Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 7 A prova di fuoco

Grazie all'Angelo, il giorno seguente non avevo scuola e recuperai il sonno arretrato che mi disturbava da tutta la settimana. Mi svegliai senza giacca e senza stivali, ma con il corpetto e gli shorts ancora addosso. Mi ricordai che a una certa ora Chat Noir se ne andò, ma io fui troppo stanca per fare qualsiasi cosa e mi addormentai subito. Presi il telefono per controllare le ultime notifiche, ritrovando, però, due chiamate perse e cinque messaggi, tutti da parte di Adrien. Sbuffai. Era appena mezzogiorno di domenica mattina e aveva già reso la giornata snervante. Quando eravamo solo amici non si comportava così, era diverso. Io ero diversa, basti pensare al Miraculous che ricevetti recentemente. Ssashe era rannicchiata sull'altro cuscino, esausta quanto me. Visualizzai gli SMS del modello, dicevano più o meno la stessa cosa: "alzati, devo parlarti". In questo modo mi fece solo venire più voglia di dormire. Non volendo complicare le cose, già troppo incasinate, gli risposi, dicendo di tenersi pronto per l'ora successiva. Tempo necessario che avrei impiegato per farmi una doccia, sistemare trucco e capelli e vestirmi. Nonostante ci fosse solo uno spiraglio di sole infilai una minigonna leggera e un top a fascia, neri, coprendomi le braccia con una giacca di jeans e calzando delle ankle strap con plateau di circa sette centimetri. Recuperai una bag scura dai meandri dell'armadio e raccolsi Ssashe per mettercela dentro insieme alle caramelle. Stabilimmo che il luogo dell'appuntamento sarebbe stato Fontaine de Mers, in Piazza della Concordia. Ci arrivai in dieci minuti con il tram, linea 42. L'area era affollata da francesi e turisti, ma lo riconobbi subito, appoggiato all'Obelisco della Pace. Sì, ciò che non avrei fatto con lui. Mantieni il controllo.

– Eccomi. – mi annunciai come se dovessi andare al patibolo. In risposta, lui smise di sfogliare la rivista "La Mode" – dove ovviamente era in copertina – e me la passò, tenendo il segno su una pagina specifica. Per un momento non realizzai la cosa, ero impegnata a decifrare i movimenti del biondo. Ma poi il mio cuore perse un battito. Le mie stampe erano finite sul magazine, con tanto di complimenti da parte di Gabriel Agreste. – E' fantastico! – esultai, strillando e attirando parecchia attenzione. – Avresti potuto dirlo subito! – ero così felice che gli sarei saltata addosso volentieri. Ricordandomi che ero in una piazza, evitai. Ma non smisi di sorridere, ero veramente realizzata.

– Ciò significa che dovrai farne altri. – Adrien non sembrò altrettanto allegro, lo percepii chiuso.

– Tuo padre ha deciso di tenermi. – affermai, restando comunque nel vago, mentre gli restituii il giornalino.

– Sì. – la notizia sembrò deluderlo. Tuttavia, anche io iniziavo ad avere dei ripensamenti su questa storia iniziata male. – Cos'è quello? – mi strappò il magazine dalle mani e puntò lo sguardo sul collo, sotto i capelli. Senza che io risposi lui parve capire e scosse la testa, sfoggiando un sorriso amaro. – Ti lascio sola mezza giornata e ritorni con quello. Hai intenzione di vestirti di lividi? – ancora non stava urlando, pensai fosse per la quantità di gente intorno. Alla prima sceneggiata lo avrebbero riconosciuto tutti, quindi anche lui aveva capito che era una pessima idea. Ecco, avrei dovuto sganciare la bomba, momento perfetto per non subire maltrattamenti vari.

– Io non mi faccio succhiare il cazzo dalla prima che passa. – misi le mani sui fianchi, sostenendo il suo sguardo e alzando un sopracciglio. Il ragazzo deglutì visibilmente. Non se l'aspettava, boom.

– E' stato solo... –

– So cos'è stato, io c'ero. – mi guardò male. – Dietro la porta, ad osservare tutto. – aggiunsi in fretta. – La prossima volta assicurati che la ragazza con cui stai uscendo non sia in casa tua. – o direttamente la supereroina.

