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Capitolo 17 Il segreto di Ssashe

– Finalmente, Anti Venom. – sentii una voce nella testa, sembrava quella di un fantasma, ma per una strana ragione non avevo paura. Mi aveva chiamata con un nuovo nome. Mi guardai le braccia e il verde smeraldino del costume era sparito, sostituito da una tonalità molto più scura, mentre l'argento era quasi nero. – Io sono Papillon. – così realizzai di essere stata akumizzata, il mio kwami era uno di quelli rubati e conteneva l'akuma. – Ti affido una missione, portarmi i Miraculous di Lupetta e Chat Noir e, in cambio, sarai l'unica supereroina di Parigi, la sola distruttrice di anime, non dovrai preoccuparti di nessun'altro. – quell'accordo era da psicopatici, ma la rabbia e la tristezza superavano la ragione.

– Saranno miei, Papillon. – sorrisi di sbieco. L'idea di non dover più essere ingannata mi sollecitava.

– Non dimenticare di rubare anche quelli di ogni singolo kwami in circolazione! – aggiunse con ferocia. Da Lady Venom mi sembrava di averli catturati tutti e poi, andai vicino al cassetto della scrivania, recuperai il Miraculous della scimmia che avevo accidentalmente dimenticato lì. – Molto bene. – si congratulò la voce. Non capivo se riusciva a vedermi o agisse sotto i miei pensieri. Nel frattempo avevo un compito da svolgere, sarei andata da Fu e avrei rubato l'intero grammofono. Uscii di casa, facendomi strada tra le urla dei passanti che scontravo e divertivo a buttare giù, quando non saltavo sui tetti per velocizzare. Poi, una voce reale che conoscevo mi chiamò. Mi girai e notai Lupetta, spaventata, immobile che mi fissava.

– E' troppo tardi... – sussurrò.

– Non è tardi, sei ancora in tempo per arrenderti e darmi il tuo Miraculous! – quella frase che tanto odiavo sarebbe diventata una delle mie preferite.

– Sei un caso perso. – Alex abbassò la testa e fece scivolare una mano lungo i capelli rossi. A quelle parole preparai la frusta e avvolsi il suo corpo, alzandolo e facendolo sbattere contro il muro di una casa. Urlò. – Non voglio combattere contro di te! – a me non fregava più niente, volevo solo una cosa.

– Ma che peccato, sarà tutto più facile. – corsi nella sua direzione, ma una massa bianca mi spinse a terra bruscamente. Guardai la figura che avevo sopra il corpo e che mi stava prendendo la mano. – Levati di dosso, Chat...! – ma c'era qualcosa che non andava. Era bianco e i suoi occhi avevano la sclera rosa.

– Ti sono mancato Milady? – si portò la mano sulle sue labbra. – Che scortese, non mi sono presentato. Sono Chat Blanc. – e mi baciò le nocche. Dopodiché fece per togliermi il Miraculous e, solo allora, mi ripresi e lo calciai, mettendomi in piedi.

– Che cos'è questa storia!? – Lupetta si mise in mezzo e poi alzò la testa al cielo. – Stupido gatto, pure tu? –

– Non ti immischiare Alex, mi occuperò anche di te, ma adesso voglio divertirmi con questo bastardo! – detto ciò saltai in aria e lanciai la frusta verso Chat, ma lui la schivò e provò a fare la stessa cosa con il bastone. Risposi ai suoi attacchi e tentai di avvolgerlo come avevo fatto con Lupetta. Lo scaraventai per terra, ma si alzò subito. – Adesso cosa faccio? – la sentii dire.

– Guarderai la sconfitta di Anti Venom. – fece l'idiota – E poi la tua. – assolutamente no, lo avrei battuto prima io.

– Poison Power! – gridai e giurai di non essermi sentita più forte prima d'ora. Era come se avessi una nuova fonte di energia pronta a nutrirmi. – Vieni qui micetto, non sentirai niente! – ruggii, mentre preparavo la frusta al lancio. La doveva pagare, lo odiavo con tutta me stessa, quello spregevole biondino. Mi ero fidata, sia di lui che di Adrien, e ora non vedevo l'ora della sua resa. Avevo perso tempo ed energie stando al loro fianco, non ne potevo più. Avevo sprecato intere giornate, a rimuginare sul fatto che uno fosse meglio dell'altro, ma, in realtà, mi facevano tutte e due schifo. Queste emozioni negative mi davano la grinta per andare avanti in battaglia, erano loro a possedere me e io ne ero schiava.

– Ci sono! – realizzò Lupetta e si buttò al centro del mio attacco. Stava venendo verso di me con un balzo. La guardai stranita, ma non mi importava, avrei bloccato anche lei. Ma poi fece una cosa che non mi sarei mai aspettata e mi colse alla sprovvista. Prese in mano il canino e me lo lanciò contro.

– Non permetterglielo! – mi ordinò Papillon, ma la potenza dello slancio mi buttò indietro, non solo facendomi cadere, ma anche immobilizzandomi. Che cosa hai fatto!? Avrei voluto urlare, ma non potevo, ero completamente immobile, distrutta dal mio stesso veleno. Poi la vidi avvicinarsi e, di fretta, togliermi il Miraculous per pugnalarlo. Una luce verde e viola si propagò nell'aria e per me calò il buio.

Quando realizzai di essere per terra mi massaggiai la testa. Non capii cosa stava succedendo, ma quando vidi Ssashe svenuta la presi in braccio. – Ssashe! Cos'è successo!? – pallida e spaesata guardai Lupetta. – Alex, perché mi trovo qui? – lei però non mi rispose, mi abbracciò. Strabuzzai gli occhi, non era da lei e trovai la cosa molto preoccupante.

– Che bel quadretto. – una voce odiosa spezzò il contatto, facendomi sussultare.

– Sei bianco! – guardai prima lui e poi la mia amica, senza capire. Poi lei mi scosse le spalle.

– Vai da Fu, immediatamente! Ho bisogno del tuo potere per liberare Chat. Siete stati akumizzati, tutti e due! – e con forza mi sollevò da terra per mettermi in piedi. – Vai, io penso a lui! – Chat era appollaiato sopra un lampione e ci guardava con estremo odio. Poi si lanciò giù e atterrò sopra Lupetta, ribaltandola per un pezzo di strada. A quel punto misi Ssashe e il Miraculous in borsa e iniziai a correre. Ciò che provai era sollievo. Sentivo che dentro di me era capitato qualcosa di strano, ma, qualunque cosa fosse, ora non c'era più. Ero come svuotata dalle emozioni e, cosa più inquietante, era come se avessi perso minuti della mia vita, perché non ricordavo niente.

Ma, man mano che mi avvicinavo al Centro Massaggi, ritrovai uno stato d'animo che credevo di aver perso. La rabbia. – Dove si è cacciato, vecchiaccio! – spalancai la porta d'ingresso e ciò che vidi fu un disastro. Era tutto sottosopra, mobili e pareti rotte, porte che pendevano dai cardini. E Master Fu era sdraiato in una posizione scomoda, al centro della stanza. Mi inginocchiai e lo tastai, era ancora vivo, ma respirava appena. – Chi è stato!? – gli domandai, mentre lui faceva fatica ad aprire gli occhi.

– Lady Venom... – sussurrò e mi prese una mano. – Le Paon... –

– Chi è Le Paon!? – ma lui non mi rispose, respirò profondamente. E va bene, altri misteri. – Perché non me lo hai detto!? – tirai fuori Ssashe e quasi mi venne da piangere dal nervoso. Non avrei mai voluto vederla così.

– Ti saresti fatta prendere dalle emozioni... Avresti rischiato di trasformarti molto prima... è stato meglio così... – parlava piano e lo capivo, ma non c'era più tempo da perdere.

– Deve aiutarla, anche Chat Noir è stato akumizzato! – le porsi il mio kwami, pensando che anche Adrien era in pericolo e sotto il totale controllo di Papillon.

– Non ho energie... – rivelò. Cosa!? Ma stiamo scherzando!?

– E io cosa faccio!? – ero l'unica in grado di liberare le akuma, senza le cure magiche del cinese non avrei fatto proprio niente.

– Persuadilo... l'amore vince... su tutto... – ma certo, che stupida, perché non ci ho pensato prima. Davvero.

– Fa sul serio? – corrugai la fronte, era impensabile che quel gattaccio mi desse retta, non lo aveva mai fatto. Il vecchio non rispose più, annuì debolmente e poi si abbandonò a se stesso. – Grandioso. – sbuffai e mi alzai, mettendoci meno tempo possibile per ritornare sul luogo dello scontro.

– Cosa ci fai tu qui!? – mi disse Lupetta non appena mi vide. Aveva sprigionato i suoi artigli e li stava scontrando contro il bastone del gatto.

– Problema tecnico, non ho tempo di spiegare. – lasciai cadere la borsa e mi diressi verso Chat.

– Ckicki, no! – Lupetta venne spinta dal felino e lui mi prese per la gola.

– Alex, va tutto bene... – l'allontanai con la mano e guardai il gatto negli occhi. Erano strani, mi ero talmente abituata a tutto quel verde che mi parve di non avere niente sotto controllo, non ce l'avrei mai fatta. Non era la persona che conoscevo. – Chat, lo so che non vuoi farmi del male. – gli accarezzai la mano, che piano piano stava stringendo sul mio collo. Avevo già vissuto quell'esperienza, ma, a differenza della volta scorsa, quel giorno ce l'avrei fatta. – Tu non sei cattivo, tutto l'odio che provi non è reale, ti sta controllando. –

– Non. Provare a dire una parola di più! – si avvicinò maggiormente e mi riprese la mano. Quando vide che non avevo più il mio anello si infuriò di più e ringhiò. – Dov'è!? – mi tirò una sberla, ma mi sforzai per restare indifferente. Alex aveva già sparato una fune per bloccare il braccio di Chat.

– Ti prego! – la guardai e, con titubanza, lasciò il felino. Gli occhi mi stavano bruciando, il cuore aumentò i battiti.

– Perché non scappi? – Adrien alzò una mano e sapevo che voleva usare il suo potere speciale, ma... su di me? – Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se l'avessi provato su un essere umano. – avrei dovuto sbrigarmi, non era nei miei piani saltare per aria in un esplosione di sangue.

– Guardami. – lui alzò lo sguardo dalla sua mano. – Sono così incapace di mostrare i miei sentimenti, così incapace di sentirmi libera e di comportarmi come desidero che, tutte queste insicurezze, non fanno altro che portarti via da me. – scosse la testa, esibendo una risata incerta. – Nella vita reale il nostro amore è impossibile, ma se crediamo in noi, se non ci dimentichiamo l'una dell'altro, resterà per sempre. Per quanto possibile, seppur nel concreto non lo sia. – il suo sguardo duro divenne più morbido. – Ci siamo feriti entrambi, abbiamo avuto una visione sbagliata che ci ha allontanati. Comunque vada a finire, io ti perdono, perché sei tu la persona alla quale penso, sei tu il ragazzo... che segretamente amo. – la presa del gatto si allentò parecchio e potei respirare normalmente.

– Non posso. – sussurrò e strinse i pugni.

– Chat... – lo presi per le spalle. Ancora quell'attrazione per il pericolo mi spingeva a fare cose irrazionali. – Adrien, io ti amo. – e, senza aspettare la sua reazione, lo baciai. Inizialmente lo trovai distante, poi schiuse le labbra e mi strinse. Ci staccammo per via di una scossa e vidi Chat Blanc ritornare Noir, lentamente.

– C-cosa...? – si teneva la testa fra le mani, si percepiva come un forte dolore dentro di lui.

– Convinciti delle tue qualità! – gridai e, non appena mi guardò, di nuovo con gli occhi verdi, si fece forza e si tolse il Miraculous, lanciandolo per terra. Dopodiché respirò profondamente e si rilassò. Fissò prima me e poi Lupetta, ancora incredula.

– Perché siamo qui? – chiese e noi due ci guardammo in faccia.

