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Chapter 27

Dieci anni dopo —

«Ehi, Lou.» sussurro, le lacrime già pronte a cadere miserabilmente sulle guance. Non sono sicuro di riuscire a parlargli questa volta, probabilmente scoppierò a piangere ancora prima di proseguire il discorso. Mi manca, mi manca da impazzire. «Sono ancora io. Probabilmente ne avrai abbastanza di vedermi sedere ogni giorno al fianco della tua lapide e arricchirti di fiori di vario genere, vero? Come biasimarti.» decido di fare una pausa per riprendere fiato. Sollevo una mano e vado ad accarezzare la foto posta proprio al centro della lapide nera, nera come l'oscurità che ha inghiottito la mia anima da quando lui è diventato una stella nel cielo. «Oggi, però, ho deciso di parlarti, non voglio più piangere nella speranza di sentire il calore delle tue braccia.» le dita della mia mano non vanno più a tracciare il contorno della sua foto, si posano sulle lettere che sono state incise in oro sulla sua lapide. "Louis Tomlinson — 24 dicembre 1991, 13 ottobre 2012."

«Se solo fossi stato al tuo fianco quel giorno, anziché andare a quella stupidissima riunione di lavoro, forse tutto questo non sarebbe successo. Saresti stato ancora al mio fianco, ti saresti laureato a pieni voti e saremmo andati a vivere insieme, come avevi detto tu. Mi sento male, sto male, da quando tu non ci sei più. Mi sento come se stessi vivendo a metà.» una lacrima percorre la mia guancia, raggiunge il mento e poi un petalo della Margherita che tengo stretta nella mano sinistra. «Se solo in quel dannato giorno del tredici ottobre fossi arrivato prima da te, tu non saresti mai morto tra le braccia di Zayn. Sai che è finito in prigione? Gli hanno dato l'ergastolo per omicidio di primo grado.»

«Lou!» grido, appena riesco a vedere la sua esile figura adagiarsi a terra. Affretto il passo, ma nonostante tutto non riesco ad arrivare in tempo. Il suo corpo magro è abbandonato fra le braccia di Zayn, quest'ultimo piange lacrime che non potranno mai essere eguagliate alle mie. Mi sistemo al suo fianco, dalle mie labbra non fuoriesce nessuna parola. Afferro una mano di Lou che, seppur stia perdendo il colore naturale della sua pelle, è ancora calda, ancora morbida. La ferita che gli è stata procurata dal pugnale — che ora giace poco più lontano da Zayn — è troppo grande, non c'è più niente da fare. Il petto di Lou si abbassa a fatica, mi rivolge un piccolo sguardo prima di chiudere gli occhi e procurarmi una fitta al cuore che sarà faticoso far passare. «Ti amo..» sussurra Zayn, ma io sono già sopra di lui a riempire di pugni il suo viso. «Perché?!» grido, la gola in fiamme. «Perché era ciò che desiderava lui. Guardalo, Harry! Era una vita, la sua? Non era più felice da tempo, nemmeno con te.» la mia mano resta ferma a mezz'aria, non ho più voglia. Non ne vale la pena, non più. Mi sollevo, anche se a fatica, e inserisco una mano nella tasca del cappotto per prendere il telefono e comporre il numero della polizia.
«Cosa stai facendo?» il tono della sua voce è cambiato, ora sembra spaventato. Lo guardo e un ghigno si forma spontaneo sulle mie labbra, sono quasi dispiaciuto. «Chiamo la polizia. Pensavi di riuscire a farla franca? Beh, sbagliato.» Zayn sgrana gli occhi, indietreggia di qualche passo ma poi si ferma. «Io l'ho fatto per il suo bene! Io lo amavo!» urla, pallido in faccia. Se fossi stato un'altra persona mi sarei avvicinato e lo avrei abbracciato, ma è colui che ha ammazzato l'amore della mia vita, colui che mi sarebbe piaciuto portare all'altare. «Tu non l'hai mai amato come l'ho amato io.» concludo, prima di guardarlo scappare al suono delle sirene della polizia. —

«L'ho picchiato davvero Lou, non mi guardare in quel modo.» una piccola risatina sfugge dalle mie labbra, poi esse si serrano in una linea dura nuovamente. «Tu non dovevi morire in quel modo, non dovevi morire e basta.» prendo un respiro profondo, poi tiro su con il naso: non so nemmeno io quello che sto dicendo. «Non puoi nemmeno immaginare quanto mi manchi. Dicevi in continuazione che non saresti rimasto nel cuore di nessuno, invece hai inciso il tuo ricordo con il pennarello indelebile senza nemmeno accorgertene.» asciugo l'ennesima lacrima sulla mia guancia, poi riprendo a parlare. «La tua mamma è ancora viva Lou, non l'hai uccisa. È stata ricoverata all'ospedale per un po' di tempo, ma poi è uscita più forte di prima. Ti chiederai come mai io stia parlando di tua madre con un sorriso sulle labbra e, beh, il motivo è semplice: ha capito il suo errore, Lou, sono riuscito a farla ragionare! Ora viene a trovarti due volte alla settimana, ma penso che questo tu lo sappia già.» sollevo lo sguardo dalla sua lapide e mi perdo ad ammirare le piccole stelle che stanno già cominciando ad apparire sul cielo. Cerco quella più splendente e la trovo, sorrido. «Ehi, ti ho trovato! Sei ancora una schiappa a giocare a nascondino, a quanto vedo.» ridacchio lievemente, poi mi faccio forza sulle braccia e mi alzo. È giunto il momento di andare.

«Papà!» sento gridare ed io mi giro, notando subito un piccolo bimbo dai capelli castani correre nella mia direzione e circondare le mie gambe con le sue esili braccia. Sorrido e lo prendo in braccio. «Ah, già, quasi dimenticavo.» inizio, mentre arruffo i capelli di mio figlio che borbotta qualcosa di incomprensibile. «Tre anni fa, mentre passeggiavo per Londra come un anima in pena, trovai questa peste avvolto in un lenzuolo di seta blu in una cesta di vimini. Non indovinerai mai il suo nome.»

«Louis! Mi chiamo Louis!» strilla Lou, agitando le braccia da una parte all'altra. Alzo gli occhi al cielo, poi scoppio a ridere di cuore. «Doveva essere una sorpresa.» mi giustifico, prima di scuotere la testa. «E tu perché non sei rimasto in macchina?» chiedo, corrugando le sopracciglia. Lou s'imbroncia per un paio di secondi, punta i suoi occhioni blu sui miei e mille scosse percorrono il mio corpo. «Perché volevo salutare papo..» sussurra. Sospiro e lo faccio scendere, lo guardo avvicinarsi alla lapide lentamente, quasi come se avesse paura, poi sento il mio cuore fremere appena vedo il mio bambino lasciare un bacino sulla foto sorridente di Louis. «Ti voglio bene, papo.» sussurra lui, prima di tornare fra le mie braccia con un ampio sorriso sulle mie labbra.

«Non gli dai un bacino anche tu?» chiede Lou, appena accenno un movimento. Annuisco, poi gli scompiglio i capelli. «Non serve. Papà sa già quanto io lo ami, anche senza baci.» dico, prima di prenderlo per mano e cominciare ad avviarci verso la macchina.

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«Ehi Harry, ciao Lou. Grazie per avermi fatto sorridere anche da quassù. Vi amo, e lo farò per sempre.»


FINE.




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A breve pubblicherò il capitolo dei ringraziamenti che ho dedicato a tutti voi che avete letto, commentato e stellinato questa storia, perciò non toglietela ancora dalla biblioteca. Ve se amaaa, - Y. 💕

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