Amentia - Parte Prima
La follia è uno stato d'animo così intenso da illuderci di essere normali.
Ezechiele De Dominico
Camminavo rapidamente contro la forza del vento con una grande borsa a tracolla adagiata sulla spalla. Al suo interno riposavano i racconti che avete appena letto, all'esterno era foderata da uno strato di cuoio che impediva all'acqua di rovinare la carta.
Quel giorno pioveva a dirotto. I fulmini si lanciavano da una nuvola all'altra unendosi in saette simili a venature umane, bluastre, lampeggiando nel cielo plumbeo. Udivo solo il ticchettio della pioggia che copriva lo scalpitare dei miei stivali di pelle. Le strade di Lucca erano scivolose e viscide, decorate dalle feci molli dei piccioni che grugavano fra i cornicioni delle case.
Ero appena tornato da un lungo viaggio in mezzo ai boschi versiliesi, dove il tempio di Abruptum, anni fa, aveva svelato la sorte del povero compagno di Arrigo (Ermanno) ormai con le ossa frantumate sul fondo dell'abisso. Il contadino mi aveva ingaggiato per scoprire cosa gli fosse accaduto e venni a sapere che si era offerto alla divinità volontariamente. Così agendo evitò di marcire per l'eternità nella stalla di Imperius, il Dio del potere che governa segretamente il nostro pianeta. Per esso siamo solo animali e la Terra è la sua fattoria. Ci sfrutta, ci affama, ci violenta. La sofferenza che macchia il suolo da millenni sazia la fame di questo divino che dimora da qualche parte nell'entroterra.
Ma quello stesso giorno avevo commesso un crimine orribile: approfittando dell'anzianità di Arrigo lo condussi fino al tempio di Abruptum con l'inganno. Ricordo ancora quando mi fissava con i suoi occhi blu pieni di speranza e malinconia, voglioso di trovare il suo amico. Avevano vissuto insieme per decenni nella sua casa in collina, ma Abruptum viveva all'interno di Ermanno e non riuscì a placarlo.
Una volta che Arrigo mi guidò verso l'entrata della grotta e poi sull'orlo dell'abisso, utilizzai la formula per evocare il divino e trarre il favore necessario alla mia crociata. Dissi chiaramente all'abissale che gli avrei donato l'anima del contadino, colui che aveva osato scappare dal suo ventre tanto tempo fa. Gli Dei sono esseri orgogliosi, possessivi e le prede che fuggono alle loro fauci risultano più appetitose. Invero la sua ombra enorme si proiettò fulminea sulle pareti rocciose.
«Arrigo in cambio della tua salvezza.» Non capisco ancora se erano parole, suoni o vibrazioni, ma so che erano all'interno della mia testa e che Arrigo non poteva sentirle. Quest'ultimo credeva che io volessi ingannare il Dio delle profondità usando lui come esca, ma le mie labbra traballanti soffiarono mormorii flebili: «Non sono ingenuo, Abruptum.» Quando pronunciai quel nome la cavità tremò. «Senza il mio permesso non puoi prendere un'anima sacrificale e secondo le leggi dell'oltre-terra non puoi nuocere al sacerdote che conduce il sacrificio in casa tua». La conoscenza era l'arma più potente che potevo utilizzare. Gli studi ossessionanti avevano reso la mia persona un intermediario degli Dei, un uomo che poteva usare le loro stesse leggi per eluderli o ingannarli. Mi sentivo talmente potente al cospetto di Abruptum che allargai addirittura le spalle, mentre le labbra smisero di oscillare lasciando andare la paura.
Il vibrare dell'entroterra presagì una reazione furiosa: «Cosa vuoi da me?» tuonò.
«Ti darò Arrigo, ma voglio conoscere la dimora di Imperius». Quando lo nominai l'ombra si ritirò d'istinto. Sentii un profondo e vasto squittio di paura che giunse fino all'esterno, dove uno stormo di uccelli si alzò. Conscio della rivalità fra Dei ero sicuro che Abruptum, ormai dimenticato dagli uomini, avrebbe accettato una proposta del genere.
Un grande masso si staccò dal soffitto e finì all'interno dell'abisso, simulando il suono di una campana; si trattava di una risposta affermativa: «Gettalo a me e tu, durante una di queste notti, conoscerai in sogno la sua tana». Stavolta quella vibrazione era più simile a un sibilo metallico. In me sapevo che Somnium avrebbe approfittato di questa occasione.
Arrigo mi stava guardando impressionato, con le vecchie mani che oscillavano nelle tasche e la gola che deglutiva ogni volta che mormoravo. Non poteva sentire ciò che dicevo, poiché parlavo pacato, tuttavia stava nutrendo dei sospetti. Voltandomi verso di lui vidi le rughe contorcersi dal terrore, il cuore pulsare e le gambe muoversi nel buio verso l'uscita. Era fuggito una volta dagli abissi, non gli avrei permesso di farlo ancora. O di Abruptum o di Imperius. Il Dio delle profondità desiderava quella preda che avrebbe fatto invidia allo stesso Governatore Occulto del Mondo.
Lo afferrai per il colletto e usai la mia giovinezza per sconfiggere la resistenza della sua vecchiaia. Lo scaraventai di sotto, bramando la vittoria sugli Dei che avrebbe richiesto dei sacrifici più che necessari. Vidi la sua figura urlante cadere nel baratro con le gambe e le braccia che si dimenavano nell'aria, mentre l'ombra eterna del divino lo avvolgeva, trascinandolo sul fondo. D'altronde, anche se lo avevo appena condannato, avrebbe rivisto il suo amico Ermanno. Mantenni la promessa che avevo fatto.
Sentii il corpo fragile spezzarsi fra le rocce e la carne tonfare nell'acqua. Abruptum scosse il sottosuolo, poi calò una quiete innaturale.
Guardai le profondità ancora, per almeno cinque minuti, e sognai di poter entrare nel suo mondo per studiare il paesaggio che vide Ermanno. Non riuscivo a credere di aver soggiogato Abruptum per trarre un vantaggio personale.
Quella sera piovosa mi ritirai nella mansarda in cui vivevo, riponendo la mia fiducia nel Dio degli Abissi.
Provai un dolce rimorso riguardo la sorte di Arrigo, tuttavia non uccisi per la prima volta e riuscii a stendermi sul letto senza cedere all'insonnia. Socchiusi le palpebre, provate da giorni di viaggio e pioggia incessante, per poi adagiare le braccia sul petto. Il buio della soffitta, il grugare dei piccioni e le gocce che si infrangevano contro le tegole mi cullarono come un infante. Sentivo la mente vacillare fra la realtà e la dimensione dei sogni. La paura mi avvolse improvvisamente. Slittai nella dimensione onirica e una visione oscura si palesò d'innanzi a me.
Non fu chiaro quello che Abruptum proiettò nella mia testa, ma poco dopo vidi un vecchio venirmi incontro indicando un uomo che dormiva ad occhi aperti. Essendo in un sogno lucido capii che dovevo spezzare la dimensione onirica per passare oltre. Era necessaria una proiezione astrale.
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