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Chapter 14


Ieri, con Louis, ho passato una serata bellissima, alla fine. Dopo l'angoscia iniziale causata dalla sua rivelazione di debolezza, le emozioni che ho provato sono state poi tutte positive. Alla fine delle lezioni l'ho aspettato con il bacino posato contro la portiera della mia auto, l'ho salutato con un sorriso ampio sulle labbra e poi, una volta uscito dal parcheggio ed essermi immesso in strada, l'ho portato a fare una passeggiata in spiaggia. Abbiamo parlato di tutto e di niente e Louis mi ha chiesto di nuovo scusa, poi abbiamo passato il tempo a rincorrerci come due bambini, ci siamo divertiti, ma il momento è stato poi rovinato da una telefonata inaspettata che ha peggiorato l'umore di Louis, che senza dirmi niente mi ha chiesto di riaccompagnarlo a casa.

Ed è quindi inutile dire con quale stato d'animo io sia poi tornato a casa. Sono rimasto in pensiero per lui tutta la notte e ho atteso addirittura un suo messaggio durante le mie ore di insonnia, lottando con la mia angoscia e la tachicardia del mio cuore colmo di preoccupazione, ma non è servito a nulla. Louis non si è fatto sentire comunque, ed io mi sono dato dello stupido ripetutamente, prendendo a pugni un cuscino impregnato del mio stesso profumo. Come se non bastasse, ad essere sinceri, mi sono sentito anche preso in giro, e per questo mi sono arrabbiato. Ma, di nuovo, non è servito a nulla.

Sbuffo quando mi ritrovo a cambiare posizione nel letto per la centesima volta. È il mio giorno libero e per questo ho pensato di rimanere a letto per riposare un po', visto che questa notte non sono riuscito a chiudere gli occhi, ma sembra impossibile: ogni volta che provo a chiuderli, vari pensieri inondano la mia mente, e la preoccupazione, l'angoscia di sapere come stia Louis, dove sia e cosa stia facendo, mi impedisce di riposare. E non nego di avere paura, sono terrorizzato in un certo senso: ieri mi ha fatto una promessa, ma non sembrava convinto al cento per cento di volerla mantenere, e questo mi preoccupa ancora di più.

Quindi alla fine mi arrendo e decido di alzarmi, infilo le ciabatte nei piedi nudi e mi sollevo a malincuore dal letto che ha accompagnato le mie pene in queste ore. Le lenzuola sono tutte stropicciate, parte del copriletto ricade sul pavimento, segno che questa notte mi sono agitato parecchio nel tentativo di prendere sonno. Sospiro pesantemente: mi sento gli occhi pesanti e, sono sicuro che se mi guardassi allo specchio, probabilmente li troverei addirittura rossi. Mi sento di nuovo come se ci fosse un terribile macigno sulle mie spalle.

Esco dalla stanza afferrando con due dita il ponte del mio naso. Non riesco a togliere dalla mia mente il viso di Louis, come sia cambiata la sua espressione, ieri, quando ha ricevuto quella dannata telefonata. Il sorriso che prima alleggiava sul suo volto, quel bellissimo sorriso che avrebbe potuto risplendere più del sole stesso, è sparito in un istante come neve al sole, ed è bastato un secondo soltanto per farmi sentire come se non fossi più abbastanza.

Scuoto la testa e mi impongo di non pensarci. Non riesco a credere di aver dato tutto questo potere ad un ragazzino: Louis mi distrugge, mi riempie d'angoscia e di paura, colma la mia mente di pensieri che vorrei soltanto riuscire ad eliminare, eppure al tempo stesso mi fa ridere, mi fa sentire giovane, e non è giusto. Non è giusto.

La forte suoneria del mio telefono riesce a riportarmi alla realtà, però, e quasi il mio cuore freme di gioia appena leggo il numero di Louis illuminare lo schermo.

Porto il telefono all'orecchio e faccio per parlare, per chiedergli come sta, per chiedergli perché sia nuovamente sparito senza dirmi niente, ma un singhiozzo raggiunge il mio udito troppo presto ed io mi ammutolisco all'istante. Oh Dio, ti prego, non di nuovo. «Harry» è tutto ciò che Louis dice. La sua voce è piccola e colma di dolore, il suo respiro è strozzato, affannoso, sembra abbia appena corso una maratona, ma in realtà ha soltanto appena finito di piangere.

