Ho già scelto
"Nei momenti in cui dobbiamo prendere una decisione molto importante, è meglio affidarsi all'impulso, alla passione, perché la ragione generalmente cerca di allontanarci dal sogno, adducendo la giustificazione che non è ancora arrivata l'ora. La ragione ha paura della sconfitta. Ma l'intuizione ama la vita e le sfide della vita."
(Paulo Coelho)
La luce del Sole era abbacinante, sembrava volesse sfondare le vetrate.
La sala da ballo, in quell'ora pomeridiana, pareva un ambiente surreale; l'arancio intenso del tramonto toglieva nitidezza ai contorni, poneva la realtà in una sorta di effetto Orton.
Seline, piegata in una spaccata perfetta, si sentiva in un mondo parallelo. In verità, a lei piaceva sguazzare, crogiolarsi in quei processi mentali che la vedevano già all'apice del suo sogno: diventare Prima ballerina assoluta. La nuova Carla Fracci, la dea del nuovo millennio.
Seline non poteva più aspettare. Sapeva di essere pronta; fra un anno avrebbe superato i venticinque e, a quel punto, sarebbe stata "troppo anziana" per quel sistema patinato, quel mattatoio di giovane carne che era il mondo della danza internazionale.
Doveva riuscire a sfondare il prima possibile.
Seline aveva provato in ogni modo più o meno etico. Aveva spinto oltre il suo corpo, fino a un paio di ricoveri in ospedale. Unghie saltate dalle dita dei piedi, fratture alle ossa inferiori del corpo. Dal duro lavoro in palestra, allo stakanovismo più estremo, alle diete più pericolose. Dai contatti ai piani alti, alla prostituzione occasionale, fino a pregare un dio che, per quanto lei strepitasse, rimaneva totalmente indifferente.
Non riusciva proprio ad arrivare in cima, Seline. Sentiva di doversi arrampicare su uno scivolo inclinato e lubrificato con acqua e sapone. Si sentiva trascinata sempre più a fondo dagli eventi, l'ultimo dei quali le aveva dato il colpo di grazia: Maya Brondi, sua storica rivale, era stata scelta come protagonista del Balletto di fine anno accademico. La sottile, flessuosa e perfetta Maya, che portava il mento sempre alto e non si abbassava mai ai livelli di una come Seline. Ai livelli di una giovane donna disperata, disposta ad andare oltre quel "tutto" fattibile per arrivare all'obbiettivo.
Un'acuta fitta di dolore al piede distrasse Seline dalle sue elucubrazioni. Si ritrasse di scatto dal suo esercizio, accartocciandosi su sé stessa per vedere la situazione. Tolse la scarpetta dal piede e controllò lo stato dell'alluce valgo: era gonfio, cianotico. L'unghia spezzata e incarnita avrebbe dovuto essere operata una seconda volta. Il dolore sarebbe stato insopportabile, se non si fosse imbottita ogni mattina di Paracetamolo. Vedere quel brutto spettacolo le fece tremare le mani. Così, con un gemito di angoscia, Seline ricoprì la sua infezione come meglio poté, prese aria nei polmoni e si fece forza. Infilò cautamente le scarpe da ginnastica e si decise a lasciare il parquet della sala che, in quegli orari, trovava sempre vuota.
Era stremata dal suo allenamento extra, ma nessuno doveva vederla zoppicare.
Seline percorse la scala antincendio, per evitare qualsiasi ballerino errante o gli altri del personale. Scendendo cautamente i gradini esterni, l'aria inquinata di Milano le si attaccò alla faccia, la ingrigì, la fece sentire sotto una cappa di pressione sociale e aspettative. Stanca della sua solita playlist, Seline decise di cercare qualcosa alla radio del cellulare. Infilò le cuffiette e si sintonizzò su qualche stazione locale. Aveva ancora un'oretta libera prima della lezione di classica, poteva trastullarsi un altro po'.
«E passiamo all'oroscopo del giorno, miei cari ascoltatori!» strillò la voce della speaker nei timpani di Seline. «Il primo segno della lista: Ariete. Oggi, miei cari amici cornuti, siete più irrequieti del solito! Occhio al vostro temperamento focoso e impulsivo. Ma con Giove in allineamento, tutto andrà per il meglio! Toro...»