– Bene, così non devo neanche spiegare che c'è un'altra. – secondo lui avrei reso le cose più facili, ma si stava sbagliando, il peggio doveva ancora iniziare.

– Non sono l'unica ad essere stata messa in secondo piano. Anche tu stai per ricevere lo stesso trattamento! – alzai di poco la voce, ma senza dare spettacolo.

– Vai da Luka, lo so che è stato lui. – e mi lanciò la rivista addosso, andando via.

– No, invece! – urlai, per farmi sentire meglio. Ma avrei potuto farglielo credere, mi ricordai di quella volta in cui avrebbe voluto prenderlo a pugni. C'era sempre il vero artefice, Chat Noir, ma non avrebbe creduto a una relazione seria con lui. Se me lo avesse raccontato, nemmeno io avrei creduto alla storiella della supereroina che gli faceva visita di notte. Guardai il suo scatto sulla copertina de "La Mode", era dannatamente bello.

Camminai fino ai Giardini di Tuileries, non ancora affollati e altamente piacevoli. Non essendo stagione estiva, quasi tutta la popolazione escursionistica era dentro il Palazzo del XVI secolo. Così, io ebbi modo di rilassarmi sulla panchina, davanti alla fontana, immersa nel verde e nei fiori pressoché colorati. E, soprattutto, fui in grado di conversare in santa pace con il mio kwami. – Adesso basta, mi ha proprio stancata! – rilassarmi era un modo di dire, se non altro la natura avrebbe attutito la mia voglia di uccidere qualcuno. Ssashe uscì minacciosamente allo scoperto e mi fissò con i suoi occhi ipnotici. – Ckicki, shlshashu. – il suo corpicino vibrava.

– Cosa? No! – esclamai. – Non ho intenzione di trasformarmi adesso. Sto ancora rimuginando su Adrien e se dovessi vederlo nelle vesti di Lady Venom lo paralizzerei. – stavo iniziando a diventare rossa dalla rabbia. – Il che non sarebbe sbagliato, potrei fargli tutto il male che vorrei e prendermi la rivincita. – poi qualcosa mi fece calmare. – Per quanto mi piacerebbe, non è così che voglio farlo soffrire. – ignorando Ssashe, che continuava a sibilare frasi minacciose e non l'avevo mai vista così, presi il telefono, componendo il numero di Adrien. Non so con quale coraggio riuscii a farlo, probabilmente sarà stato tutto merito della mia faccia tosta.

– Che vuoi? – mi rispose sgarbatamente. Nemmeno un saluto o una dimostrazione di affetto nel chiedermi come stessi.

– Ho dimenticato di dirti che sei uno stronzo. – credei di averlo detto con un tono di superiorità, ma mi meravigliai quando la mia voce vacillò sull'ultima parola. Non mi resi conto neanche degli occhi lucidi che, piano piano, mi bruciavano.

– E tu una squallida meretrice. – io singhiozzai involontariamente, lasciando che le prime lacrime mi rigassero le guance. Per fortuna, il modello non mi sentì piangere, perché, dopo la sua affermazione, mise giù, senza aspettare una mia risposta.

– Va' all'Inferno! – bagnai lo schermo del cellulare mentre lo stavo riponendo via.

– Ckicki, shlshashu. – Ssashe volò davanti al mio viso, ma non le diedi retta. Non ero neanche capace di parlare a causa del respiro affannato e i singhiozzi silenziosi.

– Ckicki. – mi sentì chiamare poco dopo. Mi asciugai in fretta e pescai gli occhiali da sole dalla borsa. Quando mi voltai, una figura nera con le orecchie da gatto si stava appoggiando allo schienale della panchina.

– Ehi, Chat. – cercai di sorridere, credo mi riuscì, perché il ragazzo ricambiò.

– Come stai? – mi chiese, non più così contento. Notai che le sue pupille si strinsero in una sottile fessura e pensai che stessero decifrando i miei occhi dietro le lenti.

– Bene. – sussurrai, utilizzando sempre la stessa espressione. Ma il labbro inferiore, gonfio e tremante, mi tradì. Lo morsi con forza, nel tentativo di farlo smettere. Non riuscendoci, mi voltai di scatto, dando la schiena a Chat Noir e concentrandomi sulle mie dita intrecciate. Inspirai forte. Non capii se era per nascondere un singhiozzo o per il fatto che il felino mi avesse abbracciato, avvolgendomi le spalle con i suoi muscoli e baciandomi la guancia.

– Adesso ti porto a casa. – mi bisbigliò dolcemente e io gli sarei stata grata per sempre.

Attraversare mezza città in volo aveva i suoi vantaggi: niente traffico e velocità illimitata. Il vento aiutò ad asciugarmi i residui di pianto, insecchendomi però la pelle. Atterrati in veranda misi le braccia attorno al suo collo. Ogni volta riusciva a farmi smettere di pensare. Mi sollevai gli occhiali e lo guardai. – Grazie. – mugugnai, perché in realtà uscì solo aria. Chat espirò rumorosamente, chiudendo gli occhi e appoggiando la sua fronte contro la mia. Deglutì. Poi, lentamente, sollevò una mano e la posò sulla mia guancia, sia per accarezzarmi che per giocare con i capelli. Ogni suo movimento era quasi impercettibile. Quando riaprì gli occhi i nostri nasi si sfiorarono. Rimanemmo immobili così e il tempo sembrò fermarsi. Si spostò lievemente verso di me, credei che volesse baciarmi. – Ti accompagno dentro. – disse invece. Mi sentii un po' spiazzata, ma attribuii a questo fatto un diverso significato, lui non aveva la minima intenzione di giocare con i miei sentimenti. Lo confermai quando, nell'avanzare in casa, mi prese per mano.

Tirai fuori il giornale dalla borsa prima di rimetterla nell'armadio e lo sbattei sulla scrivania. Chat ovviamente si avvicinò e lo prese. Come immaginavo, il suo sguardo si focalizzò su Adrien. Più i secondi passavano, più io mi sentivo a disagio e il felino iniziò a digrignare i denti. – Guarda! – camminai verso di lui, togliendogli il magazine dalle grinfie. Nuovamente felice lo sfogliai, arrivando fino alla pagina con le mie creazioni. – Ecco. – glielo porsi, facendo attenzione che non lo stracciasse. Invece sorrise in un modo smagliante, leggendo la recensione di Gabriel Agreste.

– Hai davvero talento. – si ammorbidì. – Se c'è una cosa che quella famiglia ha fatto di buono è stato tenerti. Con questo diventerai una stilista di grande successo. – richiuse la rivista per guardarmi, mi aveva fatto sorridere, nonostante la mezza offesa per la famiglia. – E io sarei più che felice di indossare un tuo modello. – fece di nuovo quel suo inchino e lo trovai così buffo da mettermi a ridere. – Milady, non si scherza così dinnanzi a un gentiluomo. – si rialzò. – Al contrario, lo si imita. – e mi baciò la mano. Se si fosse aspettato una riverenza da parte mia si sarebbe sbagliato di grosso. Ma la feci comunque, era divertente. – Molto bene, e ora... – la mano che già mi aveva afferrato la portò all'altezza delle spalle, posizionandomi l'altra dietro il suo collo. Invece lui mi attirò a sé prendendomi dal fianco. Ballammo una specie di walzer inventato, perlopiù per evitare che io gli pestassi i piedi. Eravamo così vicini che non riuscii a guardare dove stavo calpestando, al contrario, potei specchiarmi nei suoi occhi. Nonostante non ci fosse la musica andavamo a tempo, immaginando una melodia tutta nostra. Non feci a meno di evitare di sghignazzare felice. – Siete molto coordinata, Madame. Posso chiedervi dove avete imparato a ballare così elegantemente? – mi domandò e lo trovai ancora più divertente, forse per avermi dato del voi.

– Guardo molti film, Monsieur Chaton. Quanto a voi? – ormai stavamo facendo tutto il giro di camera mia, arrivando al bordo del letto. Prima di rispondermi mi fece fare una piroetta.

– Mi occupo di tante cose nella mia vita da civile. – non avrei mai immaginato il supereroe nei panni di un insegnante di danza. Anche se questo avrebbe spiegato tutta la sua galanteria e modi di fare. Constatai che non era possibile, un vero maestro mi avrebbe già fatto storie per le posizioni sbagliate e l'andamento alla-cazzo-di-cane.

– Ad esempio? – azzardai a chiedere. Non sperai che mi rispondesse, l'unica fatale regola che ci accomunava era sempre quella di non rivelarci, mai. La mia curiosità non lo turbò, ma sorrise con la bocca chiusa e mi fece fare una seconda giravolta. Poi mi fermò entrambe le mani sul suo petto.

– Milady... – indugiò sul da farsi. Inclinò il viso verso di me, facendo sì che le nostre labbra si unissero come due pezzi di puzzle combacianti. Mi strinse dolcemente, premendo sulla bocca come in segno di scuse. Il gattino non sapeva che non mi sarei offesa per una mancata risposta, ma apprezzai comunque il gesto. Come se avessi bisogno di lui e del suo bacio, approfondii il contatto e lasciai che le nostre lingue si toccassero. Chat mi tolse la giacca di jeans, mentre feci tintinnare il suo campanellino. – E' una cerniera. – ansimò, ancora sulla mia bocca. Sbirciai il suo costume e, in effetti, c'era una chiusura lampo che partiva dal campanello e finiva all'altezza della cintura, insieme alle due tasche laterali. Così lo afferrai e lo feci scivolare fino in fondo. Anche lui aveva un fisico pienamente scolpito e non mi sarei aspettata diversamente. Gli baciai il collo scoperto, scendendo sulla gola, sempre lasciando scie umide. D'un tratto mi prese e si lasciò cadere all'indietro sul letto. I miei capelli gli solleticavano il viso quando lo guardai per lo stupore, sotto di me. Nonostante ciò non mi fermai, continuando il mio percorso oltre il petto, dove succhiavo e tiravo la pelle, lasciando lividi. Gli mordicchiai i fianchi e lui gemette dal dolore. Per distrarlo passai le unghie sul suo addome, disegnando delle righe rosee. Lo guardai. Aveva la bocca aperta e gli occhi serrati. Mi strusciai come un serpente lungo il suo corpo per possedere ancora le sue labbra, finché non riprese il controllo e ci ribaltammo una volta, cosicché lui avesse avuto modo di bloccarmi tra le sue braccia. Era impossibile impedire alle nostre labbra di non toccarsi, solo divorandole saremmo stati completi.

– Al fuoco, al fuoco! – sentimmo urlare oltre la strada. – Chiamate i pompieri! – tra urla e schiamazzi erano partite le sirene dei vigili del fuoco. Appena li udimmo ci staccammo dal nostro eterno bacio e corremmo fuori dalla finestra. Il Muro della Pace e tutto intorno ad esso stava bruciando, il Champ de Mars era in fiamme. Chat, vedendo la mia espressione sbigottita, posò le mani sulle mie spalle e mi obbligò a guardare verso di lui. – Non preoccuparti, c'è il tuo cavaliere che sistemerà tutto. – la sua voce dolce e calma non rispecchiava esattamente la situazione caoticamente degenerata. Con un occhiolino e un lieve e breve bacio sulla fronte si catapultò verso la Tour Eiffel.

– Accidenti. – restai impalata per un attimo, non rendendomi conto che senza di me Chat non avrebbe sistemato proprio nulla. – Ssashe. – appena la chiamai si materializzò davanti a me, oltrepassando l'anta dell'armadio. C'era qualcosa di diverso, i suoi occhi non emanavano più rabbia e non vibrava come uno spazzolino da denti elettrico. Invece mi regalò uno sguardo complice. – Ne parliamo dopo, okay? Shlshashu! –

Quando superai le distese verdi notai che Alex stava già combattendo corpo a corpo con il nuovo akumizzato. Si trattava di un tacchino con ali giganti. Ma più avanzavo più capivo che mi stavo sbagliando. Quello era un drago e per di più sputava fuoco. Tutt'intorno i pompieri tentavano di spegnere gli incendi, ma appena ne placavano uno, il ragazzo drago ne creava un altro, anche più lontano. – Un barbecue di parigini, non male come punto della situazione. – Chat Noir piombò accanto a me. E pensare che ci eravamo appena uniti nel sacro vincolo dei limonamici. Arrossii leggermente. Leggermente tanto. Immaginandolo di nuovo a petto nudo sopra di me. – Lady Venom? – dannazione. Scrollai la testa e andai ad aiutare Alex. Non è possibile che abbia già questo effetto su di me.