– Sei stato akumizzato. – rivelò la rossa e si affrettò a prendere l'anello caduto. – Questo lo tengo io. –

– Alex, immagino. – ammiccò e lei annuì. Poi tornò a guardare me, ancora immobile per quanto successo.

– Dobbiamo andare da Fu, sbrigatevi. – fece lei e iniziò ad avviarsi.

– Saprai che quelle cose le ho dette solo per riportarti indietro. – intrecciai le dita lungo i fianchi.

– Quali cose? – mise le mani sui fianchi e inclinò la testa. Non ricordava nulla.

– Perché giochi con i miei sentimenti? Non capisco. – lo aggredii. – Eppure con la tua sensibilità e intelligenza avresti dovuto capire ciò che provo per te, l'ho fatto in mille modi. Non capisci quanta sofferenza mi hai recato? –

– Scusami, non mi rendevo conto di niente per colpa di... – sbuffò. – No, è colpa mia e basta, Chat non avrebbe reagito così se io non mi fossi arrabbiato. – finalmente lo aveva capito.

– Non ho più la forza né di lottare né di sperare in un tuo cambiamento. Non ho più voglia di cercarti. Avvisami quando vorrai tornare, perché purtroppo il mio cuore resterà aperto, ma starà a te scegliere se entrare. Io ho bisogno di tempo. – me ne andai, senza aspettarlo.

Lo spettacolo disastroso nel Centro Massaggi regnava ancora, ma, per lo meno, Alex aveva aiutato Fu ad alzarsi e a metterlo comodo sul tatami. – Cos'ha rubato Le Paon? – gli chiese, mentre si sedeva anche lei.

– L'intero grammofono. – disse con rammarico. – Spero solo non sappia il codice per aprirlo. –

– Se ce l'ha fatta Papillon ce la farà anche questo qui. – incrociai le braccia e feci roteare gli occhi. Ce l'avevo ancora con lui per non avermi detto niente di Ssashe.

– A proposito, Lady Venom. – si girò appena per prendere qualcosa e subito mi porse il mio anello.

– Ottimo! – lo indossai e vidi il mio kwami rinato, ora sorrideva felice e la abbracciai come potevo.

– Chat Noir, – si rivolse ad Adrien – prima di poterti dare Plagg è necessario che sia deakumizzato. –

– Lo so, verrà il momento, ora non voglio far stancare il serpente. – ma che gentile, un gesto davvero galante da parte sua.

– Questo Paon lo avrà visto in faccia, che aspetto aveva? – continuò Alex.

– Il costume celava il viso, ma era una donna. – tirò un sospiro e chiuse gli occhi. – Ho motivo di credere che lavori con Papillon. –

– Perché mai lo crede? – ribattei nell'immediato subito.

– Non vi ho detto tutto. – fece cenno di sederci e così lo accontentammo. – Quando ero giovane ero un allievo del Grande Maestro dell'Ordine dei Guardiani, io attualmente sono l'ultimo membro. Venimmo scelti per questa missione, affidare i kwami, ma io commisi un errore. Il tempio andò distrutto e due Miraculous andarono persi, il pavone e la farfalla. Io scappai dal Tibet e mi rifugiai. Il fatto che siano tornati entrambi fa immaginare che agiscano insieme. Dovete assolutamente trovarli e riportarmi il grammofono. Sapete benissimo cosa accadrebbe altrimenti. –

– No, veramente io non lo so. – lo interruppi.

– Sì che lo sai, te l'ho raccontato, grande potere. – Alex usò un tono mistico e mimò come un'esplosione attorno a sé, come se parlasse ai bambini. Arricciai le labbra.

– Di che errore sta parlando? – domandò Adrien. Ero così concentrata sui fatti che non mi accorsi dell'assurdità. Eravamo io, Alex e Adrien seduti in cerchio a parlare di cose strane con un vecchio cantastorie. E per di più tutti possedevamo dei kwami e avevamo i superpoteri. Che storia.

– Non ha importanza, ho bisogno che scoviate il loro nascondiglio. – a fatica si rialzò e, quasi senza speranze, cercò di rimettere a posto casa.

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