Capitolo 2
Le mani sulla testa, gli occhi chiusi, i capelli scombinati, il vestito buttato a terra, i piedi scalzi, le guance rosse per il caldo e le orecchie sentivano qualcosa di strano. Un ronzio fastidioso le perforava i timpani. Non ce la faceva più. Iniziò a urlare come una dannata tanto che molti accorsero in camera sua. Lei non si accorse nemmeno di essere in una stanza piena di gente mezza nuda.
Ancora quelle parole che le vorticavano per la testa, le urla che contenevano parole sconnesse ma allo stesso importanti. Ne aveva avuto molti dopo la scoperta che la madre era solo fuggita e non morta. Quelle frasi l'avevano torturata per un giorno intero e non si era mossa dal letto. Sperava solo che il giorno successivo quel fastidioso mal di testa si arrestasse. Era riuscita a resistere e non chiamare aiuto, ma in quel momento non riuscì a restiste: le stava scoppiando la testa. Non era mai stata mai così male. Le doveva così tanto da non capirci più niente, da dimenticare tutto.
-Basta! Basta!- urlò -Aiutatemi, vi prego fatele smettere.- Le voci iniziarono ad essere più forte come se non volessero che quelle persone stessero lì, vicino alla loro vittima, a guardarla mentre si contorceva tra le lenzuola, inconscia e pallida.
Tutti, infatti,la guardavano spaventati. Un pensiero attraverso le loro menti: possibile che fosse diventata pazza?
Il mormorio che si era venuto a creare si fermò in un momento.
-Fatemi passare, è il vostro Re che ve lo ordina! Anzi, andatevene tutti fuori. Via!-
Nessuno osò ribattere e tutti uscirono fuori senza fiatare.
Noahl si avvicinò vicino alla figlia e cadde in ginocchio.
-P...padre- Rachele sussurrò quelle parole in preda al panico. Le voci sparirono quasi del tutto. Rachele si accorse della presenza di Noahl subito, voleva saperne di più su tutta quella faccenda.Perché la madre se ne era andata? Perché suo padre si ostina a dire che fosse tutta colpa sua? Perché non le era stato detto niente?
-Rachele che ti succede? Cosa hai fatto? Che hai sentito?- Chiese preoccupato. In realtà non lo era veramente, voleva solo assicurarsi che la figlia fosse in grado di governare, o per lo meno questo passò per la testa di Rachele mentre si girava a guardalo. Suo padre era stato sempre un uomo burbero con lei, aveva gli occhi grigi, e i capelli quasi bianchi e alcune rughe sulla fronte, in quel momento imperniata di sudore. Vestiva un completo del tutto bianco e una spada giaceva nella sua casacca sul fianco destro. Le mani, che circondavano quelle della figlia, erano sudate e prive dei guanti che spesso utilizzava in mattinata, segno che era appena tornato. Rachele, però, non de ne preoccupò, il dolore era ancora troppo vivo.
La sua faccia, al sentire quelle parole, si trasformò in paura e terrore. Possibile che suo padre sapesse?
No, impossibile. Era fuori discussione. Se aveva mantenuto quel segreto fino allora significava che nessuno potesse saperlo, neanche sua figlia. Noahl non era a conoscenza, nessuno lo era. Nessuno sapeva niente di ciò che aveva scoperto e così doveva essere.
Rachele sapeva che suo padre avrebbe chiamato qualcuno per farle dimenticare memoria (sospettava che in passato lo avesse già fatto) e forse era solo il momento che lui aspettava per sbarazzarsi della figlia e del suo carattereccio da ribelle e mettere sul Trono qualcuno di più adeguato di lei. Da una parte lo sperava anche lei, ancora, di non essere l'erede, ma ormai nulla poteva piubessere cambiato.
-Non ho sentito, visto e fatto niente, i dolori sono arrivati all'improvviso nella notte. Vi prego padre, fateli cessare.- Nonostante l'odio e la diffidenza, Rachele gli confessò qualcosa, spinta forse per compassione.
Le voci iniziarono di nuovo ad urlare e la ragazza iniziòdi nuovo ad urlare fino a che non perse conoscenza.
Suo padre sospirò appena sua figlia cadde in un sogno profondo.
-Questo non ci voleva- urlò.
Sapeva che sua figlia fosse diversa e molto più pericolosa di qualsiasi persona, Faon o Rian, messi insieme. Quello che stava accadendo era guaio enorme e quelle, che prima, erano supposizioni, adesso erano diventate realà. Fatti che nessuno doveva vedere o si sarebbe scatenato un vero e proprio putiferio. Lui, il re più elogiato di tutti tempi, era la causa della nascita di quella creatura tanto bella, tanto letale. Lei sarebbe stata la rovina e la cura per il Regno Magico e l'Altro Mondo. Era consapevole in quale guaio si sarebbero cacciati lui e la Regina, ormai scomparsa. Ginevra non gli era mai mancata così tanto. Rachele avrebbe dovuto sapere tutto quella storia e non scoprirla così, un giorno prima di tutto. Nessuno conosceva per intero la propria storia o quella della sua prima famiglia. Nessuno doveva sapere cosa sarebbe successo. Nessuno lo doveva sapere, neanche i Saggi. La maggior parte del regno sapeva che la buona Ginevra era morta, scappando dal palazzo presa dalla pazzia dopo di aver dato alla luce Rachele mentre una piccola percentuale sapeva che era scappata nell'Altro Mondo. Ma solo lui sapeva il perché: aveva raccontato tantissime bugie ma non se ne pentiva più di tanto. Il suo non era ossessione verso il regno o qualcos'altro. Aveva solo paura, una paura che dilaniava il suo petto, istante per istante, fino a quando, quella paura aveva scatenato un tale disprezzo che lo aveva ucciso. Era morta mangiato dai suoi stessi pensieri, idee e paure. Un uomo era finito e nessuno se n'era accorto. Il disprezzo lo aveva divorato, aveva represso il significato del bene e aveva aperto una nuova strada, la strada della paura e del male. Sua figlia, lo sapeva, era l'unica vittima. Adesso sentiva la sua paura crescere di nuovo. Quello stesso terrore che aveva celato per anni nascondendolo sotto l'indifferenza. Non poteva più fare niente. O forse sì. Forse avrebbe potuto rimediare dicendo a sua figlia che la madre era scappata in un mondo, a loro sconosciuto, abitato da semplici umani, senza poteri, proprio come lei.
Ma a quali pro? Sperando di avere la sua pietà? No, non né avrebbe avuta, lei, sua figlia Rachele, sarebbe stata la chiave di una pace e la fine di una guerra invisibile agli occhi di tutti ma visibile a Noahl e a Rachele. Si lo sarebbe stato. Lei sarebbe stata la cura e il veleno per il Regno.
Noahl uscì dalla stanza con la testa che scoppiava, pronto a quello che stava per succedere, ma non avrebbe mai pensato che la figlia se ne sarebbe andata. Sarebbe andata a chiedere informazioni alla madre. La lasciò lì su quel letto sola, sola come lo era stata sempre.
Circa tre ore dopo Rachele aprì gli occhi tutta indolenzita. Aveva fatto un sogno strano: uno strano albero con una lunga corda che pendeva dal ramo e cadeva sull'acqua di un laghetto. Rachele si era avvicinata e aveva visto il riflesso di una ragazza simile, ma diversa. Mentre ammirava tutta quella bellezza vide qualcosa in cielo. La luna piena. E dentro, in quel cerchio tondo, c'era lei, o meglio il riflesso della ragazza del lago. Era lei ma era diversa. Alzò ancora una volta lo sguardo alla luna ma quella era scomparsa lasciando spazio al buio denso e fitto. Notò solo allora quello che stava cadendo, poggiandosi leviemente sul pelo dell'acqua: petali di rosa.
Rachele si alzò velocemente: doveva trovare una formula.
Non aveva mai fatto magie -non avendo i poteri-, ma sentiva che qualcosa il giorno dopo sarebbe cambiato.
E aveva ragione, aveva tremendamente ragione. Qualcosa sarebbe successo, qualcosa inaspettato sotto lo stupore di tutti, il giorno successivo. Tutti coloro che conoscevano la vera storia speravano che lei succedesse al padre senza ribattere, ma non potevano farla franca per sempre.
