Carne al sangue
"Tutti gli uomini sono dei mostri. Non c'è altro da fare che cibarli bene. Un buon cuoco fa miracoli."
Oscar Wilde
«Fai il bravo, Giulià, capito? Senza di noi, sei come un gatto chiuso nel bagno con un rotolo di carta igienica a portata di zampa!»
Sorrido al talento di Luana per le metafore. Stringo il cellulare tra l'orecchio e la spalla e rispondo educatamente: «Chiaro, sergente Lù. Il maritozzo che dice? Se l'è fatto il bidet per la vostra seratina romantica?»
«Il solito simpaticone» la mia amica ridacchia ma io so che, dell'altra parte della cornetta, il buon Gianni ha sentito il promemoria ed è già in bagno a sciacquarsi i gioielli di famiglia.
«Dai, dico sul serio: hai combinato fin troppi guai, Giuliano. Cerca di tenere gli occhi aperti e le gambe chiuse, stasera. Sarà pieno di coniugi dalla facciata fragile. Fossi in te, rimarrei a casa.»
Metto le sigarette nella tasca del giaccone e rido nervosamente. «E devo rintanarmi tra questi quattro mattoni di tufo, per giunta col frigorifero vuoto, solo per le loro chiacchiere? Ho bruciato tutte le mie carte, Luana. Qua mi conosco e stanno alla larga,» confesso. «E mi rifiuto di usare qualche app d'incontri, perciò me lo prendo in quel posto... Per modo di dire, figuriamoci.»
La gente mi odia e fa bene: ho sfasciato più famiglie io in provincia di Latina che il regista di "Beautiful" a Los Angeles.
«Adesso stai facendo la vittima» insiste la voce nel mio orecchio.
«Sì, mi conforta parecchio» ammetto, passandomi all'indietro qualche ciuffo di capelli biondi, resi lucidi dal velo di gel.
Taglio corto e butto il cellulare sulla poltrona sgangherata di casa mia. Vivere in un paesino sperduto e suggestivo dell'Italia centrale ha i suoi vantaggi: casa ereditata, aria buona e vista mozzafiato. Dall'altra parte, una marea di contro ai quali non voglio più pensare, ne ho piene le tasche di questa solitudine.
La serata inizia così: io che mi sento costretto a uscire perché è sabato, ma è anche la sera di San Valentino e i miei amici sono con le rispettive mogli a cena. Io, il gay trentenne in piena crisi d'astinenza sessuale, mi appresto a mostrare a tutti gli abitanti del borgo la tristezza in cui sguazzo e mi accovaccio, nell'attesa che un nuovo "pollo da spennare" zampetti tra le mie cosce.
Il mio disagio non ha un limite ben preciso perché, in tutto questo, la gente mi annoia. Sono un tipo perennemente annoiato e l'ultima volta che ho provato un'emozione forte avevo otto anni e l'autografo fresco di Totti sul pallone.
Riemergo dalle mie elucubrazioni ed esco di casa, sbattendo il vecchio portone sgangherato. Sono già le nove di sera, il cielo stellato del borgo mi dà un briciolo di consolazione... Anche se sono bastate le quattro paroline di Luana per farmi girare l'umore.
Ed eccomi qui, fedele cliente di Peppe "scannacinghiale", nome d'arte che ben descrive la bontà fatta in casa delle sue pappardelle al sugo.
La taverna di Peppe è scavata dentro una torre di vedetta trecentesca; un locale magnifico, con tanto di fiaccole accese, che ancora conserva lo spirito medievale di Sermoneta. È costoso, sì, ma io sono il vizio fatto persona: cedo a ogni impulso, specialmente se si tratta di carne.
Come previsto, è pieno di coppie con o senza figli, ma il buon Peppe ha sempre un posticino per me. Ho passato parecchie serate a ubriacarmi nel suo angolo bar, per lui sono un po' il figlio che nessuno vorrebbe avere.
Tra la gente illuminata dalle fiamme ancorate al tufo, il proprietario unto di grasso mi accoglie a braccia aperte e ascelle pezzate. «Giuliano! Da solo anche stasera, eh? Siediti subito!»
Mi fa saltare la fila e, giunti in sala, mi assegna un bel tavolino per due. Grazie al cielo non mi ha messo in mezzo: prendo posto accanto alla finestra e faccio un sospiro di sollievo. La vista del vasto bosco notturno oltre Sermoneta mi rilassa.
Il vecchio Peppe è più sudato del solito, stasera: significa che ha organizzato qualcosa di strano. Il mio intuito non sbaglia: appena finisco di ordinare un antipasto di montagna e una Campagnola al pistacchio* l'animatore si presenta in postazione e annuncia: «Buonasera! Questa è la notte delle coppie, ma io vedo dei tavoli con lupi solitari... Non va bene!»
Perfetto, sono qui da dieci minuti e già vorrei andarmene. Questo "dj" allampanato e mezzo fatto vuole decidere la sorte della mia serata? Evidentemente sì.
«Non mi piace vedere della bella gente seduta da sola» continua il bastardo, imperterrito. «Vero, signor Peppe? Facciamo un gioco: saltiamo la fase del "postino" e vediamo se qualche single ha il fegato di attaccare bottone!»
Sorrido al pensiero di un me che strangola quell'animatore da strapazzo. Il locale è praticamente pieno e l'intrattenitore che fa? Smerda davanti a tutti la mia posizione, già delicata di suo. Mi porto una mano all'attaccatura del naso, insofferente. Per fortuna, la cameriera viene a salvarmi, piazzandomi sotto al naso un tagliere di salumi e formaggi. Inizio a mangiare fregandomene di tutto.
«Salve, se non aspetta nessuno, posso sedermi?»
Per poco non ingoio un'oliva sana.
Con la forchetta a mezz'aria e gli occhi lucidi di tosse, sollevo lo sguardo verso l'enorme ombra che incombe sopra al mio tavolo.
Un uomo.
Quand'è stata l'ultima volta che un maschio mi ha rivolto la parola per primo, in questo paese? Si vede che è forestiero.
«Ah, la sala è al completo. Se non le dispiace...» continua, ma io e la mia oliva in gola siamo sconvolti e lui cede. «Non volevo disturbarla. Cercherò un altro locale nei dintorni.»
«Oh no, siediti, per favore» allungo una mano sulla tovaglia, quasi supplichevole. «Scusa, è che non me l'aspettavo. Mi fa piacere avere compagnia!» butto fuori tutto d'un fiato, mentre lo guardo come se fosse una sorta di astronave aliena.
In un quarto di secondo, il mio cervello ha già elaborato il necessario: apparentemente, l'essere soli è l'unica cosa che abbiamo in comune; un uomo in giacca e cravatta senza un'accompagnatrice è raro, da queste parti.
Mi si siede davanti con nonchalance mentre io, inevitabilmente, intercetto il colore dei suoi occhi.
Rosso.
Ma chi le ha mai viste, un paio d'iridi scarlatte? No, dev'essere un gioco di luce.
Una chioma bianca e folta tirata a lucido mi lascia anch'essa senza fiato, dato che non è affatto vecchio. Mai visto un uomo così.
«Vittorio, piacere di conoscerla» sorride, la sua dentatura candida scintilla e io mi chiedo se abbia nebulizzato nell'aria qualche veleno paralizzante.
«G-Giuliano. Diamoci del tu.» Ecco, ho balbettato come un cretino.
A questo punto penso che quella cameriera sia un po' il mio angelo custode, perché spunta dal nulla scuotendomi dalla mia fissità.
«Buonasera, signore, cosa le porto?»
Osservo attentamente Vittorio, come un puma tiene d'occhio la gazzella. Più lo guardo, più mi sembra di essere stato catapultato in un qualche anime giapponese dall'estetica improbabile: occhi rossi e pelle talmente pallida da lasciar trasparire le vene al di sotto delle palpebre; due sole rughe d'espressione, bocca sottile e appuntita... E il mio uccello che bussa contro la patta, dannazione! Per una volta, Giuli, non fare casini: si vede lontano un miglio che quest'uomo vuole solo mangiare in santa pace.
«Sì, una chianina al sangue. Molto al sangue» specifica alla caposala.
«Poi?» chiede la ragazza, impassibile.
«Il vostro miglior vino rosso. Offro io.» Ammicca verso di me.
La cameriera se ne va e io finisco cautamente le rondelle di salame rimaste sul tagliere. «Allora, Vittorio, come mai da q-»
«Sono di passaggio, per affari» risponde sbrigativo, ma ogni suo gesto pare calibrato al millimetro. Si toglie la giacca e tira appena la cravatta, io deglutisco e abbasso lo sguardo: capirà che sono gay dai pomodori che ho al posto delle guance, no? Invece, fa il vago e si allenta pure la cintura dei pantaloni.
Ci scambiamo un paio di battute amichevoli, gli dico che sono del posto, mentre penso seriamente che la sua bocca esali una qualche stregoneria su di me: mi sorride spesso, la perfezione dei suoi denti è "intaccata" solo da quei canini appuntiti, un po' sporgenti rispetto al resto dell'arcata...
«Scusa se mi permetto, ma come mai un fiore come te è solo proprio stasera?»
Le campane suonano nelle mie orecchie: è gay, che manna dal cielo! Il mio cuore comincia a battere all'impazzata, un campanello trilla nel mio cervello e urla: "Da quanto non ti sentivi così, Giulià?"
