Ci sono due variabili che mi assicurano un tremendo inizio di giornata: il suono della sveglia e la consapevolezza del lunedì mattina, se come oggi i due elementi coesistono allora il mio umore non può far altro che raggiungere la zona del sottosuolo che non appartiene alla sovranità dell'Inghilterra.

Driiiin, Driiiin, Driiiiiiiiiiin ......

Eccola, puntuale come la morte, la prima variabile: il martellante e interminabile suono infernale che entrandomi nel cervello mi preannuncia una giornata molto, molto dura. L'apertura della prima palpebra mi costa uno sforzo tale che potrei paragonare le dodici fatiche di Ercole a una tranquilla scampagnata in montagna. Contro la mia stessa volontà soggiogata completamente ai movimenti abitudinari del corpo, mi alzo e mi dirigo traballante verso il bagno.

Alzo la testa, e vedo appesa al muro la maledetta seconda variabile che mi fa emettere un grugnito di disappunto, il numero cerchiato in rosso sul calendario è nientemeno che il 10 ottobre, ovvero, lunedì.

Stando a quanto ho appena affermato questa potrà rivelarsi solamente una giornata di merda.

Sono le sette e un quarto e la metropolitana che deve portare la mia faccia incarognita davanti all'università parte alle sette e mezza, direi che oggi, rispetto alla media degli altri giorni sono perfettamente in orario.

Mi vesto e contemporaneamente mangio un panino che trovo sperduto sul fondo del mio triste frigorifero (mentre lo addento prego che non abbia ancora raggiunto lo stadio della salmonellosi) e tutte queste acrobazie le compio stando ben attenta a non svegliare la mia coinquilina, visto che lei, povera, potrà rimanere fra le braccia di Morfeo ancora per due ore, le sue lezioni di storia dello spettacolo teatrale infatti inizieranno non prima delle dieci ... io, un orario del genere, posso solo immaginarlo nei miei sogni più inconfessati.

Elisa è una ragazza molto particolare e devo ammettere di aver fatto fatica ad abituarmi a lei all'inizio, ma quando ho deciso di studiare in una città come Londra ero perfettamente consapevole che sarei stata obbligata a condividere la mia privacy con un'altra persona per sopravvivere agli affitti stellari che ci fanno pagare ed Elisa, tutto sommato, è stato un sacrificio tollerabile.

L'orologio dello smartphone segna le sette e ventisette e mentre esco dal portone del palazzo il vento gelido e sferzante di metà ottobre mi investe facendomi lacrimare gli occhi ... perfetto, quando arriverò in ritardo a scuola dovrò anche spiegare perché sto piangendo. Spero ardentemente che il mascara (unico trucco presente nella mia trousse) non coli infelicemente rendendo i miei occhi chiari quelli di un piccolo panda. Mi stringo tremando nel cappotto leggero e inizio a camminare veloce verso la metro, con un po' di fortuna (se esiste ancora al lunedì mattina) riuscirò a prenderla in tempo e trasformare il 10 ottobre in una giornata perlomeno sopportabile.