.TOUCH.
Tac tac tac.
La mappa in 3D vorticava sullo schermo del pc. I punti di accesso sicuri alla base dei Mercanti si riducevano a due, uno in meno rispetto all'ultimo controllo. Dovevano aver intuito che qualcosa non andava e il fatto che si fossero perse le tracce degli aguzzini avrebbe dovuto rendere chiaro cosa stava per succedere.
Tuttavia, andava bene. Dovevano sapere che stava arrivando.
Jasper, appollaiato su uno degli sgabelli dal design all'avanguardia che si disponevano lungo l'isola in legno chiaro della cucina, bevve un sorso di Red Bull. Quando riprese a digitare una melodia placida si levò alle sue spalle.
Andy sedeva a gambe incrociate di fronte al caminetto, su uno dei tappeti di pelliccia, e imbracciava la chitarra acustica come se fosse stata la sua amante. Batteva le nocche sulla cassa armonica tempestata di adesivi, le dita affusolate che pizzicavano le corde. Le fiamme allungavano ombre sul viso dai tratti affilati, il naso dritto, una ruga tra le sopracciglia.
Stava intonando qualcosa senza parole. La gola vibrava fino a sfiorargli le corde dell'anima. Di tanto in tanto si arrestava per annotare qualcosa sul taccuino che aveva davanti, poi ricominciava.
"Cosa fai" chiese Jasper. Non aveva l'inflessione di una domanda, ma suonò più come una richiesta stizzita e colma di sfida verso qualcosa che gli risultava incomprensibile.
Andy smise di suonare e gli rivolse un sorriso. "Sto componendo."
"Che significa."
"Significa che sto provando a scrivere una canzone. Prima cerco la melodia, poi penso al testo."
"Perché lo fai."
"Perché mi piace. Mi diverte, e poi scrivere mi aiuta a capire quello che ho intorno."
"Lo faccio anche io. Processare quello che ho intorno. Risolvere enigmi."
"Sì, è un po' come risolvere enigmi, ma senza numeri o logica." Andy rimuginò. "In realtà la musica ha un qualcosa di matematico, ma lascia spazio all'emozione e alle sensazioni."
"In che senso."
Ora Jasper lo fissava con tanto d'occhi. La base operativa dei Mercanti aveva perso tutto il suo fascino.
"Be', sai come funziona l'arte. Ha un linguaggio di base che devi conoscere, regole, tecnicismi... poi arriva un momento in cui si superano. O si spezzano. Il momento in cui subentrano le emozioni. In cui i numeri che scandiscono il tempo in battute rimangono sottointesi. Un pittore che butta la vernice su una tela non si serve del canone di Policleto, eppure lo conosce."
Jasper sbatté le palpebre.
"Vuoi provare?" Andy picchiettò sulla cassa armonica per invitarlo.
"Non so suonare."
"Ti insegno qualcosa io."
Jasper scivolò giù dallo sgabello e gli si avvicinò come un animale che tentava di comprendere il fuoco. Andy spostò lo strumento e divaricò le gambe, facendogli segno di sedersi. Jasper si ritrovò con la schiena contro il petto del ragazzo, le lunghe braccia ad avvolgerlo e la chitarra in grembo. Si fece posizionare le dita sui tasti. Il contatto tra i polpastrelli, anche se delicato, lo urticava. Percepiva il respiro altrui scaldargli il lobo destro.
"Questo è l'accordo di Do. Prova."
Jasper provò e il pollice scivolò sulle corde. Il suono che produsse aveva un senso. "Oh."
"Ora, questo è il Sol." Andy gli posizionò nuovamente le dita.
Si sprigionò un suono diverso, ma sempre con un senso.
"Vedi? Impari in fretta."
