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3. I'm in the basement, you're in the sky

Mi hanno rubato l'infanzia
Rovinato la gioventù
Negato l'adolescenza
E adesso ci sei tu

Puoi dirlo a tutti
Che sono stato io
A farti un occhio nero
Con la matita blu

(Tre Allegri Ragazzi Morti - Puoi dirlo a tutti)

La mattina seguente mi risveglio nel letto di mia madre, per fortuna lei ha il primo turno in ospedale ed è già andata a lavoro, quindi posso evitare di affrontarla. Fa l'infermiera al Silverton Hospital e capita spesso che esca di casa verso le 5.
Tolgo di dosso l'imbarazzante lenzuolo con sopra stampate delle peonie fucsia e mi alzo dal letto. I miei movimenti sono cauti, mentre mi aggiro per la casa come un folle paranoico, vedendo nemici anche nella lampada da terra, per poco non la colpisco con Wendy, la mia fidata mazza da hockey che stringo saldamente tra le nocche. A mia discolpa, la lampada fino a ieri sera non era nel corridoio, deve averla spostata mia madre prima di uscire. Il campo sembra libero, ma la parte più difficile sarà entrare nella mia stanza. Dopo l'episodio di ieri non ci ho messo più piede, terrorizzato dall'idea di ritrovarmi quel non-saprei-definire-cosa ad attendermi e a saltarmi addosso per uccidermi(?).
Non lo so, dopo essere corso nel letto di mia madre come un poppante, mi sono posto più volte domande sull'argomento. E se fossi davvero troppo fatto e me lo fossi immaginato? E se in realtà avessi visto male? E se avessi un tumore al cervello che mi porta ad avere allucinazioni?
Tutti questi quesiti portavano sempre ad una sola risposta: avevo visto benissimo ed è tutto realmente accaduto.
Ma se è così, che cos'è Blue? Uno zombie, un vampiro, un lupo mannaro, l'uomo invisibile o semplicemente un fottuto fantasma?
È strano il modo in cui compaia e scompaia all'improvviso; come non si sia fatto nulla durante l'incidente; come i suoi vestiti non si siano mai bagnati; come sembri fuori dal tempo, scrivendo date del secolo scorso ed usando aggeggi primitivi; come la vodka si sia riversata per terra invece che nel suo stomaco; come non l'abbia sentito entrare: "attraverso la porta" aveva detto.
Alla fine sono crollato verso le 9 e ho dormito come un neonato, recuperando anche le ore di sonno perse il giorno prima.

Con un piede spingo adagio la porta della mia camera, sporgendo il naso al suo interno per controllare che la via sia libera e, fortunatamente, la trovo vuota. Mi vesto velocemente perché voglio allontanarmi il prima possibile da lì, ma senza dimenticare di recuperare il diario che giace abbandonato sul mio letto: ho bisogno di scoprire di più.
Mentre faccio le scale mi chiedo se veramente non mi sia immaginato tutto facendomi suggestionare.
Forse è colpa dello stupido film con i vampiri sbrilluccicanti che ho guardato con Nora prima della sua partenza per le vacanze. Mi ha costretto a fare una maratona di tutta la saga di Twilight nello stesso pomeriggio, abbiamo finito la visione alle undici di sera e, l'unica cosa che avrei voluto fare dopo aver sprecato tutto quel tempo, sarebbe stata tagliarmi le vene.

Ogni mio dubbio su quel ragazzo viene dissipato quando, raggiungendo l'ultimo gradino, noto delle scritte incise su un pilastro di legno, proprio di fronte alla porta d'ingresso.
Sono riportati dei numeri con varie tacche segnate più volte e in alto la scritta "Blue", piccola e di un blu quasi completamente sbiadito. Ci metto poco a capire che quei segni rappresentino la sua altezza che aumentava con il passare degli anni. Sfioro le incisioni con le dita, come per controllare di non stare avendo di nuovo un'allucinazione. I solchi affilati serpeggiano sotto ai miei polpastrelli.
Un rumore di stoviglie mi mette in allerta e mi volto in direzione della cucina. E se quel fottuto Edward Cullen dai capelli blu avesse deciso di occuparmi casa e stesse facendo un'energetica colazione a base di cuccioli di lepre? E se invece stesse banchettando con il cadavere della mia povera madre? Oh, cazzo.
Allontano con un movimento della mano quei pensieri dalla mia testa, mi rendo conto di aver viaggiato un po' troppo con la fantasia. Con passo felpato mi avvicino all'ingresso della cucina, stringendo ancora di più Wendy: le mani iniziano a sudarmi e la presa risulta più difficoltosa. Faccio un salto in avanti e, come una furia, mi avvento contro l'intruso.

-AAAAHH!- urliamo all'unisono mia madre ed io.

Abbasso l'arma e mi fermo per riprendere fiato, mentre sento le goccioline di sudore grondarmi tra le scapole.

-Ma sei completamente matto?- sbraita la mia genitrice -Che scherzi sono? Sei fortunato che sia ancora troppo giovane ed in forma per avere un infarto.

Beata lei, perché io sento come se il cuore stesse per uscirmi dalla cassa toracica. Si può morire di attacco cardiaco a soli 18 anni?

-Pensavo fosse un ladro- tento di giustificarmi -Non dovresti essere a lavoro?

Lei mi fissa interrogativa, sicuramente si starà chiedendo se credere o meno alle mie parole.