Seline fece una smorfia, scettica. Voleva davvero riuscire a credere nell'astrologia da quattro soldi, ma quelle frasi sempre così vaghe e generalissime la annoiavano. Nata un giorno prima che entrasse il segno del Toro, Seline era effettivamente una testa dura e appassionata, ma pensava che bastasse un qualsiasi obbiettivo per rendere tale qualunque persona. Tuttavia, abitando solo nel suo corpo e nella sua mente, Seline non conosceva qualcuno più determinato di lei stessa. Impulsiva, molto, soprattutto in certi casi; per esempio, quella volta che aveva fatto lo sgambetto a Maya, nella confusione del corridoio, era come se il suo piede fosse partito da solo. La rivale era caduta faccia a terra, nel caos non aveva potuto capire chi fosse stato. Seline aveva goduto moltissimo, si era sfogata. Come quando era esplosa in un attacco d'ira di fronte all'insegnante di Hip Hop, perché non riusciva a imparare una sequenza di passi che Maya, invece, replicava alla perfezione.
Seline si accorse che i suoi occhi avevano smesso di vedere l'orizzonte frastagliato della città. Era come se le pupille le si opacizzassero, nei momenti in cui era persa nei meandri dell'invidia e dei ricordi. Quando tornò alla realtà, mise finalmente a fuoco una figura umana alla fine del vicolo. Era giunta ai piedi dell'edificio storico dell'accademia, sul retro, e non era più sola.
«Seline? Ti stavo cercando,» gracchiò una voce femminile «devo farti vedere una cosa.»
«Stavolta passo, stramboide. I tuoi giochetti esoterici mi hanno terribilmente annoiata, l'ultima volta.» La ballerina non degnò d'uno sguardo la persona in questione. Lucrezia Gori era una di quelle sedicenti streghe nate nell'epoca sbagliata, e a Seline piaceva immaginarsela bruciare sulla pira della Santa Inquisizione. Non le aveva fatto nulla di male, in realtà, ma Seline aveva sempre quel gusto del macabro ad accompagnarla.
«Seguimi, ti dico» la esortò l'altra, stringendo i pugni inanellati sulla gonna scura, che le accarezzava le caviglie. «Penso di esserci riuscita.»
«A fare cosa?» soffiò Seline, colta dal principio di uno sbadiglio. Dopotutto, Lucrezia era quella che l'aveva illusa di poter contattare "qualcuno meno impegnato di Dio", come lo definiva Gori.
«Vieni e lo vedrai. Devi fidarti» sussurrò con voce strozzata. Pareva che Lucrezia avesse gli occhi fuori dalle orbite per lo sforzo di farsi ascoltare.
Colpita da quelle sclere iniettate di sangue e l'aria impaziente, Seline fece spallucce. «Continui ancora a trafficare nel vecchio garage, qua sotto?»
«Sì. Nessuno sospetta, sbrigati.»
Il Cerchio Nero di Lucrezia non era quanto di più classico ci si sarebbe aspettati. Seline non trovò nessuna stella satanica, né capretto sgozzato, nemmeno un paio di candele. La vernice si avviluppava in una spira esitante, pareva come se Lucrezia l'avesse tracciata da ubriaca. Quel simbolo era tetro e spoglio, come il resto del garage dentro al quale si erano rinchiuse. Puzzava di umidità stantia e attrezzi ossidati. Non c'era uno straccio di luce ma, a un certo punto, Seline fu toccata dal pensiero che non fosse vernice, quella, ma sangue. Aveva un odore acre e un aspetto rappreso.
«Ho meno di un'ora» mise in chiaro la ballerina, ricacciando indietro i suoi sospetti.
«È abbastanza,» dichiarò la strega, sedendosi a terra a gambe incrociate. «Lui un po' ti somiglia, sai? Impaziente, iperattivo. Risponderà subito.»
«Lui chi?» sibilò Seline, ma l'aria le uscì flebile tra i denti. Decise di tacere, e Gori gliene fu grata.
L'una di fronte all'altra, lasciarono che il silenzio calasse come una mazzata sul collo. Lucrezia appoggiò i palmi delle mani al centro della spirale di colore secco, e l'ultima cosa che disse a Seline fu che lei sarebbe stata il medium, e di non alzarsi dal suolo in nessun caso. La ballerina annuì una sola volta, piuttosto divertita.
Dopo alcuni minuti di strane respirazioni da parte di Lucrezia, non stava apparendo nessun demone o diavolo dell'immaginario collettivo. Delusa, Seline fece per sgranchirsi una gamba, ma la strega strusciò una mano scheletrica sul pavimento e la bloccò. La ragazza sussultò, un po' stupita: la presa di Lucrezia aveva una forza disumana.
