Chapter 12
La giornata passata in compagnia di Louis, ieri sera, mi ha giovato. Vederlo con un sorriso soddisfatto sulle labbra e non più con gli occhi rossi come alcune settimane fa, mi ha reso particolarmente felice. Sono persino riuscito a dormire stanotte, gli incubi sembrano avermi abbandonato. Louis non è venuto oggi a lezione, ma non sono preoccupato. Quando l'ho accompagnato a casa e gentilmente l'ho salutato augurandogli la buonanotte, ci siamo accordati per vederci anche oggi: gli ho promesso che sarei andato a prenderlo subito dopo la conclusione del mio turno di lavoro, quindi al momento sto aspettando il suono della campanella. Abbiamo deciso di studiare nella casetta sull'albero di cui Louis mi ha parlato, e non vedo l'ora di insegnarli la mia materia avvolti dal verde e dal profumo della natura. Ho intenzione anche di farlo divertire, però: la sua ilare risata di ieri sera, quando divertito giocava con la sua sorellina, ancora rimbomba nella mia mente, e voglio sentirla di nuovo.
La campanella che annuncia il termine della mia giornata di lavoro e l'inizio della pausa pranzo suona, così io torno alla cattedra per riordinare tutto il mio materiale, salutare gli studenti augurandogli una buona giornata e poi, finalmente, uscire dall'aula. Il corridoio universitario, quando esco, è ovviamente gremito di persone, ma io continuo a percorrerlo indisturbato: nella mente ho solo il desiderio di raggiungere Louis al più presto. Louis che, quasi timidamente ieri sera, mi ha chiesto se cortesemente potessi andare a prenderlo direttamente io. Ho accettato, ovviamente, non ci trovo niente di malizioso nel mio gesto di cortesia, inoltre non so dove questa casa sull'albero sia e ho bisogno di qualcuno che mi mostri la strada per raggiungerla.
L'aria fredda sferza sul mio viso quando chiudo alle mie spalle l'enorme portone universitario, mi stringo maggiormente nel pesante e solito cappotto che indosso. Mi sono avvolto le mani in graziosi guanti bianchi per proteggerle dal gelo, ma non credo abbia funzionato, quando raggiungo l'auto e li tolgo le mie nocche sono bianche. Accendo l'aria condizionata e attendo che l'abitacolo sia abbastanza riscaldato prima di mettere in moto e partire.
Mi era persino venuta in mente l'idea di passare al fast food più vicino e prendere qualcosa d'asporto visto che non ho ancora pranzato, ma a fermarmi dal farlo è stata la consapevolezza che sarebbe stato semplicemente troppo. Non è un appuntamento, bensì un ritrovo nel quale studieremo fino a quando Louis non sarà troppo stanco per imparare ancora. Così, immagino mi dovrò accontentare del solito tramezzino: di solito me ne preparo sempre due, ma ne ho risparmiato uno in modo tale da non rimanere a stomaco vuoto durante tutta la giornata.
Quando arrivo, circa una decina di minuti più tardi, Louis è già fuori dalla porta della sua graziosa casetta. Sembra illuminarsi appena mi vede, e sembra esserci l'ombra di un sorriso sulle sue labbra quando mi raggiunge. Porta uno zaino dietro la schiena e, vestito con dei semplici pantaloni di tuta rossi e una maglietta a righe, sembra essere tornato un ragazzino. Adorabile.
«Ciao» mi saluta appena si siede sul sedile del passeggero, chiudendo la portiera. Sembra sprizzare gioia da ogni poro della sua pelle. Sorrido. E' bello vederlo così felice. Mi chiedo se non sia io la causa della sua felicità, se non sia io quella luce in fondo al tunnel nel quale sembra essersi perso.
«Ciao» lo saluto io, cordiale, rimettendomi in carreggiata. «Sei pronto per questa lezione all'aria aperta?»
«Sì» risponde lui, con la coda dell'occhio vedo l'angolo delle sue piccole labbra allungarsi in un sorriso. Adorabile. Sembra un bambino timido e, davvero, mi aspettavo di conoscere qualsiasi tratto di lui e del suo disturbo, invece la sua timidezza mi ha investito in pieno. «Ma mi sono permesso di preparare la merenda, però. Non è molto, ma saremo in mezzo alla natura e dovremo pur mangiare qualcosa, giusto?»
Sorrido. «Giusto» rispondo. Non nego di essere sorpreso. «Ma non avresti dovuto».