-Leo, se mai ad un ladro venisse la sfortunata idea di avventurarsi in questa topaia, preferirei che tu chiamassi immediatamente il 911 e non che ti improvvisassi Batman.- mi ammonisce e torna a concentrarsi su quello che stava facendo prima che la interrompessi -Un ladro, questa è bella- continua a parlare tra sé e sé -Cosa dovrebbe rubare un ladro qui dentro? I tuoi calzini sporchi per rivenderli ai feticisti su Ebay?

-Mamma!- la rimprovero alzando gli occhi al cielo. Ma perché sono circondato da folli? Non mi stupirebbe scoprire che alla fine io abbia davvero le allucinazioni.

Lei sbuffa, con una spatola gira le frittelle; dalla padella le porta in tavola, per poi mettermene alcune nel piatto. -Cosa c'è?- dice poi, innocente, notando la mia espressione.
Sono seduto a capotavola, con le braccia incrociate al petto, e attendo che lei risponda alla mia domanda iniziale.

-Perché sei a casa?

-Ho fatto il cambio di turno con Charlene, avevo voglia di fare colazione insieme a te- si giustifica, ma so benissimo che non mi sta dicendo tutta la verità.

Continuo a guardarla in tralice, sperando che si muova a sputare il rospo. Sicuramente ha a che fare con quanto successo il giorno precedente.

-E va bene!- esala estenuata -Lo sai che mi preoccupo per te, Leo...

-Dai mamma, non iniziare. Sto bene, avevo solo mal di testa!
La sua apprensione è davvero soffocante il più delle volte.

-Okay, okay, dico solo che dovresti evitare di fumare così tanto. La cannabis può far diventare paranoici, per non parlare del fatto che sei ancora in una fase di sviluppo e potrebbe bruciare quei pochi neuroni che non sono stati ancora presi di mira dai tuoi ormoni adolescenziali.- Parla con molta calma, osservandomi di sottecchi mentre si porta alle labbra un boccone di frittella piena zeppa di panna spray e caramello.
Ci mancava solo la sua filippica mattutina a migliorare la giornata.

-E tu dovresti andarci piano con i grassi saturi. Sai...hai una certa età ormai- la beffeggio, nascondendo una smorfia soddisfatta.
Di tutta risposta, lei mi tira uno schiaffetto dietro alla nuca e mette su la sua solita faccia imbronciata. A volte mi domando chi sia davvero l'adulto tra i due.

-Ma se ho solo 35 anni!- sbraita.

-Mamma, ne fai 38 in aprile. Non sei più una ragazzina!

Continuiamo a scherzare fino a quando non si accorge che si sta facendo tardi per la scuola.

-Tesoro- dice poi seria -Lo sai che per qualsiasi problema puoi parlarne con me?

Annuisco e le schiocco un bacio sulla guancia. Cosa dovrei dirle?
"Mamma, credo di aver visto un fantasma". Mi spedirebbe subito dritto da uno psichiatra e farebbe lo stesso anche se le raccontassi della rissa di ieri. A quanto pare la scuola non l'ha informata, altrimenti sarebbe già venuto fuori.

Infilo il cappotto e lo zaino, faccio per aprire la porta, ma i miei occhi ritornano istintivamente sulle incisioni in fondo alle scale.

-Ma'- la chiamo.

Lei si affaccia dalla cucina e mi guarda in attesa.

-Sai cosa sono quelle scritte sul muro?- le chiedo, sperando di poter carpire qualche informazione a riguardo.

Mia madre si asciuga le mani con lo strofinaccio e mi raggiunge per capire di cosa stia parlando. Le osserva per qualche secondo, come se stesse cercando di decifrare dei geroglifici egizi.

-Oh- dice poi, frettolosa -dovrebbero averle fatte i proprietari precedenti. Sai, tuo nonno non ha ma voluto ristrutturare la casa, voleva mantenerla allo stato originario. Non ho mai capito perché ci tenesse tanto, guarda com'è ridotta!- Alza le braccia con fare teatrale e fa per tornare in cucina, ma la interrompo.

-Conoscevi i vecchi proprietari?
So che mia madre si è allontanata da Silverton solo per qualche anno quando ero piccolo, abbiamo fatto ritorno poco prima che iniziassi l'ultimo anno di asilo. Dovrebbe quindi conoscere la famiglia che ci abitava prima.

-Sì, ma non molto bene. So solo che il loro figlio andava a scuola con tuo zio. Il padre non era una bella persona, o almeno è quanto dicevano in città.

La sua espressione si è un po' incupita, come se la infastidisse affrontare l'argomento. I suoi capelli stamattina sono sciolti, le scivolano morbidi lungo gli zigomi spigolosi e gli occhi sono contornati dalle profonde occhiaie che si porta dietro ormai da anni.

-Sai perché si sono trasferiti?- non voglio entrare troppo nel dettaglio perché si insospettirebbe.

Solleva le spalle e si avvolge nel cashmere bianco del cardigan.
-Credo abbiano lasciato la città parecchi anni fa.

-Sai come si chiamavano?
Credo di aver osato troppo perché ora mi osserva stranita.

-Murray, mi sembra- sputa poi, titubante -perché tutte queste domande?

Credo di essere sbiancato per via di quella informazione, così mi affretto ad aprire la porta di casa.

-Così, curiosità- taglio corto, diplomatico.

Il suo sguardo interdetto mi segue fino a quando non entro in macchina ed avvio il motore.

