Capitolo 18- Don't Leave Me
«Ecco tieni» dico porgendogli due asciugamani puliti.
«Il bagno è laggiù, vai a farti una doccia», «fai pure con calma, io vado a cercare dei vestiti di ricambio» continuo.
Torno con una tuta del marito di mia zia e gliela lascio fuori dalla porta del bagno in fondo alla mia camera.
Mi siedo sul bordo del letto torturandomi le pellicine delle unghie dal nervoso e dall'agitazione che sento dentro, ma che nascondo ai suoi occhi per non allarmarlo ancora di più.
Alla fine mi sdraio e quasi mi addormento con il sottofondo dell'acqua che scorre nella stanza affianco.
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Sento il materasso abbassarsi al suo peso e riapro gli occhi, notando che si è sdraiato al mio fianco.
Ha ancora i capelli leggermente bagnati e profuma del mio bagnoschiuma che ha trovato sotto la doccia; mi rendo conto che il riscaldamento è fin troppo acceso quando i miei occhi cadono sul suo petto nudo, non sta indossando alcuna maglietta.
«Come ti senti?» chiedo rimanendo sdraiata, cercando di guardare altrove.
«Mh» lui continua a guardarmi coi suoi grandi occhi ancora leggermente gonfi. So che vorrebbe parlare e spiegarmi tutto, ma in questo momento voglio solo che si riposi.
Porto le gambe al petto mentre il suo sguardo si fa sempre più intenso e inizio ad accarezzargli il viso dolcemente.
«Mi spiegherai più tardi, ora dormi, io sono qui» gli sussurro.
I suoi occhi si fanno sempre più pesanti e infine si chiudono non reggendo la stanchezza.
Chissà da quanto tempo non dorme serenamente penso.
Mi alzo cercando di non fare troppo rumore e afferro il piumone scuro sul fondo del letto coprendolo delicatamente per poi infilarmici a mia volta.
Rimango immobile a fissarlo per non so quanto tempo seguendo i suoi lineamenti con lo sguardo; é pieno di tatuaggi, indossa la sua solita catenina e dorme come un bambino.
Tutte le sue preoccupazioni sembrano svanite, vorrei vederlo sempre così.
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Quando apro gli occhi non lo trovo più affianco a me così decido di scendere al piano di sotto per vedere dove si è cacciato.
Ancora tutta scombussolata scendo le scale sistemandomi velocemente i capelli e giro l'angolo vedendo la cucina illuminata.
Li trovo entrambi al tavolo a parlare tranquillamente ma non ci mettono molto ad accorgersi della mia presenza.
«Zayn sta tranquillo, stasera mangi da noi sei il benvenuto» gli dice mia zia attirando l'attenzione di entrambi.
Guardo l'orologio e sono le 19,41.
«Io esco» dice afferrando la sua borsa, «così potete parlare in pace» ci sorride per poi dirigersi verso l'uscita. Apprezzo molto la libertà e la fiducia che mi sta concedendo.
Non appena sentiamo la porta chiudersi, iniziamo entrambi a parlare: «Ora lasciami spiegare» mi prega lui.
Annuisco e mi siedo al tavolo.
«È iniziato tutto a Luglio» inizia.
«Era da un po' di tempo che dubitavamo che qualcosa non andasse, ma quest'estate ci è arrivata la conferma».
Lo fisso ascoltandolo concentrata.
«Ci è crollato il mondo addosso» fa una pausa. «Ha solo vent'anni...» la sua voce si strozza iniziando a singhiozzare.
Grosse lacrime cadono dal suo viso.
Mi alzo andadogli incontro: «Zayn se non vuoi n-
«No. Ce la faccio» mi interrompe per poi fare un respiro profondo ed asciugarsi gli occhi: «All'inizio ci hanno illuso dicendoci fosse facilmente curabile, ma era un via vai da casa all'ospedale» continua.
«Successivamente la situazione è diventata drastica e insieme ai medici abbiamo optato per continuare le cure da casa».
«Le ho lasciato la mia stanza, più grande così da far riuscire a stare tutte le macchine necessarie ed io mi sono spostato nel seminterrato».
«Mi dispiace tantissimo» dico portandomi una mano in viso e con le lacrime agli occhi.
«Doniya ha dovuto interrompere gli studi e ha iniziato a lavorare per aiutare i miei con le spese impedendomi di fare lo stesso, sostenendo che tocca a lei essendo la più grande» fa una pausa.
«Safaa cerchiamo di tenerla il più all'oscuro possibile essendo ancora piccola».
«Cosa c'entrano i vinili in tutto questo Zayn?».
Il suo sguardo finalmente si alza ricambiando il mio: «È la sua unica fonte di svago; é costretta a letto tutto il giorno e mi prega di sentire musica col giradischi della nonna».
«Se me l'avessi detto prima... Non ti avremmo fatto pagare nulla».
Lui afferra la mia mano stringendola: «Hai già fatto abbastanza, avete entrambe tu e tua zia» dice cercando di rassicurarmi.
«É per questo che ho fatto o detto quelle cose...» «non volevo farti entrare in questa storia ulteriormente o crearvi disagio».
«Ci sono dentro dal primo momento che ti ho visto» confesso per poi alzarmi ad abbracciarlo.
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