CAPITOLO UNO - Impossible.
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Sky
Mi trovo a camminare per le strade di Seattle mentre i Green Day intonano "Boulevard of broken dreams", questo è uno dei miei pezzi preferiti e mi ritrovo a canticchiarlo con le lacrime agli occhi mentre una nuvola di fumo esce dalla mia bocca, creando una nebbia fitta e densa nella quale mi perdo fino al momento in cui scompare.
Sono scappata dalla tavola calda mentre Luca è rientrato a parlare con Nate, per il semplice fatto che avevo bisogno di stare da sola ed anche se ho un terribile bisogno di Luca, voglio restare fra me e la mia coscienza per un pò.
Immaginavo la reazione di Nate sarebbe stata questa alla mia confessione, ma fa male. Fa male terribilmente sapere che il tuo ragazzo ti crede un mostro senza cuore e farà ancora più male quando avrà letto quella maledetta lettera e mi lascerà perché saprà che ho sbagliato io per davvero, che non dovevo fare una cosa del genere e che il mio errore mi si è ritorto contro.
Il centro di Seattle è pieno di gente che schiamazza qua e là e le voci mi irritano parecchio, anche perché qualcuno la alza così tanto che sovrasta il volume della mia musica mentre io ho bisogno di silenzio, di sentire solo il rumore dei miei pensieri e della musica, per cui vado nell'unico posto in cui il silenzio è sovrano.
Prendo posto sulla panchina del mio tavolo e accendo un'altra sigaretta per osservarla bruciare e consumarsi come mio solito fare. Creo la puntina come faccio sempre e penso che quel bracere sia la mia rabbia repressa, il mio senso di colpa e che io sia quella sigaretta che si sta consumando piano piano.
La mia vista viene oscurata da un paio di Jeans chiari strappati alle ginocchia e da un paio di vans bianche e nere. Alzo gli occhi per guardare chi è, ed il mio sguardo incontra gli occhi azzurri del mio ragazzo. Si inginocchia per arrivare alla mia altezza e quando mi posa una mano sulla guancia facendo dei cerchi con le dita i miei occhi si riempiono di lacrime e il mio labbro inizia a tremare, così come il mio cuore accelera i suoi battiti e posso giurare di sentirlo mentre si spezza. È spezzato così come lo sono le mie ali, e non riesco più a spiccare il volo per incontrare la pace.
Nate mi circonda il collo con un braccio e mi porta al suo petto mentre le mie mani coprono i miei occhi e scoppio a piangere di nuovo.
Devo smetterla di rendermi così ridicola, cazzo.
Non fai altro che piangere. Non sai nemmeno cosa vuole dirti e piangi, quanto sei idiota.
La tua capacita di consolare è pari a quella del muro di parlare.
"Mi dispiace." dico sul suo petto. "È colpa mia Nate, è solo colpa mia. Sono un disastro, ho distrutto tutti. Ho ucciso il mio bambino, ho ucciso caleb, ho deluso i miei genitori, sto perdendo te. Ora mi crederai un mostro senza cuore, ed io so che merito questo, so che devo starti lontano, ma ti amo troppo troppo per lasciarti andare, giuro che non ce la posso fare. Ho un ammontare di perdite sulle mie spalle che mi stanno schiacciando, le mie colpe mi stanno affogando ed è questo quello che merito. Dimmi la verità Nate, quando mi guardi che cosa vedi?"
I singhiozzi sono ormai incontrollabili, ed ogni volta che Nate ne sente uno mi stringe ancora di più. Posso sentire il battito del suo cuore accelerato sotto al mio orecchio e posso vedere la sua mano sinistra che si è stretta a pugno nel sentirmi dire queste parole. È la verità però, è solo colpa mia, tutto lo schifo che è la mia vita è colpa mia.
"Sssh" sussurra Nate "non è colpa tua Sky, non lo è." Prosegue il ragazzo stringendomi al suo petto e cullandomi. "Vuoi sapere che cosa vedo quando ti guardo? Lo vuoi davvero sapere?"