– Fireball! – gridò il drago e sputò fuoco dalla bocca. Con nostro stupore colpì in pieno Lupetta, nonostante si fosse agilmente spostata. Il volume delle fiamme era troppo elevato e non riuscì a scappare.

– No! – gridai e lanciai la frusta contro il ragazzo.

– Cataclisma! – Chat Noir non perse tempo e disintegrò le ali dell'akumizzato. Questo piombò a terra, sbattendo gambe e braccia come un tacchino. Usai a mia volta il mio potere speciale e liberai il kwami del drago dalla possessione di Papillon. Non badai a nient'altro se non ad Alex. Aveva le convulsioni e tutta la parte destra del corpo bruciata.

– Cazzo. – imprecai a bassa voce.

– La porto da Master Fu, dammi anche il kwami. – si offrì Chat, ma non glielo permisi, rifiutando la sua mano.

– Non ci penso neanche, vengo anche io. – così la prese in braccio, facendo attenzione a non peggiorare le ustioni e saltò in direzione di quel vecchiaccio maledetto.

– Vedrete che si riprenderà. – cercò di tranquillizzarci Wayzz, agitato anche lui, fluttuante nella sala d'aspetto. Nell'altra stanza, dove si trovavano Alex e Master Fu, si sentivano urla atroci e sbuffi d'acqua. Ogni volta che sentivo rumori insopportabili mi veniva la pelle d'oca. – E grazie per averci portato Dràkõn. – ancora sorridente, ma tremante di paura tanto quanto noi, la tartaruga emise un risolino.

– Già, per una fottutissima collana nera Lupetta per poco non rimane abbrustolita! – mi alzai dalla sedia, non ce la facevo a restare ferma. Me ne sarei voluta andare, ma sapevo che quando tutto sarebbe finito Alex avrebbe avuto bisogno di me.

– Milady, è una ragazza forte, abbi fiducia in lei e in Fu. – Chat mi mostrò uno sguardo di supplica. Avrei voluto sedermi sulle sue gambe ed essere cullata, ma poi ricordai di essere Lady Venom.

– Se non fosse stato per il tuo caro amico Fu, lei non avrebbe avuto neanche i poteri e a quest'ora starebbe bene! – l'agitazione e il panico mi fecero urlare contro di lui, ma non mi importava. Così facendo avrebbe odiato il mio alter-ego, non me. E, dal momento che non conosceva la mia identità, il nostro rapporto sarebbe stato al sicuro.

– Vedi di calmarti, rettilina. – sostenne il mio sguardo e parve più autoritario di me. Rettilina, significava che non era arrabbiato, solo con i nervi saldi. L'opposto di me. Tuttavia, come per magia, riuscì a passarmi il suo autocontrollo e rilassai le spalle, finalmente c'era pace. Un momento. Alex aveva davvero smesso di urlare. Sia io che Chat ci fiondammo alla porta, ma Fu uscì subito, impedendoci di vedere oltre.

– Va tutto bene, si riprenderà. – annunciò in tono pacato. In mano teneva il Miraculous e stava andando a riporlo nello scomparto segreto.

– Voglio vederla. – mi ostinai. Nel frattempo Moony uscì dalla stanza, insieme a Dràkõn.

– Mi dispiace, non volevo. – si scusò quest'ultimo, cercando di abbracciare il kwami del lupo.

– So che non eri in te. – l'altro sembrava stesse bene, eccetto per qualche pelo bruciacchiato e spellatura. Attorno alla sua piccola zampetta destra portava delle garze.

– Come vedi, Lady Venom, Lupetta si è dovutadetrasformare e non posso lasciartela vedere, mi rincresce. – continuò ilbastardo con la camicia Hawaiana, dopo aver finito di riporre i suoigiocattolini. Se ne stava andando a testa bassa e a mani conserte. Ma io la conosco. Avrei voluto dirgli, lo sai benissimo anche tu! Ma, forse,stava fingendo per non far conoscere a Chat la verità, lui non avrebbe dovutoassolutamente avere sospetti. In ogni caso avrei potuto prendermi gioco di Fu esapere tutto da Alex.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro