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Sesto Capitolo

Mentre attendo che l'ascensore raggiunga il quinto piano del palazzo dove abito il riflesso che vedo nello specchio arrugginito mi costringe ad analizzare lo stato del mio viso e la domanda mi sorge spontanea: ho avuto veramente il coraggio di vagare per tutto il giorno con questa faccia stravolta?

I miei occhi blu petrolio sono offuscati da delle pesanti occhiaie verdognole e i capelli color cioccolato sembrano appena usciti dall'asciugatrice. Dannata umidità invernale, dovrebbero bandirti dalle previsioni meteo, la tua unica ragione di vita è rendere noi poverette impresentabili, ma non ti vergogni?

Lo so, sto impazzendo, ma pur di non pensare a quello che è successo oggi sono pronta a prendermela con ogni agente atmosferico esistente nel nostro mondo. Anche se non voglio ammetterlo le parole di Darren mi hanno scombussolata non poco. Ricomponendo i tratti del suo viso nella mia mente alcuni lineamenti mi appaiono spaventosamente familiari; è come se mi stesse sfuggendo un piccolissimo particolare di vitale importanza. Non riesco a smettere di pensarci. È come se la sua voce, il suo viso, le sue espressioni mi perseguitassero, come se tutto di lui volesse dirmi qualche cosa che non capisco. Qualsiasi pensiero io tenti di imporre alla mia mente inevitabilmente si trasforma in qualcosa che non avevo previsto portandomi subdolamente alla pazzia. Perciò al diavolo, fai quello che vuoi dannato cervello!

Quando la serratura scatta e riesco ad entrare in casa il mio naso viene solleticato dal dolce profumo di waffle appena sfornati, che delizia ... ecco un modo meraviglioso per affogare i miei tormenti: andare in overdose di zucchero!

Butto la sacca sul divano dirigendomi veloce verso la cucina. Sto già immaginando la crosticina dorata dei miei dolci preferiti annegati da crema al cioccolato e panna (esagerata?) quando le mie orecchie percepiscono uno strano rumore provenire dal bagno.

È sommesso e soffocato, sembra quasi un singhiozzo ... un pensiero mi passa come un fulmine nel cervello facendomi sbarrare gli occhi.

"Elisa, cosa ci fai chiusa a chiave nel bagno?" Urlo battendo con forza i pugni sulla porta, forse dovrei darmi una calmata, perché se la rompo i soldi per ripararla non me li regala nessuno.

"Vattene via. Lasciami sola!" Urla lei fra i singhiozzi.

Cosa diavolo le è successo? Mi sto spaventando.

"Elisa! Se non vuoi che butti giù questa maledettissima porta aprila immediatamente." Spero che il bluff funzioni, perché tra i miei passatempi preferiti non c'è mai stato quello di sbattere ripetutamente contro dure pareti di legno massiccio.

Sto cercando di rimanere calma, ma la verità è che sono preoccupata, Elisa non si butta mai giù, mai. E se accade, vuol dire che sotto c'è qualcosa d'importante.

Appena sento la serratura scattare mi precipito in bagno. Elisa è sconvolta, il mascara colato per colpa delle lacrime le ha disegnato dei solchi scuri sulle guance perlacee e i capelli tendenti al blu sono tutti scompigliati.

"Per l'amor del cielo, ma cosa ti è successo?"

Lei mi fissa con gli occhi spaventati, ma io non comprendo, allora l'abbraccio cercando di calmarla e lei ... lei .... scoppia a ridere.

"O mamma ... sono sempre più brava." Riesce a dire fra una risata e l'altra.

"Scusa, cosa?" Le chiedo con la testa che minaccia un'esplosione atomica.

"Ho detto che sono sempre più brava, se vado avanti così il ruolo di Desdemona sarà mio." Mi dice come se nulla fosse addentando una mela.

Giuro che in questo momento ho bisogno di chiamare a raccolta tutte le mie forse zen per non lanciarle addosso qualcosa.

"Vuoi dirmi che stavi fingendo?" Le domando con la voce tremante di rabbia. Solo in questo momento Elisa sembra accorgersi del mio stato d'animo, alla buon'ora oserei dire, diamo un Oscar a questa ragazza per la perspicacia!

Dove sono finite le amiche normali? Che riescono a capire con un solo sguardo e che hai avuto una giornata no e almeno ti lasciano stare.

"Oh, scusami, ti ho spaventata?" Mi chiede sentendosi finalmente in colpa. Ma che spaventata, un mezzo infarto alla bellezza di ventidue anni è più che normale.

È proprio questo il brutto di Elisa, lei non lo fa apposta è così: tonta! E questo implica il fatto di non potersi nemmeno arrabbiare con lei, perché sarebbe come prendersela con un cucciolo.

"Mi dispiace tanto, volevo solo esercitarmi, sai quanto io tenga a quest'audizione e ..." E il citofono suona prima che io possa risponderle.

Mi dirigo come una furia verso il ricevitore e mi sento quasi in colpa per l'orecchio che dall'altra parte sta attendendo una risposta inconsapevole delle mie frustrazioni.

"Chi è ?" Sbraito.

"Darren."

Cosa non darei per aver uno specchio davanti a me e vedere la mia faccia in questo momento, sarebbe un vero spettacolo.

"Chi?" Domando, capendo da sola di aver fatto una domanda sciocca.

"Darren Mcgregor, quello nuovo." Esclama con un pizzico di ironia nella voce, e a questo punto la mia bocca si spalanca e il mio viso diventa il ritratto dell'incredulità, perché quel nome mi ha  appena riportata indietro nel tempo, in un inverno lontano di otto anni fa.

Non può essere, non è possibile, ...

"Posso salire per favore? Qui fuori si gela." Mi chiede Darren, ma io apro la porta d'ingresso senza rispondergli, perché la mia tanto decantata parlantina è improvvisamente scomparsa.

Mi accascio sul divano, come in uno stato di trance, con gli occhi spalancati lasciando la mia mente libera di fluire.

"Stai bene?" Mi chiede Elisa preoccupata notando il mio disagio, ma io non riesco risponderle, perché tutto intorno a me si oscura e i miei occhi si chiudono.

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