Annuisco mentre cerco di asciugarmi le lacrime con le dita tremanti. "Ho visto il tuo sguardo mentre ti raccontavo di Caleb, tu mi credi un mostro."
"Vedo l'amore della mia vita che si sta autodistruggendo, e mi sento inutile. Mi sento incredibilmente male a vederti in questo stato, non so cosa fare, come comportarmi. Sky, non potrei mai giudicarti, mai e poi mai, primo perché sai benissimo quanto io odio le persone che puntano il dito contro altre senza sapere un cazzo, quelle che parlano solo per dare aria alla bocca. E secondo, perché non ne so abbastanza, non ho vissuto tutto questo con te e non so come realmente siano andate le cose, per cui, sempre se tu sei disposta, sono qui per ascoltarti. Caleb molto probabilmente ha scritto quelle parole perché non ti ha lasciata spiegare, ed io non sono Caleb. Ma prima di tutto, prima che tu mi racconti come realmente sono andate le cose, voglio che tu sappia una cosa. Guardami Sky" mi prende il mento e mi tira su il viso in modo da incrociare i nostri sguardi. Occhi azzurri e occhi marroni, i miei un mare di incertezze, i suoi un mare di sicurezze e protezione, in questo momento affogherei nelle sue iridi. "Non mi importa di ciò che hai fatto, io non ero con te e non posso neanche immaginare ciò che hai provato. Voglio solo che tu sappia che sarò il bastone che ti accompagnerà durante una camminata, sarò la tua spalla su cui piangere e sarò la certezza in quel mare di incertezze che vedo sempre nei tuoi occhi. Non ti permetterò di affogare nei ricordi e sarò il tuo salvagente. Mi sono innamorato di te e qualunque cosa tu abbia potuto fare in passato non mi importa, i miei sentimenti per te non cambieranno. Io ti amo Sky, ti amo senza condizioni e voglio che tu sappia che non c'è niente in questo mondo, e ripeto niente, che sia in grado di separarci."
Come si fa a non amarlo?
Sono fiera di te solo perché stiamo insieme a lui.
Quelle parole entrano in circolo nelle mie vene e mi sento come rinascere, sento il mio amore nei suoi confronti crescere ogni decimo di secondo sempre di più. Non posso fare a meno di sorridere e gettargli le braccia al collo stringendolo forte fino a togliergli il respiro.
"Così mi uccidi però" ridacchia mentre lo stringo fra le mie braccia ed inspiro il suo profumo.
"Scusa" mi esce un risolino involontario e allento la presa, per poi sciogliere l'abbraccio ed osservare il ragazzo che sta accucciato dinanzi a me, con le mani l'osate sulle mie ginocchia. I suoi dolci occhi mi scrutano intensamente e posso vedere tutte le certezze che sta cercando di trasmettermi. Il suo sguardo è visibilmente preoccupato, la sua mascella è tesa e mentre si alza e prende posto accanto a me, accendo un'altra sigaretta e faccio un lungo tiro da essa. Il ragazzo si posa le mie gambe in grembo e disegna cerchiolini immaginari, mentre nella mia testa studio un discorso mentale su come introdurre Caleb. Mi rendo conto che la sua mente era una ragnatela complicata e senza capo né coda. Una rete complessa di pensieri intricati, impossibili da capire per chi non lo conoscesse a fondo, ed io, malgrado tutto, avevo imparato a comprendere quel filo di pensieri che ho paragonato ad una retta, una linea senza inizio né fine. Faccio un rumoroso sospiro e mi decido a parlare.
"Caleb era... Caleb. O meglio è Caleb. Non c'è un modo per descrivere come fosse perché era una rete intricata di pensieri senza fine. A mio modo avevo imparato comprenderlo, ma ciò nonostante non avevo mai capito quanto questi pensieri potessero essere oscuri, fino a portarlo a ciò che poi lo ha portato. Ecco perché mi sento tanto in colpa, perché io sapevo cosa circondava la sua vita, sapevo quale aura magnetica e oscura lo aggirasse, ma non avrei mai immaginato che Caleb, lo stesso Caleb che mi aveva dichiarato amore eterno, fosse in grado di compiere un gesto di simile. Avrei dovuto capirlo e salvarlo, ma non ci sono riuscita. Quando mio fratello venne da me e mi comunicò la sua morte, ero arrabbiata da morire, avrei voluto prenderlo a schiaffi. Ho sempre pensato che il suicidio fosse l'atto più egoista che una persona possa fare, però non puoi sapere cosa passa per la testa di una persona nel momento in cui decide di mettere fine alla sua vita, ed io in fondo non sapevo cosa c'era nella sua. È così che ho letto la lettera per la prima, volevo delle risposte, speravo di averle, ma non me le ha mai date, e mai me le darà. Non sarò mai in pace con me stessa, proprio perché non potrò mai avere delle risposte da lui. Caleb definiva, nell'ultimo periodo, la sua vita come un' 'orrida esistenza'. Paragonava la sua nascita ad un terribile scherzo della natura, eppure non ha avuto una vita costellata di disastri, o meglio si, ma nulla di paragonabile a ciò che io ho passato, sia per lui, che in generale. Ho subito perdite incalcolabili, persone a me care che sono morte, e pensavo che almeno lui sarebbe rimasto, contando che lui sapeva che nei due anni passati insieme, avevo perso i miei nonni e mio zio. Sapeva che non ero pronta a dire addio di nuovo, eppure mi ha comunque costretta a pronunciare quella parola che ora ha perso tutto il suo significato per me." Sospiro e lancio a terra il mozzicone di sigaretta mentre Nate lo spegne con il piede. Il mio sguardo è fisso nel vuoto, perso nel ricordo del viso del ragazzo, e sento gli occhi del mio ragazzo addosso, mentre ascolta ogni singola parola. "Caleb era un bel tipetto" Ridacchio pensandoci. "Era una di quelle persone che la gente definisce strana. Tutto sommato era anche un tipo piuttosto tranquillo, stava sempre sulle sue, non si faceva mai i fatti degli altri. Non parlava insieme a te a meno che non fossi tu ad andare da lui, se ti vedeva nei corridoi della scuola si girava dall'altra parte, nonostante ti conoscesse benissimo. Solo nel mio caso, fu lui il primo a rivolgermi la parola. Non ricordo quale stupida scusa utilizzò, ma avevo notato come si atteggiava e quelli comportamenti assumeva nei confronti della gente, è solo ed esclusivamente con me prendeva sempre l'iniziativa. Ai tempi non ero la ragazza che sono adesso, a dirla tutta non facevo nemmeno troppa fatica a stringere amicizia con le persone, l'unico difetto che avevo e tutti, a partire da Luca e mio fratello, mi hanno sempre fatto notare, era che davo troppa fiducia alle persone. Confidavo nei loro sentimenti, confidavo molto nel fatto che potessero avere un cuore grande tanto quanto il mio, non riuscivo a vedere il male all'interno dell'animo di una persona. Mio fratello diceva, e dice, che le persone non si smette mai di conoscerle, ed aveva ragione, ha sempre avuto ragione, ma io ero troppo ingenua e pensavo che tutti fossero come me, ma mi sbagliavo. Insomma, a lungo andare mi sono innamorata di Caleb. Lo amavo in un modo che nemmeno io so descrivere, pensavo fosse l'amore della mia vita, che niente e nessuno avrebbe potuto separarci, che saremmo stati insieme per sempre. Era sempre con me, non mi lasciava sola nemmeno un attimo. Passavamo le ore al telefono a raccontarci cosa stavamo facendo, oppure quando non potevamo uscire insieme, guardavamo i film allo stesso momento e stavamo al telefono per commentarlo. Quante volte mia madre mi sgridava per questo, ma a non importava. Perché quando si trattava di Caleb il resto del spariva ed