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5. Solo contro il mondo

"Alle anime perse dovremmo dare un tetto

ai corpi senza pace offro il mio letto".

Alle anime perse - Tre allegri ragazzi morti

Corro, lo zaino in spalla, le cuffie al collo ed il cuore in gola. Corro ed il sangue fluisce e palpita nelle mie orecchie, il respiro arde nei polmoni come se fosse ghiaccio. Le ginocchia tremano ad ogni passo, mentre i miei muscoli esausti vengono colti da spasmi che mi costringono a rallentare.
Mi fermo a riprendere fiato, giusto un attimo, solo un secondo, non se ne accorgeranno.
Il bosco vortica nel buio della notte, solo il chiarore della luna si riflette sui rami spogli, creando un'atmosfera spettrale.
Sento chiamare il mio nome in lontananza, ma non è il mio, è diverso. Non c'è tempo, devo andare via il più in fretta possibile.
Corro, arranco calpestando rami ormai fradici ed aghi di larice, ma corro come se ne dipendesse della mia stessa vita.

Spalanco gli occhi cercando di sollevarmi dal letto per darmi una calmata. Qualcosa blocca i miei movimenti: il braccio di qualcuno che dorme al mio fianco. Un urlo mi sfugge dalle labbra, per fortuna mia madre fa il turno di notte e non è in grado di sentirmi.
Mi allungo verso il comodino per accendere la luce, sorpassando l'ostacolo che si frappone nel mezzo e che si scopre essere, ovviamente, Blue.
Dorme a pancia in giù, con la guancia premuta di lato sul mio cuscino e si agita nel sonno come se avesse dei piccoli spasmi.
Sono infuriato perché si è infilato nel mio letto mentre ero incosciente, senza neanche chiedermi il permesso; ma sono ancora troppo scombussolato per via del sogno che ho appena fatto per vendicarmi svegliandolo a suon di pentole.
I ciuffi blu gli ricadono sugli occhi, coprendo in parte le ciglia bionde e lunghissime che si ritrova. Avendolo così vicino ho anche modo di osservare meglio la cicatrice che ha sul labbro, così netta e precisa, come se fosse stata fatta da un coltello. Chissà come se l'è procurata.
Il suo braccio cinge ancora la mia vita e lo sento contrarsi nervosamente contro il mio stomaco, quando improvvisamente la sua mano afferra saldamente il mio polso, spaventandomi per la sorpresa.
Successivamente si rilassa e fa scorrere le sue dita lungo il mio dorso per poi stringermi la mano.
La sua pelle adesso è assurdamente calda e mi invade con quel familiare formicolio che percepisco ogni volta che si scontra con la mia.
So che in questo momento dovrei buttarlo giù dal letto e prenderlo a calci, eppure resto lì impalato a godermi la piacevole sensazione che mi trasmette quel contatto. Mi sento in pace, completamente rilassato, come se galleggiassi nell'aria.

Come può essere morto quando per me sembra così vivo? Tutto questo è una follia, non riesco più a discernere cosa sia reale e cosa no.

È sbagliato sentirsi in questo modo per il contatto fisico con un fantasma, per di più un ragazzo. È sbagliato provare piacere quando la sua mano lascia la mia per infilarsi delicatamente sotto la mia maglietta per accarezzarmi l'addome.
Sono come ipnotizzato, ma tutto questo è sbagliato e deve finire qui, prima che io...

- No! - urlo mettendomi seduto e infrangendo quella bolla di beatitudine in cui fluttuavo.

- Questo non deve succedere. - continuo a farneticare a voce alta.

Blue sembra finalmente destarsi al suono delle mie parole. Apre un occhio, quello destro e scuro, e mi guarda confuso, infastidito dalla luce della abatjour.

- Che succede? - domanda pacato, con la voce impastata dal sonno.

- Tu succedi, - sbotto, mentre viene meno il coraggio di guardarlo in faccia, - Che ci fai nel mio letto?

Di sottecchi lo vedo ritrarre la mano dal mio stomaco e subito un senso di vuoto prendere il suo posto.

- Scusa, non era mia intenzione toccarti.
Intuisco dalla sua voce quanto sia realmente dispiaciuto e forse quasi imbarazzato.
Si mette a sedere per poi passarsi una mano sulla testa per sistemare i capelli scompigliati. Il suo sguardo è perso nel vuoto, come se fosse distante anni luce con i pensieri.

- Non importa, - sospiro, - non pensavo potessi dormire... Cioè non credevo che i fantasmi dormissero.
Il mio imbarazzo non è ancora svanito e riprendo a farfugliare come uno sciocco.

Blue si stringe nelle spalle, -Nemmeno io lo credevo possibile, è la prima volta che mi succede.

Mi volto nella sua direzione, confuso.
- Stai dicendo che è da 27 anni che non dormi?

Annuisce continuando a fissare il muro.

- Tu dormivi ed io mi annoiavo. Ero stanco di stare su una sedia al buio per tutta la notte e così mi sono sdraiato sul letto. Non credevo che mi sarei addormentato, non me ne sono nemmeno reso conto.