Poi, un alito inodore frantumò l'atmosfera.
«Eccomi.»
«Bello scherzo, Lucrezia, ma ora vorrei andare.» Invece di scrollarsela di dosso, però, Seline restò pietrificata. Nella penombra non vedeva affatto bene, ma gli occhi sgranati e fissi di Lucrezia facevano impressione. Il corpo magrissimo della giovane strega milanese sembrava essersi lignificato: tutto di lei era rigido come un ciocco, e un silenzio surreale le abbracciava da dietro, freddo e opprimente.
«Parla con me, Seline. Tu... Sei tu a cercarmi» esalarono le labbra sottili di Lucrezia, ferma e gelida come una statua.
La ballerina fece un sorriso sinistro. Decise di stare al gioco, magari anche di provare a crederci. Che cosa avrebbe avuto da perdere, pensava, oltre a un po' di tempo?
«Bene, signore Ignoto. Che dici, si può fare qualcosa con il mio voler diventare la più brava del mondo?»
«Devi solo chiedere.»
«Dai, Lucrezia, adesso bas...»
«Seline.» Come una folata di vento artico, quel nome arrivò pronunciato con forza, profondità. Francesca non sembrava più lei, appariva come un involucro di bruco abbandonato. «Sceglimi. Tu che non pensi mai alle conseguenze, Seline...»
«No, infatti. Non mi interessa. Ma sì, sì, ti scelgo. È questo che vuoi sentirti dire? Bell'interpretazione. Ma ora lo sai, Lucrezia, che sarei disposta a tutto pur di schiacciare le teste sulla mia via!» accalorata, Seline ribadì quel concetto.
«La tua passione avrà un prezzo, Seline. Una vita per una vita...»
«Risparmiami le battute da copione, dai. La mia anima? Darei l'anima per il mio obbiettivo? Certo che sì!» sproloquiò, si sentiva infervorata. Le parole le erano uscite di bocca tutte insieme, in automatico, come il piede tra gli stinchi di Maya. «Ora diamoci un taglio, devo andare a lezione» e, così dicendo, la ballerina si alzò in piedi senza preavviso.
Lucrezia iniziò ad annaspare e tossire, e non sembrava che stesse fingendo. Seline le diede uno scossone alla spalla. «Oi, tutto bene?»
«Perché ti sei alzata? Perché hai interrotto il contatto? Cazzo!» urlò l'altra, disperata, in preda a un attacco di panico.
Seline indietreggiò, impallidendo. «Okay, questo è il pomeriggio più assurdo che io abbia mai...»
«Zitta! Vattene! Va' via!» Lucrezia gridava e scalpitava. Sollevava polvere e altri detriti intorno a lei, sudava e si contorceva in una smorfia di pura rabbia.
Seline la mandò al diavolo e si allontanò a grandi falcate, sollevata dall'idea di non rivedere mai più quella pazza.
«Un, due, tre, chassé! Ossia, piegate quel ginocchio, signorine. Giada, voglio vederti dritta come una scopa!»
La signora De Caroli afferrò i fianchi della ragazza, costringendola a spostare scomodamente il bacino in avanti. La sua vicina di sbarra, Maya, gettò un'occhiata alla sua speculare: Seline. La ballerina appariva provata, bianca ed elettrica come una vecchia presa di corrente. Stranita, Seline fulminò Maya con lo sguardo, così la protagonista del Balletto tornò a concentrarsi altrove.
La lezione serale di danza classica era la più dura di tutte. La De Caroli era una di quelle ballerine in pensione forzata; spappolatasi l'anca in un incidente d'auto, Serena De Caroli aveva imparato a riversare la rabbia e la frustrazione sulle ossa delle sue allieve.
«Pianeta Terra chiama Seline! Vuoi muovere o no quel polpaccio? Avanti!» così dicendo, strinse la presa sul muscolo dell'interpellata, infilando le unghie nella carne.
Seline strinse i denti, ingoiò l'imbarazzo per le risatine che si elevavano nell'aria intorno. Ma Seline era davvero su un altro pianeta. Era sintonizzata su una frequenza tutta sua, una che conosceva bene: il pentimento per aver agito d'istinto. Era relativamente tranquilla, perché non credeva a una sola scena di quanto accaduto nel garage, ma le dispiaceva un po' di aver rovinato il ruolo mistico di Lucrezia. Ogni tanto, in fondo, era pur bene abbandonarsi a giochi insensati, per passare il tempo.