esisteva solo lui, esistevamo solo noi ed il nostro amore, tutto il resto perdeva di significato. Lo amavo da stare male Nate, ero disposta a tutto per lui, persino ad andare all'inferno e bruciate tra le sue fiamme, se questo avrebbe significato trovare lui a stringermi la mano. Il problema fra noi due era proprio questo troppo amore. Quando scoprii della scommessa e di tutto ciò che ci andava dietro, non ci volevo credere, ma perché nel mio cuore io sapevo che lui provava il mio stesso sentimento, forse ancora più forte di quel che sentivo io, e mi ero resa conto che questo troppo amore aveva fatto male ad entrambi. L'amore mi aveva consumata completamente, non vedevo altro che lui, dipendevo da lui, lo amavo fino a stare male, ed è stato in quell'esatto momento in cui me ne sono resa conto che ho capito che la nostra storia era impossibile, è sempre stata impossibile. Un amore così profondo non poteva essere altro che impossibile. Per questo decisi di lasciarlo andare del tutto quando scoprii del tradimento. Perché ci facevamo più male che bene, e quella era la dimostrazione della mia teoria. Giocavamo con i sogni, e lui diceva sempre che la nostra era la storia più incredibile che potesse esistere, e aveva ragione. Diceva che ero il suo angelo, che avevo scritto nel cielo le pagine della nostra storia, della nostra vita. Pensavamo che una vita non ci sarebbe bastata per stare insieme, pensavo che meglio di noi non ci fosse proprio nulla, ma è bastato un millesimo di secondo per distruggere questo pensiero e farmi cadere in un baratro. Non potevamo assolutamente stare insieme e così approfittai del tradimento per lasciarlo." Gli dico lanciandogli un'occhiata per poi tornare ad osservare lo skyline di Seattle. Ricordi di me e Caleb mi fanno girare la testa e formano un groppo nella mia gola, che mi porta a chiudere gli occhi e trattenere le lacrime. Caleb merita questo, merita di essere ricordato oggi.
"Nei primi mesi dopo che siamo lasciati, saltavo da un letto all'altro, avevo deciso di non innamorarmi più, avevo deciso che nessuno mi avrebbe più rubato il cuore, perché per me nulla aveva più senso senza Caleb. Avevo perso il significato di sognare,non sapevo più cosa volesse dire sentirsi amata, finché non è arrivato Paolo e con lui ho costruito un meraviglioso castello dalle macerie dell'uragano Caleb. Ricordo che una volta mi placcò nel corridoio nostro piano: a scuola, le nostre classi erano molto vicine per cui quando cambiava l'ora ci vedevamo sempre. Quel giorno andai in bagno e per puro caso lo trovai mentre percorreva il corridoio in senso contrario al mio, per rientrare in classe. Era vuoto non c'era nessun altro, solo io e lui. Ci mise un pò a parlare, inizialmente mi sbattè al muro con violenza e fissò i suoi occhi nei miei per un tempo che mi sembrò interminabile. Il mio prese a battere così veloce che pensai di stare avendo un infarto e morire tra le sue braccia. Mi accarezzò la guancia e poggiò la fronte sulla mia.
"Sei felice?" mi chiese. Non capii la domanda subito, perciò non risposi, mi limitai a corrugate la fronte. Perciò continuò "Sei felice con Paolo?" Me lo ripeté con un sorrisetto, quel maledettissimo sorriso che gli avrei tolto dalla faccia a suon di pugni e calci, quel sorrisetto che adesso mi manca vedere. Risposi di si, che era ovvio fossi felice, ma lui replicò che non lo ero fino in fondo, che stavo bene certo, ma che non ero felice e che solo con lui lo ero stata davvero, proprio perché era un amore puro e senza macchie, almeno inizialmente. Disse che vedeva che sorrisi finti facevo e si domandava come Paolo non lo aveva ancora capito. Mi disse che io gli appartenevo e non c'era nessun altro che poteva rendermi felice e farmi sorridere come lui era in grado di fare. Disse che mi avrebbe amata per sempre e che non si sarebbe mai stancato di provare rendere possibile l'impossibile. Voleva sapere cosa era successo l'estate di due anni prima, quando persi il mio bambino, per essere cambiata così tanto, lui non lo sapeva e non avrebbe dovuto saperlo mai. Era una specie di vendetta per aver,i tradito inizialmente, ma poi si trasformò in un 'non ho il coraggio di raccontarglielo perciò me lo tengo per me e addio.' Disse che ero cambiata ma che in fondo sapeva che ero sempre la sua piccola luna. Poi me ne andai, perché non volevo piangere davanti a lui, sotto il suo sguardo, non volevo fargli vedere quanto fossero ancora evidenti i miei sentimenti per lui, e lo lasciai in mezzo al corridoio, Quella fu l'ultima nostra conversazione, prima di quella in cui gli raccontai la verità. Me lo consigliò la psicologa, affermando che secondo lei, se lo avessi fatto, i miei sensi di colpa si sarebbero alleviati, ma non successe perché la nostra ultima conversazione infesta i miei sogni e i sensi di colpa mi uccidono. 'Non sono io che ho distrutto te, sei tu che hai distrutto me.' Quella frase risuona nella mia testa dal momento in cui l'ha pronunciata, non la dimenticherò mai." Continuo poi poggiando la testa sulla spalla del mio ragazzo. Mi lascia un bacio sulla testa, e mi stringe fra le sue braccia come se sapesse che dopo aver raccontato tutto ciò mi spezzerò, come se avesse paura di non essere in grado di raccogliere tutti i cocci che perderò quando mi frantumerò sotto al suo sguardo. "Comunque." Dico sospirando e aabbassandomi con il busto fino a poggiare la testa sulle sue gambe e guardarlo negli occhi. "Resto fermamente convinta del fatto che se Caleb fosse stato lucido, a quest'ora non sarebbe dove si trova. A volte quando piove lo penso, e credo che la pioggia sia un suo segnale per dirmi che non mi ha lasciata, che è ancora qui con me e mi guida dal cielo. Mi chiedo se quelle goccioline che mi bagnano il viso quando il cielo piange siano in realtà lui, lui che mi accarezza e vuole farmi intendere la sua presenza. Anche adesso ti giuro che lo sento qui seduto accanto a noi, lo immagino scuotere la testa ed alzare gli occhi al cielo mentre mi sente raccontare. Anche perché sei la prima persona a cui parlo di lui in questo modo, ritieniti fiero." Un risolino isterico esce dalle mie labbra, ma in realtà ho una voglia di piangere e di abbracciare quel ragazzo che sento addirittura il cuore farmi male. Mi manca, mi manca da morire. "Nel primo periodo dopo la sua morte, e in realtà anche adesso quando mi capita di pensarlo e sono da sola, quando non riesco a dormire per i troppi incubi che infestano la mia mente, guardo il cielo e mi domando se lui da lassù scuota la testa sconsolato quando faccio qualche cazzata. Mi domando se sia fiero di me, orgoglioso della ragazza che sono nonostante i miei innumerevoli errori e se parla di me agli altri angioletti che fluttuano in cielo. Mi domando se stia giocando a calcio e se esulti ad ogni goal come era suo solito fare. Mi chiedo se si metta steso nel prato, con le mani sotto la nuca a fare il felino sotto il sole" faccio un sorriso e mi volto verso di lui "mi chiedo se mi ritenga colpevole dell'atto che ha commesso. E mi chiedo il perché, perché è stato così debole, e ha lasciato soli tutti quanti. Non posso descrivere che tipo di persona fosse, aveva un modo di fare tutto suo, era una persona molto chiusa e a parer mio anche un pò solo. Caleb era debole, non lo dico per cattiveria, ma perché è la pura verità. Se potessi parlargli lo prenderei a sberle per fargli intendere quanto la sua azione fosse sbagliata. I miei incubi sono iniziati quando la sua migliore amica trovò la sua lettera, quella indirizzata a lei, e mi diede la colpa, mi disse che non avevo il diritto di piangere, che la mia pena sarebbe stata quella di vivere per il resto della mia vita con questo senso di colpa, con questo dolore. Ed alla fine, fu proprio che successe. Ho questo peso sul cuore, oltre a quello di avere ucciso nostro figlio, e quel peso è aumentato leggendo quella maledetta lettera. Aveva ragione, io non pensai minimamente al fatto che lui potesse desiderare quel bambino ero troppo concentrata su di me, sono stata egoista, tanto da causare tutto questo gran casino."