La ragazza uscì dalle sue camere non accorgendosi di un difetto che stonava il colore pastello delle pareti. Piccoli petali neri era a sparsi a terra.
Rientrò qualche minuto dopo con un grosso libro, pieno di polvere, tra le mani. Al centro era disegnato un albero genealogico che indicava i precedenti re e regine. Si fermò di colpo quando, quasi per sbaglio, guardò nella direzione del letto.
Quella rosa nera faceva contrasto con le lenzuola. Si avvicinò appoggiando il librone sul letto poi prese quella rosa. E lì qualcosa di spaventoso accadde.
Il sangue di lei sgorgava da un dito e tre goccie si versarono a terra, sporcando il pavimento.
-No, non è possibile!- sibilò -È solo una leggenda- iniziò a dire. Non poteva crederci, non voleva crederci.
Sin da piccola ne aveva sentito parlare. Quella leggenda le era rimasta in mente.
Una dolce creatura, molto tempo prima, quando ancora c'erano le guerre tra le diverse fazioni, s'era un giorno allontanata dalla sua cittadinella. La ragazza aveva in vestito che le donava un aspetto quasi regale. Era stata la prima volta che lo aveva indossato e le piaceva molto: le era stato regalato dal principe della città il giorno prima, quando, sbadatamente, le era andato addosso sporcandole di sangue di animale il suo vestito bianco preferito e l'unico carino che avesse in quel periodo di guerra. La sua città infatti era succube di varie guerre e la famiglia regale si ostinava a non far nulla mentre tutti quegli uomini, grazie alle loro arti magiche, riuscivano a saccheggiare il popolo. Tutti cercavano di dare una mano per catturarli, ma pian piano era diventato quasi normale. La ragazza, però, era quasi sicura che la gente avesse paura e lei non poteva nulla, anzi, non poteva rischiare che tutti scoprissero il suo segreto e per questo se ne stava zitta e buona. Willohy non aveva nessun potere. Ed era la prima. La sua storia si tramandava da generazione in generazione. Willohy era una piccola ragazza che non aveva nessuno, neanche i genitori l'avevano voluta. Viveva in una piccola baracca e facendo finta di nulla aveva vissuto una vita tranquilla. Quando aveva incontrato il principe tutto era cambiato. Quel ragazzo era rimasto impresso nella sua testa e non voleva uscirne. Sapeva cosa le sarebbe accaduto se qualcuno avesse scoperto il suo, come lo chiamava lei, non-potere. Sarebbe morta, trafitta da una spada.
Quel giorno quindi si era allontanata dalla cittadinella per pensare, inconscia che qualcuno la stesse seguendo. Quando arrivo in cima ad una collina colorata dai fiori, qualcuno l'afferrò e girandosi spaventata, incontrògli occhi del principe. Erano come li ricordava. La ragazza si allontanò di scatto chiedendogli cosa volesse. Lui, per tutta risposta le chiese cosa ci facesse in quel luogo, durante un periodo così oscuro, da sola. Chiese poi che potere avesse e se volesse venire con lui nel suo castello. Il principe era, anche lui, curioso di conoscerla.
Era solito, a quel tempo, chiedere come prima informazione, quale potere si avesse e di mostrarlo. Willohy era sempre riuscita ad agirare la gente con piccoli trucchi do magia: essere una ragazza con poteri inutili era sempre meglio di non averlo per niente. Davanti al principe però non poteva permettersi di farlo: sapeva che non lo avrebbe mai creduta. Willohy decise di dirgli la verità e quando ebbe finito, il principe fece una cosa che non si sarebbe mai aspettato. Disse che lei non sarebbe mai potuta rientrare in città e di non farsi più vedere e se ne andò spaesato e impaurito.
Willohy rimase per anni sola, in prossimità della città, soppravvivendo grazie alla natura. Un giorno iniziò ad avere incubi e dolori e mentre cercava qualcosa da mangiare si ritrovò davanti ad una rosa nera. La guardò e decise di prenderla e portarla con sé mentre le voci si erano calmate.
