Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Chapter 16

NB: Volevo solo farvi sapere che questo capitolo verrà interpretato da Louis!


«Devo andare» riesco a dire solo, prima di cominciare ad allontanarmi da quelle braccia che in quel momento avrei voluto che mi stringessero ancora, ancora, e ancora.
Con la coda dell'occhio lo vedo come cerca di raggiungermi per avere quantomeno una spiegazione, ma non sono nelle condizioni migliori per farlo; il dolore atroce che sento al petto pare voglia uccidermi da un momento all'altro. Un leggero rantolo fuoriesce dalle mie labbra quando le sue dita sfiorano la mia pelle, ma sono rapido ad allontanarmi e cominciare a correre. Scusami Harry, scusami davvero tanto, ma non credo di potercela fare. Ti capirò se non avrai più nessuna intenzione di parlarmi.

Quando arrivo al cancello del Cimitero le mie guance sono bagnate da mille lacrime, le quali sembrano aver lasciato un solco sulla mia pelle. Mi fermo qualche minuto solo per recuperare il fiato, poi premo una mano sul petto e sospiro pesantemente: Dio, il cuore... perché mi fa così male? Sento come se volesse esplodermi da un momento all'altro.

Harry mi raggiunge, tenta ancora una volta di allungare una mano per afferrare il mio braccio e stringermi al suo petto muscoloso, abbracciarmi, ma io riprendo la mia strada troppo presto. Le parole della mamma ancora rimbombano nella mia testa e, forse, sono proprio quelle la causa del mio dolore al centro esatto del petto.
Alle volte mi domando perché certe parole debbano fare così male. Dovrei esserci abituato, invece ogni volta è come la prima volta, forse solo peggio.

Cerco di asciugare le lacrime con la manica della felpa perché non voglio assolutamente che qualcuno mi veda piangere, le lacrime sono sintomo di debolezza, mamma l'ha sempre detto, eppure non riesco a smettere di singhiozzare come un dannato bambino. Credo che solo Harry potrà riuscire ad asciugare tutte queste mie lacrime e a portar via il rossore che ha adornato i miei zigomi, ma non voglio che mi veda piangere. Non voglio che mi veda così. Per questo, quando raggiungo l'auto lasciata aperta e mi siedo sul sedile del passeggero allacciandomi la cintura, faccio di tutto per non voltare il viso nella sua direzione.

Ed Harry durante tutto il tragitto verso l'ospedale prova a chiamarmi, esalare il mio nome, accarezzarmi e a donarmi calore, ma io rimango immobile. Osservo solo il paesaggio cambiare oltre il finestrino leggermente oscurato della macchina. E dovrei parlargli, so che devo farlo, ma non ci riesco. Le parole che sento premere per cercare di uscire non riescono a trovare una via di fuga, così alla fine Harry si arrende, e mi arrendo anche io.   

-

«Louis!» solo il tono della sua voce è riuscito a congelarmi il sangue nelle vene. Sono arrivato in ospedale da circa cinque minuti: dalla macchina sono sceso solo io, Harry non ha voluto seguirmi, non so se sia rimasto ad aspettare o se ne sia andato via.

«Louis!» sento nuovamente, ed io chiudo gli occhi e mi impongo di non piangere. La voce della mia mamma è dura, severa, sono come mille spine nel petto. Sento dei passi e poi le sue dita che mi sfiorano il braccio,  le sue unghie si vanno a conficcare nella mia pelle, lasciando dei segni che sono sicuro non andranno via così tanto facilmente, infine lascio che i nostri occhi, i miei sono così simili ai suoi, si incontrino: e basta solo un gioco di sguardi per sigillare la mia gola e non farmi dire più niente. Lei nemmeno sembra preoccuparsene, semplicemente indica la porta bianca come la neve dietro di lei e mi guarda con occhi colmi di disapprovazione, forse disgusto, forse rabbia.

«Vedi questa porta, Louis?» domanda: nei suoi occhi azzurri riesco a vedere un briciolo di quello stesso dolore che sta attanagliando pure me, ma anziché rincuorarmi, abbracciarmi come dovrebbe fare una mamma, mi ferisce ancora di più, mi accusa, mi mortifica.

«Ciò che vedrai al suo interno appartiene ai mille motivi per cui ho deciso di allontanarti dalla famiglia» dichiara: non mi dà nemmeno il tempo di parlare, provare almeno a dire qualcosa, in pochi secondi mi ritrovo all'interno della stanza, la porta che produce un tonfo sordo quando si chiude dietro le mie spalle. E Dio, è ciò che vedo su quel dannato letto a far esplodere nuovamente il mio petto; la mia sorellina è lì, immobile, collegata a mille tubi e con il viso così pallido che nemmeno riesco a riconoscere più. Un solo rantolo ha il coraggio di sfuggire dalle mie labbra, uno solo.

«Daisy..» è tutto ciò che riesco a sussurrare successivamente. Mi avvicino a lei; è così pallida e magra che ho persino paura di toccarla. Lei non merita di soffrire in questa maniera, eppure sembra che di giorno in giorno abbia sempre più desiderio di conoscere il suo papà, di raggiungerlo e diventare così una stella. Le mie dita accarezzano dolcemente la sua guancia, con l'altra mano vado stringere la sua più piccola e dalla pelle morbida come il velluto e bianca come il latte.

«Sono il tuo fratellone, mi riconosci ancora vero?» domando, la voce già incrinata. Lei sembra sentirmi visto che ricambia la stretta, ma probabilmente è stato solo uno spasmo del muscolo. Le parole della mamma ritornano a rimbombare nella mia testa, dunque le mie mani si posano nelle orecchie nel tentativo di non sentirle più, ma non funziona granché. Forse ha ragione lei quando dice che tutte le persone che si affezionano a me sono destinate a stare male.

«Non volevo essere la causa del tuo dolore... Tu lo sai più di mamma quanto io ti voglia bene» riprovo, anche se le mie parole rimarranno solo conservate nell'aria. Sospiro, poi scoppio a piangere al suo fianco; non riesco più a sopportare questo dolore che sento ingrandirsi dentro di me ogni giorno. Non riesco a sopportare il dolore quando al mio fianco non c'è nessuna persona disposta a infondermi forza e coraggio. Scuoto la testa e, con un ultimo rantolo, mi sollevo dalla sedia sulla quale mi ero seduto per spiccicare quelle poche e misere parole, poi esco dalla stanza, richiudendomi la porta alle spalle con mani tremanti. Ho paura, non posso negare di essere terrorizzato: la mia sorellina non si lascerà andare, vero? Ha ancora così tante cose da scoprire... Ricordo ancora quel giorno, dopo l'ennesima litigata con mamma, quando solo lei rimase nella mia stessa stanza a consolarmi con le sue piccole e forti braccia. Oh Dio, avrei voluto esserci io al suo posto.

«Perché hai voluto far entrare anche Louis nella stanza di Daisy?» una voce femminile e piuttosto acuta interrompe il flusso dei miei pensieri e mi fa rimanere immobile sulla soglia della porta. La voce sembra appartenere a mia sorella Lottie e il mio cuore si spezza in altri piccoli e dolorosi frammenti al ricordo delle nostre giornate passate a divertirci, quando ancora papà era vivo.

«Perché volevo che guardasse con i suoi occhi cosa è stato in grado di causare ancora» è tutto ciò che sento rispondere dalla mamma. Tra le due sembra calare un religioso silenzio e questo mi porta a sospirare di sollievo per qualche minuto; ma questa calma momentanea dura solo pochi attimi però, perché Lottie si alza di scatto per poter essere più vicina alla mamma, la vedo come le punta il dito contro pronta a dirle quanto la sua decisione sia stata imprudente.