«Non importa» ribatte lui, con un gesto della mano mi fa capire che non ha intenzione di discutere ancora su questa cosa, «è stato il minimo che potessi fare. Mi sta aiutando molto, professore».
«Harry» gli dico. Il mio nome fuoriesce dalla mia bocca prima che io possa fermarlo. «Solo Harry. Non siamo nell'aula di letteratura inglese» continuo. Sto infrangendo diverse parti del regolamento scolastico, poiché questo impedisce di permettere agli studenti di dare del tu a noi insegnanti, ma con Louis mi sento libero di farlo. Voglio che mi veda come un professore, sì, ma anche come un amico, un fratello. Voglio che mi veda come Harry, come quello che semplicemente sono.
Louis mi guarda. Sembra sorpreso. «Va bene, allora» esala semplicemente. E forse è solo la mia immaginazione, ma mi sembra di vedere una certa confidenza in più nei suoi modi di fare. Non ha più paura, o meglio, non come prima, e mi piace. Mi piace il fatto che le carte sul tavolo stiano cambiando, e sapere che la causa di questo cambiamento, forse, sono proprio io, mi rende ancora più fiero. Louis si merita il mondo, ogni cosa, l'ho capito dal primo istante che l'ho visto, e voglio donargli tutta la felicità che l'universo racchiude. E' una promessa.
-
La distesa verde nel quale Louis mi ha portato è meravigliosa. L'arrivo dell'autunno ha ricoperto il prato di una leggera sfumatura di giallo che sembra brillare grazie ai raggi del sole, i fiori ricoprono i cespugli accanto agli alberi con i loro colori vivaci, e sono semplicemente bellissimi. Si respira aria di campagna, aria pulita, ed è proprio ciò di cui avevo bisogno.
«Da questa parte» mi dice un Louis dalle guance tutte rosse, superandomi soltanto per intraprendere il sentiero a destra tutto ciottolato. Lo seguo. La leggera brezza scompiglia i suoi capelli castani, alcune ciocche si vanno a posare sulla sua fronte e gli nascondono gli occhi. La sua pelle pallida sembra assumere sfumature bianche, sembra morbida come la neve.
«Stiamo andando in un posto che per me è molto importante» a spezzare il silenzio è nuovamente Louis, che con le sue parole mi riporta alla realtà. «Vengo sempre qui quando ho bisogno di stare da solo, e la casa sull'albero l'ho trovata per caso in un giorno di pioggia» continua il suo racconto, ha tutta la mia attenzione. «Mi sono permesso di arredarla un po' e di renderla un po' più mia. E' piccola, ma a me piace davvero tanto» termina, dirigendosi ora verso quella che sembra una radura.
«E stai qui tutto da solo?» mi ritrovo a chiedergli. Louis, al mio fianco, annuisce. Mi sento quasi in colpa alle sue parole. Deve passare delle orribili giornate se decide di isolarsi a tal punto da preferire una piccola casetta sull'albero al comfort di un letto caldo.
«Tutto solo» ripete lui, non sembra infelice di questa sua condizione. Io, però, non nego di essere preoccupato. «Qui nessuno mi dice cosa devo fare o come devo comportarmi. Sono semplicemente Louis» continua, ed io annuisco. Un po' come quando io torno a casa e abbandono sul divano la mia inseparabile cartella marrone: a quel punto non sono più un professore, ma Harry. Harry e basta.
Camminiamo in silenzio per un'altra manciata di minuti, fino a quando in lontananza non vedo apparire un enorme albero. I suoi rami sono spogli di foglie a causa della loro caduta, per questo motivo riesco ad individuare subito la casetta di cui Louis mi ha parlato. Sembra graziosa: interamente in legno, sembra una di quelle casette di cui si sente tanto parlare nelle favole che si raccontano ai bambini. Chissà come dev'essere bella d'estate, interamente avvolta dalle foglie verdi, i fiori e i frutti dell'albero.
Louis si avvicina all'albero, appena lo raggiungo noto con piacere la presenza di alcune scalette in legno sul tronco di quest'ultimo. Lascio che sia Louis il primo a salire, successivamente lo raggiungo anche io. La porticina della casetta è davvero piccola, sono costretto ad abbassarmi per entrare all'interno della casetta. Questa, naturalmente, è interamente in legno: appena entro, un tavolino di plastica bianca di forma quadrata fa la sua comparsa, posati sopra si trovano un pacchetto di sigarette apparentemente terminato, un quadernino ad anelli e una penna. Una piccola finestrella alla mia destra illumina interamente la casetta. A parte le due casse da frutta in legno sistemate attorno al tavolo e alcuni cuscini sparsi dalle fodere di vario colore, non c'è nient'altro.