"La famiglia Murray, come Blue Murray" mi ripeto, mentre attraverso la stradina circondata da abeti che conduce in città. Oggi fa particolarmente freddo e l'aria è satura di umidità. La brina sui tronchi degli alberi ha formato dei serpeggianti disegni che si estendono in varie diramazioni. Il bosco adesso mi mette improvvisamente i brividi e non sono dovuti al gelo.

Nora mi ha ignorato per tutto il giorno, mentre io cercavo di evitare gli sguardi invadenti dei miei compagni. Non so se sia solo paranoia, ma sento gli occhi di tutti puntati addosso, come se fossero pronti a giudicare ogni mio movimento.
Sono nel bagno del laboratorio di chimica che è la mia prossima lezione, seduto per terra, con la schiena premuta contro le piastrelle bianche accanto ai lavandini. Do qualche morso al mio tramezzino al prosciutto, cercando di non pensare a quanto sia caduto in basso: mi sono ridotto a pranzare nascosto in questo posto lurido, come l'ultimo dei perdenti.
Prendo il diario dallo zaino ed inizio a sfogliarlo con l'intento di scoprire di più su quel tizio. La sua scrittura è molto disordinata e ci sono sbavature qua e là.


" 13-04-1991


Ieri sono andato al minimarket per comprare gli ingredienti per le lasagne. Mia madre oggi non lavora e ha detto che prepareremo insieme i miei piatti preferiti. Ogni tanto è bello averla a casa, spero solo che mio padre non rovini tutto come al solito. Preferirei di gran lunga che collassasse in uno dei bar in cui va sempre ed evitasse di presentarsi per cena. Mia madre vorrebbe trascorrere una bella serata in famiglia, ma so benissimo che le sue sono solo illusioni, quando c'è lui le cose finiscono solo in un modo.

Al minimarket hanno assunto un nuovo cassiere, si chiama Tobias, è un ragazzo biondo, muscoloso, più grande di me. Probabilmente vive fuori da Silverton perché mi pare di non averlo mai visto. Sembra gentile, ha scherzato un po' con me e abbiamo parlato di musica. Ha detto che devo assolutamente ascoltare i Nirvana e che la prossima volta mi porterà un cd con alcune loro canzoni, devo solo ripassare in negozio a prenderlo. Il suo prossimo turno sarà dopodomani sera."

Blablabla, davvero molto interessante, fino ad ora questo diario mi sembra solo un resoconto scritto delle noiose giornate di un ragazzino. Perché voleva che lo leggessi? Cosa dovrebbero rivelarmi queste pagine?

"15-04-1991

Ho aspettato Tobias fuori dal negozio come mi aveva detto. Mi ha dato il cd e mi ha guardato come se fosse in attesa di qualcosa, alla fine mi ha chiesto se volessi andare ad ascoltarlo a casa sua e a vedere la sua collezione di vecchi vinili. Vive ad Howardsville, non molto lontano da qui. Ho accettato e mi ha accompagnato con la sua berlina grigia. Studia legge e abita in un piccolo appartamento insieme ad altri due coinquilini, che in quel momento non erano in casa. Ha messo su qualche disco, mi ha offerto una birra e si è seduto accanto a me sul divano. Le nostre gambe erano così vicine da toccarsi, così lui ha fatto una cosa che non avrei mai pensato: ha posato il bicchiere sul tavolino per poi mettermi una mano sul cavallo dei pantaloni. All'inizio ero un po' sorpreso, non sapevo come reagire, lui ha fatto scontrare le sue labbra con le mie ed ha iniziato a sbottonarmi i jeans."

La mia lettura viene interrotta da una Dr. Martens nera che scalcia contro la suola del mio stivale. Sollevo lo sguardo fino a raggiungere il viso della sua proprietaria. Nora mi fissa dall'alto con un'espressione contrariata.

-Non mi avevi promesso di non leggerlo?- chiede stizzita.
Il suo tono mi fa capire che è ancora arrabbiata con me.

Alzo le spalle -Non ti ho promesso nulla- se vuole fare l'incazzata, farò lo stesso anche io. -E poi è stato lui a dirmi di leggerlo.

-Che cosa?- ora il suo volto ha assunto un'aria sorpresa, cerca di mantenere la sua posizione ma so benissimo che vorrebbe saperne di più.
-L'hai rivisto? E quando? Perché non me l'hai detto subito?- vomita tutte quelle domande, mentre mi invita a spostarmi di lato e a farle spazio accanto a me sul pavimento.

Faccio l'indifferente -L'ho incontrato ieri pomeriggio, te l'avrei detto se avessi risposto ad uno solo dei miei trecento messaggi- sputo risentito.

Sospira ed incrocia le braccia sotto al seno -Non credere che non sia più incazzata con te solo perché ti sto parlando. Ti sei comportato da coglione.

-Lo so- mi strofino le mani sul viso ripensando a quanto è successo. Sono consapevole di aver fatto una stronzata.

-Leo, guardami bene in faccia perché voglio sapere la verità- dice minacciosa, avvicinando il suo viso e prendendo il mio tra le mani.
Spero solo che non se ne esca anche lei con la domanda "non è che ti piace il cazzo?", perché le urlerei addosso.

-Sei un fottuto omofobo?- chiede poi, lasciandomi di sasso.

-No- rispondo immediatamente, ferito dal fatto che la mia migliore amica possa anche solo pensare una cosa del genere -Mi conosci, cazzo!

Annuisce per poi mollare la presa e puntare lo sguardo sulle sue ginocchia, come se fosse a disagio. -Sai, l'anno scorso dicevi che ti stava bene che stessi con Cassie...Ora non vorrei pensare che tu l'abbia fatto solo perché noi siamo due ragazze e si sa che agli uomini etero eccitino le cose lesbo, come se fossimo tutte delle attrici porno- sputa facendo una smorfia.

Questa volta è il mio turno di essere incazzato. Lo scorso anno Nora aveva avuto una relazione durata tre mesi con una studentessa dell'Ohio, venuta a Silverton per via di un gemellaggio tra le nostre scuole. Non era mai stata con una ragazza prima di allora e la loro breve storia si era conclusa quando Cassie aveva fatto ritorno nella sua città, lasciando una Nora devastata per la rottura e con la consapevolezza di essere bisessuale. Io le avevo dato tutto il mio appoggio incondizionato perché le volevo bene e perché non ci vedevo nulla di sbagliato. Ora, dopo tutto questo, la mia migliore amica se ne esce dandomi del maschio cisgender arrapato, che odia gli uomini gay e vede nelle donne lesbiche solo degli oggetti sessuali.

-Nora Tiffany Moore, non azzardarti mai più a paragonarmi ad un Tim Roberts e ad un Chad Boil qualsiasi oppure metterò immediatamente fine alla nostra amicizia, anche se sei la mia anima gemella- avvicino la mia fronte alla sua, le afferro le guance e la costringo a guardarmi dritto negli occhi. Faccio una pausa e poi mi convinco a sputare il rospo -È solo che delle volte sono così incazzato da non riuscire più a ragionare con lucidità, scatto come una molla e mi sembra di perdere il controllo del mio corpo.

Nora fissa le sue iridi nelle mie e sembra quasi sul punto di piangere. So che è già al corrente di questo mio problema e so anche che niente la farebbe più contenta del trovare una soluzione per risolverlo.
È una cosa che mi porto dietro dalle elementari, quando ero costretto a fare a botte con gli altri bambini per colpa delle stronzate che gli propinavano i loro genitori riguardo a mia madre. Cosa ci trovassero da spettegolare su una mamma single non l'ho mai davvero capito.

-Sei un coglione- dice poi la mia amica, dandomi una gomitata nel fianco. -Lo sai che odio essere chiamata in quel modo.

Nora non sopporta il suo secondo nome, la imbarazza, e spesso lo utilizzo come arma per farla innervosire.

L'abbraccio, finalmente contento di aver chiarito la mia posizione. Lei ricambia ma poi si ferma per puntarmi un dito contro.
-Non credere che si risolva tutto così. Devi scusarti con Nicholas!- sentenzia.

Sospiro, sperando che sia tutto uno scherzo. -Devo proprio?- chiedo con aria supplichevole.

Nora annuisce severa e scioglie definitivamente il nostro contatto fisico.

-Ho una buona notizia per te- si alza in piedi eccitata, battendo le mani. -Sono riuscita a parlare con Rosy questa mattina e, dopo averla corrotta con una scatola di donuts al cioccolato, ha finalmente sputato il rospo riguardo a Blue.

-Cosa?- quasi urlo -perché non me l'hai detto prima?

-Meritavi di soffrire ancora un po'- dice sadica, facendomi un occhiolino.
Si rimette a sedere ed inizia ad aggiornarmi su quanto ha scoperto. A quanto pare, dopo un attimo di titubanza, Rosy si è messa a fare delle ricerche negli archivi della scuola ed ha scoperto che Blue Murray è stato uno studente della Silverton High dal 1990 al 1994, anno della sua scomparsa.

-Quindi mi stai dicendo che questo tizio è sparito senza lasciare traccia nell'ottobre del '94 e nessuno ha più avuto sue notizie?- domando.

-Esatto, abbiamo trovato dei vecchi giornali a riguardo e la bibliotecaria ci ha detto che in un primo periodo avevano messo anche degli annunci con la sua foto sui cartoni del latte. Alla fine hanno archiviato il caso come allontanamento volontario perché Blue aveva dichiarato più volte di voler lasciare la città, nonostante ci fossero numerose prove che dimostravano il contrario. Negli articoli viene definito come un ragazzo problematico, che frequentava cattive compagnie ed abusava di sostanze stupefacenti.

-Che storia del cazzo- constato, riflettendo su quanto ho appena sentito. Ma c'era solo una cosa che non quadrava in tutta quella storia, Blue di sicuro non aveva lasciato la città, è morto, ed ora si è messo a perseguitare me per chissà quale ragione.

-Pensi che sia un suo parente?- chiede Nora, destandomi dai miei pensieri.

-Chi?- rispondo confuso, per poi ricordarmi che lei non è al corrente di questa storia del fantasma-vampiro alla Edward Cullen.

-Blue! Cioè il Blue che hai conosciuto tu, pensi che sia un suo parente che ha deciso di imitarlo perché è in cerca di vendetta? Credi che sia come in Scream e che voglia sterminare tutta la città perché hanno smesso di cercare il Blue originale?- Nora ha gli occhi spalancati ed una mano sulla bocca. Questa ragazza è sempre troppo melodrammatica, non posso fare a meno di ridere.

-Cosa ridi?- mi rimprovera -Moriremo tutti e tu sarai il primo! Forse è incazzato con te perché hai occupato la casa del suo antenato.