«Proprio perché lui è la causa del suo dolore non dovevi farlo entrare, mamma!» urla. Delle lacrime cominciano a rigare le sue guance ricoperte da un sottile strato di rosa, ed io mi ritrovo a singhiozzare in silenzio mentre la veridicità delle sue parole sotterra ancora di più il mio umore. Sono stato imprudente anche io; avrei dovuto rimanere al Cimitero con papà e magari anche con Harry, anziché peggiorare ancora di più la situazione della mia sorellina entrando nella sua stanza. La mia mano aperta va a posarsi nelle mie labbra per non lasciar sfuggire nessun rantolo e, lentamente, comincio ad allontanarmi da quel posto maledetto.

«Il mio unico intento era quello di farlo sentire in colpa, è sempre stata colpa sua, lo sai» sento le urla della mamma perforare i miei timpani, mi entrano nel cervello e cominciano a ronzare come sciami di mille api. Sento le gambe divenire sempre più affaticate, sono instabili, non riuscirò a superare l'uscita di Emergenza di questo passo. Ma devo farcela, devo raggiungere Harry, ho bisogno di lui.

«E adesso, per colpa della tua imprudenza, Daisy raggiungerà papà a causa della presenza di Louis in quella dannata stanza!» ora anche la voce di Lottie si è aggiunta al vortice di parole dentro la mia testa. Le mie gambe diventano di piombo, non riesco più a muoverle; dove ho lasciato quelle pastiglie l'ultima volta che le ho prese? Cerco di raggiungere la porta il più velocemente possibile poi, appena raggiungo il retro e una folata di vento freddo sferza sul mio viso arrossato, scoppio nuovamente a piangere. E, dal dolore struggente che sento provenire dal profondo del mio cuore, capisco che questa volta, per calmarmi, non basteranno le semplici parole dello psicologo Niall o le carezze gentili delle mani sempre morbide di Harry, questa volta saranno le mie pastiglie o forse qualche sostanza stupefacente a placare il dolore che sento aumentare sempre di più.

Nemmeno la corsa sembra placare il dolore di un cuore rotto in cento e mille pezzi. Mi sento senz'anima; probabilmente se il mio cuore non fosse costituito interamente dal dolore, proverei a volare via, ma questa sofferenza che mi perseguita ha reso così pesante il mio corpo che non riuscirei nemmeno a spiccare il volo.

Asciugo le lacrime che sono rimaste incastrate tra le mie ciglia con la manica della felpa che porto addosso, poi intrufolo una mano dentro la tasca dei jeans e vado alla ricerca delle chiavi per aprire il piccolo monolocale. Ad Harry non l'ho ancora detto, nessuno lo sa, che quando non sto nella casetta sull'albero sono qui, tutto solo, ad osservare un muro che sta ormai crollando a pezzi.

La stanza è fredda al mio arrivo, mi fa rabbrividire. Mi dirigo con passo lento verso il materasso parecchio malridotto di questa abitazione, piano poso un ginocchio su di esso e mi allungo verso il piccolo buco posto proprio sull'orlo; qui, nascosta da occhi indiscreti che potrebbero toglierla via, ho riposto l'unica cosa che, in questo momento particolare, potrebbe riuscire a calmarmi.

Lentamente comincio ad aprire la bustina bianca e a distribuirla nel pezzo di carta, infine preparo il composto per diluirla e la inserisco dentro la siringa. «Scusami Daisy..» è tutto ciò che riesco a pronunciare, «scusami Harry», esalo ancora una volta,  prima di chiudere gli occhi e cadere a peso morto nel materasso.


-

Dunque, eccoci nuovamente qui!

Come vi è sembrato il capitolo? Ho voluto inserire il punto di vista di Louis per farvi comprendere meglio la sua situazione, spero di aver fatto un buon lavoro.

E sì, credo abbiate tutt* il diritto di essere arrabbiat* con Louis per la sua decisione visto che aveva promesso ad Harry che non lo avrebbe più fatto, ma per un tossicodipendente credo sia molto difficile venir fuori dalle sue anguste abitudini, per questo ho voluto provare a farvi immedesimare nel suo personaggio! Anche per far capire come mai sia sempre sul punto di esplodere come una bomba ad orologeria.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro