Cap. 6 Una mancanza di compagnia per il the [pt.1]
Le piante le avevano sussurrato quella notizia da solo pochi minuti, ma lei ben sapeva la natura pettegola di quegli esseri ed era convinta che l'informazione fosse entrata in loro possesso già da molto tempo.
Si augurava per questo che non fosse già troppo tardi, un evento come quello capitava di rado tendente al mai e lei non poteva permettersi di perderlo.
Non doveva per questo esitare o ad ogni modo fare qualsiasi cosa che l'avrebbe fatta sprecare anche la più minima unità di tempo: doveva agire ora e subito senza commettere errori.
Percorse il sentiero bianco fin su le grandi scale di pietra, così da arrivare alla sua villa col cuore che le martellava in petto supplicante pietà per tutta quell'attività fisica inusuale e improvvisa. Lei però non aveva tempo per curarsene -Su forza, scusami ma dobbiamo farlo per entrambi- disse solamente, cercando di incitarlo a fare meglio, mentre continuava la sua folle corsa.
Le due porte rosa della villa ormai le erano davanti, ma non volle perdere tempo ad aprirle nel modo convenzionale, poiché ne avrebbe richiesto troppo; decise invece di saltarci dentro, facendo il suo ingresso tramite la parte vetrata di queste.
Atterrò dolorante e leggermente sanguinante nell'atrio di ingresso, tuttavia rimase lì distesa per poco giacché, rialzatasi, prese le scale sulla destra, contenta di aver risparmiato preziosi secondi.
Salì velocemente aggrappandosi al corrimano per darsi lo slanciò e riuscì infine ad arrivare nella sua sontuosa stanza.
-Palesati è un ordine!- disse con grande autorità, tuttavia l'oggetto inanimato non obbedì.
-Biscotti a terra!- bestemmiò, per poi maledirsi, avendo perso a causa dell'imprecazione altro prezioso tempo.
Si buttò quindi sulla pila di peluche più vicina e si mise a cercare portando il caos nella piccola soffice comunità.
-Tazze infrante!- urlò quando si accorse che non era lì.
Si girò famelica di distruzione, guardando un'altra pila di peluche da devastare. I sofficiosi furono anche questa volta lanciati per aria, agitati violentemente e calpestati, ma nullo fu anche il loro sacrificio: non era neppure lì.
-Biscotti a terra su tazze infrante galleggianti in un lago di the sprecato!- fece la donna, ricordandosi che l'oggetto si trovava nella spiaggia tra i giochi, avendolo usato qualche giorno prima in combinazione ad una conchiglia per mettersi in contatto col dio del mare (invano naturalmente, il dio del mare se ne fregava di un insignificante esseruncolo quale era lei e ciò la faceva sentire ancora più sola).
Uscì dalla stanza e decise che rifare le scale avrebbe richiesto troppo tempo. Saltò quindi sul corrimano e sforzandosi di mantenere l'equilibrio, cercò di camminare su questo, provando a scendere, ma, essendo poco allenata, non ci riuscì. Dopo qualche passo, sbilanciata, cadde nella tromba delle scale, finendo sul tavolino di bucce di banana che le consentì di non rompersi qualcosa di vitale.
Ormai era di nuovo sul filo degli eventi: saltare le scale le aveva concesso di non perdere troppo tempo, ma il suo errore di localizzazione, dovuto a distorti ricordi, le era costato tutto il vantaggio ottenuto dal salto nella porta. Per fortuna, come sempre, non indossava vestiti che potessero rallentarla (non avendo mai contatti con altri esseri umani, era solita rimanere sempre nuda) e questo inaspettato vantaggio tattico le dava ancora qualche possibilità di farcela.
Si rialzò rapidamente per ritornare nell'atrio e andare dritto, prese la porta sulla destra e si ritrovò nell'ampia stanza di simulazione marina.
-Eccoti!- disse allegra vedendo il filo rosso che spuntava tra palette, secchielli e conchiglie.
Corse verso questo a testa bassa ma la sua attenzione, come le accadeva sempre da quando era piccola, fu catturata dalle pareti acquario che, paralizzandola con eterne emozione, le fecero perdere altro tempo.
-Scema!!!- si sgridò dandosi un pugno in viso e facendosi così sanguinare il naso. Era necessario: ora il dolore l'avrebbe fatta concentrare sul suo obiettivo. Percorse gli ultimi metri e saltò nella zona di sabbia sintetica, resistendo alla voglia di rotolarcisi dentro in modo infantile come era solita fare. Prese quindi il telefono tirandolo per il filo, compose il numero e avvicinò la cornetta all'orecchio pregando che qualcuno rispondesse.