La sera avvenne una trasformazione: Willohy era cambiata. I suoi capelli erano più chiari e invece dell'ormai vecchio vestito che le era stato regalato dal Principe (che scometteva essere divenuto Re) indossava un vestito tutto bianco e corto, di come non ne aveva mai visti. Quella notte ebbe anche una visione che non venne mai svelata. Si sa solo che la ragazza il giorno dopo so diresse verso la sua città senza paura e che vedendo lo stato di quella città che era stata la sua per qualche tempo si sentì male. Ritornado nella sua vecchia strada vide che la sua vecchia baracca non esisteva più. Da allora in poi Willohy decise di aiutare quella popolazione e la liberò dalla guerra e incontrando quel principe che l'aveva cacciata, non seppe contenersi. Gli disse tutto, della sua trasformazione, dei suoi poteri, della rosa che ormai era incastonata nel suo vestito, e che aveva i poteri più forti di tutti. Il Re non le credette e pensando che fosse solo un gioco o una vendetta la cacciò ancora una volta. Willohy allora incredibilmente arrabbiata gli giurò vera vendetta e in una notte di luna piena, allenadosi con coloro che fino a quel momento aveva creduto i cattivi, distrusse la famiglia reale. Venne chiamata da allora Darnos, la ragazza dagli enormi poteri, scelta dalla rosa nera, un ente naturale. Da allora se ne susseguirono altre tre, nate tutte in una notte di luna piena e che aiutarono il loro popolo, liberandoli da oscure presenze. La storia di Willohy non finì con la distruzione della famiglia reale, ma iniziò da lì. Varie battaglie dovette affrontare per il suo regno.
Rachele, ricordandosi di ciò, senza curarsi della ferita, lasciò cadere la rosa nera a terra, aprì di colpo il libro e prese a leggere.
-Quando una rosa nera, quella senza spine, si poggerà sulla mano della Darnos da lei usciranno tre gocce di sangue e da lì, fino ai suoi diciotto anni, avrà una metamorfosi, chiamata Tevs, e acquisterà tutti i suoi poteri. Poteri grandi che solo lei potrà e sarà in grado di usare. La quarta Darnos sarà generata, secondo la profezia, da due sovrani di sangue diverso: una strega del Gyty e uno stregone della famiglia Kal si uniranno e da loro verrà fuori un potere che potrà salvare il Regno Magico e un altro misterioso mondo governato da una razza senza poteri.-
Rachele non riuscì più a completare la lettura che si sentì male, si accasciò sul letto e si fece forza.
-Quando la quarta Darnos arriverà ai suoi diciotto anni, tutti scopriranno i suoi poteri. E da lì non potrà più nasconderlo.-
Così finiva il capitolo dedicato alla leggenda. Rachele si alzò di scatto, cosa poteva succedere? Sempre se quella leggenda fosse vera!
Si guardò intorno, poi lo sguardo ricadde sulla rosa. Non era più nera ma rossa scarlatta come una vera e semplice rosa.
Era impossibile. Le rose nere erano potentissime: nessuno era mai riuscito a plagiarle al suo volere e quindi nessuno a trasformarle in bellissime rose rosse. Questo voleva dire solo una cosa: era tutto vero, lei era la Darnos.
Cercò di prendere la rosa, oramai rossa, ma essa iniziò a bruciare finché non diventò cenere.
In quell'istante si rese conto di una cosa: stava cambiando, stava assumendo le sembianze di quella strana ragazza nel suo sogno.
Poi tutto le fu chiaro in un secondo: era lei, la ragazza nella luna e nel lago era lei! E quello era il posto dove il giorno successivo lei sarebbe scappata, senza neanche una formula.
Il male di prima tornò. "La Tevs sarà dolorosa e la quarta Darnos prenderà il suo vero aspetto solo ai suoi diociotto anni come la prima, Willohy." aveva letto da qualche parte.
Ebbene, la Tevs aveva inizio.
Spazio Autrice.
Bene allora come state? Spero bene! Mi raccomando votate e soprattutto commentate. Scusate per gli errori che mi sono sfuggiti.
A presto
-lucy387❤
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro