Chapter 2
Le lezioni sono terminate ed ora sto guardando ogni studente uscire con un sorriso sulle labbra dalla porta della mia classe; tutti, tranne uno.
Louis è ancora seduto al suo banco, attorno a lui sono disposti tutti i libri riguardanti la mia materia; è tutto in disordine, mi chiedo se questo non rappresenti per caso la sua mente, poiché si dice che chi ha tanti pensieri in testa, tentando di dar loro un ordine, finisca sempre con l'essere disorganizzato. Mi avvicino a lui, allora; non voglio essere invadente, voglio solo cercare di capire perché sembri sempre sul punto di scoppiare a piangere in un pianto disperato.
«Louis, va tutto bene?» domando piano, pur sapendo che oltre a me e lui non è rimasto nessun altro in aula. Louis sussulta, quasi come se avesse paura di qualcosa, quasi come se l'avessi scoperto a fare qualcosa di sbagliato. Mi chiedo perché sembra che abbia così paura del mondo che lo circonda.
«Mi lasci da solo» risponde, con tono brusco. Faccio per avvicinarmi di nuovo, ma lui si alza di scatto ed inizia a riempire la borsa a tracolla con il materiale universitario.
Mi fermo a guardarlo: le sue mani tremano, mentre infila i libri alla rinfusa all'interno della borsa, e di nuovo mi chiedo di che cosa abbia paura. Chiude la zip della borsa, infine, con fin troppa violenza secondo i miei gusti, poi se la sistema sulla schiena ed incomincia a scendere le scalinate dell'aula con l'intento di uscire dalla porta, ma «Louis» lo chiamo. Si ferma.
«Louis, c'è qualcosa che non va?» domando, ma mi pento immediatamente di averglielo chiesto. Avrei potuto chiedergli qualcos'altro, invece ho preferito andare dritto al punto e non sono sicuro che riuscirà a darmi una risposta concreta. Ed è strano il suo modo di fare, è strano il suo modo di comportarsi; alla sua età tutto dovrebbe essere bello e semplice, dovrebbe sempre avere il sorriso sulle labbra, invece sembra una mina pronta ad esplodere da un momento all'altro e questo mi preoccupa. Lo vedo irrigidirsi, le mani nascoste dalle maniche della felpa verde, prima lasciare morbide lungo i fianchi, si stringono in due pugni e capisco subito di aver sbagliato.
«Non sono affari suoi» risponde infatti, prima di percorrere a grandi passi i pochi metri che lo separano dalla porta dell'aula e uscire, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo, lasciandomi lì, immobile e con mille pensieri per la testa.
Forse ha ragione, forse non sono affari miei, ma mi sono sempre preoccupato per i miei alunni e ho intenzione di fare così anche per Louis. Ed è questo pensiero, infatti, che mi porta a percorrere il lungo corridoio dell'Istituto, diretto verso l'ufficio del direttore. Lui si occupa delle iscrizioni delle matricole e del controllo del loro curriculum, e penso che potrebbe sapere qualcosa di più su di Louis.
Appena arrivo, mi fermo davanti alla porta in legno scuro del suo ufficio e busso; entro solo dopo aver ricevuto il suo consenso.
«Come mai non è in pausa pranzo, professor Styles?» è la prima cosa che mi chiede, dalla sua postazione dietro alla scrivania. La targhetta dorata sulla superficie in legno chiaro di quest'ultima recita "Cowell". Non
«Sono stato intrattenuto» dico, a mo' di giustificazione, mentre mi vado a sedere su una delle due sedie nere poste davanti alla sua scrivania. Cowell è un uomo sulla sessantina d'anni; ha i capelli scuri, dai quali spunta sempre qualche ciuffo bianco, e una barba che la maggior parte delle volte porta sempre incolta. Dirige questa facoltà da quando ne ho memoria piena ha sempre svolto ammetto un ottimo lavoro: talvolta trovo che sia un po' troppo fiscale e severo, ma d'altronde chi non lo sarebbe al suo posto?
«Ha già conosciuto le nuove matricole iscritte al tuo corso di laurea?» domanda, impegnato a leggere qualcosa sullo schermo del computer. Annuisco.
«E c'è qualcosa che vorrebbe chiedermi, visto che si trova qui?» mi interroga ancora, fermando i movimenti delle dita sui tasti solo per potermi guardare e rivolgere così tutta l'attenzione. Devo ammettere che Cowell mi ha sempre trasmesso una certa agitazione, talvolta mi sono persino domandato se la mia presenza in questa facoltà la gradisse.
«Ho conosciuto una delle nuove matricole iscritte al mio corso oggi. Si chiama Louis Tomlinson» comincio, accavallando una gamba per assumere una posizione elegante. Gli occhi del preside mi scrutano con attenzione, mi ha messo in soggezione ma devo continuare: voglio sapere qualcosa di più sull'identità di Louis Tomlinson. Mi lecco le labbra prima di procedere.
«Mi è sembrato un ragazzo molto chiuso e scorbutico, a prima vista, con un atteggiamento che reputo anormale per un ragazzo così giovane. Mi chiedevo se, per caso, lei sapesse il motivo dietro questo suo problema» concludo. Cowell si gratta la base del mento, pensieroso, ed è lampante come stia lottando contro se' stesso per cercare di non dirmi tutto quello che su di Louis c'è da sapere, perché ha sempre detto che non è affar nostro, che dobbiamo occuparci di svolgere solo il nostro lavoro di insegnanti e che a queste cose ci pensa lui. Alla fine, però, perde la battaglia, e si lecca le labbra secche con la punta della lingua prima di parlare.
«Louis Tomlinson è un ragazzo impossibile, Styles. Non focalizzi tutta la sua attenzione sul suo modo di comportarsi, perché tanto non risolverà nulla. È solo una perdita di tempo. Si preoccupi, invece, di spiegare ai ragazzi di che cosa si occupa la letteratura inglese prima della fine del semestre, intesi?» conclude alla fine, e tutto quello che al momento riesco a fare è osservarlo con un sopracciglio alzato, perché non condivido ciò che lui ha appena detto. Lo trovo ingiusto, a dir la verità. Louis ha bisogno di aiuto ed è palese, perché sembra che non gliene importi nulla?
«Perché mi sta dicendo una cosa del genere?» domando, allacciando le braccia al petto. Mi chiedo soltanto se ne valga la pena preoccuparmi ancora per uno studente che, d'altronde, nemmeno conosco. Cowell sospira, lo guardo afferrare gli occhiali dalla montatura sottile e trasparente e portarseli sul ponte del naso con due dita, prima di parlare di nuovo.
«Perché ho letto attentamente il suo curriculum, Styles, e non è sicuramente uno dei più fruttuosi. Ha cambiato diverse facoltà nell'arco di un anno, e nessun diretto che lo ha conosciuto ne ha parlato bene» dice, e sembra sconfitto, sembra stanco. Faccio per parlare ancora, ma lui mi precede. «Se proprio desidera scoprire qualcosa su di lui, lo lasci stare. Sarà lui ad avvicinarsi quando si sentirà pronto abbastanza, come ha sempre fatto e come è già successo» conclude, ed io annuisco. Mi alzo dalla sedia sulla quale poco prima mi sono accomodato e allungò una mano nella sua direzione, così da poterlo salutare cordialmente prima di uscire dal suo ufficio.
«Mi mandi via email il curriculum di Louis Tomlinson» gli chiedo allora appena afferra e stringe la mia mano. Cowell annuisce, così mi avvicino alla porta del suo ufficio. «Grazie per aver chiarito ogni mio dubbio» dico, prima di uscire e chiudermi la porta alle spalle.
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Bene, se siete arrivati fino a qui... grazie per aver trovato di nuovo qualche minuto per leggere questa schifezza, lol.
Sto revisionando i capitoli e come penso si possa capire sto aggiungendo alcune cose che non sono state spiegate o approfondite bene, anche per rendere i capitoli più lunghi, e spero di star facendo un buon lavoro.
Vi invito quindi, per favore, a farmi sapere cosa ne pensate, in modo tale che io possa anche capire se sia il caso di continuare questa revisione.
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