Capitolo 42- Pillowtalk
Mi chiudo la porta in vetro alle spalle mentre sorrido tra me e me: in fin dei conti ho passato una mattinata piacevole in compagnia di Liam.
Si è rivelato un ragazzo disponibile ed educato e forse l'ho giudicato troppo in fretta.
Mi sfilo la borsa a tracolla e mi sto per togliere il cappotto sovrappensiero, quando sento un improvviso tonfo ovattato.
Rimango immobile cercando di localizzare la fonte del rumore per poi proseguire a piccoli passi lenti verso il magazzino.
Più vado avanti più tutto si scurisce, dato che non ho finito di tirare completamente su la grata all'entrata.
La porta del magazzino é socchiusa quindi afferro il telefono per accendere la torcia.
Strizzo gli occhi poi prendo coraggio e con un forte calcio spalanco la porta davanti a me.
«AH!» urlo in segno di guerra, immaginandomi già la faccia che farà mia zia quando mi ringrazierà per aver salvato il suo amato negozio da un temibile ladro.
Ma la scena che mi si palesa davanti è tutt'altro che questa: una ragazza dai capelli scuri si sta arrampicando su uno sgabello cercando di raggiungere il pannello di controllo.
Dal forte rumore si gira di scatto perdendo l'equilibrio e cade col didietro per terra. «Ahi! Non ancora...» si lamenta lei massaggiando la botta.
«Chi sei? Cosa ci fai qui?» chiedo in tono accusatorio con ancora la torcia puntata.
Lei alza lo sguardo sorpresa come accorgendosi solo ora della mia presenza: «Oh! Sono la nuova commessa! Tu devi essere Elisa giusto?» la fisso mentre si alza da terra per stringermi la mano e noto che sta indossando la divisa del negozio.
Finalmente qualcuno che pronuncia il mio nome nel modo giusto penso.
«Piacere... strano, mia zia non mi ha accennato nulla» confesso confusa.
Lei mi sorride raggiante; é una bellissima ragazza di colore, con dei folti capelli neri e grandi occhi marrone scuro, porta anche il septum al naso.
«Mi chiamo Karen» risponde con il suo accento americano.
Mi rendo conto di essere ancora al buio, «Cos'è successo?» chiedo guardandomi intorno.
«È da stamattina che continua ad andare via la corrente» spiega, «stavo cercando di tirare su il contatore ma sono troppo bassa» ridacchia.
«Capisco» rispondo ricambiando la risata, «ma non usiamo più quello, guarda si fa così» le spiego tirando su una levetta vicino alla cassa.
«Come mai se eri dentro la grata era abbassata fuori?» le chiedo mentre ritorna la luce in tutti gli ambienti.
«Stamattina il negozio non apre, io sono qui per il turno del pomeriggio ma Francesca mi ha chiesto di passare prima per ritirare i nuovi arrivi» spiega semplicemente.
Mi chiedo come mai io non sappia più niente di tutto ciò, in effetti è da più di un mese che non tornavo in negozio.
Decido che quando tornerò a casa ne parlerò con mia zia; tra l'altro mi ha fatto venire qui lei così presto oggi, per... "ritirare i nuovi arrivi".
La maledico mentalmente, non si è neanche accorta di aver dato lo stesso compito a entrambe. Oppure l'ha fatto apposta...
«Stai tranquilla, per oggi me la cavo da sola; ormai mi hai insegnato l'unica cosa che ancora non sapevo» mi rassicura lei sorridendomi.
Dopo altre veloci dritte, la ringrazio e la saluto dirigendomi alla fermata del pullman: oggi fa troppo freddo per farsela a piedi.
-
«Vi sono mancata??» domando ironica ad alta voce per farmi sentire dalle altre mentre appendo il cappotto.
«Li hai finiti i tuoi giretti mattutini?» mi stuzzica Giulia venendomi incontro sporca di Nutella sul naso.
«Che state combinando?» ridacchio raggiungendo le altre in cucina.
«Qui siamo già passate al dolce» scherza Natasha indicando la pila di pancakes che mi aspetta.
«Ora tua zia ci porta al museo» dice poi Rebecca emozionata.
«Al museo di Leeds??» non ricambio affatto la sua positività, ricordando tutte le volte che ha obbligato me ad andarci.
«Perché, tu non vieni?» chiede ancora la riccia delusa dalla mia domanda.
«Lasciatela perdere» esordisce mia zia entrando in cucina, «vorrà dire che ci divertiremo senza di lei» mi fa l'occhiolino prendendo le chiavi della macchina dalla sua borsa.
«Poi non ci stiamo tutte in macchina» spiego per diminuire in me il senso di colpa.
Mentre tutte si mettono il cappotto, io metto il piatto di pasta avanzata nel microonde, ma mia zia torna in cucina: «Ascolta, Leone é in camera mia di sopra e si è appena addormentato, non dovrebbe svegliarsi ma tu dagli un occhio ogni tanto» si raccomanda lei.
«Ah quindi avevi già deciso che sarei rimasta a fargli da babysitter» scherzo io in risposta.
«Beh mi pare ovvio. Dai su andiamo» le invita ad uscire dopo che ci siamo salutate.
-
Finito il mio triste pranzo riscaldato, decido di mettermi un po' sul divano e recuperare la fine di un film che avevo interrotto la sera precedente.
Il tempo passa lento e ogni tanto tendo l'orecchio per controllare il piccolo.
Ad un certo punto il mio telefono si illumina, un messaggio da Zayn:
«Ti va se ci vediamo tipo ora?». Sto digitando la risposta quando ne arriva subito un altro: «Sei libera?».
Leggo una leggera impazienza nelle sue domande quindi gli rispondo velocemente: «Diciamo di sì ma sono praticamente bloccata a casa, mia zia ha la macchina».
«Le tue amiche?» chiede lui. Ormai sono qui da quasi una settimana e Zayn ha preferito che mi godessi la loro presenza, così in questi giorni ci siamo visti di meno.
«Sono uscite con lei».
«Posso venire da te?»
«Ok però per poco».
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Quando apro la porta me lo ritrovo subito addosso.
Le sue mani afferrano il mio viso per azzerare la distanza.
I suoi baci sono veloci e frequenti e mentre preme con insistenza sulle mie labbra, mi obbliga a indietreggiare a passo spedito.
Porto la mano indietro per cercare di trovare il divano e subito dopo ci cadiamo sopra entrambi.
«Zayn» riesco a dire con fatica cercando di prendere fiato.
Lui si sfila il giubbotto nero e lo butta per terra.
Cerco di mettermi seduta quando lui si ributta addosso a me.
Porta la sua mano destra dietro il mio orecchio e la infila tra i capelli.
«Zayn aspetta» lo fermo confusa, «che hai??» chiedo subito tra un respiro e l'altro.
«Mi vuoi?» chiede serio e i suoi occhi sono pieni di mille parole.
Rimango un attimo ferma immobile a guardarlo sopra di me, chiedendomi cosa voglio davvero in questo momento.
Ma non ho bisogno di pensarci su troppo a lungo: stavolta sono io ad azzerare la distanza, alzandomi leggermente per avvicinare le sue labbra alle mie.
Lui inizia a baciarmi il collo e la clavicola lasciando una scia umida; le sue mani sono ovunque: sotto la mia maglia, sui miei fianchi, sul mio seno.
La mia schiena si inarca al tocco dei suoi polpastrelli freddi a contatto con la mia pelle calda.
Sento la sua voglia di avermi, sento che ha bisogno di me.
Si stacca e con respiro affannato prende una bustina dalla tasca dei jeans.
La apre con i denti mantenendo il contatto visivo coi miei occhi.
Si alza dal divano per calarsi i pantaloni e con il contenuto avvolge la sua erezione pulsante sotto il mio sguardo curioso.
