Scambio di redenzioni
Il posteriore rettangolare della Ekpyrosys si fa sempre più lontano, scortato dai fumi di scarico. Il porto spaziale di Lalande5 è un'asfissiante cappa composta da chissà quanti gas tossici, a ridosso dell'area industriale.
Tiro su il cappuccio della mantella, coprendomi i merli ossei del cranio, anche se la mia testa bozzoluta non dovrebbe apparire poi cosí aliena, qui. Lalande5 è un grosso bordello orbitante; anarchia, biomanipolazione illegale e ogni forma di sballo autolesionista regna sovrano. Il popolo-cliente è un calderone di razze umanoidi in cerca di spasso, provenienti da ogni parte della galassia.
Mi guardo intorno per orientarmi nel dedalo di guglie ossidate e grattacieli, che si snoda fino all'orizzonte. Le luci blu e viola della metropoli non servono a rendere il tutto meno deprimente e anche un po' inquietante, oserei dire. Sì, sono un inguaribile fifone, non potevano scegliere persona peggiore per questa missione. Io, agente Arimo Z¡sbk, dovrei rappresentare la sezione investigativa della Finanza interplanetaria, ma rappresento a malapena me stesso: sono alto e largo quanto un pizzo di montagna e, paradossalmente, allergico a ogni tipo di violenza. Ho una Kimberlax al plasma nella fondina ascellare, sì, ma la sola idea di sparare a qualcuno mi smuove la diarrea.
Sospiro. Devo pensare razionalmente. Il mio obiettivo è quello di adescare un tale Andreas Volk, trafficante di manufatti prebellici di origine terrestre. Pare che l'umano in questione stia trasportando un oggetto non identificato, agganciato alla schiena. Arnese che potrebbe essere di tutto, dati i precedenti di Volk: l'ultima volta che è stato avvistato giocherellava con un acceleratore di particelle subatomiche, che poi ha smolecolato un intero aeroporto marziano. Poi si è dato alla macchia, il furbetto, ma non sa che recentemente gli è stato attaccato un microlocalizzatore.
Virtualmente, sarebbe anche un bel piano d'arresto, peccato che un ictyotauro come me è un po' fesso per queste pratiche. La mia razza indigente e maleducata brulica nei bassi-fondali di Qrra7, il pianeta capitale, senza una grossa raccomandazione non sarei mai arrivato fin qui. È il mio primo incarico e forse l'unica occasione per vivere un po' d'azione. Sono cresciuto in un laghetto di periferia, che avventure volete che possano capitare a dei poveri mutanti delle palafitte? Ecco. Mi sono emancipato dalla mia condizione e non tornerò a fare lo straccione.
So già dove trovare Volk, comunque. Sto solo procrastinando la cosa, sopraffatto dall'ansia. Controllo l'orologio da polso: la mappa sullo schermo conferma che il tipo sta ancora bivaccando nella bettola a due isolati da qua. Non immagina che un agente in borghese lo sta monitorando da ben due, tediosissimi giorni di viaggio sulla Ekpyrosys.
Maledico la retrograda Lalande5 e mi decido a prendere un autotrasporto a ruote, il mezzo più obsoleto della galassia. L'autista rettiliano rimane impassibile, abituato a vedere mostri peggio di me, compreso lui stesso. Ripenso a quanto io sia uno dal fegato debole. Non ho un minimo di talento per la strategia, cosa dirò a Volk? E se fosse aggressivo? Ho fatto il finto duro con l'Agenzia Finanza Spaziale, si sono lasciati ingannare dalla mia inutile massa muscolare... Quando invece è il cervello l'arma più potente dell'universo. Gli umani erano - e, i pochi superstiti, sono - la razza più ingegnosa del sistema.
La taverna mi accoglie senza domande. Il buttafuori capisce che sono armato, ma quando gli mostro il distintivo si tranquillizza. Mi scopro il volto e avanzo a grandi falcate tra tavolacci di peltrovetro e scarti della società, alcuni dei quali solo vagamente antropomorfi.
Eccolo lì, come previsto.
Riconosco il tale della foto sulla documentazione. Andreas Volk se ne sta accasciato con la faccia spalmata nel piatto, ubriaco come una cucuzza.
All'Agenzia è parso comodo lasciarmi carta bianca. Quindi, devo inventarmi qualcosa... Punto l'oggetto appoggiato sulla sedia accanto: ha una forma scura, allungata; quella specie di borsone deve trasportare qualcosa di grande valore. Coraggio, Arimo, puoi farcela.
«Oi, posso sedermi? Se vuoi, prendo qualcosa da bere.»
Zero talento per l'improvvisazione. Per tutta risposta, il tipo alza lo sguardo dal tavolo. Ha la guance sbarbate ancora sporche di cibo spazzatura.
«Amico,» biascica, infastidito «spiacente. Sono di un'altra sponda.»
Se la mia pelle bozzoluta non fosse così spessa e bluastra, apparirei rosso dall'imbarazzo. Cerco di ripassare mentalmente l'Omnryss, la lingua universale da sfoderare nei contesti multietnici. «Non hai capito. Mi mandano i piani alti della chiesa gliesiana» m'invento, citando il pianeta più ricco del sistema. «So che hai rarità da rivendere.»