«Mi piace molto» faccio sapere a Louis, impegnato a sistemare lo zaino sui cuscini di vario colore e poi a sedersi su questi ultimi. Lo raggiungo, mi siedo al suo fianco, le nostre braccia quasi si sfiorano.
«Grazie, Harry» mormora. Mi piace il suo modo di pronunciare il mio nome.
Passiamo un paio di minuti in un silenzio privo di imbarazzo, durante il quale Louis sembra perdersi fra i suoi pensieri, non mi rende partecipe dell'oscurità che per un attimo pare avvolgere la sua mente, poi, finalmente parla. «In realtà ti ho portato qui anche per un altro motivo» ammette. Mi volto a guardarlo, una mano ancora immersa nella mia tracolla marrone. La sua pelle è tornata nuovamente trasparente, guarda un punto indistinto davanti a se'.
«Quale?» domando. Perché ho così tanto paura di saperlo? Sento il mio cuore battere all'impazzata.
«La mia casa non è proprio ideale per farci delle ripetizioni con le mie sorelle e mia madre che non fa altro se non gridarmi addosso dalla mattina alla sera, e all'università non possiamo rimanere più di un paio di paio di ore, ed io ho bisogno di più di due ore per riprendermi da tutto» inizia Louis, quando solleva lo sguardo e permette ai nostri occhi di incontrarsi, sento dei brividi percorrere tutta la mia spina dorsale. «E tu sei così gentile con me... mi sento tranquillo quando sono al tuo fianco» conclude, per una frazione di secondo abbassa il capo timido, ma poi lo risolleva ed ora i suoi occhi azzurri come il cielo sembrano brillare di un qualcosa che al momento non riesco a definire.
«Quindi-» comincia nuovamente, posa una mano sulla mia spalla e diversi brividi cominciano a percorrermi tutto il corpo. "Quindi grazie per tutto quello che sta facendo, professore» conclude, allungando le sue piccole labbra in un tenero sorriso.
«Non devi ringraziarmi, Louis» è tutto ciò che ribatto io non appena riesco a ritrovare le parole. Questo gesto da parte sua mi ha scombussolato, sì, ma mi ha reso particolarmente felice. Ora so che tutto quello che sto facendo per lui non è più tempo sprecato. «Ti ho fatto una promessa, no? E una promessa è una promessa».
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La sera arriva troppo presto. Passando il pomeriggio ad aiutare Louis con le mappe concettuali per ricordare meglio certi argomenti, ho perso la cognizione del tempo. Ora, dall'unica finestrella della casetta in legno, non c'è più il sole ad illuminare di color miele i capelli di Louis, ma un cielo ancora privo di stelle. Chiudo il libro di letteratura inglese e lo ripongo nella mia cartella marrone, perché credo sia giunto il momento di andare. Accanto a me c'è ancora la carta della merenda consumata prima con Louis.
Quando mi alzo e Louis mi imita per accompagnarmi alla piccola porticina della casetta, una sua piccola mano avvolge il mio polso. E' fredda, ma come biasimarla, a parte i cuscini che impediscono di sedersi a terra e le sedie, non c'è nessun riscaldamento ad inondare di calore le pareti in legno di questa casa. Dovrei portare delle coperte, la prossima volta.
«A domani?» la pone più come una domanda, Louis, questa affermazione, quasi come se avesse paura potessi abbandonarlo da un momento all'altro. Annuisco, poso una mano sulla sua. «A domani» prometto.
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Hey! Qui per dire che ho interamente modificato anche questo capitolo, in quanto non erano state spiegate alcune cose in quello originale. Capitolo abbastanza corto, lo so, ma fondamentale: i Larry si stanno finalmente avvicinando, non sono bellissimi? E poi, qui mi sa che un certo Haroldo si sta innamorando, ehehe.
All'interno del capitolo possiamo anche trovare diverse informazioni sulla situazione che Louis vive in famiglia, non mi sono voluta dilungare troppo perché il resto delle cose si sapranno andando avanti con la storia!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io ho fangirlato abbastanza scrivendolo ahaha.
Twitter: Demonpromise, Instagram: cliffordghost.
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