Lago Zellem (21/02/2023)
Cadde in ginocchio, vicino alla riva e con la mano sfiorò la superficie dell'acqua.
Il cielo era grigio, come se sapesse i fatti appena accaduti e non si udiva alcun rumore. Anche le tipiche correnti d'aria del Monte Ventoso erano sparite e tutto era immobile.
Il sole stava tramontando, tingendo le cime delle montagne circostanti di rosso.
Era giunto il momento della verità: prese dalle sue tasche alcune polveri e le gettò in aria mormorando antiche parole nella lingua faerie: varie bolle iniziarono a sollevarsi e l'intero Lago Zellem incominciò a tremare.
Molte immagini comparvero dipinte nel riflesso e altrettante voci si sollevarono, erano bisbigli, urla, suppliche, gridi...
"Silenzio!" ordinò nell'idioma delle fate, e ogni rumore sparì dalla foresta sacra. Alcune delle anime si contorcevano mute sotto l'acqua, tentando di affiorare, altre fuggivano dalla tenue luce rimasta.
Se quello che le avevano raccontato era vero, lei sarebbe stata lì.
«Rubia» Disse fievolmente «Sei qui? Riesci a sentirmi?» Non udì alcuna risposta e incominciò a sperare di essersi veramente sbagliata. Cercò di osservare gli infiniti volti sconosciuti, pregando di non riconoscerla in nessuno.
"Medea"
Sobbalzò, sicura che quel richiamo non fosse reale; lo sentiva risuonare dentro alla sua testa. Eppure, doveva essere lei. Non c'era altra spiegazione plausibile.
«Dove sei?» Guardò ancora tra le immagini delle anime senza trovarla.
"Fate spazio, sparite" Si accorse di essere scortese, ma poco le importava. Era tradizione portare del cibo come dono per avere buona sorte, ma non ne aveva con sé. Le era venuto in mente troppo tardi e comunque, le importava ben poco di un futuro favorevole.
Molte macchie indistinte scivolarono verso le rive opposte del lago degli spiriti
Vide la sua sagoma, con indosso i mantelli e le vesti lunghe tipiche di Geolia e un uomo che la seguiva dietro a lei. Il suoi capelli erano in parte coperti da un lungo velo, il viso contratto in una smorfia.
Le lacrime che cercava di trattenere da quella mattina incominciarono a sgorgare dai suoi occhi. Lo doveva immaginare, doveva essere certo quando lo era venuto a sapere, ma era così sbagliato essersi illusa del contrario?
"Cosa speravi di preciso?" Esordì lei guardandola severamente. Il tono di sua sorella voleva essere dolce, ma suonava duro: in effetti, che cosa voleva ottenere evocando un'anima defunta?
«Trovare una smentita.» Singhiozzò, coprendosi il volto con le mani guantate «Io... credevo che ti saresti riuscita a salvare.» Non riusciva ad accettare il fatto che fosse morta. Lei, la sua migliore amica. La conosceva ancora prima di imparare a camminare, avevano vissuto insieme ed erano una la confidente dell'altra.
"Non ha voluto così il destino."
«E... loro?» Aveva a malapena il coraggio di chiederglielo.
"Non li ho visti qui, stanno bene." parlò l'uomo "O comunque, sono ancora lì." Indicò verso la superficie del lago. Erano vivi, intendeva e lei sospirò interiormente di sollievo.
«Giuro che ti vendicherò.»
"Sei pazza, finiresti a farci compagnia prima ancora di trovarlo."
La voce del giovane sembrava canzonarla, anche se il suo era un tentativo dal dissuaderla dal tentare una simile impresa.
«Sono pronta a giurarlo sulle sacre acque del Lago Zellem, se è necessario.» Dichiarò secca rivolta al marito della sorella.
"Medea, no!" la pregò quest'ultima.
«E perché? Cosa mi cambierebbe? Sono una rinnegata adesso, tua madre ha intenzione di esiliarmi dal regno e se solo osassi rimanere entro i confini della tribù dopo questa notte... lo sai cosa fanno a quelli come me, vero?»
"Dovresti farti una nuova vita"
«Parlò lo spirito.» Borbottò tra sé «Rubia, la Radura è l'unica casa che io abbia mai avuto e i suoi abitanti la mia sola famiglia. Tu avevi Aaron quando te ne sei andata e i tuoi figli, inoltre potevi sempre tornare. Lo sai che ti avrebbero accolto con grandi onori. Io no, sono sola. Niente mi sembra avere più senso.»
"La vita darà qualcosa anche a te"
«Vorrei che fosse qualcosa di meglio. Questo mondo è orribile.»
"Cambialo"
«Come?»
"Guardati intorno Medea, non sei l'unica umana con abilità magiche, sono certa che cercando troverai qualcuno come te."
"Dovresti andare ad Aqualia" si intromise l'uomo "Si narra che laggiù molte persone siano discendenti dei Figli del Mare"
"I Maridi aiutarono i primi colonizzatori" Riprese la fanciulla "E alcuni si unirono ai nuovi arrivati."
«Devo andare ad Aqualia» Ripeté Medea, come per fissare quell'ordine nella sua mente.
"E trovare i custodi del posto: non saremo morti invano se qualcuno lo fermerà" L'uomo tacque, esitante, e l'umana notò come la sua immagine stesse divenendo sfocata.
"Il nostro tempo sta scadendo, sorella mia e non so se potrai di nuovo tornare nella Radura."
«È un addio?»
L'ombra si voltò verso il marito "No, ci rincontreremo, ma non so se sarà prima che tu abbandonerai questo mondo."
«Aspetta, Rubia! Ho ancora molto da chiederti.»
"Avrai risposta alle tue domande con il tempo, non posso dirti altro. Se li vedrai, parla di me ai miei figli. Addio"
Le acque tremarono e le anime sparirono. I due amanti le stavano sorridendo, malinconici, e avevano chinato la testa per congedarla.
Tra le labbra di Medea rimaneva la domanda più importante di tutte.
«Addio.» Singhiozzò «E perdonami.»
Il lago emise un guizzo argentato.
"Di cosa? Nessuno può manipolare il destino" Ma nessun vivente avrebbe mai potuto udire le sue parole, ormai erano troppo lontani per essere uditi.
La ragazza raccolse la borsa, abbandonata qualche passo dietro a lei, sistemò il mantello, sotto al quale era sistemata una bianca pelliccia e si incamminò.
Le foglie secche risuonavano al passaggio degli stivali neri, il vento improvvisamente tornato scompigliava i suoi capelli vermigli, lasciati in parte liberi dall'acconciatura disfatta.
Doveva andare ad Aqualia e trovare i custodi. Era l'ordine che rimbombava nella sua mente: solo così il loro sacrificio avrebbe avuto senso.
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