Sembra turbato. In questo breve tempo passato insieme, una delle poche cose che posso dire di aver imparato su di lui, è che ha sempre la battuta pronta e la usa per sdrammatizzare su ogni argomento. Ma adesso non lo fa, le sue labbra sono una linea dritta e la sua espressione imperscrutabile. Tutto questo mi spaventa perché non sono proprio in grado di consolare le persone, non saprei cosa dire per farlo sentire meglio e non riesco nemmeno a comprendere il perché di questa reazione.

- Magari è questo che intendono per "riposa in pace". - me ne esco con questa frase completamente sconclusionata per cercare di rompere il silenzio.

Blue gira finalmente la testa nella mia direzione, sgranando le palpebre. Il suo occhio azzurro mi fissa da una distanza talmente ravvicinata che potrei scorgerci dentro l'intero abisso.

-Era una battuta quella che è appena uscita dalle tue labbra, Leo Hooper?

Mi gratto la testa imbarazzato, vagando con le pupille altrove. Non so nemmeno io perché stia dando così tanto peso a questa conversazione. Si tratta di Blue, l'essere inquietante che mi perseguita da giorni, non dovrebbe importarmi della sua opinione, né tanto meno del suo stato emotivo.

Gli angoli della sua bocca si sollevano fino a mostrare la dentatura bianca.
-Sai, la tua amica avrebbe dovuto regalarti il portachiavi di un gattino, non di un leone. Sei davvero di una tenerezza disarmante quando sei in imbarazzo. Ti diventa il viso completamente rosso e così anche le orecchie, sono talmente imporporate che potrei vederle anche al buio. - ride, mentre mi tira la punta dell'orecchio sinistro.

Dannato Blue, oltre alla battuta pronta ha anche l'innata capacità di farmi incazzare.
Lo spingo giù dal letto con entrambe le braccia, ma mentre rotola giù mi afferra per i polsi e mi trascina a peso morto insieme a lui.
Finiamo sul pavimento, lui sdraio sulla schiena ed io sopra di lui e per tutto il tempo non la smette di ridere a crepapelle.

-Non è divertente! - sbraito, cercando inutilmente di rialzarmi. Le coperte sono diventate un groviglio arrotolato intorno ai nostri corpi e ci tengono bloccati.
Ci sono solo i miei avambracci a sorreggermi ed a dividerci, perché altrimenti cadrei di faccia sul suo viso, spaccandomi probabilmente il setto nasale.
- Fa qualcosa invece di ridere come un ebete. - sbraito, dimenandomi.

- Non riesco a smettere, sei davvero un imbranato. Guarda che cosa hai combinato!

Il suo respiro mi solletica il viso e posso percepire un odore simile a quello del sottobosco, dove imponenti abeti si incontrano con rovi, funghi e foglie secche di castagno.

- Ma se sei stato tu a trascinarmi per terra! - inveisco.
Devo allontanarmi da lui, questa notte mi fa davvero uno strano effetto.

- Cosa potrei mai fare? Sono bloccato dal tuo corpo.

-Non so, prova ad usare i tuoi poteri da spirito e smaterializzati.- dico, poco convinto del fatto che ciò che ho appena detto abbia un senso.

-Non ci riesco.

-Che vuol dire?

- Non funzionano a comando, non sono io a decidere dove andare. Mi sembra di avertelo già spiegato. Non dipende da me.

Sbuffo, perché deve essere sempre così enigmatico?

-E da chi dovrebbe dipendere?

Dal Signore Gesù Cristo?

-Da te, - se ne esce poi, lasciandomi di sasso.

-Da me? Che diavolo stai dicendo?

-Credo di essere qui a causa tua.

Tutta questa faccenda sta raggiungendo livelli di assurdità altissimi. Cosa c'entro io con lui? Non ero nemmeno a conoscenza della sua esistenza.

-Fidati, se fosse per me ti spedirei il più lontano possibile. Non so come ti possa essere venuta in mente questa teoria.

-Non importa, lascia perdere.- prende un respiro profondo per poi cambiare argomento, - Sai, ti basterebbe appoggiare le ginocchia per terra e sollevare il busto, così sarei in grado di togliere le coperte incastrate sotto alle mie chiappe.

Come se non ci avessi già pensato, ma ciò comporterebbe sedermi sul suo bacino, e questo sarebbe davvero troppo.

-Puoi stare tranquillo, non mordo e non avrò un'erezione. Non so nemmeno se posso ancora averne.

Al suono di quelle parole avvampo forse più di prima, credo che in questo momento potrei anche morire per autocombustione. Ma non è la sua erezione a preoccuparmi.
Non mi lascia nemmeno il tempo di metabolizzare che mi spinge per le spalle, costringendomi a mettermi seduto a cavalcioni su di lui.
Si sofferma a guardarmi per un secondo, come se stesse pensando a qualcosa.

-Che stai facendo?- domando confuso.

-Niente, volevo vedere se sono davvero diventato impotente. -dice come se fosse una cosa da poco,
per poi catapultarmi di lato.

Finisco sul pavimento al suo fianco, urtando con la testa, in quanto colto alla sprovvista.

-Visto? Rapido ed indolore? - dice una volta in piedi, guardandomi dall'alto mentre mi massaggio la nuca. - Beh, più o meno.

-Sei davvero un idiota. - oramai non ho nemmeno più voglia di infuriarmi.- E quindi, lo sei? - aggiungo poi, lisciando l'orlo dei pantaloncini, come se in quel momento fosse una cosa di vitale importanza.