Andy gli sfregò la punta del naso contro il collo e una scossetta elettrica percorse la nuca di Jasper. Girò la testa. Voleva esplorare ancora quel mondo di emozioni. Le labbra cercarono quelle altrui. Assaggiò la consistenza di creta, la ferita al labbro che si stava rimarginando. La mano di Andy si posò a palmo aperto sul collo e sulla base della mandibola in una carezza che lo invitò a non allontanarsi. L'altra si serrò sulla stoffa della maglietta all'altezza del ventre, stropicciandola.
Si baciarono fin quando l'orologio a cucù non scandì le dieci del mattino. Per più di mezz'ora non aveva pensato ad altro se non alla bocca del ragazzo che lo stringeva a sé come se fosse la soluzione ultima all'enigma dell'universo.
"Sembriamo due scolarette" ridacchiò Andy, gettando un'occhiata al quadrante. "Hai fame?"
Jasper lo fissò. Era innaturalmente immobile.
"È il tuo modo di dire no?" Andy scostò la chitarra e la appoggiò lì a fianco. Le mani si insinuarono sotto la maglietta dal tessuto sottile, scorrendo piano dall'ombelico allo sterno. Tracciò un'immaginaria linea di sutura, come se avesse intenzione di aprirlo e guardarvi dentro.
La pelle di Jasper andò a fuoco.
"Il cuore ti batte fortissimo." La voce di Andy fu appena udibile e solo per lui.
"È ridicolo." Jasper deglutì, smuovendosi contro il tappeto. "Non stai facendo nulla."
"Se ti piace così tanto qui" Andy disegnò una scia leggera tra i muscoli accennati che gli affioravano dall'addome, "allora qui...?" Infilò la punta dell'indice sotto il tessuto dei pantaloni della tuta, poi sotto l'elastico degli slip. Stringevano in maniera dolorosa. I talloni di Jasper sfregarono con impazienza contro il tappeto di pelliccia. "Sei parecchio sensibile per uno che uccide così a cuor leggero."
Jasper schiuse la bocca ma ne fuoriuscì solo un gorgoglio arrochito. La mano di Andy si insinuò sotto gli slip e avvolse la sua intimità tra le lunghe dita. Il cervello di Jasper andò in blackout per alcuni secondi.
Quando riprese coscienza, aveva il capo rovesciato contro la spalla del ragazzo e gli si stava spingendo addosso, schiena contro petto, quasi volesse entrargli nella gabbia toracica. Qualcosa di duro premeva contro i lombi e vi si sfregò addosso, mugolando. Quello che stava avvenendo nei pantaloni lo stava mandando fuori di testa. Andy suonava le corde giuste come se conoscesse alla perfezione la melodia con cui annebbiarlo.
I suoi sospiri sempre più pesanti erano il canto di una sirena. Non voleva tappi di cera. Si sarebbe lasciato trascinare sul fondo dell'oceano in quel dolce sonno di morte pur di poter ascoltare ancora.
"Ah..." soffiò Jasper, aprendo appena le palpebre. Aveva le ciglia imperlate di lacrime, i polmoni che si contraevano disperatamente in cerca d'aria. "Ferm..."
Non aveva alcun senso. Lo avevano frustato, ferito e seviziato per mesi fino al punto di spezzare quel poco che rimaneva della sua sanità mentale. Aveva dovuto obbligare se stesso a ridere ed eccitarsi per quelle pratiche pur di sopravvivere. A Andy bastava qualche carezza fra le gambe per rabbonire uno dei maghi più pericolosi di San Francisco.
Fu il freddo sul ventre a farlo tornare in sé.
"Non toglierla" scattò, riabbassando di colpo la maglietta.
Il fiato corto, i candidi capelli scombinati.
Andy si fermò. "Oh... scusa." La confusione uccise il suo entusiasmo. "Scusa, credevo ti stesse piacendo. Ecco, guarda" sollevò le mani. "Non ti tocco."
Rimasero in silenzio per qualche secondo.
"Stai tremando?" mormorò Andy. "Stai bene? Ho fatto qualcosa che...?"