Ritorniamo ad essere un tutt'uno su quel divano diventato ormai un bagno di sudore.
Decido di tastare con mano ciò che stavo osservando poco prima, e al solo tocco vedo gli occhi di Zayn stringersi in due fessure.
Come se fosse una sfida fa lo stesso, portando le sue lunghe dita nella mia zona bassa tra le mie gambe già divaricate.
Allo stesso tempo porta la sua lingua al mio orecchio, leccando tutto intorno e facendomi sentire un formicolio paradisiaco.
Timidi gemiti escono dalla mia bocca e non riconoscendomi più, porto il collo all'indietro in preda a una sensazione liberatoria.
Qui, tra le sue braccia, la sua saliva, il suo respiro, posso essere pienamente me stessa; anche se siamo fin troppo stretti tra le pieghe del divano non vorrei mai staccarmi da lui.
Voglio guardarlo in viso mentre inizia ad entrare. Quello Zayn così sicuro di sé, sempre con la risposta pronta è sparito. Al suo posto c'è fragilità e cautela nei suoi movimenti: «Allora io vado okay?».
«Mh» cerco di sembrare decisa quando in realtà voglio solo che si muovi.
Lui sa benissimo cosa deve fare e come deve farlo, si muove al tempo giusto con maestria mentre io chiudo gli occhi e mi lascio guidare.
Voglio essere sua e soltanto sua, vorrei rimanere sempre qui tra le sue braccia.
In poco tempo lo sento ansimare vicino al mio orecchio mentre si stringe a me.
Infine si lascia cadere completamente allentando la presa.
I nostri petti si alzano veloci a ritmo quando mi accorgo di avere le guance leggermente bagnate.
I suoi grandi occhi si posano sui miei e ora tutto mi sembra sensato, completo.
«Quanto ti amo» afferma.
-
Siamo seduti sul tappeto usando il divano come poggia schiena. Il suo braccio é intorno alle mie spalle mentre con l'altra mano gioca con le mie dita.
«Stamattina é andato tutto storto» confessa rompendo il silenzio.
«Che è successo?» lo guardo corrugata.
«Wali...» dice semplicemente e mi basta per capire il resto.
Guardo in basso dispiaciuta non sapendo come aiutare.
«Avevo bisogno di stare con te» continua. Apprezzo quanto sia cambiato da quando l'ho conosciuto, ora si impegna ad aprirsi molto di più.
«Quando vuoi andiamo da te così passiamo un po' di tempo con lei, che ne dici?» lo guardo e lui accenna ad un sorriso.
«Potremmo organizzarle tipo una festa» fantastico io provocando in lui una risatina: «Nah le odia» mi guarda continuando a sorridere con gli occhi.
Riconosco il motore della macchina avvicinarsi per poi spegnersi nella via davanti a casa.
Tolgo di scatto la coperta in pile da sopra le nostre gambe, «Zayn le scarpe sbrigati!» lui mi guarda allarmato per poi fare come gli ho ordinato.
Raccatta tutte le sue cose da terra e si infila velocemente le scarpe mentre io corro alla porta per tenerla chiusa ancora quanto basta.
Mia zia cerca di aprire la porta quando chiama il mio nome stranita: «Elisa?».
Finalmente Zayn si palesa di fianco a me vestito ma con ancora i capelli un po' scompigliati.
Gli do una veloce sistemata mentre mi guarda con un sorrisetto divertito.
Mia zia apre la porta di botto: «Che stai combinando?».
Zayn le se fionda davanti «Stavo giusto andando» per poi filare via dalla porta trattenendo una risata.
«Ragazze» saluta con un cenno della testa le mie amiche in fila fuori che aspettano di entrare, «Ciao Zayn» rispondono in coro.
Una alla volta mi guardano maliziose mentre mia zia mi fa la ramanzina.
Io so soltanto una cosa: non guarderò più il mio divano allo stesso modo.
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