-Nora, credo che sia arrivata l'ora di toglierti l'accesso a Netflix- dico tirando fuori il cellulare -Anzi, guarda, cambio subito la password. Tra l'altro è da tre mesi che non paghi la tua parte, piccola scroccona.

Lei mi guarda imbestialita, mi scatta addosso come una furia e mi sfila dalle mani il telefono.
-Non ti permettere o lo butto nel cesso- tuona minacciosa, facendolo dondolare sopra alla tavoletta del water.

-Sei una cretina, provaci e ti ammazzo- così dicendo le corro incontro e me lo riprendo -stavo solo scherzando, ma tu dovresti andarci piano con le teorie strampalate. Quelle cose succedono solo nei film!

Certo e anche incontrare un fantasma è una cosa che capita solo nei film. A questo punto, la teoria di Nora risulterebbe più credibile della mia.

La lezione di chimica è l'ultima della giornata e , una volta conclusasi, mi preparo mentalmente ad affrontare Nicholas. L'ho promesso a Nora, ma voglio farlo da solo, senza la sua soffocante presenza pronta a redarguirmi. Ripeto più volte il discorso che mi sono preparato, ma quando lo incontro in giardino, con lo zaino in spalla, pronto ad abbandonare l'edificio, tutte le parole mi scivolano via dalla mente. Resto paralizzato quando me lo ritrovo davanti dopo avergli bloccato la strada.

-C-ciao- è lui il primo a prendere parola. Evita il mio sguardo, concentrando la sua attenzione sulla punta delle mie scarpe, sembra più in imbarazzo del solito o forse quella che scorgo sul suo viso è paura. Credo di averlo spaventato con il mio atteggiamento, probabilmente è per questo che mi ha evitato per tutto il giorno. È stato strano non essermelo ritrovato tra i piedi nemmeno una volta oggi, ormai ci avevo quasi fatto l'abitudine.

-Come va?- chiedo, non sapendo come impostare il discorso.

-Ehm, bene- ha l'aria confusa, sicuramente perché non ho mai provato a fare conversazione con lui prima d'ora.

Orde di studenti ci passano accanto senza nemmeno notarci, troppo intenti ad evadere il prima possibile da quella prigione chiamata scuola.
Passano secondi, forse minuti, in cui lascio Nicholas in attesa ad osservarmi interdetto, mentre i miei pensieri vagano da tutt'altra parte, concentrandosi anche sulla cosa più stupida ed inutile.

-Si gela qui fuori, oggi le minime prevedevano -16°, questo cazzo di Oregon è uno stato davvero di merda: affaccia sull'oceano ma non possiamo godercelo perché fa sempre un freddo cane.- guardo i posti riservati alle biciclette che hanno appena verniciato di verde -Le rastrelliere per le bici sono davvero pochissime rispetto al numero di studenti che le utilizzano, qualcuno dovrebbe fare un reclamo.

Continuo a parlare a ruota di cose senza senso, evitando di affrontare l'argomento. Nicholas mi ascolta sempre più confuso, quando alla fine non ce la fa nemmeno lui a sentirmi farneticare e mi interrompe.

-Volevi chiedermi qualcosa, Leo?- domanda -Sai, mia madre è venuta a prendermi in macchina, non vorrei farla aspettare troppo.

Abbastanza prevedibile, figuriamoci se un tipo come lui non si faceva accompagnare a scuola dalla mamma.
Forse dovrei evitare di fare tanto lo splendido dato che stanotte sono corso a rintanarmi nel letto della mia. Inizio a chiedermi chi davvero sia lo sfigato tra i due.

Prendo un bel respiro e conto fino a dieci per cercare di calmarmi. Mi piacerebbe conoscere lo scemo che ha affermato che questo metodo funzioni, così, giusto per sputargli in un occhio.

-In realtà volevo chiederti scusa per ieri- vomito.

Posso leggere lo stupore sulla faccia di Nicholas, di sicuro non si aspettava una cosa del genere. Risulto davvero così arrogante?

-Sì, insomma, non so cosa mi sia preso. Non ho niente contro i gay, non che tu lo sia- metto le mani avanti -ma nel caso lo fossi, volevo dirti che non sono interessato.

-O-okay- è l'unica cosa ad uscire dalla sua bocca.
Okay cosa? Okay è gay e accetta il fatto che non mi interessi, oppure okay ti perdono ma non sono gay?

-Allora, pace?- domando poi, porgendogli la mia mano.

Lui la stringe titubante. La sua presa è davvero inesistente, mi sembra quasi di stare toccando un guanto pieno di gelatina.

-Mi fa piacere che tu non abbia nulla contro gli omosessuali, ma ti posso assicurare che non sei il mio tipo- dice con un mezzo sorriso imbarazzato.

Tiro un sospiro di sollievo, anche se con questa risposta non ha chiarito di certo il suo orientamento sessuale, ma non è che me ne importi più di tanto.

-Cioè insomma, ti ho sempre trovato simpatico, inoltre sei lo studente migliore della scuola, beh dopo di me ovviamente- si pavoneggia -Ho sempre tentato di stringere un rapporto di amicizia, perché sentivo una sorta di affinità intellettuale e poi sai, non è facile farsi degli amici qui dentro- indica l'edificio scolastico alle sue spalle -Sono sempre tutti pronti a cercare un pretesto per umiliare il prossimo. Tu mi hai sempre trattato con rispetto, quindi non immaginavo di recarti fastidio in qualche modo.