Blue solleva le sopracciglia e si piega sulle ginocchia puntandomi addosso i suoi occhi spiritati.
- E a te cosa importa?

-N-niente, - farfuglio distogliendo lo sguardo, - pura curiosità scientifica.

-Non lo so, non sono in grado di farmelo venire duro a comando.

-E allora cosa stavi facendo prima?- domando con un coraggio che non pensavo di avere. Non so perché mi stia mostrando così interessato all'argomento, in realtà non dovrebbe importarmene un accidente.

- Stavo provando a pensare a qualcosa che potrebbe sconvolgere la tua piccola anima innocente se te la raccontarsi. Meglio che lo tenga per me prima che ti faccia talmente arrossire da mandarti in fumo il cervello.- mi da un buffetto sul naso con il suo indice, come se fossi uno stupido bambino. - E poi sono fatti privati...

- Riguardavano me?- ormai sono in ballo, tanto vale andare fino in fondo.

- E anche se fosse?

- Se mi coinvolgono non sono più solo tuoi fatti privati.

-Da quando sei diventato anche padrone dei miei pensieri? Non sono tenuto a dirti proprio nulla.

Mi alzo in piedi stringendo i pugni. Non so perché ma finiamo sempre a litigare.
In realtà lo so: è colpa sua perché è davvero insopportabile.

- Non sono padrone proprio di niente, non è colpa mia se sei qui e preferirei che tu sparissi per sempre! - sbotto.

Le labbra di Blue si allungano in un sorriso perfido, credo di non averlo mai visto in questo modo.

-Vuoi davvero sapere a cosa stavo pensando? - mi domanda con voce roca che sembra quasi un sussurro, avvicinandosi al mio orecchio. - Pensavo a come sarebbe stato scoparti, con te che ti muovi sopra di me e ansimi, implorandomi di andare più veloce perché stai per raggiungere l'orgasmo. E con la bocca schiusa ti aggrappi alle mie spalle e vieni con flebile gemito, perché saresti troppo pudico per urlare il mio nome.

Si allontana con aria soddisfatta per tornare a guardami in faccia ed incrociare le braccia.

-Contento adesso?

Credo che potrei sprofondare in questo momento, sotterrarmi a 5000 metri di profondità o lanciarmi nel bel mezzo dell'oceano pacifico con una zavorra al collo.
Non mi aspettavo una risposta del genere, non so come comportarmi, cosa rispondere, vorrei che andasse via perché sto morendo dall'imbarazzo e vorrei restare da solo ad autocommiserarmi.
Non voglio sentire un'altra battuta sul colorito del mio viso, non voglio vedere di nuovo quell'espressione maligna sul suo volto.
Chiudo gli occhi giusto per qualche secondo, in modo da mettere ordine ai miei pensieri, perché la mia testa è l'unico luogo in cui posso nascondermi.
Ma quando li riapro lui non c'è più, è scomparso nel nulla nello stesso modo in cui è arrivato.
Spero solo che questa volta sia per sempre.

××××

Sono passate ormai due settimane dalla sparizione di Blue. Ho ripensato a quello che mi aveva detto quella sera, "sono qui per causa tua", e allora, preso dai sensi di colpa, ho provato a cercarlo per la casa, in cortile, a scuola, persino sulla strada nel bosco dove l'ho incontrato la prima volta, ma di lui nessuna traccia.

-Ancora niente? - mi domanda Nora mentre ci avviamo nel parcheggio della scuola.
Le ho promesso che l'avrei accompagnata in un negozietto in centro per comprare dei vestiti per stasera. Si terrà la solita festa annuale per celebrare i giorni più freddi dell'anno, con tanto di parata e luna park.

Scuoto la testa in segno di assenso e scalcio un sassolino che mi si presenta davanti.

Nora mi afferra per un braccio e mi blocca. - Non dovresti essere contento di questa cosa? Volevi liberarti di lui sin dall'inizio ed ora che non c'è più sembri quasi... triste.

Sollevo le spalle e mi divincolo dalla sua presa. So benissimo che ha perfettamente ragione, ma non saprei cosa risponderle, perché non so nemmeno io come mi sento.
Quello che so è che i sensi di colpa mi assalgono da giorni, perché sono consapevole che avrei potuto fare qualcosa per aiutarlo, avrei potuto indagare di più per riuscire a dargli un po' di pace.

- Voglio aiutarlo comunque, - dico poi alla mia amica che mi guarda stralunata. - Anche se non è più qui a tormentarmi, voglio trovare il luogo in cui è sepolto il suo cadavere e scoprire che cosa gli è successo. Ci deve pure essere qualche indizio sul diario che mi ha lasciato.

Nora annuisce con occhi luccicanti, - Vedrai che ce la faremo!

Le strade del centro brulicano di passanti e si respira ancora aria natalizia. File di betulle sono disposte sui marciapiedi di ciottoli, affiancati ai lampioni in ferro battuto. Nonostante sia già febbraio, le lucine che addobbano le strade non sono state ancora rimosse e la neve persistente, ogni anno lascia la nostra piccola cittadina in questa candida bolla fuori dal tempo fino a fine marzo.

La boutique in cui entriamo è un negozietto che vende abiti particolari, che non trovi di solito da queste parti, si fanno spedire la merce direttamente da Portland in modo da avere qualcosa di più ricercato rispetto agli altri store.
Con Nora ci veniamo spesso per fare acquisti ed è uno dei nostri preferiti: un angolo di metropoli in questo mare di negozi provinciali che vendono tutti le stesse cose.
Ha le pareti rivestite con una carta da parati color salvia ed ha una luminosa vetrina, che ti permette di avere una visione completa del suo interno anche dalla strada.
Salutiamo Fatma, una simpatica donna sulla quarantina di origini etiope, trasferitasi in Oregon ormai da trent'anni. È lei la proprietaria della boutique e ci ha preso talmente in simpatia da farci molto spesso degli sconti esagerati.

La mia amica trova subito un abito nero in finta pelle, con la parte dello scollo velata, e si precipita nel camerino a provarlo. So già che si lamenterà per il freddo per tutta la sera.
Gironzolo tra le rastrelliere al centro della stanza in cerca di qualcosa che attiri la mia attenzione, ma ho la testa assente e finisco per guardarle senza vero interesse. Rassegnato, mi siedo sulla poltroncina di velluto nero, posta vicino ai camerini, ed inizio a giocherellare a Candy Crush sullo smartphone, ma non riesco a prendere pace.

-Nora? - domando, facendomi coraggio.

- Sì? - urla lei per farsi sentire, probabilmente si starà districando tra le cinghie ed i lacci dei vestiti che ha scelto di provare.

- Come hai capito che ti piacevano anche le ragazze?

La sua testa sbuca incuriosita da dietro la tenda nera e mi fissa accigliata. - Perché questa domanda?

Le faccio un cenno con la mano, invitandola a rientrare, è sicuramente ancora mezza nuda e in più mi riesce più facile parlare senza guardarla in faccia.
-Non c'è un motivo, tu rispondi e basta,- la esorto.

Alza gli occhi al cielo ma poi mi accontenta e rientra nello spogliatoio.

-Non lo so, è successo e basta. Mi era stato da sempre insegnato che a una ragazza devono piacere i ragazzi, "perché è così che vanno le cose" ed io così avevo sempre fatto, perché all'effettivo mi piacevano e mi piacciono tuttora.
Non mi ero mai posta troppe domande, anche perché fino ai 13 anni in realtà non avevo alcun interesse amoroso verso nessuno. - fa una pausa, probabilmente per infilare un nuovo capo,
-Sai, ho dato il primo bacio alle medie solo perché era una cosa che facevano tutti e, se non avevi ancora baciato nessuno, ti facevano passare per quello strano. Non ero innamorata di Cody Roots, ma era il tizio più carino e gentile della classe e tutto sommato sono felice di averlo dato a lui.

Annuisco, anche se so che la mia amica non può vederlo, - Beh, se la cosa ti consola, nemmeno a me piaceva Mary Williams, il suo alito aveva sempre un odore nauseabondo di gomme da masticare alla fragola, sarà anche per quello che ho smesso di mangiare le fragole.

-Oddio quella ragazza aveva sempre anche le labbra unte di lipgloss, non so come tu abbia fatto a non scivolarci sopra mentre la baciavi,- ridacchia, -Chissà che fine ha fatto.

-Credo si sia trasferita in Connecticut o una cosa del genere.- Sorrido a mia volta ripensando a quell'assurda ragazza.

-Hey, pensavo avessi dato a me il tuo primo bacio! - gracchia Nora, risentita.

-Sì, ma non conta, era solo per via di quello stupido gioco della bottiglia.

-Mi stai dicendo che quindi non ti è piaciuto?

-Preferisco fingere che non sia mai successo, è stato come aver baciato mia madre. - dico, arricciando il naso alla sola idea.

-Sei uno stronzo. Ma il punto è, mio caro Leo, che prima di conoscere Cassie non avevo mai provato interesse per una ragazza.- riprende il discorso da dove lo avevamo interrotto. -Quando l'ho vista sono rimasta folgorata, cosa che non mi è mai successa con nessun ragazzo fino ad ora.

-Non ti è più piaciuta nessun altra dopo di lei?

Tiro fuori dallo zaino il diario di Blue, ormai me lo porto dietro da giorni ma non sono ancora andato avanti con la lettura. Prendo la polaroid che lo ritrae sull'altalena di casa mia e la guardo come se potesse darmi una risposta.

-Ci sono alcune ragazze carine nella nostra scuola, ma nessuna è come lei. Lo stesso vale per i ragazzi, è raro che me ne piaccia qualcuno e non è che qui abbia molta scelta. Ci conosciamo tutti in questo buco di posto e non è mai scattato niente con nessuno.

-E a livello sessuale come funziona? Uomo e donna sono diversi fisicamente, come fai a capire cosa ti eccita?- le domando confuso.

-Non è sempre una questione fisica, non penso subito alla penetrazione durante il sesso. Ci sono tante altre cose che possono eccitare, a partire dai modi di fare, di muoversi o di parlare. Alcune persone hanno un certo sexappeal e riescono a farti eccitare anche solo respirando.

Sento un fruscio di vestiti e rumore di grucce, probabilmente ha già finito di provare tutto quello che si era portata dietro.

-Sì, ma tra due uomini è diverso. - tentenno.

-E perché mai? Solo perché uno dei due lo deve prendere nel culo?

Vedo la tenda aprirsi ed il caschetto di Nora sbucare dietro di essa.

-Sai, ci sono tanti uomini etero a cui piace lo strap-on e tante donne che praticano sesso anale. Non ci vedo nulla di diverso, è solo una cosa che deve piacerti.- riprende poi, guardandomi dritto in faccia. -Ho scelto questo di velluto rosso, il nero in pelle era un po' troppo per il luna park.

Osservo la foto per un'ultima volta prima di rimetterla nel diario; la faccia seria di Blue, il ciuffo che gli ricade sull'occhio sinistro, il giubbotto a coste color camoscio, di una taglia di troppo, che gli scivola dalle spalle, ha attaccata sopra ad una delle maniche la toppa di una band che non riesco ad identificare.

Ci avviamo verso la cassa, dove Fatma ci aspetta con un sorriso stampato sul volto.
-Come state ragazzi? Verrete alla parata di stasera?- ci domanda, mentre ripiega gli abiti scelti da Nora e li infila in un sacchetto di carta.

Ha dei capelli ricci che sparano in tutte le direzioni, tenuti fermi da una fascia a fiori; il suo naso è largo e schiacciato, ma piccolo, molto armonioso sul suo viso a cuore, le labbra scure e carnose, gli occhi verdi con delle pagliuzze marroni e le numerose lentiggini che le ricoprono gli zigomi. È molto magra, con spalle e braccia spigolose, così come le clavicole che spuntano prepotenti dal suo abito a stampa floreale, in tinta con il fermacapelli.

Nora le spiega che è venuta proprio per fare acquisti per la serata e le due iniziano a parlare di Gabriel Garcia, l'oboista della banda, che fa il filo a Fatma ormai da anni. Mi perdo nei loro discorsi, vagando con lo sguardo alle spalle della donna, dove sono appesi in modo disordinato i nuovi arrivi che devono ancora essere sistemati sulle rastrelliere. I miei occhi si fermano su una giacca color camoscio che mi risulta così familiare.

-Tesoro, c'è qualcosa che ha attirato la tua attenzione? - chiede Fatma notando il mio interesse per quei capi. -Questi sono andata a prenderli personalmente da Portland, c'è una mia amica che gestisce un piccolo negozietto vintage in centro e mi fa scegliere spesso tra i suoi capi non venduti. Dovrebbero risalire tutti agli anni 90', la volta scorsa aveva dei vestitini anni 60' pazzeschi.

-Posso vedere quel giubbotto?- lo indico, senza prestare attenzione al suo vomito di parole. È una donna dolce e simpatica, ma a volte sa essere davvero logorroica.

Mi passa la gruccia con sopra la giacca e, guardandola da vicino, posso dire di non avere più dubbi: è la stessa indossata da Blue nella foto. Ha lo stesso colore, lo stesso colletto di pelo e la toppa sulla manica che scopro appartenere ai Nirvana.

-Lo prendo,- dico subito, per poi aggiungere: - Come lo ha avuto?

-Che cosa?- mi domanda, confusa.

-Il giubbotto, è possibile risalire alla persona che l'ha venduto alla tua amica?

-Non saprei, potrei provare a chiedere. Perché lo vuoi sapere?- Fatma guarda me e poi Nora, si gratta la testa incerta.

-È un po' complesso da spiegare, ma avrei bisogno di saperlo, se ti è possibile.- la supplico sbattendo le palpebre. La mia espressione da labrador di solito centra sempre il colpo.

-E va bene, domani telefonerò a Tylor e vedrò di spillarle fuori qualcosa.- Fatma sospira e mi da un buffetto sulla guancia, - Ma lo faccio solo perché sei così carino.

La parata è la stessa degli anni precedenti: si ripete in egual modo partendo dal municipio, con la banda che apre le file, seguita dalla folla che sventola bandierine, indossando ghirlande di pigne e foglie d'acero. Fanno il giro della città urlando, cantando e festeggiando non si sa cosa di preciso, per poi spostarsi in periferia dove vengono allestiti dei banchetti che vendono prodotti locali ed altri che hanno su dei giochi a premi. Il tutto si conclude in bellezza con la ruota panoramica installata appositamente ogni anno, per vedere non si sa che spettacolare panorama, macchine da scontro ed altre giostrine per i più piccoli, tipo scivoli gonfiabili ed un carosello ormai mezzo sgangherato.

Mi stringo nel giaccone di Blue, è proprio vero che è il giorno più freddo dell'anno.
Ho annusato il giubbotto prima di indossarlo, per verificare se avesse in qualche modo conservato il suo odore, ma ovviamente dopo 27 anni sarebbe risultato impossibile. Gli unici odori che ho sentito sono quelli di vecchio tessuto ammuffito, misto al deodorante spray al muschio bianco che ci hanno spruzzato sopra.
Non so perché abbia deciso di metterlo proprio stasera, forse per sentirmi più vicino alla sua causa o semplicemente perché mi calza bene ed è carino.

Passeggio con Nora tra le bancarelle, mangiando pizzichi di zucchero filato di tanto in tanto. Abbiamo sempre adorato farlo durante questi eventi, fin da bambini, soprattutto quando i nostri genitori ci impedivano di comprarne perché sostenevano che ci avrebbe fatto cariare tutti i denti.
Lo facevamo di nascosto, usando i soldi regalatici dai nonni di Nora e correvamo a rintanarci sulla ruota panoramica per non essere visti. Ai tempi il mondo ci appariva così grande e meraviglioso, Silverton era un posto di tesori nascosti tutti da scoprire.
Adesso è diverso, per noi due la cittadina è divenuta troppo stretta e poco interessante, sarà anche perché siamo noi ad essere diventati più "grandi".

Incrociamo mio zio con i miei due cugini, Dora e Micky, sono due gemelli nati qualche anno dopo di me. Mio zio e la loro madre hanno divorziato poco dopo la loro nascita e da allora i due vengono sballonzolati da un genitore all'altro.
È vero che non ho mai conosciuto mio padre, ma non li invidio per niente.
Zio Derek è sempre perso nel suo mondo fatto di alcol e malinconia, mentre la loro madre, Lisa, non fa altro che covare rancore verso l'ex marito per averla incastrata in un matrimonio che lui non ha mai voluto.

-Ciao Leo, Nora, - mio zio fa un cenno con la testa a entrambi, non è mai stato un tipo di molte parole o di dimostrazioni d'affetto. - Dov'è tua madre?

Scompiglio i capelli a Micky per infastidirlo, dato che so che dallo scorso anno è diventato ossessionato dalla cera per capelli, per tenerli sempre impeccabili. Do anche un bacio sulla guancia a Dora, cosa che faccio ogni volta che la vedo, avremmo anche dei genitori anaffettivi, ma non per questo dobbiamo esserlo anche noi.

-È ancora in ospedale, ma ci raggiungerà tra non molto, l'ho sentita poco fa. -rispondo poi.

-Ci vediamo più tardi allora, - mi dice, ma mentre faccio per andarmene mi afferra per un braccio. - Dove hai preso quella giacca?

Guardo nella direzione in cui sono puntati i suoi occhi e mi accorgo che sta fissando la toppa dei Nirvana che ho sulla manica.

-Era tra la roba vintage di Fatma. Perché me lo chiedi?- mi accorgo che la sua espressione è cambiata, lo vedo nervoso e sicuramente starà morendo dalla voglia di scolarsi un goccio.

-Niente, ne avevo una uguale da piccolo, ma chissà dov'è finita. Probabilmente Lisa l'avrà donata alla chiesa, o qualcosa del genere.- taglia corto, troppo frettolosamente.

Che lui e Blue si conoscessero? Magari erano anche amici oltre che semplici compagni di classe come mi aveva detto mia madre. Il che spiegherebbe perché Blue indossava la sua giacca in quella foto.

Lo salutiamo per poi dirigerci verso la bancarella del tiro al bersaglio. Mi sarebbe piaciuto tirargli fuori qualche informazione in più, ma non mi sembra il luogo né il momento adatto. In più mio zio mi avrebbe chiesto che cosa avessi a che fare con Blue, un tizio scomparso da quasi 30 anni e non avrei saputo come spiegarglielo senza sembrare un povero folle.

Lo stand è composto da 5 coni posti ad un metro di distanza l'uno dall'altro. Il gioco consiste nel centrare il cono con degli anelli, che si restringono man man che si sale. In totale sono 6 di varie dimensioni, chi riesce ad incastrarli tutti senza mai sbagliare, vince uno dei premi massimi designati. C'è anche la possibilità di vincere un premio del valore inferiore se si fa centro con tre anelli.

-Cerco di vincere quel coniglio rosa gigante da due anni, quest'anno dobbiamo farcela per forza, non ci sono storie. E poi non mi sono allenata per un mese a lanciare anelli di cipolla per niente!- comanda Nora, stringendo il pugno, carica più che mai.

-Lo so, io ho dovuto sopportare la puzza del tuo alito per un mese intero. Grazie, ma no grazie, non intendo ripetere l'esperienza. - annuncio categorico, mentre il pugno della mia amica finisce dritto sul mio braccio.

Faccio una linguaccia alla sua espressione contrariata e mi massaggio nel punto in cui mi ha colpito. La ragazza picchia duro da quando ha iniziato a frequentare il corso di kickboxing.

Acquistiamo i biglietti ed osserviamo gli altri giocatori mentre aspettiamo il nostro turno.
C'è un bambino sugli 11 anni che sta quasi per fare il massimo dei punti, ma le macumbe di Nora alle sue spalle fanno il loro compito e lo fanno sbagliare proprio sul più bello, così è costretto a tornare a casa con un portachiavi di peluche a forma di Pikachu. Secondo me sempre meglio di quell'inquietante animale rosa agognato dalla mia amica.

Nora lancia i primi due anelli che vanno a segno, ma quando è il turno del terzo questo fa cilecca e non riesce ad aggiudicarsi nemmeno il premio di consolazione.
-Vado a comprare un altro biglietto, non mi arrenderò così facilmente. - Sbraita agguerrita.

Quando finalmente tocca a me, dire che non ne azzecco nemmeno uno per sbaglio, è un eufemismo. Il mio cerchio finisce oltre il cono, andando a colpire il proprietario dello stand nello stomaco.
-Ops,- esclamo imbarazzato, coprendomi la bocca con i palmi delle mani. Per poco non finisco per castrare quel pover uomo. - Scusi, ma non sono molto allenato.

-Spero che non scopi come lanci quell'anello. Lo riesci a centrare un buco almeno con il cazzo?- sogghigna una voce alle mie spalle, seguita da altre due che gli fanno eco.

-Chad- dico a denti stretti, ancora prima di voltarmi. Come sempre è con Tim e Roger Noland al suo seguito, ex studente del nostro liceo ormai diplomato.

-Il solo ed unico. - fa un inchino, neanche fossimo al cospetto del primo dei cavalieri del re.

Mi spinge di lato per usurpare il mio posto alla postazione di gioco. Respiro profondamente per cercare di non perdere le staffe e fargli ingoiare il cono con tutti e sei gli anelli.

Inizia a lanciare i cerchi come se fosse un gioco da ragazzi, mettendo a segno ogni tiro.

-Il coniglio rosa,- dice al commerciante, - è per la signorina.

Fa un occhiolino a Nora che ricambia fingendo un conato di vomito.
-Non voglio niente da un imbecille come te.

-Non fare la difficile, l'ho vinto per te. - afferra il peluche e lo mette di forza tra le braccia di Nora, che è troppo orgogliosa per accettarlo e lo fa cadere per terra, dritto in una pozzanghera.

Chad osserva la scena ad occhi stretti ed arricciando le labbra, chiaramente infastidito per non averla avuta vinta.

-Sai, non tutte le ragazze cadono ai tuoi piedi, - gli faccio notare, - Ma i conigli di peluche sì.

Chad si fa rosso in viso per poi stringere i pugni.
-Tu dici? Mi sembra che sia successa la stessa cosa a tua madre, è caduta in ginocchio supplicandomi di scoparla. Non è stato poi così difficile centrare il suo buco, ce l'aveva largo più o meno così. - dice, prendendo in mano l'anello più grosso dei sei, grande più o meno 25 cm.

I suoi amici scoppiano a ridere insieme a lui e si scambiano il cinque compiaciuti.
Non ci vedo più, di nuovo, Chad Boil riesce a tirare fuori la parte peggiore di me. So benissimo che dovrei ignorare le sue stronzate e non dargli corda, ma sono stanco di sopportarle dalle elementari. Non può semplicemente lasciarmi in pace ed andare avanti con la sua vita?

Stringo il pugno e lo scaglio dritto sulla sua faccia, senza dargli nessun preavviso. Barcolla e sta per cadere a terra, ma Tim e Roger lo sorreggono.

Quando solleva il viso, mi rendo conto di avergli spaccato il labbro.
Si porta il dorso della mano alla bocca per verificare che si sia effettivamente macchiato di rosso.

-Sei fottuto, coglione- ringhia Tim, pronto a difendere il suo amico, ma questo lo blocca mettendogli una mano sul petto.

-Non ora, non qui. - dice con tono pacato. Lui sì che sa come mantenere le apparenze. - Sono già finito nei guai per colpa sua per la storia della mensa.

Si allontanano lanciandomi occhiatacce e parlottando tra di loro. Mi accorgo che l'attenzione dei presenti è puntata su di me. Sai che novità, devo essere diventato l'attrazione principale di questa stupida festa.

Continuiamo a girovagare tra gli stand, ma il mio umore è ormai a terra così, quando incrociamo Gill e Tamara, due nostre compagne di classe, ne approfitto per sgattaiolare via.
-È un problema se ti lascio con loro?- domando alla mia amica, che ovviamente vuole accompagnarmi, intuendo il mio stato d'animo.

Per fortuna le due ragazze la convincono a restare e, dopo averla rassicurata almeno dieci volte di stare bene, mi dirigo verso il parcheggio dove ho lasciato la mia auto.

Il posto che hanno adibito per il posteggio è un campo incolto, abbandonato ormai da anni. È immerso quasi nella totale oscurità, le uniche illuminazioni arrivano dai lampioni in strada che non servono a molto.
Sono talmente agitato che, mentre cerco di infilare le chiavi nella serratura dello sportello, un tremolio delle mani mi porta a farle cadere per terra.
Impreco e mi chino a cercarle tra i fili d'erba e la neve.

Proprio mentre sono a terra, sento un parlottio farsi più vicino.

-Dove diavolo è finito? L'ho visto venire da questa parte. - dice una delle voci che riconosco essere quella di Tim.

Non di nuovo quei tre, ti prego.

-Hey, quella non è la sua auto? - questa volta è Roger a parlare.

Non mi hanno ancora visto per via del buio, ma il rumore dei loro passi si fa sempre più vicino.

-Che ci fai lì per terra, accuciato come un cane? Ti stavi nascondendo da noi? - mi canzona Chad.
È più vicino rispetto agli altri e mi osserva con il suo solito sguardo di superiorità. Le ciocche ramate, inpomatate da qualunque cosa si metta nei capelli, brillano sotto il chiarore della luna.

Mi alzo in piedi, dopo aver finalmente ritrovato le chiavi.

-Non ho paura di voi tre babbei. - dico, facendomi coraggio.

In fondo sono in tre contro uno, non è di certo uno scontro alla pari. Nonostante l'adrenalina dovuta all'ira, in realtà mi sto davvero cagando addosso.

-Dovresti, - Chad parla a denti stretti, ad un soffio dalla mia faccia, spingendomi con la schiena contro lo sportello dell'auto ed afferrandomi per il bavero del maglione. - Per colpa tua mi ritrovo sempre nei casini. Non sei proprio in grado di stare al gioco, finisci sempre per avere delle reazioni esagerate. Non è che sei pazzo come la tua mammina?

-Lascia in pace mia madre,- ringhio, afferrandolo per i polsi e cercando di togliermelo di dosso.

-Forse avrebbe dovuto lasciarti affogare in quella vasca e completare il lavoro che aveva iniziato.

Sul suo viso è stampato un ghigno malvagio. Non so perché faccia tutto questo, non so perché si diverta a sputare cattiverie su mia madre e sulla mia famiglia, ma so che ne ho avuto abbastanza.
Sollevo un ginocchio e lo colpisco sui genitali. Le sue mani si staccano finalmente da me per spostarsi a sorreggere quello che ha tra le gambe, come se potessero in qualche modo fermare il dolore che sta provando.

-Piccolo figlio di puttana, - impreca, barcollando, per poi ordinare ai suoi galoppini di tenermi fermo.

I due mi afferrano per le braccia e mi costringono a tenerle dietro la schiena. Sento i muscoli bruciare per via della costrizione.

Passa qualche minuto prima che Chad si riprenda del tutto, minuti che mi fanno sudare ed accelerare il battito cardiaco. I suoi colpi però non tardano ad arrivare. Mi colpisce nello stomaco più e più volte e sento le mie viscere contorcersi dal dolore.

La mia mente viaggia man mano che i colpi progrediscono. Non sono più in quel parcheggio, ma in un bosco. Non ci sono più Tim e Roger a tenermi bloccato, ma altri due ragazzi che non conosco. Non è più Chad a sferrare i colpi, ma un tizio biondo con un taglio di capelli fuori moda. Indossa un bomber verde menta con dei rombi gialli, ha i lati della testa rasati e le ciocche ossigenate sparare a punta con del gel. La sua faccia è crudele proprio come quella di Chad. Mi colpisce in volto, per poi prendermi a calci nei reni, nello stomaco, sugli stinchi e in tutti i punti che i suoi piedi riescono a colpire.

Non so quanto sia passato, ma sono di nuovo in quel parcheggio, accasciato per terra. La pressione dei polpastrelli degli scagnozzi di Chad mi avrà sicuramente causato dei lividi, perché iniziano a farmi davvero male, per non parlare del dolore che mi ha provocato all'addome.

-Spogliatelo,- ordina il rosso, in piedi sopra di me, respirando affannosamente.

I due che mi trattengono si scambiano un'occhiata confusa. - Perché? - domandano poi.

-Voglio che si mostri per la puttanella che è, - sogghigna, - Deve essere proprio un vizio di famiglia.

Mi dimeno più che posso per cercare di liberarmi. Non è più il momento di essere orgogliosi, ma è arrivato quello di chiedere aiuto.
Urlo a squarciagola, urlo più che posso fino ad esaurire l'aria che ho nei polmoni, ma la musica della festa è troppo alta e nessuno può sentirmi.

Chad mi infila qualcosa di stoffa nella bocca per farmi tacere, forse un guanto.
Provo un'ultima volta a liberarmi ma è tutto inutile, sono sfinito e non ho più forze per lottare.
Delle lacrime iniziano a rigarmi il viso, cosa che non passa inosservata a Chad che, con la torcia del cellulare puntata sulla mia faccia, mi guarda soddisfatto.

-Che fai? Piangi come una ragazzina?

Tim e Roger non fanno una mossa, forse non se la sentono nemmeno loro di partecipare alle abiezze che ha in mente di farmi il loro amico, così è lui a prendere l'iniziativa.
Mi solleva il maglione ed inizia ad armeggiare con la cintura dei miei pantaloni. Si siede sopra di me per impedirmi di scappare e mi sfila prima giacca e le maglie per poi passare alla parte sotto.
Fa un freddo cane che mi penetra nelle ossa, ma non mi scalfisce, anzi è come se anestetizzasse il mio dolore. Mi manca l'aria e non ricordo più come si fa a respirare. Questa è la prima volta in vita mia che desidero di morire.
Non sono mai stato così terrorizzato.

Quando sta per abbassarmi boxer e pantaloni insieme, forse per accorciare i tempi, qualcosa lo blocca.
Ho gli occhi serrati perché non voglio vedere, non voglio guardare la sua faccia crudele mentre mi sfila gli ultimi vestiti e calpesta quel che resta della mia dignità.
Non so quello che accade, sento solo il tono allarmato nella voce dei tre.
-Che cazzo è stato? - dice uno di loro.

-Non lo so, qualcosa mi ha colpito.

-Non vedo nessuno.

-Porca puttana!

Poi solo urla, gemiti di dolore e paura.

Sento i loro passi correre in tutte le direzioni ed in fine allontanarsi definitivamente dal parcheggio.

Ho ancora gli occhi chiusi quando delle braccia mi avvolgono e mi aiutano a rimettere addosso gli abiti di cui ero stato privato.

-Va tutto bene, non gli permetterò di farti di nuovo del male. - dice la persona che mi stringe in quell'abbraccio rassicurante.

Quelle parole mi portano indietro di almeno 10 anni, mi sembra di averle già sentite pronunciare da qualcuno.

"Ci sono io, non ti faranno più del male".

-Blue, - sussurro, guardando in quegli occhi sinceri che brillano nell'oscurità.
Non mi fanno più paura ormai.
I veri mostri sono altri.

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