"No." Jasper si abbracciò le ginocchia e fissò un punto sul pavimento. "Non voglio... che tu la veda."
"Vedere cosa?"
"La mia schiena."
Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia, neanche quando Andy trovò la forza di aggiungere: "Qualunque problema abbia la tua schiena, non mi importa".
"È come con il voler sapere tutto di me. Tu non vuoi, Andrew. Non sai quello che dici."
Il mutismo del ragazzo lo assordò. Quando Jasper si voltò, notò che lo stava trapassando con un'occhiata cupa. Aveva distrutto il sorriso che era stato capace di scaldarlo. Quale pulsante aveva premuto?
"Non sono così delicato come credi. Sono una checca che ha passato quasi due anni in un carcere federale. Per tenere il culo al sicuro ho dovuto unirmi a una gang di suprematisti bianchi. Ho letteralmente il tatuaggio di una svastica venuta male sotto i capelli. Credi che farsi tatuare con un gancio infetto sia una festa? Te lo dico io: no." Andy spalancò le braccia. "Ecco qua, anche io ho qualcosa di cui vergognarmi. Tocca a te."
Jasper esitò, guardando avanti a sé. Quindi funzionava così. Con uno scambio.
"Okay. Alzala tu, però."
Sentì la stoffa sfilare lentamente verso l'alto e trattenne il fiato. Andy gli sollevò la maglietta fin sopra le scapole. Rimase in attesa.
"È..."
"Antiestetica al livello oggettivo" disse Jasper.
La sua schiena si presentava come una distesa di carne maciullata, attraversata da cicatrici così profonde che il tessuto si era rimarginato male. In alcuni punti la pelle risultava lucida, di un rosso vivo.
"Lasciarsi morire non è facile" riattaccò, impassibile. "Quel giorno i Mercanti avevano una gran necessità di vendere un carico di ossa Sibear. Mi hanno spezzato gli arti, ma non era sufficiente. Allora mi hanno aperto la schiena. Ma il sangue che ho perso era troppo. Quando mi sono risvegliato accanto al caduceo, però, non ero riuscito a rigenerarmi bene. Che stai facendo?"
Percepì un pizzicore lungo la colonna vertebrale. Andy gli aveva appoggiato il mento sulla spalla e lo stava accarezzando.
"Non sento quasi niente" disse Jasper.
"Il tuo piano qual era?" gli soffiò Andy contro la guancia. "Mostrarmi questo per farmi scappare?"
"È antiestetica al livello oggettivo" rimarcò stupidamente Jasper.
"È una cicatrice. Non devi vergognarti delle tue cicatrici. Non ti rendono meno... te."
Le terminazioni nervose non riuscivano a donargli alcuna sensazione, ma se chiudeva gli occhi, se si concentrava, Jasper poteva immaginare quel palmo tiepido scorrergli tra le scapole. Si girò, le braccia strette attorno al corpicino eburneo. Andy gli prese delicatamente i polsi e se li portò sulle spalle: "Aggrappati".
Jasper gli si abbarbicò addosso. Per la prima volta, non sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Sapeva solo che gli stava lasciando il completo controllo di sé.
Si ritrovò supino, slip e pantaloni scivolarono via come acqua. Andy gli strappò via la paura con un bacio. "Posso chiederti se...?"
"Sì."
"Ma non sai nemmeno cosa..."
"Sì."
Quando Andy sorrise, udì lo scricchiolio dell'ultimo pezzo di armatura che si staccava dal suo involucro di ghiaccio. La bocca del ragazzo vagò sul suo corpo, soffermandosi in ogni punto, esplorando ogni angolo. Si sentì piegare le gambe all'indietro, fino a che le ginocchia non sfiorarono il petto.
"Cosa f-oh."
Andy gli spinse il muso tra le natiche e le travi del soffitto assunsero consistenza pastosa. La resistenza di Jasper venne meno. La lingua e le dita del ragazzo presero a scavare il suo punto più intimo. Più il tempo passava, più la contrattura involontaria dei muscoli si ammorbidiva. Immerse le dita tra quei capelli neroblu, senza capire se volesse strapparlo via o trattenerlo. Quando ormai fu sul punto di perdere ciò che rimaneva di se stesso, Andy si issò in ginocchio e sfilò la maglietta.
Il suo corpo era un fascio di nervi, la pelle dorata dal sole della California. Ogni muscolo si incastonava al suo posto, cesellato dalle mani di un abile scalpellino. Andy trasudava una potenza ammaliante nonostante la forma snella e affilata del suo insieme, simile a quella di un grosso felino. Macchie d'inchiostro, stampe variopinte giapponesi, proseguivano il loro percorso dalle braccia alle spalle, dalle spalle al petto.
"Ti piace quello che vedi?" chiese Andy, armeggiando con i jeans.
Jasper tese la mano verso l'addome del ragazzo, come se fosse fatto di ferro e quel corpo di magnetite.
"Lo prendo come un sì."
Quando anche Andy si fu liberato dei vestiti, scalò il suo corpo infilandosi tra le sue gambe. Dalla tasca dei jeans estrasse qualcosa di piccolo e quadrato. Jasper attorcigliò d'istinto le cosce ai suoi fianchi.
"Farà un po' male" gli sussurrò sulle labbra, e strappò il quadratino.
Jasper sbatté le palpebre. Il dolore era l'ultimo dei suoi problemi, avrebbe detto se avesse avuto ancora facoltà di parola.
Lo sentì introdursi in lui con un movimento lento e logorante. Jasper si tese come una corda di violino. Faceva più che "un po' male", ma la fitta nella sua testa si plasmò in qualcosa di delizioso. Non seppe quando il confine tra dolore e piacere divenne così labile da sfumarsi. Aggredì le labbra di Andy con la stessa urgenza con cui aveva scelto di darsi a lui. Non capiva, ma non sembrò importare.
Tutto ciò che importava era il mescolarsi dei loro respiri e dei loro corpi, le carezze che spazzavano via la sua diffidenza e gli abbracci che avevano assunto la forma delle uniche catene che fosse in grado di sopportare. Se c'era anche solo un briciolo di affetto, in quella bocca che lo cercava e che gli parlava a bassa voce, voleva assumerne ancora di più.
Quando si fu abituato all'intrusione, Andy lo sollevò da terra e lo schiantò al lato del camino. La colonna vertebrale vibrò all'impatto e il verso che gli sgorgò dalla gola suonò come il ringhio di un leoncino ferito.
Per un istante, ebbe l'impressione che le fiamme si fossero ingrossate. Durò pochi secondi, uno sfarfallio di ombre nella stanza che assopì non appena Andy riprese a spingere. Gli pizzicò il mento, scucendo un sorriso esausto. I muscoli del collo contratti, i capelli spettinati sulla fronte, le labbra semichiuse. Un velo di sudore rendeva lucida la pelle.
"An..." Jasper gli conficcò le unghie nel pettorale.
"Guardami." Andy si sputò sulla mano e attorcigliò le dita umide attorno alla sua intimità. "Non chiudere gli occhi."
Jasper dovette violentarsi per riuscire a ricambiare il contatto visivo. Azzurro artico contro una cortina di nebbia. Un'ondata incandescente gli sconvolse il basso ventre e, flettendosi di botto all'indietro, picchiò la nuca contro la parete. Se gli era rimasto ancora un briciolo di dignità, era appena defluito dai pori come la più dolce delle tossine.
***
NdA: sono qui solo per dirvi che spero vi sia piaciuto questo capitolo, non ho molta familiarità con le scene erotiche (di solito sono veloci o le taglio *coff*) ma con questa storia sto cercando di essere un po' più dettagliata. Io ci provo sigh
Grazie per aver letto fino qui :*
Trix
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