Agito le braccia in modo da manifestare quanto grande è la mia frustrazione ed il mio senso di colpa.
"Non è colpa tua." Mormora Nate portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, che però, appena la folata di vento si fa risentire, la ciocca torna ribelle quanto prima. Per un momento penso che quel vento sia Caleb che mi sta sussurrando che sto facendo la cosa giusta a parlarne a Nate. Mi volto a guardarlo negli occhi e un sorriso spontaneo nasce sulle mie labbra al sentire quelle parole.
"Non ho ancora finito. Volevi sapere perché ho aborito." mi fa ribrezzo solo dirla quella parola, eppure è la verità, è ciò che ho fatto. "Quando scoprii di stare aspettando un bambino il mio mondo crollò. Non ero pronta a diventare mamma, avevo 15 anni, quasi 16, come può una ragazzina di 15 anni essere pronta ad essere mamma? Eppure, io volevo che questo bambino crescesse, che avesse una sua vita come giusto che fosse. Non avrebbe avuto un padre presente, anche perché il padre non avrebbe mai saputo di esserlo e a me, stava bene così. Luca mi disse che lui ci sarebbe sempre stato, qualunque decisione io avessi preso, lui sarebbe rimasto al mio fianco. La prima cosa che feci, comunque, fu dirlo a mia madre. Non la prese molto bene, anzi, mi urlò in faccia di tutto, dandomi della ragazzina stupida e senza cervello, cosa che non poteva essere più vera, ma d'altronde non poteva cacciarmi di casa perché essendo ancora minorenne sarebbe finita nei casini, ed io apprezzai e ringraziai per questo. Ero sicura che mi avrebbe perdonata, insomma la mamma è sempre la mamma, ma l'avevo davvero delusa, e sapevo che per ricostruire il nostro rapporto avrei dovuto penare. Nonostante fosse arrabbiata con me però la sua presenza al mio fianco non mancò in quel momento, e ringraziai Dio per avermi dato una mamma così buona, anche se sono convinta che qualunque Mamma lo avrebbe fatto. Io ero delusa da me stessa, avevo commesso un terribile errore e non riuscivo nemmeno a guardarmi allo specchio senza chiedermi dove cazzo avessi lasciato la testa quel giorno. A parte ciò, io, mamma e Luca andammo dalla ginecologa con l'intenzione di fare un'ecografia, il fatto di provenire da una famiglia benestante mi aiutò e ottenni subito l'appuntamento, il giorno stesso ero seduta sul lettino della dottoressa. Quando i miei occhi videro quel miracolo della natura sullo schermo fu come una rivelazione per me. Era così piccolo, un dolce puntino. Ricorderò sempre quel momento, perché realizzai che quel puntino era l'unica cosa che mi rimaneva di un amore distruttivo come il nostro, perché io lo sapevo che lui mi amava, lo potevo vedere dal modo in cui mi guardava. Aveva un modo tutto suo per farlo, ma mi amava. Nessuno aveva vissuto i nostri momenti, eravamo solo io e lui è sapevi quanto forte fossero i suoi sentimenti. Comunque, avevo le foto del mio bambino in mano e mi sembrò di avere una speranza per la prima volta dopo mesi e mesi che la cercavo. Mi fece una serie di visite, come esami del sangue, e il risultato che ne uscì e mi comunicò attraverso una stupida telefonata non fu ciò che mi aspettavo e che speravo. La dottoressa mi disse in poche parole che il mio bambino non aveva futuro, dagli esami del sangue ne uscì che avevo una forte anemia ed ero troppo debole per crescere mio figlio, il mio fisico non avrebbe retto e ci sarebbe stato un aborto naturale, o comunque sarebbe nato con seri problemi. Questo accadde perché quando lasciai Caleb caddi in depressione, già te l'ho detto mi sembra. Non mangiavo nulla, solo uno yogurt ogni tanto e vomitavo pure quello, ero sotto farmaci di ogni tipo, ansiolitici, antidepressivi. Questo avrebbe causato un anomalia durante la gravidanza e perciò l'unica scelta che avevo, era l'aborto. Diceva che se l'avessi fatto da me avrei sofferto di meno, e così feci. Avevo creduto alle parole di quella donna, non volevo più soffrire. Ma il giorno in cui il mio puntino scomparve mi sentii morire, avevo perso una parte importante di me. Non riuscivo nemmeno a piangere, ero diventata di ghiaccio. Il mio dolore era così grande che le lacrime non sarebbero mai bastate per esprimerlo. Non piansi più per anni, anzi non piansi più fino a quando parlai con Caleb a dirla tutta. Niente e nessuno mi toccava più, ero indistruttibile. Fredda come il ghiaccio. Quel giorno, comunque, tornai a casa, presi ogni cosa che riguardava Caleb, l'ecografia del mio bambino, i test di gravidanza, foto ricordo e tutte le stronzate che mi avrebbero collegato a quel momento della mia vita ed uscii con un solo intento, eliminare ogni traccia che avevo di entrambi. Luca mi seguì non capendo cosa stessi facendo e in preda ad un crollo strappai tutti i fogli e le foto, strappai l'ecografia e la gettai nel cestino. Presi l'accendino, diedi fuoco ad un pezzo di carta e lo gettai insieme alla altre scartoffie, dando fuoco a tutto e sperando che cancellando quelle cose avrei eliminato anche l'errore più grande della mia vita e cancellato le prove di un'esistenza ricca di sensi di colpa."
La mia voce non fa trapelare emozioni, è vuota, come lo sono io da quel giorno a questa parte.
"Damnatio memoriae." Sussurra il ragazzo accarezzandomi il viso e guardandomi negli occhi.
Annuisco e mi tiro su con il busto, per poi appoggiare la testa alla sua spalla, continuando a fissare lo skyline davanti a noi. Le immagini di quel momento passano davanti ai miei occhi e stringo i pugni per non far uscire la rabbia che mi porto dentro, nessuno deve vedere il mio dolore.
"Credevo fosse andata diversamente." Prosegue Nate.
"Questo è ciò che è veramente successo. E credimi Nate, ogni giorno della mia insignificante vita mi alzo alla mattina sapendo che ho ucciso una persona e mi faccio divorare da un senso di colpa che mai se ne andrà. Caleb non mi ha dato la possibilità di spiegarmi, si è limitato a giudicare e a dirmi che lo avevo rovinato, ma non sa un cazzo di ciò che ho passato io e mai lo potrà sapere, perché è dannatamente morto ed io non posso parlargli." Sbotto quasi ringhiando, lasciando spazio alla rabbia.
"Lui lo sa Sky. Ora lo sa." Sussurra guardandomi dritta negli occhi e scostando i capelli dal mio viso. Ci poggia sopra le sue mani e con i pollici mi accarezza. Chiudo gli occhi a quel contatto e assaporo il momento come se fosse il più raro dei diamanti.
"Perdonami, sono un mostro." Gli dico stringendo gli occhi trattenendo le lacrime.
Mi bacia la fronte e lo sento sorride sulla mia pelle. Torna ad accogliermi fra le sue braccia, mentre il groppo che ho in gola minaccia di farmi soffocare. "No, non lo sei amore mio. Sei l'essere più puro che potesse esserci, un fiore nato dal marcio di questo modo. E dio solo sa quanto ti amo."
Alzo lo sguardo e lo punto su di lui. "Anche io ti amo, ti amo da morire Nate e mi dispiace se a volte non ti sembra così."
"Non ti lascio più andare, non ti abbandonerò mai, credimi ti prego."
Annuisco e lui mi posa una mano sul viso avvicinandomi a se per baciarmi.
Non appena le sue labbra sfiorano le mie ogni parola detta, ogni senso di colpa, ogni montagna che mi separa dalla felicità che tanto bramo vengono distrutte e mi sembra di tornare a vivere per il modo in cui sento le pulsazioni del mio cuore.
Non ho bisogno di altro, solo io e lui, noi e basta.
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Buongiorno a tutti!
Ora sapete com'è andata veramente.
Cosa pensate di Sky? Merita tutto il suo dolore oppure no?
Un bacio ed alla prossima,
Ila_ 🌙💘
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