Volk sbatte le palpebre facendo una smorfia. Scrolla le spalle e si fà portare dell'acqua, mentre io ne approfitto per sistemarmi seduto di fronte a lui. Lo scruto da capo a piedi, interessato. Gli umani sono proprio strani: non hanno zanne, ali, pinne, artigli o scaglie di qualche tipo, niente di niente. Così basici e lisci, eppure letali. Troppo intelligenti, talmente tanto da desiderare un potere così grande da annientare sé stessi.
Questo tizio non ha più di trent'anni, la bella faccia non si addice al prototipo del criminale, eppure la sua testa rasata nasconde cose scomode.
«Allora?» mi sprona a convincerlo, e io ho paura che possa sentire i due neuroni del mio cervello fare a cazzotti.
«Cinquecentomila bit quell'oggetto» me ne sono uscito come lo sputo di un cirripede, dannazione.
«Che ne sai di che c'ho per le mani?» osserva, dialettale.
Sudo. «Senti, Volk...»
Lo schiocco sdegnato della sua lingua contro il palato m'interrompe. «No, senti tu: sei della finanza, vero? Tzé, la prossima volta vedi di coprire meglio quel distintivo, imbecille.»
Lo dicevano tutti, a casa, che non ero tagliato per questo lavoro. Sono troppo grosso, goffo e stupido.
«Bene, allora giochiamo a carte scoperte» dichiaro, raschiando il fondo di un barile chiamato "Pazienza". «Tu mi dici chi è il tuo fornitore e dove sei diretto. Se lo fai, per questa volta ti lascio andare, nel caso in cui i tuoi intenti fossero innocui per la pubblica sicurezza, naturalmente.»
«Ahahah!» scoppia a ridere selvaggiamente, l'arrogante. La clientela brilla del locale si mette a fissarci. Congratulazioni, Andreas, mi hai appena regalato il brivido del mio primo istinto omicida. «Il diploma di "agente" l'hai preso coi punti del supermercato?» sputacchia.
«Capisco, chiamo i rinforzi. Buona nottata al fresco.»
«Aspetta. Mi fai tenerezza, bestione, davvero.» Andreas Volk si butta a sedere e inizia a rollare una sigaretta. «Abbassiamo i toni, okay? Aprilo pure.»
Se solo avessi un paio di sopracciglia bionde come le sue, le aggrotterei. Ma accetto volentieri l'invito, curioso di scoprire quale sorta di arma stia tentando di spacciare. Noncurante dei pochi sguardi indiscreti rimasti, tiro la cerniera e sollevo la custodia rigida. Rimango interdetto. È una cosa legnosa, lucida, con delle corde sottili che la percorrono lungo l'asse verticale, tese fino all'inverosimile.
«Beh? Non hai mai visto un violino?»
«No. Ehm, per sicurezza, dovrei confiscarlo.»
Andreas non è minimamente agitato, dato che mi ha inquadrato come un buono a nulla. «Il mio fornitore è morto un mesetto fa, era un sudista italiano. Dalla Terra» precisa, esalando il fumo dalla bocca, improvvisamente accomodante. «Una cartomante aliena gli aveva predetto il futuro dell'umanità. Gli disse che non tutto era perduto...» il suo sguardo si perde in un punto casuale della mia fondina. È un tipo superstizioso, quindi.
«Ironia della sorte. Prima dell'atterraggio hanno letto le carte anche me» mi sfugge il pensiero a voce alta.
Lui si puntella sui gomiti, incuriosito. «Cos'è uscito?»
«Bah, confusione, perlopiù» uno strano senso di inquietudine mi attanaglia, al ricordo della signora sulla Ekpyrosys. Non sono proprio riuscito a rifiutare i suoi tarocchi. «Ma la prima carta, quella con lo scarabeo dal dorso verde... Non l'ho proprio capita. Mostrava un gioco di tessere a incastro.»
«Un puzzle,» precisa Volk, nella sua lingua. «Potrebbe essere interpretato o come un conto in sospeso che devi saldare, oppure come due o più destini che s'intrecciano. Bene! Pensare che cercavo proprio un gorilla che potesse scortarmi di sotto.»
«Non ha senso» dichiaro.
«Vieni con me. Lo vedrai coi tuoi occhi» getta la cicca e sistema la merce a mo' di zaino. «Nei sotterranei incontreremo l'acquirente.»
Mi sto pentendo di aver seguito Volk. Sul serio, questo posto puzza e mette i brividi: i sotterranei metropolitani di Lalande5 sono tossici e i tunnel apparentemente infiniti. Il lontano sferragliare del treno rimbomba nei miei buchi auricolari. Questa tortura giunge al termine quando Volk annuncia il nostro arrivo.
«Parola d'ordine» impone una voce metallica dal citofono.
«Tunguska» fà Volk.
La porta incassata alla parete sembra fusa al resto dei copertoni, eppure si apre. Senza incontrare anima viva, percorriamo un corridoio freddo e buio da far spavento, ma poi ci ritroviamo in un'ala meno claustrofobica, dagli alti soffitti e piena di cilindri, ancorati al pavimento e coperti da teli.
«Mi dici dove siamo?» sbotto, frustrato. Ho l'ansia.
«Dal collezionista.»
Non è stato Volk a parlare, infatti ci voltiamo solo dopo aver trasalito. Un tipo alto e lungo come un megalogiunco si avvicina dinoccolato, scrutandoci con un solo occhio occhio minuscolo.
«Andreas, giusto?» mi guarda e io nego, con un groppo alla gola. Scommetto che sotto quei teli ci sono dei mostri sott'aceto.
«Sono io il tuo uomo!» si decide Volk, dando del rimbambito al padrone di casa. «Ho la merce. Dammi la ricompensa e togliamo il disturbo » gli passa la custodia col violino.
L'acquirente abbraccia e accarezza l'oggetto, dando una parvenza di felicità. «Segui me.»
L'Omnryss del collezionista è abbastanza rozzo, ma quando ci conduce a un armadio zeppo di scartoffie comincio a mettere insieme i pezzi. Volk mi ha detto che la cartomante aliena ha indicato proprio questo posto, al fornitore di Volk.
«Questo salverà tua Terra.»
Volk accoglie un fascicolo pieno di documenti ingialliti tra le mani. Sto esplodendo dalla curiosità.
«Cosa... di che si tratta?» gli chiedo.
Andreas fa la stessa cosa che dell'altro col violino: si stringe al petto la ricompensa. «I brevetti occultati di Tesla,» sussurra, in preda all'emozione «le istruzioni per creare macchine in grado di produrre energia eterna e pulita*.»
Le carte della donna sull'astronave mi dissero che sarei stato parte di qualcosa di grande. Ora capisco quanto per Volk possa contare questo momento. Andreas scoppia in lacrime di gioia e sollievo. Sto per commuovermi anch'io, quando mi sorge un'altra domanda spontanea. «E lei, signor collezionista, che se ne fa di un violino?»
Inizio a pensare in quale sorta di arma possa trasformarlo, o quanto profitto potrebbe trarne nel rivenderlo al triplo del prezzo...
La fessura boccale del collezionista si stringe, ma poi parla: «Mia figlia. Ultimo desiderio. Segui me.»
Il tono della sua voce è stato straziante. Ho un brutto presentimento. Io e Volk camminiamo con l'acquirente fino a una porta di legno rosa. La apre, e mi sento improvvisamente in colpa per i miei cinici pensieri.
Al centro della stanzetta c'è una capsula medica, circondata da cavi e marchingegni da terapia intensiva. La figura adagiata in stato vegetativo è identica al padre, solo molto più piccola e indifesa. Il mio povero cuore si spezza.
Cerco di dissimulare la voglia di pianto che punge gli occhi. «Mi dispiace tanto per tua figlia» sono senza parole.
Il collezionista scrolla le spalle. Sfodera l'oggetto e inizia a... suonarlo! È uno strumento musicale, quindi, e che note sublimi. Va oltre l'utile e il pratico: è una preghiera di redenzione.
«So che mi senti, Mya, questo è per te» sussurra, mentre la stecca scivola elegante contro le corde tese.
I suoni penetranti del violino mi invadono. Tremo dall'emozione, ma mi chiedo quale sia stato il mio ruolo in tutto questo. Ho concesso a Volk la buonuscita, ma che me ne torna? Forse la risposta è nel valore di questo momento: il collezionista ha scambiato una conoscenza inestimabile per un addio alla bambina. Che schiaffo morale... Non lo dimenticherò mai.
Il suonatore accompagna la musica con una ninnananna, il ritornello mi provoca i brividi.
«Ho speso un'intera vita
a piangere di malinconia
per qualcosa che non esiste
al mondo**.»
L'acquirente lascia il violino al suolo, poi si avvicina alla piccola. Stacca la spina del polmone meccanico.
NOTE
1988 parole.
*Storicamente, il fisico e ingegnere Nikola Tesla ha davvero brevettato il modo di fornire all'umanità energia perpetua a zero inquinamento, ma è stato osteggiato da Edison &co. Per ulteriori approfondimenti, consultare i libri "Le mie invenzioni" di N. Tesla e "Scoperte scientifiche non autorizzate" di M. Pizzuti.
**Paul Amadeus Dienach, nel libro/diario "Chronicles from the future", afferma che versi simili siano stati scritti da un poeta italiano del 3000 d.C., citato come "Pradelli".
Bentornati! Ho scritto questa one shot per la challenge "Il gioco delle tre carte" - WattpadBrividoIT mi ha assegnato i tre elementi da miscelare. Stavolta mi sono trovata particolarmente in difficoltà, ma è stato divertente dare forma ai personaggi di Arimo e Andreas, in poche righe ho cercato di caratterizzarli al meglio delle mie possibilità. Spero di ricevere qualche parere, grazie per la lettura!
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