«Mi sono trasferito da poco, non ho amici» rispondo una mezza verità, e i suoi occhi diventano raggi X. Improvvisamente, mi sento piccolo come una lenticchia.
Il suo piatto è arrivato insieme alla mia Campagnola, e mi sta seriamente salendo la nausea: la sua portata è letteralmente affogata nel sangue. La carne è troppo cruda e impregnata di rosso; io l'avrei restituita immediatamente, mentre lui si appresta a divorarla con tanto di sguazzo nel piatto.
Ok, questo è decisamente inquietante.
«Ti piace davvero così? Penso che il cuoco abbia un po' anticipato i tempi...» provo a esplorare il territorio, ma come farebbe un cerbiatto su una lastra di ghiaccio.
Un rivolo di sangue cola dalla sua bocca. Dio, che impressione... Il mio stomaco fa una capriola e si blocca all'incontrario.
«È perfetta» ribatte, lasciandomi senza parole.
Sbatto le palpebre e mi sforzo di continuare a mangiare, mentre Vittorio ha l'accortezza di versare prima a me e poi per sé mezza coppa di vino. Mi guarda di sottecchi, e sento come se la sua faccia di gesso nascondesse più anni di quelli che gli darei. Anzi, mi butta talmente tante occhiate da chiedermi se stia contando i nei della mia faccia sbarbata.
«E tu, Vittorio, avrai una famiglia che ti aspetta» indago, a meno che non si è mangiato la moglie, o il marito. «Di dove sei?»
Lui ha ancora le labbra sporche di sangue ma, invece di pulire quel liquido denso col tovagliolo, lo lecca e lo ingoia.
Il mio basso intestino ha uno spasmo, non capisco se è disgusto o una perversa eccitazione sessuale... Mi sento male.
«Viterbo. No, nessuno mi aspetta a casa. Mia moglie non c'è più da molto tempo, ormai.» Vittorio beve un minuscolo sorso di vino, come se non lo gradisse.
Deglutisco, a disagio. Se si mette a tracannare sangue di bue dal piatto, giuro, mi alzo e vado a vomitare.
«Scusa, non volevo fare domande troppo private.»
«No, tranquillo, non c'è problema...» allunga una mano e sfiora la mia, facendomi esplodere un brivido lungo la schiena.
Cristo, è gelido.
La sua voce è bassa e sensuale, ha un calore che non rispecchia affatto la sua temperatura corporea: quelle mani saranno a dodici gradi, al massimo. A proposito... un nuovo dettaglio mi lascia di sasso: a Sermoneta non siamo abituati a vedere uomini con unghie affilate, simili a corti artigli. Come ho fatto a non notarle prima? Sta cominciando a tremarmi una palpebra inferiore.
Vado un attimo in tilt e mi esce una frase totalmente fuori luogo. «Vedovo così giovane, mi dispiace.»
«Ho molti più anni di quelli che pensi, Giuliano.»
Spalanco gli occhi verso la mia triste aletta di pollo, abbandonata in un angolo del vassoio. Provo a replicare con sarcasmo, ma dalla gola mi esce solo una specie di piccolo rantolo. Sarà colpa delle troppe serie tv che divoro, ma quest'uomo ha un ché di soprannaturale.
«Per te è un problema?»
Ma allora ci sta provando sul serio... Dio solo sa la fame che ho. E non di cibo.
«In che senso, scusa?»
Vittorio non perde un minimo della sua serietà e compostezza. «Se ti chiedo di farmi compagnia in stanza, dopo cena. Dove alloggio servono degli ottimi drink.»
Dovrei sentire solo una severa stretta all'inguine, invece ho anche una morsa d'ansia allo stomaco.
«Ecco, io...»
«Se non hai altri programmi, stasera, ma non credo» si permette. Mi sta braccando con una buona punta di arroganza... Mi sono sempre piaciuti gli uomini antipatici, viziati e arroganti.
Guardarlo mi annulla i pensieri e riempie di curiosità. Forse dovrei rifiutare, questo sconosciuto potrebbe essere anche peggio di un pervertito. È qualcosa di difficile da spiegare a parole, ma il suo sguardo m'inchioda alla sedia.
«Certo, perché no.» Cedo perché è nella mia natura e, al pensiero di quello che di buono potrebbe succedere, ho già il fiato corto.
"A cena col vampiro."
Questa frase continua a rimbombarmi dentro, mi sta facendo impazzire.
I miei occhi guizzano da una parte all'altra della sua ampia stanza d'albergo, con tanto di letto a baldacchino. Mi ha portato nella struttura d'epoca più lussuosa del borgo, mi ha offerto da bere e lui non sta ingoiando neanche un goccio di grappa barricata. Si limita a fissare lì dove la mia giugulare pulsa al ritmo frenetico del cuore. I miei sospetti si fanno sempre più brucianti, come l'alcool nel mio stomaco.
"Vampiro succhiasangue..." la cantilena nella mia testa si amplifica, non posso far altro che appoggiarmi alla parete e tentare di riordinare le idee.
Se davvero quest'uomo fosse... Beh, carnivoro ed ematofago lo è di sicuro. Peccato che il mio cervello fa a cazzotti col mio amico tra le gambe: è sveglio da far paura, desidero così tanto essere posseduto da Vittorio da non riuscire a muovere un passo verso la porta.
Lui è solo una manciata di centimetri più alto di me, ma con un solo dito mi solleva il mento, costringendomi ad annaspare nei suoi occhi rossi.
«Rilassati, Giuli. Ah, quanta dolcezza nel tuo nome, posso chiamarti così?»
Ho il cuore stretto in una dolorosa morsa di adrenalina: paura e voglia sfrenata di rischiare sul serio. Seriamente, non capisco più niente.
«Come vuoi» sussurro, e lui segue ogni singola curva delle mie labbra, ma non manca mai di puntare lo sguardo al mio collo.
La realtà è ovattata, nella penombra della sua stanza. Ho ingoiato talmente tanta grappa e voglia di sesso che Thanatos ed Eros si confondono totalmente in me: Vittorio potrebbe mordermi, squartarmi, eccetera... Io non sono più padrone del mio corpo. So che non va bene, ma è più forte di me.
Una sua grande e venosa mano, gelida sulla mia, mi fa posare il bicchiere. È arrivato il momento di concedermi e lui lo fa sembrare come un rito, come se stesse accarezzando un capretto sacrificale.
«Giuli, stai tremando. Ti senti bene?»
«Per niente,» ammetto contro il suo zigomo, le palpebre socchiuse. Lui mi è già addosso e i suoi denti saggiano l'incavo del mio collo. Lo sapevo...
Non posso scappare, le scale dell'hotel sono sbeccate e a chiocciola, ubriaco come sono farei un brutto volo e mi ammazzerei lo stesso.
Fallo. Fa' quello che devi fare, Vittorio, prima che possa realizzare e fuggire a gambe levate.
Non appena i suoi canini aguzzi affondano nella mia carne, urlo come una capra terrificata. Per tutta reazione, Vittorio si allontana di slancio e mi afferra le spalle. «Giuliano, cos'è che non va? Se non vuoi, ti riaccompagno a casa.»
Istintivamente, mi porto una mano al collo e controllo le mie dita tremanti: nessuna traccia di sangue.
Sento le gambe molli, piombo a sedere sul materasso e mi decido a parlare chiaro: «Vittorio, non offenderti, ma ti trovo un po' strano. Occhi rossi, pelle trasparente... P-pensavo volessi succhiarmi...» il sangue, ma non riesco a dirlo e creo l'equivoco.
Lui piega la testa di lato, viene verso di me e s'inginocchia tra le mie gambe. Lo trovo tremendo e sensuale. Mi accarezza le cosce a pieni palmi, buttando uno sguardo al centro delle mie gambe, poi scoppia a ridere, facendomi trasalire.
«Giuliano, non dirmelo... pensavi che fossi una sottospecie di vampiro?» ride selvaggiamente, rafforzando il concetto. «Sono albino, è un difetto genetico. Non ne hai mai sentito parlare?»
Mi sento un cretino. Sono un uomo col quoziente intellettivo di un lombrico in calore.
«Vieni qui» mi travolge tra le sue braccia e il mondo si capovolge. La mia schiena tra il materasso e il suo corpo finalmente, deliziosamente caldo. Anzi, bollente.
Mi stampa un bacio in bocca, alimentando il mio giramento di testa.
«Allora, che pensa questa testa d'oro?» mi stringe i capelli dietro alla nuca, decisamente beffardo.
Sto pensando che ho decisamente scambiato per Halloween la notte di San Valentino.
NOTA
*Campagnola al pistacchio = Piatto composto da: coniglio e pollo con melanzane stufate, ristretto con rosmarino, basilico, pistacchio e visciole selvatiche (dal menù di un ristorante sermonetano).
Questa one shot è composta da 2682 parole. Per la challenge San Valentino 2021 di WattpadBrividoIT , ho scelto il prompt n° 3.
Stavolta mi sono messa a scrivere senza pretese e senza aspettative, mi sono divertita e basta! Sono fiera di aver ambientato anche questa one shot in Italia, il Paese più bello del mondo. Nel caso in cui non aveste mai visitato Sermoneta, vi invito a farlo, è un posto davvero romantico! Se siete arrivati fin qui, grazie per aver viaggiato con me!
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