetto del macchinario, cercando di restare fermo come gli avevano raccomandato.
tum tum tum
Strizzò le palpebre. Doveva calmarsi, non era niente di che, di sicuro aveva passato di peggio.
tum tum tum
Già, peccato non se lo ricordasse nemmeno. Bella merda, eh? Non ti puoi neanche fare coraggio dicendoti che tanto hai passato di peggio, perché neanche lo sai. Cinque anni di vuoto. E perché tutto quel vuoto?
tum tum tum
Perché l'avevano rinchiuso? Perché l'avevano dovuto allontanare dalla sua famiglia, dal resto del mondo? Torniamo sempre lì, Lovino. La sai la risposta.
tum tum tum
Ci dovevi crepare in quella cella, mi hai sentito? MI HAI SENTITO?! CI DOVEVI CREPARE!
TUM TUM TUM
Sei solo feccia, un bastardello fortunato che è riuscito solo a fare danni su danni. Cosa credi di fare qui, eh? L'eroe? Sei solo tornato a essere il loro topo da laboratorio, solo che ora sono un po' più gentili.
TUM TUM TUM
E poi che razza di eroe saresti? Un eroe che ammazza le persone? Un eroe che fa schifo in tutto, che non merità altro che disgrazie, un eroe che, per quanto ci provi, resterà per sempre un mostro.
TUM TUM TUM
Lovino provò a tapparsi le orecchie con le mani, ma il macchinario era troppo piccolo e non riusciva a sollevare abbastanza le braccia. Non riusciva a muoversi. Non riusciva a fare niente, solo a rigirarsi su se stesso.
TUM TUM TUM
Era in trappola.
TUM TUM TUM
Sei in trappola. Sei chiuso qui con te stesso, bloccato, e non riesci neanche a convivere con te stesso. Cosa pensavi di fare?
TUM TUM TUM
No, tesoro. Respira. Respira, forza, è solo un brutto momento. Con calma. Inspira ed espira, da bravo.
TUM TUM TUM
Inspira ed espira
TUM TUM TUM
Inspira
TUM TUM TUM
Ed espira
TUM TUM TUM
Inspira
TUM TUM TUM
Ed
TUM TUM TUM
Espira
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
TUM TUM TUM
TUM T-
E poi non sentì più nulla
João superò le macerie del laboratorio, attraversò con passo felpato il corridoio distrutto e oltrepassò quella che fino a quella mattina doveva essere la porta.
Tutti sapevano cos'era successo. Un violento terremoto aveva scosso la capitale, terrorizzando chiunque e mettendo fuori gioco il sistema elettrico. Quel laboratorio, limitrofo alle mura, era saltato in aria. Cinque vittime.
Quello che non sapevano, pensò João con ironia, scavalcando uno schedario mezzo distrutto caduto in terra, era che c'era un sopravvissuto.
Il sopravvissuto lui lo conosceva. Era un ragazzino doppiogiochista, con un potere terribile, che stava facendo del suo meglio per abbattere quello stesso regime a cui apparteneva il laboratorio esploso.
Si inginocchiò davanti a lui per osservarlo meglio.
Lovino era girato sul fianco, rannicchiato in posizione fetale, completamente ricoperto di cenere, in ogni centimetro di pelle, mentre il petto magro si alzava e si abbassava in maniera regolare. Aveva gli occhi aperti, fissi verso di lui, ma erano spenti, come se stesse guardando qualcosa oltre, o come se stesse dormendo con gli occhi aperti. Una lacrima gli era scivolata lungo la guancia, lasciando un segno sulla cenere.
João scosse la testa, prese i guanti dalla tasca interna del cappotto e se li infilò; allungò una mano e gli chiuse le palpebre, delicatamente. Poi, visto che il ragazzino era scosso dai brividi, si sfilò il cappotto e lo coprì con quello, anche per dargli un minimo di dignità, visto che anche i vestiti si erano vaporizzati nell'esplosione. Solo il crocifisso che portava al collo era rimasto illeso, per qualche strana fortuna.
Quello che ancora meno persone sapevano, era che quel ragazzino che era sopravvissuto, era stato il centro e la causa stessa dell'esplosione.
João fece una smorfia, rimproverandolo mentalmente. Tra tutti i giorni che poteva scegliere per far esplodere un labolatorio...
Si alzò e si chinò per prenderlo in braccio, il più dolcemente possibile. Si girò verso i due soldati che l'avevano raggiunto.
-distruggete le prove. È stata una fuga di gas dovuta al terremoto. Quando avrete finito qui, andate a riferirlo tramite gli autoparlanti- ordinò, con voce secca. I due annuirono. João li superò e si diresse verso la caserma.
Lovino aveva decisamente bisogno di dormire un po' in un letto caldo.
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