«Louis, mi hai fatto preoccupare tantissimo» ammetto, e vorrei darmi dello stupido solo per questo. «È tutto okay?» le mie parole escono a raffica, probabilmente ne avrà capito solo un quarto di tutte quelle che invece ho esalato, ma non importa, voglio solo sapere se sta bene. Lo sento sospirare, oppure sta solo trattenendo le lacrime?

«Scusa per ieri, sono stato uno stupido. Io-» s'interrompe, ed io rimango ad ascoltarlo, fermo immobile ad aspettare qualsiasi parola, con il labbro stretto fra i denti e gli occhi gonfi di lacrime. Ho solo paura che ammetta di essere stato debole di nuovo, che abbia ceduto a abbia fatto nuovamente uso di quelle sostanze.

«Ieri era l'anniversario di papà, non sono riuscito a dirtelo. Sono stato troppo vago e mi dispiace, però meriti di sapere perché sono stato debole» rivela. Sospiro. Perché sto stringendo il telefono con così tanta forza?

Sento Louis deglutire prima di parlare ancora. «La mia famiglia crede che sia colpa mia se papà è morto, e da quando è volato in cielo mi addossano tutte le disgrazie di questo mondo. È successo anche ieri mattina e poi di nuovo con te, ed io me ne sono andato perché non volevo che tu vedessi quanto spregevole in realtà fossi. Però, giuro, giuro Harry, giuro che la promessa non l'ho infranta» conclude tutto d'un fiato, dopo aver praticamente singhiozzato nella cornetta del telefono. Sento il cuore andare lentamente in frantumi, sbriciolarsi e poi cadere nel vuoto della più completa tristezza. Ecco, ecco perché ieri il suo sorriso si è spento, ecco perché ha avuto un momento di debolezza, ecco perché non ha voluto dirmi niente.

«Arrivo subito» dico frettoloso, dopo aver cercato le parole giuste. Per nulla al mondo ho intenzione di lasciarlo da solo, gli ho fatto una promessa. Al diavolo l'angoscia, al diavolo il mio cuore, voglio solo che Louis stia bene. Voglio poterlo stringere forte a me, consolarlo e dirgli che andrà tutto bene, andrà tutto bene, deve solo continuare ad essere forte. 

«No Harry, non-» s'interrompe per un paio di secondi, un fruscio è tutto quello che sento prima di ascoltare nuovamente il suono della sua voce. Sospira prima di prendere parola, «ricordi quella casetta sull'albero dove abbiamo studiato l'ultima volta?» domanda, ed io annuisco. Come potrei dimenticare quel giorno, quando la luce ancora splendeva nei suoi occhi azzurri come il cielo.

«Certo che la ricordo» dico, e un sorriso sorge spontaneo sulle mie labbra. Chissà se anche Louis adesso sta sorridendo. Stai sorridendo, Louis?

«Mi troverai qui» commenta e, quando faccio per chiudere la telefonata con l'intenzione di raggiungerlo il più velocemente possibile, Louis sembra capirlo, perché «non chiudere, Harry. Rimani qui» esala, con voce così lieve da farmi pensare di averlo soltanto immaginato. Forse sto soltanto impazzendo.

Però lo accontento. Rimango con lui per tutto il tragitto in macchina e per quei pochi chilometri che mi separano dalla casetta.

-

«Harry» è la prima cosa che Louis sussurra, appena mi vede. Non faccio nemmeno in tempo ad accennare un passo ed entrare all'interno della sua casetta, subito le sue braccia mi circondano la vita e la sua guancia ancora rossa a causa del pianto preme contro il mio petto. «Sono così contento che tu sia qui» ammette, e quest'abbraccio che avrei voluto durasse ore ed ore, si scioglie troppo presto, non mi ha nemmeno dato modo di ricambiare.

E dovrebbe essere sbagliato, me ne rendo conto, perché io sono un insegnante e lui un alunno, e quello che dovrei fare io sarebbero solamente lezioni di recupero, ma sono rimasto intrappolato anche io nei suoi mille e uno problemi, e non riesco più ad uscirne.

Louis afferra la mia mano e mi conduce all'interno della casetta, la quale non è cambiata di una virgola dall'ultima volta che ci sono stato. Sono state aggiunte soltanto due o forse quattro coperte abbastanza grosse, che ora giacciono sui cuscinetti colorati in fondo alla stanza.

«È tutto okay» gli dico, mentre stringo la sua mano ed entro all'interno della casetta. La sua mano è fredda, gelida contro la mia che invece è bollente, e la stringo più forte nel tentativo di riscaldarla.

«Non posso offrirti nulla, mi dispiace, con me ho portato solo delle brioche e delle coperte» ammette con vergogna ed abbassando la testa, raggiungendo i cuscini e sedendosi subito dopo. Scuoto la testa.

«Non importa, Lou» gli dico io. Vedo l'ombra di un sorriso sulle sue labbra, spero duri perché è bello più del sole stesso, «per me è più importante sapere che ora tu stai bene».

«Non illuderti, Harry» dice, quando lo raggiungo e mi siedo al suo fianco si è già avvolto una coperta attorno al corpo. «Non sto bene da un po', da tanto tempo forse» ammette, trova solo ora il coraggio di sollevare lo sguardo e puntare gli occhi nei miei. Almeno, e chiedo grazie a Dio, non sono più rossi e colmi di lacrime come ieri, sono semplicemente azzurri. Azzurri come il cielo. «Però ti ringrazio, perché non ti sei ancora arreso» conclude poi. Per un istante sembra voglia avvicinarsi e posare la guancia sulla mia spalla, invece rimane fermo e immobile. Forse sto solo impazzendo.

«Te l'ho già detto che non mi piace arrendermi, sì?» ribatto io, e lui annuisce, c'è di nuovo un sorriso sulle sue labbra.

«Sì» esala Lou, ed ora si volta a guardarmi. Il suo labbro inferiore trema, vorrei potergli accarezzare la bocca con il pollice e poi impedirgli di martoriarsela con i denti. «Me l'hai detto».

«Non devi mai dimenticarlo» gli dico io, e mi azzardo a posare una mano sulla sua guancia perché non riesco a rimanere senza toccarlo. La sua pelle è così morbida, così delicata, quando ci strofino il pollice Louis preme la guancia contro il mio palmo e chiude gli occhi.

«Grazie per essere qui, Harry» esala ancora, a bassa voce cosicché possa sentirlo solo io. La sua guancia ancora preme contro il palmo della mia mano, sta diventando bollente ed è bellissimo.

«Non ringraziarmi, Lou» dico io, disegnando qualcosa di immaginario sulla sua pelle. Lui sorride, finalmente si avvicina maggiormente a me, ora le nostre braccia si sfiorano.

«Posso chiederti una cosa?» domanda, ed ora sembra un bambino. In confronto a me, ora che siamo vicini abbastanza, sembra ancora più piccolo: vorrei poterlo proteggere dal resto del mondo, stringerlo a me e dirgli che andrà tutto bene.

«Certo» rispondo, portando indietro una sua morbida ciocca di capelli color caramello. Lui sorride, si lecca le labbra con la punta della lingua prima di rispondere.

«Mi accompagneresti da papà?» domanda. Faccio per parlare, ma lui non me lo permette. «È una cosa azzardata, lo so, e ti chiedo scusa e mi dispiace se non accetterai, ma mi fido di te» si giustifica, abbassando la testa. «Ieri non ho avuto il coraggio di andare a trovarlo, ma oggi... oggi che sto un po' meglio, forse posso provarci».

Ed eccola, eccola, la scossa d'orgoglio di cui il mio cuore si riempie nuovamente. Louis vuole diventare una persona migliore, vuole farlo con me e vuole dimostrare coraggio andando a trovare suo padre. Sorrido. «Certo» rispondo io, che mai potrei dirgli di no, specie se si tratta di qualcosa che lo riguarda, «e non avere più paura di chiedermi qualcosa, okay?»

«Okay» un solo sussurro da parte sua, sorride e poi preme la guancia sulla mia spalla. Mi viene spontaneo abbracciarlo. Vorrei che fosse sempre così. «Grazie per tutto quello che stai facendo per me, Harry» dice, affondando il viso nell'incavo del mio collo. Dio, i brividi che stanno percorrendo il mio corpo...

«Non mi ringraziare» dico io, e mi viene spontaneo circondare il suo fianco con un braccio e stringerlo forte a me. «Va bene così».




-

Dunque, eccoci nuovamente qui!

Questo credo che sia il capitolo più lungo di tutta la storia, ma penso che ne sia valsa la pena; spero di non averlo reso troppo noioso.

L'ho modificato giusto in qualche parte, per il resto questo è rimasto più o meno simile al capitolo originale.

Spero vi sia piaciuto.

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