Okay, adesso mi sento anche peggio di prima. Questo ragazzo cercava solo di essermi amico perché prova della stima nei miei confronti ed io, anche se non esplicitamente, ho sempre provato a togliermelo dai piedi perché lo consideravo un sfigato che mi andava dietro?
10 e lode per la sensibilità, Leo, sei proprio una persona di merda.

-Oh- è l'unico suono che riesco ad emettere. Mi sento davvero uno schifo.

-Se abbiamo chiarito, io dovrei andare- perché ora è lui a sembrare evasivo nei miei confronti?

Annuisco, ma prima di salutarlo aggiungo: -Spero potremo ricominciare da capo, Nicholas.

Il ragazzo mi sorride e si allontana verso i parcheggi.
Osservo la sua andatura sghemba, mentre cammina trascinando i piedi e portandosi dietro quello zaino rosso strapieno di libri.
Dovrei essere il primo a non dare ascolto ai pregiudizi, eppure con lui non l'ho fatto.

Trascorro il resto del pomeriggio a studiare, alternando momenti di cazzeggio in cui ammazzo zombie all'Xbox. Mi domando quali creature si nascondano lì fuori e se Blue sia davvero un fantasma o qualcosa di simile. Mi sono sempre ritenuto agnostico, non ho ricevuto un'educazione religiosa, a mia madre non importa nulla di appartenere a qualche credo e a me non è mai interessato approfondire. Non so davvero dire cosa siano veramente i fantasmi, la mia conoscenza sull'argomento si limita a storie di finzione di libri o film ed a leggende metropolitane che ci si racconta da ragazzi l'estate in spiaggia davanti ad un falò. Se i fantasmi esistono davvero, significa che l'esistenza di un ipotetico dio non è poi così improbabile?
Poi il mio pensiero si sposta su Blue persona, non spettro incorporeo che vaga sulla terra e che mi incute un fottuto terrore.
Cosa avrà passato quel ragazzo per ritrovarsi in questa "condizione"? Cosa gli è davvero successo 27 anni fa e perché tutti, inclusa la sua stessa madre, hanno smesso di cercarlo?
Affamato di conoscere la sua storia, prendo ancora una volta quel diario tra le mani. La copertina è ruvida, usurata dal tempo. Chissà quante volte quelle nocche pallide avranno stretto questo quaderno per annotare o rileggere quello che gli accadeva. Forse qui dentro viene svelato il mistero della sua scomparsa.
"È ora che qualcuno sappia" sono le parole che continuano a vorticarmi nella mente.

Cosa vuoi mostrarmi, Blue?

"All'inizio ero un po' sorpreso, non sapevo come reagire, lui ha fatto scontrare le sue labbra con le mie ed ha iniziato a sbottonarmi i jeans."

Riprendo da dove avevo interrotto stamattina.

"È successo tutto così in fretta. Un secondo prima eravamo intenti a parlare di musica rock e quello dopo lui mi stava facendo un pompino, il primo della mia vita.
Non ero mai stato con un ragazzo. Mi ero posto più volte qualche domanda sui miei interessi sessuali. Le ragazze erano belle, i loro corpi erano aggraziati e sensuali, ma mi sembrava che mancasse quel qualcosa in grado di accendermi. Mi piacevano ma non mi eccitavano. La vagina mi aveva sempre incusso un po' di terrore, sin da quando avevo avuto la malaugurata fortuna di vedere quella di mia cugina all'età di 8 anni. Ricordo di aver perso l'appetito quel giorno, tanto da saltare la cena.
Un pomeriggio, qualche anno più tardi, mi ero soffermato un po' troppo a guardare un mio compagno di scuola e me l'ero immaginato nudo. Qualcosa dentro di me si era smosso ed ho capito che si trattava del cazzo."

Mi scappa una mezza risata per l'ultima frase, ma poi ripenso alla discussione avuta con lui il giorno precedente. Mi ha chiesto se odiassi i "froci" perché lui lo è. L'ho in qualche modo turbato raccontandogli quello che è successo con Nicholas? Ultimamente non ne combino una giusta.

"20-04-1991

Non vedo Tobias da quel giorno a casa sua. Abbiamo fatto qualche preliminare ma quando è arrivato il momento di fare sul serio, io mi sono tirato indietro. Non avevo mai fatto sesso, tantomeno con un ragazzo. Chi avrebbe penetrato chi? Ero attivo o passivo? Come si faceva a capirlo?
Fatto sta che quella sera sono tornato a Silverton in autobus ed ho evitato il minimarket come la peste.
Quello che abbiamo fatto era davvero così sbagliato come mi è sempre stato insegnato? Cosa avrebbe pensato di me la mia povera madre?"

