Annaspo e riemergo
Nota (1): questa one shot non presenta contenuti per adulti; eventuali tematiche delicate sono solo appena accennate.
Nota (2): i tag fest sono stati inseriti per l’intera raccolta, necessariamente.
Concorso: Halloween Vault 2021 ― di @WattpadBrividoIT
Parole: 500
†
Annaspo e riemergo, a cavallo tra l’inconscio e l’universo. Ce l’ho fatta.
La paura dell’ignoto galoppa nel mio cuore, certo, ma ha un ché di glorioso.
Riflesso alle facce cristalline dello zaffiro, il mio volto appare destrutturato. Mi contemplo il dito ingioiellato; quest’oggetto mi ha permesso di evadere le briglie del tempo e dello spazio. Ah, quell’unica realtà mi è sempre stata stretta.
Io che tessevo le ore di Fisica relativistica come fossero preziosi arazzi da donare ai miei studenti universitari, regalando loro la bellezza di questo mondo e, soprattutto, la sensualità della possibilità.
Vorrei che fossero qui, che vedessero il mio traguardo.
Il vostro professore è appena diventato un essere multidimensionale.
Eccomi nella parallela al nostro mondo, uno stato dell’esistenza oscuro e alternativo. Mi guardo intorno: l’ecosistema è illuminato da un sole ellittico, a effetto Orton, allungato come l’occhio di Osiride. La vegetazione è tutt’altro che lussureggiante, a quanto pare. Gli alberi si limitano ad apparire come scheletri nodosi, il vento ridotto a un mite sospiro contro la pelle.
È tutto così terrificante e seducente. Sono come ipnotizzato, la mia tachicardia risponde alle pulsazioni di quest’atmosfera, pare comunicare con essa. Attraverso i miei battiti posso connettermi alla rete naturale di questo mondo. E la prima essenza che vedo ha quattro zampe, e mi struscia contro le caviglie.
Trovo che sia vagamente simile a un gatto selvatico: serico al tocco, l’aria da predatore adorabile. Peccato per questi dodici occhi cisposi e le zanne sporche di terra. Lascio un’ultima carezza a questa creatura di Dio, e finalmente muovo il primo passo del mio cammino.
Questa realtà è ostile, lo ammetto. Per quanto io abbia talento nel trovare del bello in tutto ciò che mi circonda, ora inizio a fare fatica. La distesa di arbusti bruciati sembra non avere una fine, sta diventando angosciante. Ogni tronco, ogni ramo e ogni alito di questa terra aliena mi mette in imbarazzo.
Le maglie di questo sistema sembrano mutare sotto i miei piedi, passo dopo passo. La curiosità di esplorare densità complanari alla nostra mi si torce contro. È una realtà maligna; sento del veleno intangibile vibrarmi nelle membra.
Non appartieni a tutto questo.
Questa Megera Natura mi repelle, mi sputa in faccia una pioggia cancerosa. Dice di andare via.
Stringo il mio anello nel pugno, portandolo alla bocca, lo bacio come faceva mia madre coi piedi del crocifisso. «Dannata la mia ambizione…» sussurro, nell’estasi della mia inquietudine. Chiudo gli occhi, con una mano sul cuore. «Portami a casa.»
«…ssore!»
«Professore!»
«Oh, Dio, si è ripreso?»
Visi paffuti, visi più magri, visi amici. I miei studenti torreggiano su di me come tante torrette di controllo. Sono buffi e amabili. Hanno questa energia, in loro, la prospettiva di mille possibilità future.
Io, invece, non ho nemmeno l’anello. Ho in tasca solo una vuota bustina di cocaina.
Sono tra le braccia materne della mia densità: la mia aula, la mia vita. Mani di paramedici mi accarezzano gli arti, tirandomi su.
Un defibrillatore giace abbandonato al mio fianco.
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