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Cap. 30 Una mancanza di ...[pt.1]

Cap. 30 [pt.1]

Una mancanza di soluzioni giuste, sbagliate, sensate o assurde



L'impavido eroe attraversò senza esitazione Le Acque Ristagnanti, inoltrandosi nelle più orribili profondità della tenebrosa palude, ed infine giunse alla dimora del Marcescente Oscuro. Privo della minima incertezza, varcò la soglia della caverna, procedendo nel suo lugubre antro.

Avanzò cauto e prudente nel cavernoso ventre, aspettandosi di trovarsi da un momento all'altro avvolto dal buio, ma la cosa non avvenne, anzi, dopo qualche passo, una flebile luce iniziò ad abbracciarlo placidamente, illuminando il suo cammino. Si fermò dunque incuriosito e si guardò intorno per capire da dove questa potesse provenire e trovò la sua fonte senza alcuna difficoltà.

Le pareti di quella caverna erano infatti composte da un singolare tipo di rocce fosforescenti, che brillavano di una peculiare tonalità di verde acqua, irraggiando e illuminando quel terribile e oscuro posto.

L'eroe, vedendo quei luminosi cristalli, si senti più acquietato (si intende più acquietato di quanto fosse normalmente, poiché lui era un eroe e un eroe si sente acquietato indipendentemente dalla situazione in cui si trova; anche quando è avvolto dal buio cieco e deve combattere una creatura misteriosa e mortale sparando a caso, un eroe si sente sempre acquietato! ...solo che la vista di quei cristalli aumentava il suo grado di acquietatezza) e decise di spendere un po' di tempo per osservarsi intorno. Fu allora che notò gli spaventapasseri morti e fatti a pezzi che giacevano tutto intorno sul pavimento, dilaniati e maciullati.

Il vecchio spaventapasseri gli aveva riferito che molti eroi spaventapasseri avevano cercato di dare la caccia al mostro, chi per un motivo chi per un altro, tuttavia nessuno di loro era mai tornato trionfante (e neppure sconfitto).

Una persona normale a quella vista avrebbe girato i tacchi per andarsene in un posto sicuro e caldo, ma non Jelkins, lui ora era un eroe e doveva compiere quell'impresa, doveva farlo anche per tutti i suoi colleghi spaventapasseri caduti, il Marcescente Oscuro doveva essere annientato!

Preda dell'ira e della voglia di combattere, il pistolero impugnò le sue pistole e iniziò a cercare nell'oscurità semi-illuminata il mostro, deciso a dargli quello che una bestia del suo calibro meritava. Purtroppo la caverna era molto vasta e la luce troppo fioca per permettere di vedere ogni suo punto da quella posizione, quindi Jelkins, determinato e impetuoso, avanzò, inoltrandosi sempre più nella caverna.

Procedette in quel modo per un po' e fu proprio quando si era quasi convinto di aver sbagliato grotta o addirittura pianeta che una voce dalle profondità di quell'antro nero, ruppe il silenzio.

-Bimba, da quanto tempo. Cerchi altro potere come ti donai quella volta?- fece e le sue parole suonarono antiche e potenti come l'universo, ma allo stesso tempo flebili e smorte.

-Ti riferisci ad Heidi?- chiese l'eroe per nulla intimorito, ma tremante.

-Non sei lei... chi sei tu?- contro-domandò la voce in un sussurro.

-Il mio nome è Jelkins, vice-capitano della Sogno d'Estate, nonché eroe amatoriale. Dimmi, sei tu il Marcescente Oscuro?- disse l'altro puntando le sue due armi verso il tenebroso ventre della caverna, da cui sembrava provenire l'arcaica voce.

-"Il"... brutto insolente! Io sono una donna, una donna bellissima, la più bella di tutte le mie sorelle!!! Come osi darmi del maschio???!!!- protestò il vocalizzo collerico.

-Ah, scusa... è che hai una vocina così flebile che quasi non riesco a sentire quello che dici, figuriamoci capire il tuo sesso...- provò a giustificarsi Jelkins arrossendo dall'imbarazzo.

-No, ma scusa tu eh! Capita avere una voce bisbigliante e sussurrante quando si sta morendo, appena smetto di morire urlò più forte così puoi sentirmi meglio- spiegò l'altra con rabbia.

-Stai morendo?- domandò Jelkins dispiaciuto, cavolo, non voleva trattare male una fanciulla morente.

-Ma buongiorno! Ovvio che sto morendo! Sto morendo da eoni ormai!!!- rispose l'altra senza abbandonate il suo sarcasmo.

-Ti chiedo scusa allora, io cerco solo il Marcescente Oscuro o la Marcescente Oscuro... cavolo quello spaventapasseri non ha specificato il sesso... insomma devo combattere questo mostro e ti chiedo se puoi aiutarmi a trovarlo- fece l'eroe.

Non ci fu alcuna risposta.

-Hei?- chiese Jelkins preoccupato, che la dama fosse morta? Era rimasta morente per eoni, non si meravigliava che fosse infine passata a miglior vita (no... purtroppo per te no...)

-Tu stai con gli spaventapasseri?- chiese la voce con un tono lievemente minaccioso.

-In realtà io, essendo un eroe, sono per la pace e la giustizia, indipendentemente dalla fazione e punto di risolvere tutto questo con un po' di sano dialogo- spiegò la sua posizione Jelkins.

-No, intendo, sono gli spaventapasseri ad averti mandato qui?- domandò l'altra sempre con lo stesso tono di minaccia.

-Be', la cosa è un po' più complessa di come tu la poni, però diciamo di si, a sommi capi si- spiegò l'eroe.

-Ora è tutto chiaro... tutto ora è chiaro. Sei qui per sfidarmi o meglio... per morire- fece la voce per poi scoppiare in una diabolica risata.

-Sei tu la Marcescente Oscura, allora?- domandò Jelkins.

-Io sono Gorva la strega! Campione degli spaventapasseri, la tua sfida è stata accettata!!!- tuonò la voce.

Si udì quindi una forte esplosione metallica accompagnata da un possente ruggito e nell'oscurità più profonda della caverna, comparirono quattro occhi luminescenti.

Jelkins deglutì e, sperando che la voce avesse detto "strega" riferendosi al liquore, fece fuoco verso il suo avversario, che avanzava verso di lui nel buio.

I due spari rimbombarono in tutta la caverna, ma non produssero altro effetto.

Impietrito, spaventato e terrorizzato, Jelkins rimase immobile ad osservare il campione della strega venirgli contro, attendendo con pazienza la fine della propria vita ed esistenza.


NO!


Non poteva morire, non poteva deludere gli spaventapasseri nè Heidi e soprattutto non poteva deludere Romeo...

In quel momento la sua fiamma, che fino ad allora aveva bruciato solo a tratti, come una lampadina fulminata in una stanza buia, si accese definitivamente.

Tirò indietro il cane delle due pistole e attese.

Il mostro entrò nella parte illuminata dai cristalli fosforescenti e si manifestò in tutta la sua imponenza davanti a Jelkins. Era più o meno come l'aveva descritto lo spaventapasseri anziano, l'uomo di latta cavalcava il ferale leone brandendo la sua ascia con fare omicida, deciso a fare a pezzi ogni creatura vivente.

L'eroe amatore percepì quell'intento, tuttavia non si perse d'animo, prese con cura la mira, calcolando con precisione la traiettoria, quindi lanciò le sue due pistole in faccia all'uomo di latta.

L'avversario, sorpreso da quel gesto completamente inaspettato ed improvviso, perse l'equilibrio e cadde di lato, mentre Jelkins, estraendo un altro paio di pistole dal suo cinturone, faceva fuoco in direzione della sua testa di ferro.

Dei due proiettili solo uno andò a segno e tanto bastò per fare capitombolare l'avversario all'indietro inerme. Tuttavia, per quanto quella strategia fosse stata efficace ed incredibilmente intelligente, Jelkins non aveva calcolato la reale pericolosità della cavalcatura del fante di ferro, che si lanciò su di lui famelica cercando di mangiargli via la testa.

Il pistolero cercò di divincolarsi da quella presa e di scalciare via l'animale che troneggiava su di lui vorace, ma i suoi sforzi furono inutili. Non riusciva neppure a tirare indietro il cane delle sue due pistole, tanto il peso della fiera era opprimente. Rimase quindi così immobilizzato a terra a fissare le fauci spalancate del leone, finché non gli venne un'altra brillante idea.

Con un rapido movimento della mano ficcò le revolver nelle fauci spalancate e lasciò l'impugnatura.

Il suo intuito fu ancora una volta brillante, come prima che era riuscito a supporre l'avversione dell'uomo di latta per le pistole sul volto (che per lui erano come schifosi peni giganti), anche questa volta era riuscito a capire che il leone, non mangiando ormai da secoli, non era abituato ad ingoiare oggetti.

La fiera iniziò per questo a tossire e a sputare, strozzandosi con l'improvviso boccone, consentendo a Jelkins di liberarsi dalla sua presa e allontanarsi dallo scontro.

-Non siete davvero niente male- fece estraendo altre due pistole cariche dal suo cinturone -Purtroppo per voi io sono decisamente meglio- esclamò, quindi incominciò a far piovere una pioggia di proiettile sui due mostri, i quali, illuminati dalla luce dei cristalli, erano per lui un bersaglio perfetto.

Svuotò cosi i caricatori di quattro delle sue revolver, sparando con precisione ogni singolo proiettile verso i due mostri, poi si rese conto che doveva inventarsi qualcosa di meglio.

I due infatti, nonostante avessero incassato ogni singolo proiettile, non mostravano alcun danno, neppure un piccolo minuscolo graffio.

Imperterrito, Jelkins estrasse le ultime due pistole rimastegli, però esitò a far fuoco; in quel momento si ricordo del discorso sui famigli irreali che gli aveva fatto quella stupida di Marrr quando si erano separati e si accorse che un ulteriore attacco di quel tipo sarebbe stato completamente inutile, poiché quei due tipi erano fatti di pura e inscalfibile magia.

-Maledette istruzioni- protestò -C'era scritto che sei proiettili erano sufficienti per uccidere tutto quello che si muove, eppure questi stronzi sono ancora in piedi- fece lanciando via le inutili pistole: ora doveva considerare altre opzioni.

Si arrovellò il cervello pensando ad ogni valida soluzione possibile, valutando un infinito numero di strategie di guerra ed infine, ripensando alla sua gioventù (si era rassegnato alla morte ed era nella fase in cui ti passa tutta la vita davanti), gli venne in mente una strana soluzione, la cui genialità lo colpì a tal punto che decise immediatamente di metterla in pratica.

Come uno spaventato bambino, Jelkins si rannicchiò impaurito dando le spalle al leone mostruoso, che gli si avvicinava goloso della sua tenera carne.


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