"22-04-2021

Ieri mi sono fatto coraggio e sono andato a trovare Tobias con la scusa di restituirgli il cd che mi aveva prestato. Avevo passato giornate intere ad ascoltarlo a ripetizione.
Il suo turno si era appena concluso e gli ho proposto di andare a casa sua per stare da soli. Lui ha accettato, ma il suo atteggiamento era più distaccato rispetto all'altra volta. Era freddo, non scherzava, si limitava a sorridere alle mie battute, sembrava quasi disinteressato.
Appena entrati nel suo appartamento sono stato io a prendere l'iniziativa. Non volevo che mi vedesse come un moccioso verginello ed incapace.
Gli ho abbassato i pantaloni ed ho iniziato a succhiargli il cazzo fino a quando non mi ha fermato e mi ha spinto sul suo letto. Mi ha sfilato i jeans e mi ha fatto mettere supino. Gli ho chiesto se voleva che fossi io a fare l'attivo, ma la sua risposta si è limitata ad un "sì, come no" seguito da una risata. Mi sono arreso e l'ho lasciato fare, era lui quello esperto in fondo. È stato abbastanza gentile, ha usato il lubrificante e per fortuna aveva con sé anche dei preservativi, cosa che io non mi ero premurato di procurarmi. È stato doloroso all'inizio, ma dopo un po' ci ho fatto l'abitudine e mi sono rilassato. Nonostante le mie buone intenzioni, nonostante il corpo atletico ed eccitante di Tobias, nonostante le notevoli dimensioni del suo pene, quell'amplesso non mi era piaciuto più di tanto. Forse perché era la prima volta, forse perché Tobias era durato 5 minuti o forse perché avrei preferito essere al suo posto. Una volta finito gli avevo proposto di rivederci, per provare anche ad invertire i ruoli, ma lui mi aveva liquidato frettolosamente. Oggi sono tornato al minimarket e ho scoperto che ha fatto cambio di turni con la sua collega, in modo da essere a lavoro la mattina, proprio quando io sono a scuola. Ho lasciato un biglietto a Deborah con il mio numero di casa, chiedendole di farlo recapitare a Tobias.
Ho il presentimento che non riceverò mai nessuna chiamata."

Continuo a sfogliare qualche altra pagina ma poco dopo la stanchezza prende il sopravvento e crollo addormentato con ancora i vestiti addosso.
Mi sveglio infreddolito qualche ora più tardi nel cuore della notte. Le finestre di questa casa sono abbastanza malandate ed il riscaldamento funziona a singhiozzi. La stanza è piena di spifferi e di conseguenza fa un freddo cane.
Non ricordo quello che ho appena sognato ma deve essermi piaciuto particolarmente perché adesso mi sento molto eccitato.
Prendo il portatile e mi infilo sotto alle coperte senza neanche premurarmi di spogliarmi.
Apro una pagina in incognito e digito sul motore di ricerca il nome del sito porno su cui vado di solito.
Vago un po' tra le varie categorie, ma ultimamente mi sembra tutto molto noioso e già visto. Non riesco a trovare nulla di abbastanza soddisfacente.
Alla fine scorgo un video portante il titolo "ragazza punk scopa nel culo il suo compagno di scuola". Lo apro più per curiosità che per vero interesse, mi dico. Le scene iniziali sono sempre le stesse: lei chiede aiuto al tizio perché non riesce a risolvere gli esercizi di matematica e pochi secondi dopo lui è sotto al tavolo a leccarle la vagina. Mando avanti poco interessato, fino al punto in cui la punk dai capelli rosso fuoco, piena di tatuaggi e piercing anche sui capezzoli, non indossa uno strap-on ed inizia a penetrare brutalmente lo sfigato secchione, ma palestrato.
Mi sento improvvisamente più eccitato di prima, non pensavo potessero piacermi queste cose. Indosso gli auricolari, per poter alzare liberamente il volume, non voglio di certo che mia madre venga in camera a chiedermi cosa siano questi gemiti. Inizio a toccarmi, ansimando insieme a loro. I due attori nel frattempo hanno cambiato posizione ma è sempre lei a penetrare lui, adesso piegato a novanta gradi sul divano mentre si masturba.
La stanza è immersa nel buio, l'unica fonte di illuminazione proviene dallo schermo del laptop che si riflette sul mio viso.
Mi ritrovo a raggiungere il culmine proprio insieme al tizio del video e vengo sulle mie dita tirando via le coperte per non sporcarle.

-Che roba è?
Un bisbiglio al mio orecchio destro mi fa voltare di scatto.
Intravedo l'occhio azzurro di Blue brillare nell'oscurità e, preso alla sprovvista, mi ritrovo ad urlare come uno scemo. Il computer sobbalza dalle mie gambe e scivola sul pavimento, il jack degli auricolari si stacca ed i gemiti di piacere dei due attori si diffondono nella stanza a tutto volume. Mi precipito come un folle verso il portatile per cercare di spegnerlo. Con il cazzo ancora in mano ed i pantaloni calati, mi aggroviglio tra le coperte e finisco con la faccia sul parquet. Striscio come un verme e alla fine premo compulsivamente sul tasto di accensione fino a spegnere quell'aggeggio infernale.

-Porca puttana- impreco, rimanendo arenato per terra come una stella marina.
Ho le chiappe al vento ma sento la necessità di rilassare il mio muscolo cardiaco prima di fare qualsiasi mossa. Sento che potrebbe esplodere da un momento all'altro.

-Leo, va tutto bene? Che cos'era quel frastuono? Sono le 2 di notte!- ed eccola mia madre, a bussare alla mia stanza, puntuale come un orologio svizzero.

-Niente mamma- urlo attraverso la porta, sperando che se ne vada, ci manca solo che mi venda in queste condizioni -Era solo il computer che dà i numeri come al solito, accendendosi da solo nel cuore della notte. Quand'è che me ne comprerai uno nuovo?

La mia tecnica sembra funzionare perché la sento sbuffare al di là del muro. So come giocare le mie carte.

-Buonanotte, Leo- è la sua unica risposta.
Dopodiché sento i suoi passi allontanarsi e la porta della sua stanza chiudersi.