Avrebbe dovuto percepire davvero la presenza di una qualche entità? I film e i libri insegnavano che sì, insomma, il Demonio era ben distinguibile, quando presente. Brividi, orrore, ombre che si muovevano sulle pareti, eccetera. Seline non aveva visto né sentito niente di niente. Eppure...
«Seline! Fuori dalla sala! E torna quando sarai presente a te stessa!»
Lo sbraitare della signora De Caroli strattonò Seline al presente, la imbrigliò nei lacci di una nuova umiliazione. Seline obbedì, togliendo il disturbo.
Rossa in viso, la ballerina faceva avanti e indietro per il corridoio adiacente alla sala da ballo.
Le mani premute contro i fianchi fasciati dal body aderente, le nervose gambe nude e ancora scattanti, nonostante la stanchezza, nonostante... All'improvviso, Seline venne colta da un pensiero e corse verso una panca, lontana da occhi indiscreti.
Erano ore che non sentiva più dolore al piede, da quando era iniziata la lezione. Anzi, da quando aveva voltato le spalle a Lucrezia. Era strano, se fino a quel momento aveva sempre sofferto di atroci stilettate alle dita, specialmente al termine della giornata. Le mani le ricominciano a sudare e tremolare. Si sfilò cautamente la scarpetta e, al di sotto del calzino a fantasmino macchiato di sangue, sfoderò il suo alluce.
Il cuore di Seline si fermò per un attimo.
L'alluce non era più valgo, né disastrato. Era bianco, dritto come un fuso, perfetto come la vergine pelle di una bambina. Seline smise di respirare, batté le palpebre, per capire se vedeva bene. Poi corse in bagno, alla ricerca di una luce migliore.
Sotto al faretto potente dello specchio, Seline appoggiò il piede al bordo del lavabo e continuò a guardare. Si sciacquò a freddo la testa, incurante di rovinarsi lo chignon con l'acqua fredda.
Sceglimi. Tu che non pensi mai alle conseguenze, Seline...
Niente più dolore, né deformità. Niente più sofferenza, in nessuna parte del corpo. Tremava.
La tua passione avrà un prezzo, Seline. Una vita per una vita...
Non stava sognando, e aveva paura. Anzi, era terrorizzata. Il cuore le batteva all'impazzata, galoppava come se volesse uscirle dalla cassa toracica.
«Seline?»
Al suono aspro del richiamo, la ballerina saltò sull'attenti, il respiro affannato dal colpo emotivo.
La signora De Caroli era piantata oltre lo stipite della porta, la guardava severa e schifata. «Non so che ti prende, ragazza mia, ma è appena arrivata una circolare. Il coreografo ha rimosso Maya Brondi dall'introduzione, vuole te come protagonista al Balletto. Come saprai, ogni solista viene automaticamente candidata alla selezione per le Prime ballerine della Scala. Beh, congratulazioni...»
Le parole di Serena fluttuavano nell'etere. Arrivavano ovattate alle pallide orecchie di Seline, ancora fradicia e ricurva sul lavandino.
Un caleidoscopio di emozioni si frantumò in mille pezzi. Il petto di Seline era un rodeo, o simile a un ippodromo in piena attività.
Stava succedendo tutto troppo in fretta.
Seline sentì il botto della sua nuca contro le piastrelle del pavimento, poi nulla. Era svenuta col sorriso sulle labbra.
Venti minuti. La sua estasi era durata appena una ventina di minuti, il ventunesimo dei quali ricevette una chiamata.
Seline si rialzò dal lettino dell'infermeria accademica, sentendosi leggera e sana come mai prima di allora. Frugò nella tasca del suo scaldacuore e afferrò il cellulare: quattro chiamate perse dalla madre. Sudò come se avesse visto il Diavolo in persona. Si affrettò a richiamare, preoccupata ma contenta di poter dare alla famiglia la splendida notizia: ce l'aveva fatta; quel coreografo aveva, con una semplice sostituzione, dato la svolta definitiva alla sua carriera.
Sarebbe arrivata all'apice della piramide dorata.
«Pronto, mamma?»
«Seline! Oh, Dio, tesoro...»
La ballerina sentì il cuore in gola, di nuovo. «Che è successo? Che hai?» alzò la voce, impaurita dal pianto isterico della madre, dall'altra parte del telefono.
«Tuo fratello... tuo fratello ha avuto un incidente d'auto, è in coma!»
Dopo ventiquattro ore di lacrime e angoscia, i medici annunciarono che solo un miracolo avrebbe potuto far svegliare Marcus Fondi. Gli infermieri consigliarono l'opzione dell'eutanasia. La famiglia Fondi era stata spezzata.
Seline fremeva dalla disperazione, avvertiva come delle formiche sottopelle. Poi ebbe l'illuminazione: se Dio non ascoltava, l'avrebbe fatto il Signore Ignoto.
La ballerina corse via dall'angusto ospedale di periferia e mise in moto la sua Smart, pronta a cercare Lucrezia anche in capo al mondo.
Mentre guidava, Seline ne approfittava per far squillare il cellulare di Lucrezia. Chiamava e richiamava, non si lasciava scoraggiare da tutte le volte che la strega riattaccava. Alla fine, nel pieno del traffico cittadino, la sua perseveranza venne ricompensata.
«Ma che vuoi?» sbottò una voce graffiante, dall'altro capo della cornetta. «Lasciami in pace, Seline.»
«Avevi ragione! Mi dispiace!» implorò la ballerina. «Sono stata una stronza con te. Ma ti prego, devo vederti. Devo rivederlo adesso!»
«Che ti prende?»
«Lucrezia, ti scongiuro!»
«Va bene, al garage tra mezz'ora.»
Ancora buio. Lui preferiva le tenebre, ma non disdegnava la luce.
Il Signore Ignoto era una presenza apparentemente serena, tanto da far sorgere il dubbio, in Seline, che Dio fosse lui stesso. Dopotutto, l'aveva aiutata, anche se la tragedia di Marcus Fondi era avvenuta proprio in concomitanza. No, doveva smettere di cercare scuse, non poteva essere un caso. La causa era lui.
Una vita per una vita...
«Sei stato tu?» gemette Seline, il volto magro sfigurato dall'ansia e imperlato di sudore freddo. I capelli scuri appiccicati alla fronte e il respiro smorzato; Seline era il volto di una mancata vittoria.
«Sceglimi» rispose il corpo posseduto di Lucrezia. La voce non sembrava provenire dalla bocca, ma dallo sterno.
«Ti ho già scelto!»
«Esatto, Seline.»
Il soffio irreale della creatura era stato di lezione, aveva rammentato a Seline le sue stesse parole. Ma la ballerina non desistette.
«Tu sei onnipotente, no? Fa' tornare mio fratello, salvalo!»
«Esistono dei vincoli» echeggiò. Il corpo di Lucrezia era simile a uno di quei ragni trasparenti, morti e accartocciati in un angolo. «Spirito e materia si limitano l'un l'altro. Tutto è... una bilancia, un compromesso.»
«Va bene! Allora...» Seline balbettò, non sapeva più cosa dire. La paura le stringeva i polmoni.
Il Signore Ignoto le venne incontro. «Scegli: la vita di tuo fratello per il tuo insuccesso.»
«Cosa?»
Ma aveva capito bene. La ballerina avrebbe dovuto riacquistare le sue deformità e tornare tra i comuni mortali. La sua vita sarebbe tornata come prima, e Maya avrebbe riottenuto la sua parte. Quei pensieri frullavano nell'ampolla cranica di Seline, sbatacchiavano contro le imposte dei nervi.
«Io... io...»
«Tu non pensi mai, Seline, alle conseguenze...»
«Sto pensando, stavolta!» abbaiò la giovane, in preda al panico. Sentiva gli arti molli, le scappava la pipì, il cuore rischiava la fibrillazione. La ballerina doveva fare una scelta. Un'altra, ma ben ragionata.
Il Signore Ignoto non era solo neutrale, ma anche paziente. La medium giaceva scomposta da un quarto d'ora, durante la quale Seline aveva girato in tondo nell'oscurità. Era una luminosa notte Milanese, fuori, mentre un buio spaziale regnava nel garage infestato.
Avrebbe salvato suo fratello, bastava solo dire una parola. Seline aveva in mano il potere di ricostruire la sua famiglia traviata, il potere di riportare il sorriso e la vita di Marcus. La sua bellezza, le lentiggini di lui, la voce calda e le mani generose di Marcus Fondi. La sua carriera, anche: il giovane dottor Fondi era un medico chirurgo, riusciva a salvare fino a tre malati al giorno. Marcus era il Sole della famiglia, il primogenito, il realizzato. Il fortunato. Il favorito.
«No»
«No?»
E il Signore Ignoto fu pervaso dalla sensazione che, in quel momento, si trovasse al cospetto di un demone più grande di lui.
«Io avrò il successo che merito. Addio» sibilò la Prima ballerina assoluta.
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