Nello stesso istante l'avviso di una richiesta di comunicazione fu inoltrata sul centralino di chiamate della nave degli Eterni. Questi si trovavano (cavie e matematica compresi) nella sala di osservazione, che durante gli spostamenti spaziali diventava sala di controllo. Avevano infatti completato le procedure di avviamento, ed erano decisi a lasciare il pianeta, diretti verso qualche lontano luogo, dove poter continuare la ricerca senza il disturbo di altre forme di vita o qualsiasi altro fattore di distrazione, quando ebbero quell'interruzione.
-Signore, abbiamo una chiamata sulla linea privata da un pianeta sconosciuto- riferì Curval, che ormai aveva assunto completamente il ruolo di telecomunicatore.
-Altri pirati?- chiese Bokozugo irritato, prendendo la mano di Tasha tra le sue, in modo da attingere la forza necessaria per superare quel nuovo imprevisto.
-No signore. La chiamata è sulla linea della nave, chiunque chiami ha tutti i permessi per farlo- spiegò Curval sollevato (non avrebbero incontrato altre Ada LoveAce per fortuna).
-Va bene, vediamo un po' quale altro problema inutile deve affrontare la nostra missione- disse Bokozugo spazientito portandosi a sé la serva, la quale si accoccolò sul suo petto teneramente -Si- disse quindi premendo il tasto di risposta sul bracciolo del trono di controllo.
Per un po' non si sentì niente, poi una voce registrata e vecchia pervase la sala -Messere, ecco a lei la burgravia del pianeta senza nome, colei il cui cuore e animo le ha fatto ricevere il titolo di delfina non che di khatoun, imparentata per centonovesimo grado alla famiglia DIVINA, col titolo di granmarcheduchessa, la principessa Viziosa!- presentò regale.
Ci fu poi un attimo di silenzio (evidentemente la principessa stava riordinando le idee pensando a cosa dovesse dire) poi una voce autoritaria e decisa disse -Ohhhhhhhh Bokozugo, da quanto tempo! Che bello risentirti, si, si, si, bellissimooo! Evviva! Credevo che non sarei riuscita a chiamarti in tempo, ma per fortuna ho fatto in fretta! Le piante mi hanno detto che eri a portata di cornetta essendo in un quadrante vicino della galassia, che bello!-
Bokozugo riconobbe tristemente la voce e maledisse le piante (anche se non capiva bene come queste avessero fatto a conoscere quell'informazione e neppure come l'avessero comunicata). Il suo cuore piombò quindi nel nero sconforto, prevedendo i noiosi momenti che il fato, a causa di quella telefonata, aveva preparato per lui. Se solo non avessero perso tutto quel tempo in guerre e malintesi...
Il gran barone a scacchi, valutato il suo atroce destino, decise di starsene in silenzio, così da bloccare quella conversazione nell'eternità.
Nelle conversazioni a telefono era necessario una risposta da parte dell'altro interlocutore per far si che queste potessero proseguire. Il suo silenzio avrebbe impedito questo, costringendo la principessa ad aspettare invano una sua risposta, finché uno dei due non sarebbe morto. Tutto sommato questo futuro non gli sembrava così male rispetto a quello valutato in precedenza, ma purtroppo per lui Viziosa era molto più determinata e non si sarebbe lasciata fermare dalle regole base dei discorsi al telefono.
-È da moltissimo tempo che non ci vediamo! So che sei molto impegnato, ma credo che tu abbia del tempo per prenderti un the con una tua vecchia amica. Ho distillato un nuovo the verde alla menta piperita che è da sciogliersi la lingua. Ho anche dei biscotti fantastici. Tutto buonissimo per i miei ospiti! Naturalmente sono invitati tutti i tuoi amici e se sto in vivavoce vi saluto, ciao ragazzi, sono una carissima amica di Bokozugo, venite a prendere un the in compagnia? Certo che si, avanti! Allora ti aspetto, cerca di venire il più presto possibile che mi manchi, mi mancate tutti, ciaooooo!- disse per poi affrettarsi a chiudere la conversazione in modo che nessuno potesse ribattere.
Bokozugo buttò a terra Tasha arrabbiato per quell'infausto evento, voleva alzarsi e urlare, ma essere condannati a prendere un the con la principessa Viziosa era cosa brutta e terribile che toglieva persino la voglia di gridare e bestemmiare.
-Viziosa? La tipa che è stata venduta in sposa dalla sua famiglia ad una scimmia aliena nera ed enorme, per permettere alla sua famiglia di poter attingere alle risorse del pianeta su cui il mostro viveva?- chiese Marie-Antoniette emozionata. Aveva letto quella storia in diversi libri sia storici che erotici e sarebbe stato per lei fantastico conoscere la reale principessa Viziosa, così da poter approfondire meglio la vicenda, tramite una dettagliata intervista psicologica dell'eroina.
Bokozugo però non le rispose, non aveva nulla da dire su quella tragedia. Avrebbe voluto fottersene di tutta quella storia e continuare a fare cose importanti, tuttavia non poteva perdere gli investimenti della principessa.
Egli, come abbiamo più volte detto, era uno degli uomini più ricchi della galassia, ma essendo i soldi mai abbastanza per le persone del suo rango, aveva creato una fitta rete di investitori che lo finanziavano ingentemente. Ciò era possibile grazie alla fiducia che instaurava nelle persone, che credevano in lui ciecamente e non a caso, visto la sua abilità nel dirigere gli affari in tutta la galassia.
La sua etica quindi gli proibiva di tradire quella fiducia, se una persona gli aveva dato dei soldi per un affare, richiedendo una piccola percentuale di compenso ad affare concluso, non poteva deludere le sue aspettative tirandosi indietro a metà dell'opera e semplicemente restituire i soldi: ne andava della sua credibilità professionale (in realtà di queste questioni morali se ne fregava come le altre cose, il fatto è che era troppo taccagno per perdere il più minimo e misero investimento).
Naturalmente però non voleva nemmeno andare sul pianeta senza nome a prendere il the con quella noiosissima donna, la possibilità di perdere gli investimenti non lo avrebbe spronato al punto di fare un così immenso sacrificio. L'unica soluzione era pianificare qualcosa che gli avrebbe permesso di salvare sia il suo tempo che i suoi soldi e ci stava pensando già da un po', quando si accorse che Viziosa aveva detto che gli Eterni le mancavano senza neppure averli mai visti. Ora che ci pensava, la principessa non aveva neppure mai incontrato lui, avendo svolto i loro affari sempre tramite terzi o brevi chiamate...
Bokozugo si alzò dal trono con la soluzione in pugno -Eterni, cavie e matematici, siamo appena stati invitati a prendere un the di gran classe e non possiamo certo declinare l'invito di una così importante principessa. Del resto però, la nostra ricerca è ferma da troppo tempo e per quanto sarebbe bello andare tutti insieme, la natura prolissa di Viziosa ci inchioderebbe lì per giorni, dato che la principessa vorrà parlare con ogni singolo ospite per ore e ore. Dobbiamo quindi formare un piccolo gruppo disposto a rappresentarci tutti. Ahimè, io stesso vorrei poter prendere parte a questa spedizione, ma ho fin troppe economicità gestionali da risolvere, affari necessari e indispensabili per permettere alle nostre ricerche di procedere- disse lavandosi le mani della faccenda.
Guardò quindi tutti i presenti, valutando chi fosse il miglior candidato per il compito che stava per proporre -La principessa vuole incontrare Bokozugo ma, non avendolo mai visto, qualcuno potrà prendere il posto del me originale in modo da accontentarla, senza che gli Eterni siano considerati asociali o scorbutici- spiegò mentre il suo sguardo si posava sui due truffatori.
-Ci sarà naturalmente una ricompensa- aggiunse cercando di spronarli.
-Si, noi!!!- urlò Gattino per poi coprirsi la bocca, maledicendosi per la sua solita impulsività infantile.
-Cioè dobbiamo pensare e valutare, potrebbe andare, ma di che ricompensa parliamo?- chiese Volpe aprendo le trattative.
-Oh non so, qualcosina tipo 500.000 soldi, credo che siano una somma onesta- propose Bokozugo chiudendole e fu inutile dire che i due accettarono, sentendosi già super ricchi al solo poter immaginare la cifra.
Inoltre venne disposto che Marie-Antoniette, per il suo entusiasmo manifestato verso la principessa, insieme a Badpiece, per la sua poca loquacità che avrebbe velocizzato l'incontro, sarebbero andati con i due imbroglioni per verificare che non facessero casini.
Hydrogeno chiese invece il permesso di poter sbarcare comunque, in modo da fare dei campionamenti delle preziose risorse del sottosuolo. La cosa le fu accordata e naturalmente sia Ada che Curval si offrirono di accompagnarla (sarebbe stata una dura battaglia tra i due, lo si capiva dagli sguardi di sfida che si scambiavano incessantemente).
Quanto a Trollux, egli sarebbe rimasto sulla nave per monitorare le condizioni di Sabaca e soprattutto cercare prove di quello che le era capitato nel suo studio (che il lettore non ci speri troppo in questo, l'astronomo non scoprirà nulla, la natura di quell'evento esula troppo dalla nostra storia e il lettore dovrebbe solamente interrogarsi sulle conseguenze e non sulle cause, che risultano inconoscibili e lontane dalla nostra narrazione).
La nave entrò quindi nella fase di sospensione dei motori e dopo aver stabilizzato i gradi degli aghi di orientamento, partì verso il pianeta al quale nessuno si era mai curato di dare un nome.
La mancanza di un nome non deve stupire più di tanto, i pianeti in tutta la galassia esplorata erano davvero moltissimi e spesso gli astronomi e i geologi non si curavano di denominarli tutti.
Molti di questi infatti erano solo ammassi inutili di rocce, altri solo ghiaccio inutile e altri ancora erano solo dei grandi sacchi di preziose risorse che appartenevano a qualche ricca casata. Dare per questo un nome a un pianeta che nel giro di qualche secolo sarebbe morto risultava un vero spreco di nomi.
I pianeti col nome erano quindi davvero pochi e si limitavano a qualcuno di importanza storica o a quelli abitati dalla popolazione umana.
Colgo l'occasione per precisare: la razza umana è l'unica razza del cosmo. Per eoni si è creduto nell'esistenza di razze extraumane o nell'esistenza di civiltà definite "aliene", tuttavia mai nulla è stato scientificamente provato. Certo, sugli altri pianeti sono state trovate specie quali i bruka e i kakkkatan, ma questi non sono altro che semplici animali, non avendo alcun tipo di minima coscienza razionale. Perfino gli pterodattili-filosofi, che sembrano conoscere tanto della natura, del cosmo e della realtà, non sono altro che animali, poiché incapaci di formare società elaborate o di apprendere altre arti che non sia la mera poesia filosofica, risultando essere solo vuoti contenitori di conoscenza.
Ciò ha portato a molte linee di pensiero parallele. Le più accreditate sono quella "dell'egocentrismo" e quella "della solitudine inevitabile".
La prima afferma che l'uomo commette un errore nel considerarsi dotato di arbitrio e coscienza, essendo i suoi comportamenti una semplice complicazione degli istinti animaleschi. Secondo questa teoria, l'uomo non è tanto dissimile dal resto degli animali e quindi è inutile che continui a ricercare qualcuno razionale come lui, poiché nemmeno egli è razionale.
La seconda teoria però nega questa posizione, affermando che essa è solo una scusa per fuggire da una scomoda verità. L'uomo è infatti solo nell'universo, perché è un semplice errore di questo, un errore singolo che viene ripetuto una sola volta durante tutta la creazione. Di conseguenza, la speranza che egli prova di trovare una civiltà aliena da qualche parte nella galassia è solamente un'illusione per lenire la propria solitudine esistenziale.
Il dibattito, come si nota, è molto aperto a causa della dicotomia delle due tesi. I fautori "dell'egocentrismo" accusano i fautori "della solitudine inevitabile" di essere troppo pieni di sé per ammettere di essere solamente animali, mentre gli altri contestano agli accusatori di voler semplicemente scappare dalla loro solitudine esistenziale accomunandosi alla massa.
Chi dei due ha ragione è impossibile da stabilire, ognuno sceglierà secondo la propria coscienza: stare da soli ma preservare la propria identità o essere in compagnia ma perderla per sempre?
La comunità scientifica sta però aspettando una teoria chiamata "lo scherzo" che a quanto pare riuscirà ad accomunarle entrambe.
Ma il lettore non vuole di certo stare a sentire queste divagazioni filosofiche, dunque continuiamo con la nostra storia.
La nave uovo arrivò in meno di qualche oretta al pianeta della principessa, essendo questo situato nello stesso quadrante di spazio, così vicino da permettere una telefonata interspaziale.
Il pianeta, dalla nave, si presentava di un lussureggiante verde, completamente privo di mari, ma con numerosi fili azzurrognoli, che dovevano formare un vasto impianto idrico che riusciva ad irrigare ogni punto della fitta giungla che lo ricopriva.
Quello era infatti uno dei pochi posti in cui la vegetazione originale non si era ancora estinta (in molti pianeti abitati invece, questa veniva ricreata artificialmente, sia perché le specie create erano solo quelle innocue, sia perché, essendo un prodotto sintetico, non richiedeva manutenzione e dispendio di risorse) e solamente in un punto vi si poteva riscontrare l'operato dell'uomo.
Nel punto più fertile, dove i fiumiciattoli si riunivano in un vasto bacino sotterraneo, era stata innalzata una collinetta, sulla quale si trovava la villa rosa della principessa, raggiungibile grazie a una lunga rampa di scalini in pietra. In quel luogo la giungla era stata completamente soppressa, per allontanare insetti e altri animali dall'abitazione.
Dallo spazio la cosa sembrava un po' ridicola, poiché la collina disboscata con quel puntino rosa sulla cima assomigliavano tanto ad una prosperosa tetta.
Vedendo quel bizzarro particolare, il membro più perverso del gruppo, ovvero Ada, esclamò -Tettaverde!- e fu così che il pianeta a lungo rimasto senza nome ebbe la sua denominazione.
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