Tiro un sospiro di sollievo.
Mi guardo intorno ma è troppo buio e non riesco a vedere nulla. Questo è il brutto di abitare in culo ai lupi nel bosco, quando stavamo in città c'era la luce dei lampioni proveniente dalla strada a rendere tutto meno tetro. Qui ogni cosa è immersa nell'oscurità, luna e stelle, gufi e civette, sono le uniche fonti acustiche e luminose della notte.

-Ne sai dire di cazzate- sento la voce di Blue alla mia sinistra, complimentarsi con me per la capacità di intortare mia madre.

Volto la testa e lentamente riesco a scorgere la sua sagoma, ma ancora ci vedo poco e niente.
Come se mi avesse letto nel pensiero, accende l'abat-jour a forma di rana che ho sul comodino.

-Bel culo- esclama.
I suoi occhi sono puntati sulle mie natiche scoperte e mi guardano con un'espressione divertita.
Imbarazzato, mi affretto a rimettermi in sesto, mi rialzo in piedi e corro in bagno a lavarmi la mano. Cazzo, ho fatto un bel disastro.
Non so come comportarmi con lui, sia per la situazione compromettente in cui mi ha trovato, sia per il fatto che ora so che lui è una specie di fantasma.
Cerco di ignorarlo, sperando che prima o poi si arrenda e vada a tormentare qualcun altro.
Mentre ritorno a letto, provo a non avvicinarmi troppo perché ho una paura fottuta di avere un qualsiasi contatto fisico con lui.

Mi segue con lo sguardo, studiando ogni mio movimento, ed è così difficile fingere che non ci sia quando sento i suoi occhi scavarmi dentro.

-Puoi smetterla?- esalo stizzito.

-Di fare cosa?- il suo tono pacato mi dà ancora di più ai nervi.

-Di esistere, tipo. Sei inquietante.

La sua faccia è inespressiva come sempre. Ho notato che ogni volta che cerco di provocarlo, lui risponde con indifferenza. Non so se gli scivoli davvero tutto addosso o se sia solo una facciata.

-Mi spiace, ma in questo non posso accontentarti- è la sua unica risposta.

Sospiro, frustrato da quella situazione.

-Potresti almeno smettere di perseguitarmi? Il mondo è pieno di altre persone, perché proprio io?

Alza le spalle ed infila le mani nelle tasche dei jeans.
-Non dipende da me- il suo sguardo è basso, come se fosse a disagio.

-E da chi?- insisto.

Non risponde ed inizia a passeggiare per la stanza, fino a quando non nota il suo diario abbandonato aperto ai piedi del letto.
-A che punto sei arrivato?- chiede poi.

Volto lo sguardo nella sua direzione e ripenso a quanto letto in quelle pagine qualche ora prima.

-Tobias- mi limito a dire.

Annuisce e si mette a sedere accanto a me. Prontamente mi allontano per aumentare le distanze, cosa che lui nota immediatamente.
-Hai paura di me?

Non so cosa rispondere, non voglio mostrarmi troppo fifone.
-Che cosa sei?

Sospira, distende la schiena sostenendo il peso sui gomiti e si concentra su un punto indefinito sul soffitto.
-Non lo so, credo di potermi definire un fantasma. Insomma, i fantasmi sono persone morte che attraversano i muri e sono invisibili ai vivi. Penso di avere tutte le caratteristiche, ma nessuno me l'ha mai spiegato.

Questa conferma mi fa rabbrividire ancora di più.
-Ma tu non sei invisibile, cioè, io ti vedo- spiego confuso.

-Sei l'unico a quanto pare- il suo sorriso è amaro, forse quanto lo è la sua esistenza. Essere intrappolati sulla terra in uno stato incorporeo per 27 anni non deve essere una cosa piacevole.
Ma perché posso vederlo solo io?

-Come sei morto?- la domanda mi esce spontanea.

Lui storce il muso, come se non fosse pronto a parlarne -È complicato.

Sbadiglio, è tardissimo e sono esausto. Le sue risposte sono sempre evasive e non voglio perdere un attimo in più a conversare con un fantasma misterioso, per quanto trovi tutto questo affascinante ed inquietante allo stesso tempo. Non mi importa nulla di lui, vorrei solo essere lasciato in pace.

-Sto impazzendo?- domando più a me stesso che a lui.

Blue sorride, evidentemente lo diverte vedermi uscire di testa.

-No.

-E come faccio ad avere la certezza che tu non sia frutto di una mia allucinazione?- ribadisco, alzando un sopracciglio.

-Se non fossi realmente qui, non potresti sentire questo- si fa più vicino mentre io rimango paralizzato nel mio angolino.
Posa una mano sulla mia guancia e sento di nuovo quel formicolio sulla pelle. Il suo corpo è privo di calore, come se fosse una statua di marmo, ma ciò nonostante quella che provo è una sensazione piacevole, come se le sue dita fossero fatte apposta per combaciare perfettamente con il mio viso.
I suoi occhi sono incastrati nei miei che lo guardano senza avere la forza di muovere un muscolo. Poi fa qualcosa di inaspettato che mi coglie alla sprovvista: si avvicina pericolosamente e posa le sue labbra sulle mie. Resto inerme mentre lascia un casto bacio sulla mia bocca e sorprendentemente riesco a percepire del calore provenire dal suo respiro, il freddo del metallo del suo piercing e la sua saliva che lascia il mio labbro inferiore umido, una volta abbandonato quel contatto.

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